Utente:Delehaye/Sandbox Adolfo Pansini

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Adolfo Pansini

Adolfo, Vincenzo, Santi Pansini (Napoli, 14 maggio 1923[1]Napoli, 30 settembre 1943[2]) è stato uno studente e partigiano italiano.

Eroe di guerra, morì all'età di venti anni nella seconda guerra mondiale, nei combattimenti avvenuti durante le Quattro Giornate di Napoli, l'insurrezione popolare che consentì la liberazione della città italiana dall'occupazione nazista[3]. A lui è dedicato il Liceo Classico Adolfo Pansini nel Quartiere Vomero di Napoli.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Adolfo Pansini, figlio del pittore e tipografo Eduardo Pansini (di Piazza Armerina) [4] e di Rosaria Greco (di Roma), fu studente al Liceo-Ginnasio "Jacopo Sannazaro", al Quartiere Vomero di Napoli, dopodicchè si iscrisse al Reale Istituto di Belle Arti di Napoli, abitando a Via Filippo Palizzi n° 38, al Vomero.

Con l'armistizio di Cassibile del 3 settembre 1943 e il proclama Badoglio dell'8 settembre 1943 le Forze Armate italiane rimasero senza ordini. A Napoli l'Esercito tedesco in breve tempo prese il controllo della Città e di lì a poco, dopo un primo momento di smarrimento, il 27 settembre 1943, la popolazione insorse dando vita alle cosiddette Quattro giornate di Napoli.


Adolfo Pansini, repubblicano di formazione mazziniana, all'età di quindici anni, frequentando il Liceo-Ginnasio "Jacopo Sannazaro" entrò in contatto con il gruppo di Ferdinando Pagano, un ragazzo espulso da tutte le scuole del Regno d'Italia per il rifiuto di cantare l'inno fascista "Giovinezza", e con i giovani comunisti del Circolo "Karl Marx" di Torre Annunziata, lavorando affinchè i due gruppi clandestini lavorassero uniti, superando le distanze ideologiche. L'attività del nuovo gruppo non fu solo di propaganda, con la pubblicazione di un giornaletto antifascista, ma anche di azioni dimostrative contro picchiatori della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.

Scoperti, dopo circa un anno, nel 1940, lui non ancora diciottenne, in seguito alla delazione di una cameriera, insospettita da una pistola scoperta in un suo cassetto, il Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza gli trovarono in casa una stampiglia costituita da caratteri tipografici di piombo e dei volantini. La relazione d'arresto della Questura di Napoli riporta: «assieme ad alcuni coetanei, aveva creato una associazione a sfondo nettamente antifascista che si applicava nella diffusione in pubblico di numerosi foglietti stampigliati recanti la scritta "Morte a Mussolini"... Deve ritenersi uno dei principali responsabili del movimento, per avere ideato e coordinato la attività antifascista... pericoloso all'ordine pubblico»; fu arrestato e, processato, condannato, assieme agli altri compagni, ad 8 mesi di reclusione nel Carcere Minorile di Sant'Eframo (divenuto poi Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Sant'Eframo di Napoli).

Scontata la pena reclusiva, si iscrisse all'Reale Istituto di Belle Arti di Napoli e riprese le attività clandestine antifasciste. Il Gruppo Pagano-"Karl Marx" rifiutarono le linee politiche badogliane e l'alleanza con la Democrazia Cristiana, lottarono con e tra i lavoratori, venendo poi espulsi dal Partito Comunista Italiano in cui erano confluiti.

Il 30 settembre 1943, durante le quattro giornate di Napoli, Adolfo Pansini, insieme con suo padre Eduardo si aggregò al gruppo di insorti guidato dal tenente Enzo Stimolo al Vomero. Adolfo Pansini partecipò all'assedio ed all'assalto del Campo Sportivo del Littorio, al Vomero, dove ereano stipati 47 prigionieri napoletani. Poi partecipò agli scontri presso la Masseria Pezzalonga, ad Antignano, tagliò i cavi telefonici che correvano lungo il muro di cinta della Masseria per impedire alle truppe naziste di ricevere rinforzi. Qui durante gli scontri, all'interno della Masseria, assieme ad altri 6 compagni, fu colpito a morte, con una sventagliata di mitragliatrice al volto, con le armi in pugno.


tra cui Adolfo Pansini, a cui è stato dedicato un liceo classico proprio nella Piazza Quattro Giornate. Al suo fianco c’era il marinaio Antonio Arena ferito. Prima dei compagni, arrivarono due fascisti e un tedesco, i due l’immobilizzarono, mentre il soldato nazista con la baionetta lo sventrò. Noi dell’A.N.P.I. abbiamo anche una foto. Il padre di Adolfo, Edoardo Pansini, professore, mazziniano, antifascista, subito dopo la morte del figlio, organizza una brigata di combattenti, circa 320, tra i quali c’ero anch’ io, e chiede al Comando di unirsi alle forze alleate verso Cassino per sostenere la resistenza. Gli Americani non vollero per non esaltare l’insurrezione popolare, per sminuirne l’importanza. http://www.istitutostatalepitagora.it/public/files/2012/storia_dalla_storia-istituto_pitagora_pozzuoli-2011_parte2.pdf?phpMyAdmin=656d1a3a8c1e1f7380012a43692b67bb



MASSERIA PEZZALONGA. Il 30 settembre 1943, la Masseria Pezzalonga, in contrada Pigna al Vomero, fu teatro di sanguinosi combattimenti fra Patrioti e nazi-fascisti che determinarono la definitiva liberazione di Napoli. La notte del 29 settembre 1943 le truppe tedeschhe, scacciate da Napoli, in ritirata sulla via di Roma, ricevevano l’ordine di rioccupare la Città. Un primo nucleo, discendendo dai Camaldoli per Cappella dei Cangiani, giunto alla Pigna, coadiuvato dalla milizia fascista vi si installava nelle prime ore del giorno 30. Un gruppo di goliardi, tra quelli scelti dal Comando del Fronte Unico Rivoluzionario mentre nel Liceo Sannazzaro si organizzava l’azione, prima ancora di ricevere ordini, prontamente accorso attaccava dalla Masseria Pezzalonga inchiodando il nemico per tutta la giornata sulla sua posizione. Dopo una giornata di combattimento, alle ore 17, i tedeschi, visto vano ogni tentativo di rientrare in Napoli abbandonano l’impresa non senza aver compiuto prima feroci rappresaglie nello interno della Masseria e dopo aver sfogato la loro rabbia bestiale su un gruppo di sei uomini inermi ivi catturati, barbaramente mitragliati sul limite della strada Pigna. https://quattrogiornate.wordpress.com/2012/03/02/edoardo-pansini-goliardi-e-scugnizzi-nelle-quattro-giornate-napoletane/


Sergio Zazzera, [1], in "Napoli on the road", Kairós Edizioni, Napoli, 21 settembre 2013

Alfonso Pansini non ebbe nessuna decorazione.



«Vicino a quei banchi c'erano donne che piangevano, madri, figlie e spose di quei combattenti. Il vecchio professore Salvatore Scognamiglio leggeva da un foglio i nomi per ogni bara che veniva avviata verso il campo sportivo. Quando stava per uscire l'ultima salma, alzò la voce e disse "amici della libertà attenti: esce Adolfo Pansini". Ricordo che fu massacrato con una sventagliata di mitra alla testa». Alla Masseria Pagliarone, ora via Belvedere, una lapide ricorda lo studente morto non ancora diciassettenne. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2014/04/06/il-cardinale-sepe-nel-liceo-degli-eroi.html

La bara di Adolfo Pansini la portammo io, Nino Ruggiero, Enzo Pansini, Camillo Boidoni e Ugo Fermariello. Scendemmo lo scalone antistante l'ingresso e fummo animati dal desiderio di cantare e l'unica canzone che ci venne in mente e accennammo brevemente fu la Marsigliese. La strada antistante lo scalone d'ingresso era affollata. Tra la folla si vedevano anche alcuni militari inglesi e qualche fotografo anche in divisa inglese. Vi erano i familiari dei caduti ed il loro pianto copriva il silenzio degli altri. Procedendo con la bara in spalla passammo tra un gruppo di persone che salutò il nostro passaggio con il braccio sollevato ed il pugno chiuso. Era la prima volta che vedevo questo segno di saluto». Molti dei combattenti si sarebbero Gabriella Gribaudi, Guerra totale: tra bombe alleate e violenze naziste: Napoli e il fronte meridionale, 1940-44, Bollati Boringhieri, [[]], 2005, ISBN: , pag. 288

all'inizio della scala a sinistra, torso efebico d'età romana, posto come monumento in memoria di Adolfo Pansini, sedicenne caduto della Resistenza.


«(…) La polizia politica era imbestialita (…). La banda, come fosse un gioco, di essa continuava a farsi beffe, e ne appannava il prestigio. Da Roma si sollecitava, si insisteva, si sventagliavano minacce: bisognava tradurre in azioni concrete quel vano appostarsi. Ma agguantarli tutti non era facile. Avevano giovani polmoni: un momento prima c'erano, e poi non c'erano più. Sembrava potessero galoppare a perdifiato accanto ai tram, saltare sullo staffone, scendere a piacimento e, in quelli che potevano sembrare solo esercizi di destrezza, lasciare sui gradini pacchetti di manifestini sovversivi con la stella rossa, la falce ed il martello. Gli scalini del tram perdevano poi pian piano i foglietti in una scia colorata che seguiva il veicolo nella corsa e nel vento. In particolare la squadra politica avrebbe voluto sbandierare la cattura di chi sembrava essere il capo di quell'accolta "e fetiente". Sapeva qualcosa Michele di questo sventurato che nelle sue imprese si precipitava in bicicletta di volata per le più ripide discese di Napoli: Calata Petraio, Magnocavallo, Salvator Rosa, Rampe Brancaccio, lasciando dietro di sé un turbinare variopinto di volantini? E, fatto gravissimo, la gente raccoglieva i foglietti e l'ammirava, quel ragazzo. I "cazziatoni" da Roma, apocalittici, infuocavano i telefoni perché non si riusciva ad abbrancarlo, il corridore ciclista che giocava a nascondino, né a sapere come si chiamasse. I suoi dati anagrafici si conobbero solo cinque anni dopo, nel ‘43, quando lo colse un mitra tedesco al Ponte della Pigna, durante le Quattro Giornate di Napoli; si chiamava Adolfo Pansini, stava per laurearsi e lo portarono al cimitero nella carriola di un muratore.»



Capuozzo fu uno dei più giovani insorti e partecipò ai combattimenti contro i tedeschi. Morì a causa dell'esplosione di una granata nemica, nella battaglia di via Santa Teresa degli Scalzi mentre lanciava bombe a mano contro i carri armati tedeschi dal terrazzino dell'istituto delle Maestre Pie Filippini.[5] Per questo suo atto di coraggio gli fu attribuita la medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[6]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Appena dodicenne durante le giornate insurrezionali di Napoli partecipò agli scontri sostenuti contro i tedeschi, dapprima rifornendo di munizioni i patrioti e poi impugnando egli stesso le armi. In uno scontro con carri armati tedeschi, in piedi, sprezzante della morte, tra due insorti che facevano fuoco, con indomito coraggio lanciava bombe a mano fino a che lo scoppio di una granata lo sfracellava sul posto di combattimento insieme al mitragliere che gli era al fianco. Prodigioso ragazzo che fu mirabile esempio di precoce ardimento e sublime eroismo. Napoli, 28-29 settembre 1943.[6]»
— Napoli

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Parrocchia di San Gennaro al Vomero, Libro dei Battezzati, Volume n° 10, Pag. 52, Paragrafo n° 207 del 14 luglio 1923 a firma del Parroco Sac. Giuseppe Balbi
  2. ^ Parrocchia di San Gennaro al Vomero, Libro dei Morti, Volume n° 9, non esiste alcuna attestazione di morte fatta dal Parroco Sac. Luigi Pane
  3. ^ (PDF)Senato.it - Resoconto sommario della seduta del 7 marzo 1946, pag.336
  4. ^ Mariantonietta Picone Petrusa , [www.treccani.it/enciclopedia/eduardo-pansini_(Dizionario_Biografico) Pansini, Eduardo], in Dizionario Biografico degli Italiani, Volume 81 online, Enciclopedia Treccani, Roma, 2014
  5. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore anpi
  6. ^ a b Quirinale - scheda - visto 21 dicembre 2010

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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