Napoli

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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Napoli (disambigua), Neapolis o Naples.
Napoli
comune
Napoli – Veduta
Napoli – Veduta
Vista panoramica su Napoli dal Castel Sant'Elmo. In alto il Vesuvio, in basso la Certosa di San Martino.
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
Regione Campania
Città metropolitana Napoli
Amministrazione
SindacoGaetano Manfredi (indipendente di centro-sinistra) dal 18-10-2021
Territorio
Coordinate40°50′N 14°15′E / 40.833333°N 14.25°E40.833333; 14.25 (Napoli)
Altitudine17 m s.l.m.
Superficie117,27[2] km²
Abitanti911 621[3] (30-11-2023)
Densità7 773,69 ab./km²
Comuni confinantiArzano, Casandrino, Casavatore, Casoria, Cercola, Marano di Napoli, Melito di Napoli, Mugnano di Napoli, Portici, Pozzuoli, Quarto, San Giorgio a Cremano, San Sebastiano al Vesuvio, Volla
Altre informazioni
Cod. postale80121, 80122, 80123, 80124, 80125, 80126, 80127, 80128, 80129, 80131, 80132, 80133, 80134, 80135, 80136, 80137, 80138, 80139, 80141, 80142, 80143, 80144, 80145, 80146 e 80147
Prefisso081
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT063049
Cod. catastaleF839
TargaNA
Cl. sismicazona 2 (sismicità media)[4]
Cl. climaticazona C, 1 034 GG[5]
Nome abitantinapoletani o partenopei
Patronosan Gennaro e altri 55 compatroni
Giorno festivo19 settembre
PIL(nominale) 18 743,1 mln (2019)[1]
PIL procapite(nominale) 19 757 (2019)[1]
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Napoli
Napoli
Napoli – Mappa
Napoli – Mappa
Posizione del comune di Napoli nell'omonima città metropolitana
Sito istituzionale

Napoli (IPA: /ˈnapoli/[6] ascolta; in napoletano Napule, pronuncia [ˈnɑːpələ]) è un comune italiano di 911 621 abitanti,[3] terzo in Italia per popolazione, capoluogo della Regione Campania, dell'omonima città metropolitana e centro di una delle più popolose e densamente popolate aree metropolitane d'Europa.

Fondata dai cumani nell'VIII secolo a.C., fu tra le città più importanti della Magna Grecia[7] e giocò un notevole ruolo commerciale, culturale e religioso nei confronti delle popolazioni italiche circostanti.[8] Dopo il crollo dell'Impero romano, nell'VIII secolo la città formò un ducato autonomo indipendente dall'Impero bizantino; in seguito, dal XIII secolo e per più di cinquecento anni, fu capitale del Regno di Napoli; con la Restaurazione divenne capitale del Regno delle Due Sicilie sotto i Borbone fino all'Unità d'Italia.

Sede della Federico II, la più antica università del mondo a essere nata attraverso un provvedimento statale,[9] ospita, altresì, L'Orientale, la più antica università di studi sinologici e orientalistici del continente,[10] e la Nunziatella, una delle più antiche e prestigiose accademie militari del mondo.[11][12] Luogo d'origine della lingua napoletana, ha rivestito e riveste tuttora un forte peso in numerosi campi del sapere, della cultura e dell'immaginario collettivo.

Protagonista dell'umanesimo[13] e centro illuminista di livello europeo,[14] Napoli è stata a lungo un punto di riferimento globale per la musica classica e l'opera attraverso la scuola musicale napoletana,[15] dando tra l'altro origine all'opera buffa.[16]

Città dall'imponente tradizione nel campo delle arti figurative, che affonda le proprie radici nell'età classica, ha dato luogo a movimenti architettonici e pittorici originali, quali il rinascimento napoletano[17] e il barocco napoletano,[18] il caravaggismo,[19] la scuola di Posillipo,[20] la scuola di Resina e il liberty napoletano,[21] nonché ad arti minori, ma di rilevanza internazionale, quali la porcellana di Capodimonte[22] e il presepe napoletano.[23]

È all'origine di una forma distintiva di teatro,[24] di una canzone di fama mondiale[25] e di una peculiare tradizione culinaria[26] che comprende alimenti che assumono il ruolo di icone globali, come la pizza napoletana[27] e l'arte dei suoi pizzaioli, che è stata dichiarata dall'UNESCO patrimonio immateriale dell'umanità.[28]

Nel 1995 il centro storico di Napoli è stato riconosciuto dall'UNESCO come patrimonio dell'umanità per i suoi edifici e monumenti[29], che testimoniano circa tremila anni di storia.[30] Nel 1997 l'apparato vulcanico Somma-Vesuvio è stato eletto dalla stessa agenzia internazionale (con il vicino Miglio d'oro, in cui ricadono anche i quartieri orientali della città) tra le riserve mondiali della biosfera.[31]

La città è inoltre sede dell'Allied Joint Force Command Naples della NATO e, soprattutto in virtù della sua storica vocazione globale,[32] dell'Assemblea parlamentare del Mediterraneo (PAM).

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

Territorio[modifica | modifica wikitesto]

Vista dal parco urbano dei Camaldoli.

Napoli sorge quasi al centro dell'omonimo golfo "dominato" dal vulcano Vesuvio e delimitato a est dalla penisola sorrentina con Punta Campanella, a ovest dai Campi Flegrei con Monte di Procida, a nord ovest-est dal versante meridionale della piana campana che si estende dal lago Patria al nolano.

Il territorio di Napoli è composto da molti rilievi collinari (la collina dei Camaldoli, il più alto, raggiunge i 457 m), ma anche da isole e penisole a strapiombo sul Mar Tirreno.

Il territorio urbano, limitato a occidente dal vulcano Campi Flegrei e a oriente dal Somma-Vesuvio, ha una storia geologicamente complessa.[33] Il substrato su cui poggia la città ha origine eminentemente vulcanica ed è il prodotto di una serie di eruzioni dei due complessi.[34]

Secondo la classificazione sismica nazionale, Napoli è ubicata in zona 2 (sismicità media).[35]

Clima[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Clima di Napoli.

Napoli gode di un clima mediterraneo, con inverni miti e piovosi ed estati calde e secche, ma comunque rinfrescate dalla brezza marina che raramente manca sul suo golfo. Secondo la classificazione Köppen, Napoli, nella sua fascia costiera, appartiene alla zona Cfa e Csa, perché un mese di estate riceve una quantità di precipitazioni superiore a 40 millimetri.[36][37] Il sole splende mediamente per 250 giorni l'anno.[38] La particolare conformazione morfologica del territorio del capoluogo, comunque, è tale da fare in modo che la città possieda al suo interno differenti microclimi, con la possibilità quindi di incontrare variazioni climatiche anche significative spostandosi di pochi chilometri.

Secondo la classificazione climatica italiana, Napoli è ubicata nella zona C.[39]

Napoli[40][41][42] Mesi Stagioni Anno
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic InvPriEst Aut
T. max. media (°C) 12121521263033332824161312,320,73222,721,9
T. min. media (°C) 45610141820211916954,71019,714,712,3
Precipitazioni (mm) 10498867650342442801301621213232121003721 007
Umidità relativa media (%) 75737170707170697374767574,370,37074,372,3

Origini del nome[modifica | modifica wikitesto]

Statere del 275 a.C.

«Neapolis ebbe questo nome in seguito a un atto di rifondazione, che, come sappiamo, non fu unico e non si limitò soltanto alla fase iniziale della sua vita, ma conobbe, negli anni seguenti, altre esperienze analoghe, sicché possiamo quasi dire che Neapolis, alla fine, risultò una specie di nome-programma di una città protagonista di processi tali da farle valere il titolo di città delle rifondazioni, destinata a vivere frequenti rinnovamenti.»

L'etimologia del nome «Napoli» deriva dal termine greco Neapolis (Νεάπολις) che significa «città nuova», mentre la sua radice fa riferimento all'arrivo di nuovi coloni, dunque ad una epoikia. In realtà, fu un vero e proprio tratto distintivo dell'epoca greca. La città assorbiva nuove componenti e ogni volta rinasceva come Neapolis, la "Città Nuova", appunto: dopo la sua rifondazione, l'insediamento ribadì il proprio nome col sovrapporsi della componente ateniese, pithecusana, cumana (i profughi scampati, intorno al 421 a.C., alla presa della città da parte dei Campani) e osca.[44]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Napoli.

Evo antico[modifica | modifica wikitesto]

Vaso della civiltà del Gaudo.
Ricostruzione verosimile in 3D di Neapolis greca.
La sirena Partenope, mitica fondatrice e prima eponima della città di Napoli.
Lo stesso argomento in dettaglio: Partenope (città antica).

Il sito esatto in cui si è sviluppata la città, ossia la collina di Pizzofalcone e le aree limitrofe, risulta frequentato e occupato quasi ininterrottamente dal Neolitico medio.

Partenope venne fondata come epineion (approdo e caposaldo) cumano alla fine dell'VIII secolo a.C.,[45] anche se la più antica documentazione archeologica è risalente alla seconda metà dell'VIII, ossia tra il 750 e il 720 a.C., non lontana dalle fasi più antiche di Pithecusa e Cuma.[46]

Dopo la fase iniziale come semplice avamposto, Partenope si sviluppò fino ad entrare in diretta concorrenza con la "città madre", come dimostra la tradizione storica e lo conferma l'archeologia.[47]

Alla fine del VI secolo a.C. la città venne rifondata come Neapolis (nuova città), diventando progressivamente una delle città più importanti della Magna Grecia e costituendo la fonte principale tramite la quale la "grecità" alimentò la nascente cultura romana.[48]

La Nuova Città, infatti, seppe già a partire dalla prima metà del V secolo a.C. sia sostituirsi alla "città madre" nei commerci marittimi, sia assumere il controllo sul golfo che da Cumano divenne Golfo Neapolitano,[49] mentre con l'arrivo del navarca ateniese Diotimo inaugurò il suo ruolo sempre più egemone su tutto il litorale campano ed "internazionale" nel Mediterraneo.[50][51]

Proprio per il suo peso strategico, nel 326 a.C. si arrese ai Romani, conservando però l'eredità civile dei suoi fondatori fino nel Medioevo,[52] tanto da poter essere definita «la metropoli dell’ellenismo d’Occidente».[53] Devastata nell'82 a.C. dai partigiani di Silla, nel corso dell'ultimo secolo della Repubblica e durante l'Impero Neapolis si trasformò gradatamente da città mercantile a città degli otia (cioè luogo di svago) per l'alta società romana.[45] Ebbe importanti scuole, come quella di Filodemo di Gadara e Sirone ove studiarono Virgilio e Orazio,[54] e fu sede dei Giochi Isolimpici (ossia come quelli di Olimpia), uno degli eventi ludici più importanti d'Occidente.[55][56] Tra il 161 e il 180 d. C., la città ottenne, forse per decisione dell’imperatore Marco Aurelio, con il nome di Colonia Aurelia Augusta Antoniniana Felix Neapolis, il riconoscimento appunto dello status di colonia.

Età medievale[modifica | modifica wikitesto]

Il Ducato di Napoli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Ducato di Napoli.
Il ducato autonomo di Napoli, formalmente provincia bizantina sopravvissuta fino al 1139.

Nel 536 Napoli fu conquistata dai bizantini durante la guerra gotica e rimase saldamente in mano all'impero anche durante la susseguente invasione longobarda, divenendo in seguito ducato autonomo. Il primo duca, secondo la tradizione, sarebbe stato Basilio, nominato nel 660-61 dall'Imperatore bizantino Costante II,[57] anche se è probabile che egli fosse stato preceduto da altre persone con stesse mansioni, le quali erano comunque espressione delle cosiddette "famiglie magnatizie" cittadine. La vita del ducato fu caratterizzata da continue guerre, principalmente difensive, contro i potenti principati longobardi vicini e i conquistatori musulmani (genericamente definiti Saraceni), provenienti per lo più dal Nordafrica o dalla Sicilia, che era stata conquistata dagli Arabi-Aghlabidi a partire dall'827. Celebre è a quest'ultimo proposito la battaglia navale di Ostia dell'849.[58]

L'avversione tra il cristianesimo e l'islam, tuttavia, intravide già a Napoli ampi spazi di convergenza in vista di una proiezione più mediterranea che continentale del ducato.[59] I comuni interessi commerciali determinarono di fatto una sostanziale amicizia tra Napoli e il mondo arabo, tanto che si verificò il disinvolto impiego da parte napoletana (ma campana in genere, dovendosi comprendere in questo discorso anche Amalfi) di mercenari, per lo più assoldati nell'insediamento del Traetto (in arabo ribāṭ). Prolungato artefice di questa politica fu il vescovo di Napoli e duca Attanasio II, a dispetto della scomunica inflittagli da papa Giovanni VIII.

Il X secolo fu caratterizzato da una politica di neutralità, che mirò a tener fuori Napoli dai giochi che si svolgevano intorno a lei. Da ciò trassero giovamento sia l'economia, che la cultura, consentendo da un lato lo sviluppo delle industrie tessili[N 1] e della lavorazione del ferro; dall'altro, un proficuo scambio di materiale letterario e storico - sia religioso sia profano, sia greco sia latino - tra la città e Costantinopoli, da cui provenne ad esempio il greco Romanzo di Alessandro.[N 2]

Lo sviluppo del movimento iconoclasta da parte di Leone III l'Isaurico, e la conseguente disputa teologica tra quest'ultimo e Papa Gregorio II, ebbe come conseguenza il passaggio formale delle diocesi dell'Italia bizantina sotto l'autorità del patriarcato di Costantinopoli. Nei fatti, tuttavia, la disposizione di Leone III rimase inapplicata, e Napoli restò fedele all'autorità del Papa. Come ricompensa per la posizione assunta nella disputa, la città fu elevata al rango di provincia ecclesiastica intorno al 990, e Sergio II ne fu il primo arcivescovo.[60]

Nel 1030 il duca Sergio IV donò la contea di Aversa alla banda di mercenari normanni di Rainulfo Drengot, che lo avevano affiancato nell'ennesima guerra contro il principato di Capua. Dalla base di Aversa, i normanni acquisirono una propria struttura sociale e organizzativa e nel volgere di un secolo furono in grado di sottomettere tutto il meridione d'Italia, dando vita al Regno di Sicilia.

Il periodo normanno-svevo[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Sicilia.
Statua marmorea di Federico II di Svevia, posta all'ingresso del palazzo Reale di Napoli.

Nel 1139 i normanni conquistarono la città e il ducato entrò a far parte del territorio del Principato di Capua, nel neonato Regno di Sicilia. Tale nuovo regno fu governato dai Normanni sino al 1197: la capitale fu posta a Palermo per volere di Ruggero II d'Altavilla, ma Napoli, già un centro di spessore sin dal VII secolo[61][62] (a quest'ultimo periodo si collega la sua funzione di vicecapitale dell'Esarcato d'Italia sotto Costante II)[63], funse da notevole polo mercantile[64][65].

Passato il Regno di Sicilia in mano agli svevi sotto gli Hohenstaufen, Napoli fu compresa nel giustizierato di Terra di Lavoro. Federico II di Svevia preferì sempre come sua residenza Palermo così come anche la Capitanata in Puglia, ma a Napoli decise di istituire l'Università da cui trarre la classe dirigente dello Stato.[66] Tale scelta fu dovuta, tra le altre cose, a causa della sua posizione geografica, visto che il nuovo Studio avrebbe dovuto essere un centro di richiamo non solo per il Regno di Sicilia, ma anche per il Sacro Romano Impero.[67] L'Università, il più antico istituto europeo del suo genere, fu concepita come scuola indipendente dal potere papale.

La città si ribellò più di una volta ai figli del defunto imperatore, Corrado IV e Manfredi, tanto che Corrado decise di diroccare parte delle mura e di spostare la sede dell'università a Salerno (poi ritornata a Napoli cinque anni dopo, nel 1258). La fedeltà al papato fu ricompensata con l'ultimo soggiorno di Innocenzo IV nel 1254, da ottobre a dicembre, prima della sua morte.

Il periodo angioino[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Regno di Napoli.
San Ludovico di Tolosa che incorona il fratello Roberto d'Angiò (dipinto di Simone Martini).

Napoli divenne parte del regno angioino in seguito alle vittorie di Carlo I d'Angiò su Manfredi di Svevia nel 1266 a Benevento; e su Corradino di Svevia a Tagliacozzo nel 1268. Sotto il regno di Carlo II d'Angiò, furono istituiti formalmente i Sedili, organi amministrativi ripartiti per aree della città. Essi traevano la propria origine dalla fratrie dell'epoca greca e dalla Magna cura Regis e sarebbero rimasti in piedi fino al XIX secolo.

In seguito alla rivolta scoppiata in Sicilia nel 1282 (Vespri siciliani, causati anche dalla promozione ufficiale della città a capitale del Regno di Sicilia nel 1266) e il passaggio dell'isola al dominio aragonese, Napoli, divenne la capitale del Regno di Napoli. Succede a Carlo d'Angiò il figlio Carlo II e in seguito il nipote, Roberto d'Angiò, detto "il Saggio", che rende ulteriormente Napoli uno dei più influenti centri culturali dell'Europa e del Mediterraneo. A questo periodo risalgono i soggiorni in città di Francesco Petrarca, Simone Martini, Giotto (che vi fonderà una scuola pittorica giottesca fra le più importanti d'Italia) e di Boccaccio, che nella basilica di San Lorenzo Maggiore conoscerà Fiammetta, ovvero Maria d'Aquino e in seguito rimpiangerà i piacevoli anni trascorsi alla corte napoletana. Succederà al re Roberto, la nipote Giovanna I di Napoli nel 1343 e poi sarà il momento dei d'Angiò di Durazzo nel 1382 con Carlo di Durazzo, Ladislao I di Napoli e Giovanna II di Napoli.

Tra gli avvenimenti celebri verificatesi nel periodo della dinastia angioina: la decapitazione del giovane Corradino di Svevia nel 1268, il maremoto del 1343 (lo stesso che diede il colpo di grazia ad Amalfi), il primo tentativo di riunificazione politica d'Italia sotto Ladislao di Durazzo e gli assedi alla città nelle lotte per la successione di Giovanna II d'Angiò fra Renato d'Angiò e Alfonso V d'Aragona finché quest'ultimo, dopo essere penetrato nella città attraverso un acquedotto, nel 1442 poté occupare definitivamente Napoli.

Età moderna[modifica | modifica wikitesto]

Il Regno aragonese Utriusque Siciliae[modifica | modifica wikitesto]

Dipinto di Alfonso il Magnanimo.

Il sovrano Alfonso il Magnanimo, nonostante il conflitto interno fra la monarchia e i baroni, che si manifestò in episodi drammatici come la congiura dei baroni sotto il regno del figlio Ferdinando I di Napoli, privilegiò la città, facendone la capitale del suo Impero[68] mediterraneo.[69] Il periodo alfonsino e quello dei suoi successori fu caratterizzato dall'ampliamento del perimetro della città e dalla costruzione di una possente cinta muraria con ventidue torri cilindriche. In questo periodo furono anche costruiti importanti monumenti cittadini, come l'arco del Maschio Angioino (iniziativa che diede origine al cosiddetto clima dell'Arco), palazzo Diomede Carafa, palazzo Filomarino, porta Capuana, palazzo Como e la scomparsa villa di Poggioreale, che diverrà un paradigma per numerose ville, anche oltre i confini italiani.[70]

Anche il clima culturale conobbe un notevole incremento, grazie al grande impulso dato da Alfonso alla biblioteca cittadina e alla fondazione dell'Accademia Pontaniana. Le grandi somme profuse nella promozione della cultura diedero impulso ad un fiorire di attività, che resero Napoli protagonista dell'Umanesimo.[71]

Il Viceregno spagnolo[modifica | modifica wikitesto]

Pedro Álvarez de Toledo. Dipinto di Tiziano.

A partire dal 1501, in conseguenza delle Guerre d'Italia che stravolsero la geopolitica europea, Napoli perse la sua indipendenza. Dopo la marcia su Napoli di Carlo VIII di Francia e la nuova occupazione francese, nel maggio del 1503 passò sotto la dominazione spagnola, e per oltre due secoli il regno fu governato da un viceré per conto di Madrid. Il lungo dominio spagnolo viene generalmente considerato dalla storiografia, specie di stampo crociano, un periodo oscuro e di regresso.[72] In effetti però, la città in questo periodo non cadrà mai in una condizione provinciale[66][73] (le dimensioni monstre[73], la vivacità interculturale[74] e l'anticurialismo della Napoli spagnola), divenendo uno dei massimi centri dell'Impero;[14] chiamata a contrastare tra l'altro l'espansionismo dell'Impero ottomano nel Mediterraneo centro-occidentale e ancor più importante a fungere da retrovia dell'azione spagnola nella valle padana.[75]

Del suddetto periodo è possibile riscontrare prestiti lessicali di adstrato nella lingua napoletana,[76] nonché ampliamenti relativi all'assetto urbanistico della città, la quale raddoppiò il proprio perimetro e assistette all'apertura di via Toledo e alla costruzione dei cosiddetti quartieri spagnoli, ad opera degli architetti Giovanni Benincasa e Ferdinando Manlio, su richiesta dell'allora viceré Pedro de Toledo.

Nel corso della guerra di successione spagnola l'Austria conquistò Napoli (1707), ma la tenne per pochi anni, fino al 1734, anno in cui il regno fu occupato da Carlo di Borbone, che vi ricostituì uno Stato indipendente che comprendeva tutto il sud Italia e la Sicilia.

Il periodo borbonico e la parentesi francese[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Regno delle Due Sicilie e Risorgimento.
Dipinto di Ferdinando II re delle Due Sicilie; metà del XIX secolo.

Sotto Carlo III di Borbone, la città vide una serie di grandiose opere architettoniche ed archeologiche grazie alle quali divenne una eccelsa capitale europea[77]. Si affermò inoltre come uno dei più importanti centri illuministi d'Europa[78] e una delle principali mete del Grand Tour.

Con la Rivoluzione francese e le guerre napoleoniche, Napoli vide la nascita di una repubblica giacobina affogata nel sangue dalla successiva restaurazione borbonica. Nel 1806 fu conquistata dalle truppe francesi condotte da Napoleone Bonaparte che affidò il regno a suo fratello Giuseppe e in seguito a Gioacchino Murat, che non riuscì ad unificare prematuramente la penisola ma risvegliò il sentimento nazionale attraverso il Proclama di Rimini.[79] Nel 1815 con la definitiva sconfitta di Napoleone e il Congresso di Vienna Napoli ritornò nuovamente ai Borbone. Durante il periodo francese, numerose furono le spoliazioni napoleoniche di opere d'arte a Napoli.

Il 1820 in Europa fu l'anno delle agitazioni contro l'assolutismo monarchico, e a Napoli queste si manifestarono nella rivolta capitanata dal generale Guglielmo Pepe. Intimorito da ciò, Ferdinando I acquisì un comportamento ambiguo, elargendo dapprima la Costituzione, e chiedendo poi l'aiuto austriaco, per poterla ritirare e reprimere l'opposizione.[80] Tale atteggiamento si ripeté nei moti del 1848 quando, dopo l'ennesima insurrezione, Ferdinando II concesse una carta costituzionale, per poi sciogliere il Parlamento e reprimere la rivolta nel sangue, ripristinando l'assolutismo.[80][81] Altresì, in questo periodo la città vide numerosi impulsi in molti settori.[82]

La città fu colpita, come il resto d'Europa, da epidemie di colera che provocarono più di 20.000 morti tra 1835-37 e tra 1854-55; sfociando anche in sommosse.[83]

Nel 1860 il Regno delle Due Sicilie fu oggetto della spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi e successivamente invaso dal Regno di Sardegna. Francesco II di Borbone abbandonò Napoli ripiegando a Gaeta insieme a parte dell'esercito borbonico per «garantirla dalle rovine e dalla guerra… risparmiare a questa Patria carissima gli orrori dei disordini interni e i disastri della guerra civile»,[84] e fu tentata una prima difesa con la battaglia del Volturno e quindi con l'assedio di Gaeta. A seguito della sconfitta delle truppe borboniche, Napoli fu annessa al nascente Regno d'Italia.

Età contemporanea[modifica | modifica wikitesto]

«Andando a Firenze, dopo due anni, dopo cinque, anche dopo sei se volete, potremo dire addio ai fiorentini e andare a Roma; ma da Napoli non si esce; se vi andiamo, saremo costretti a rimanerci. Volete voi Napoli? Se ciò volete, badate bene, prima di prendere la risoluzione di andare a stabilire la capitale a Napoli, bisogna prendere quella di rinunziare definitivamente a Roma.»

Nel 1864 il Regno d'Italia fu forzato, dalla Convenzione di settembre con il Secondo Impero francese di Napoleone III, a spostare la capitale da Torino.[86] Tra i motivi dello spostamento vi furono quelli militari: Napoli venne ritenuta la favorita assieme a Firenze (la prima era "protetta" dal Mar Tirreno e la seconda dall'Appennino).[87] La città partenopea, per ragioni politiche, venne considerata dalla maggioranza del gabinetto una candidata particolarmente adatta, ma non ottenne l'appoggio del re, che ritenne Firenze una città più consona ad un ruolo di capitale temporanea,[88] scelta confermata dal comitato di cinque generali chiamato a decidere, in quanto Napoli non sarebbe stata sufficientemente difendibile con la flotta italiana che non era ai livelli di quella francese o inglese.[89]

Le difficoltà dovute alla perdita del suo precedente e secolare ruolo di capitale, unite al nuovo sistema fiscale e doganale nazionale ereditato da quello piemontese,[90] determinarono una profonda crisi sociale e industriale (denunciata anche dalla scrittrice Matilde Serao ne Il ventre di Napoli e Il paese di cuccagna).[91]

Le condizioni così difficili del comune più popoloso del Regno d'Italia,[92] furono all'origine, a fine XIX secolo, di una lunga e profonda trasformazione urbanistica che risentì notevolmente delle influenze del grande piano di ristrutturazione di Parigi sotto il Secondo Impero.[93] In questo periodo furono demoliti numerosi fabbricati e monumenti, costruiti nuovi quartieri, piazze, edifici e aperte le arterie di via Duomo, del Rettifilo, di via Francesco Caracciolo, di via A. Depretis e viale Gramsci. Questo frangente storico coincise oltremodo con la nascita di numerosi café-chantant e di un dinamico ambiente culturale e sociale che vide esponenti del calibro di Benedetto Croce.[94]

L'11 marzo 1918, nel corso del primo conflitto mondiale, pur trovandosi molto distante dalla zona di conflitto, la città fu bombardata dal dirigibile tedesco L.58 o LZ 104, partito da una base bulgara, causando sedici vittime tra la popolazione civile.

24 ottobre 1922, adunata delle camicie nere di Napoli, Mussolini sul palco delle autorità.

Nei primi anni venti del XX secolo, Napoli fu sede di uno dei più importanti Fasci di Combattimento italiani con a capo Aurelio Padovani; il 24 ottobre 1922 la città fu teatro della grande adunanza di camicie nere che fu la prova generale della Marcia su Roma.[95]

Uno «scugnizzo» armato durante le Quattro giornate di Napoli.

Con lo spostamento del baricentro politico ed economico del paese verso il Mezzogiorno,[96] Mussolini riservò a Napoli il ruolo di città Porto dell'Impero coloniale italiano,[97][98] motivo per cui vide di nuovo un profondo rinnovamento urbanistico.[99] Casi emblematici sono la costruzione della Mostra d'Oltremare e del primo passante ferroviario di penetrazione urbana sotterraneo d'Italia, noto come "metropolitana FS", con la tratta Napoli-Pozzuoli.[100]

Proprio per il suo ruolo Napoli fu, durante la seconda guerra mondiale, la città italiana che subì il numero maggiore di bombardamenti, circa duecento.[101] Dopo la resa del Regno d'Italia agli Alleati, avvenuta l'8 settembre 1943, Napoli fu teatro di una storica insurrezione popolare nota come le Quattro Giornate (27-30 settembre 1943) che, coronata dal successo, diede impulso alla Resistenza italiana dei partigiani contro i nazifascisti.[102] Sconvolta dai numerosi bombardamenti, dal disastro della nave Caterina Costa e dall'occupazione tedesca in ritirata, Napoli fu la prima grande città ad essere governata dagli anglo-americani durante il secondo conflitto mondiale. Pur restando estromessa dal Regno del Sud, nell'inverno 1943-44 e nella primavera seguente, Napoli rivestì il ruolo di maggiore crocevia politico delle terre liberate dagli anglo-americani.[103]

Durante il secondo dopoguerra, vi fu il referendum per decidere tra monarchia e repubblica, e nella circoscrizione di Napoli ben 904 000 furono a favore della prima.[104] Pochi giorni dopo, fu Enrico De Nicola, napoletano, ad essere eletto primo presidente della Repubblica.

Gli anni del miracolo economico ebbero rilevanti effetti anche sulla città, ma, allo stesso tempo, coincisero anche con la nascita di una Napoli capitale della speculazione edilizia che fu simbolicamente descritta nel celebre film Le mani sulla città di Francesco Rosi. In questo periodo la città si espanse in tutte le direzioni, anche oltre gli obsoleti confini comunali, portando alla nascita dell'agglomerato urbano che oggi conosciamo.[105] Nello stesso periodo la città vide nascere anche un'attività cinematografica molto intensa, sia a livello nazionale che internazionale.[106]

Il terremoto dell'Irpinia del 1980 fece sentire i suoi effetti anche a Napoli: nella zona orientale crollò un palazzo mal costruito, causando la morte di cinquantadue persone, e il settore turismo subì un'ulteriore flessione. Da una situazione economica e sociale così difficile, fu la camorra a proliferare.

Nel 1994 la città ospitò il G7 e la conferenza mondiale dell'ONU per la lotta contro la criminalità organizzata, iniziando così un periodo di relativa rinascita. Nel 1995, dopo circa dieci anni di cantieri, venne completato il Centro Direzionale di Napoli, il primo cluster di grattacieli dell'Europa meridionale.

Capitale storica del Mezzogiorno, la Napoli contemporanea è il centro di una vasta area metropolitana e ha conservato un notevole prestigio, soprattutto culturale. La città è infatti sede di importanti istituzioni museali e teatrali, di un'antica università e di altre istituzioni.[107]

Simboli[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Stemma di Napoli.
Logo della città di Napoli, con lo stemma rosso e oro posto in alto.

Lo stemma si compone di uno scudo sannitico diviso in due parti orizzontali di uguale altezza, quella superiore colorata d'oro e l'altra di rosso («troncato d'oro e di rosso»), sormontato da una corona turrita con cinque bastioni merlati visibili, di cui solo uno, quello centrale, dotato di porta d'ingresso. Secondo un'ipotesi, già dichiarata infondata dallo storico Bartolomeo Capasso,[108] l'oro simboleggia il sole, mentre il rosso la luna.[109][N 3]

Il gonfalone riprende i due colori dello stemma, oro e rosso, che occupano rispettivamente la metà superiore e la metà inferiore dell'intero drappo («troncato»), riprendendo simmetricamente la disposizione dei colori dello scudo araldico cittadino.[110]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Napoli è tra le città decorate al valor militare per la guerra di liberazione; è stata, infatti, la prima grande città europea a liberarsi dall'occupazione nazi-fascista e quindi insignita della medaglia d'oro al valor militare per i sacrifici della popolazione e per le attività nella lotta partigiana durante la rivolta detta delle Quattro giornate di Napoli.

Medaglia d'Oro al Valor Militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Con superbo slancio patriottico sapeva ritrovare, in mezzo al lutto e alle rovine, la forza per cacciare dal suolo partenopeo le soldatesche germaniche sfidandone la feroce disumana rappresaglia. Impegnata un'impari lotta col secolare nemico offriva alla Patria, nelle "Quattro Giornate" di fine settembre 1943, numerosi eletti figli. Col suo glorioso esempio additava a tutti gli Italiani, la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria.[111][112]»
— Roma, 10 settembre 1944 (Concessa da: Vittorio Emanuele III di Savoia, Re d'Italia)
Croce d'Oro al Merito dell'Arma dei Carabinieri - nastrino per uniforme ordinaria
«Fedeli ai più alti valori di devozione alla patria, i napoletani legavano indissolubilmente il proprio destino a quello dei carabinieri, per contrastare le violenze dell'occupante straniero e respingendo dal suolo natio. Dal 27 settembre 1943 gli insorti sostenevano con indomito slancio i carabinieri di tutte le stazioni urbane della città nei molteplici scontri che si susseguirono all'assalto delle truppe naziste. In ogni quartiere, da Capodimonte al Mercato, alla Stella, a Chiaiano, all'Avvocata, all'Arenella, a San Carlo all'Arena, al Vomero, a Montecalvario, ovunque divampando la guerriglia, le azioni più ardite, condotte all'unisono, consentivano di interrompere le requisizioni e distribuire viveri alla popolazione affamata, riconquistare i serbatoi idrici e impedire la distruzione dei ponti, trarre in salvo concittadini e alleati. In tali gloriose gesta la città e l'Arma, avvinte nello stesso anelito di indipendenza, si consacravano alla storia, saldandosi in un fronte comune, baluardo esemplare di giustizia e libertà.[113]»
— Napoli, 27-30 settembre 1943
Medaglia d'Oro di Benemerenza per il Terremoto Calabro-Siculo [114] - nastrino per uniforme ordinaria
«Per l'opera data in occasione del terremoto del 28 dicembre 1908[115]»
— Roma, 5 giugno 1910
Titolo di Città - nastrino per uniforme ordinaria
«Antico diritto»
— Napoli
Titolo di Città Fidelissima[116][117] - nastrino per uniforme ordinaria
Titolo di Città Fidelissima[116][117]
Grandato di Spagna - nastrino per uniforme ordinaria
Grandato di Spagna - nastrino per uniforme ordinaria
«Tenendo presenti li rilevanti meriti e servizi della mia fedelissima Città e Regno di Napoli, che viene adornato di tante speciali circostanze di rappresentazione, splendore, e lustro, e di tante celebri Città numerose di nobiltà, e antiche, e specialmente di Napoli sua Capitale, considerata degnamente per una delle maggiori insigne Città di Europa, sì per la sua situazione, magnificenza, e abbondanza, come per la moltitudine de' suoi abitatori, abitando in essa infinite famiglie nobili, delle quali alcune per retaggio ereditario godono la dignità di Grande di Spagna, e per la stimabila finezza, e amore, con cui ha corrisposta al mio Real servigio, ho firmato di bene di concedere a detta fedelissima Città di Napoli in perpetuo il Grandato di Spagna, unitamente alla Deputazione de' Capitoli, Privilegi, e Grazie; ed è mia volontà che goda ambedue perpetuamente con tutti gli onori, esenzioni, prerogative, e distinzioni, nella maniera che le hanno godute, e godono altre Città di questi Regni di Spagna; e ordino che si registri nella Camera di Castiglia questa Cedola.[119]»
— Madrid, 24 settembre 1711 (Concessa da: Filippo IV Borbone, Re di Napoli e Re di Spagna)
Grandato di Spagna - nastrino per uniforme ordinaria
«Yo por lo que el Rey tiene determinado recivo en mi proprio nombre vuestra obedencia, y os juro vuestros privilegios, y quelos observare.[120][121]»
— Maddaloni, 9 aprile 1734 (Concessa da: Carlo I di Borbone, Duca di Parma e Piacenza, Infante di Spagna)
Senato Cittadino - nastrino per uniforme ordinaria
«Volendo restituire al Corpo municipale della città di Napoli il lustro di cui era decorato l'estinto Senato della stessa città, e conciliare le sue onorificenze colle disposizioni della nostra legge de' 12 di dicembre 1816 sull'amministrazione civile [… omississ …] Abbiamo risoluto di decretare e decretiamo quanto siegue: Art. 1. Riconcediamo al Corpo Municipale della città di Napoli il titolo di Senato, e tutte le decorazioni e onorificenze, di cui godea prima della occupazione militare.[122]»
— Napoli, 7 febbraio 1817 (Concessa da: Ferdinando I di Borbone, Re delle Due Sicilie)
Distintivo d'Onore di Grande Mutilata - nastrino per uniforme ordinaria
«L'Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi di Guerra consapevole delle sofferenze patite da Napoli, per le ferite subite dai bombardamenti, impavida sotto la spietata offesa nemica, consegna alle Autorità Cittadine il Distintivo d'Onore di Grande Mutilata.[123]»
— Roma, 9 maggio 1943 (Concessa da: Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra)

Monumenti e luoghi d'interesse[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Monumenti di Napoli.
 Bene protetto dall'UNESCO
Centro storico di Napoli
 Patrimonio dell'umanità
TipoCulturale
Criterio(ii) (iv)
PericoloNon in pericolo
Riconosciuto dal1995
Scheda UNESCO(EN) Historic Centre of Naples
(FR) Scheda
Una parte del centro storico. In evidenza, il monastero di Santa Chiara, Spaccanapoli e il centro direzionale.

La storia di Napoli si presenta come un microcosmo di storia europea fatta di diverse civiltà, popoli e culture che hanno lasciato tracce anche nel suo patrimonio artistico e monumentale di valore universale senza eguali[124].

Napoli è in assoluto una delle città mondiali a maggior densità di risorse culturali, artistiche e monumentali, definita dalla BBC come «la città italiana con troppa storia da gestire».[125][126] Il suo centro storico, frutto di storia, arte ed espressione urbanistica lungo un arco di circa tremila anni, ha esercitato una profonda influenza sull'Europa sin dall'Evo Antico.[124]

Architetture religiose[modifica | modifica wikitesto]

Cattedrale di Santa Maria Assunta.
Certosa di San Martino.

Gli edifici religiosi costituiscono una parte essenziale del patrimonio monumentale cittadino. La certosa di San Martino, realizzata su imponenti fondamenta gotiche che costituiscono di per sé una notevole opera architettonica,[127] è uno dei più riusciti esempi del Barocco. Il Duomo di Napoli è rappresentato dalla cattedrale di Santa Maria Assunta, anche se esistono altri edifici di gran pregio, tra cui la chiesa dei Girolamini, la basilica dell'Incoronata Madre del Buon Consiglio, la basilica di San Francesco di Paola, la chiesa della Trinità Maggiore, la basilica di San Domenico Maggiore e la basilica di Santa Chiara con una delle navate più alte del mondo (45 metri).

(FR)

«Ce qui nous a paru le plus extraordinaire à Naples, c'est le nombre et la magnificence de ses églises; je puis vous dire sans exagérer que cela surpasse l'immagination»

(IT)

«La cosa che ci è sembrata più straordinaria a Napoli, è il numero e la magnificenza delle sue chiese; posso dirvi senza esagerare che ciò oltrepassa l'immaginabile»

Chiesa della Trinità Maggiore.
Basilica di Santa Chiara.

Il numero di chiese censite a Napoli ammonta a circa un migliaio,[129] dato che fa della città probabilmente uno dei centri con più chiese al mondo. Nel solo centro antico, da non confondersi con il più ampio centro storico, si concentrano circa 300 chiese dell'arte:[130] nel XVIII secolo la metropoli partenopea era soprannominata la "città delle 500 cupole".[131]

Nonostante i restauri portati a termine nell'ultimo lustro (chiesa di San Carlo alle Mortelle, chiesa di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, chiesa di Santa Maria Assunta dei Pignatelli, chiesa di Santa Maria della Colonna, chiesa di Santa Maria di Portosalvo) o ancora in corso (chiesa di San Nicola a Pistaso, chiesa di Santa Maria della Misericordia ai Vergini, chiesa di Sant'Andrea Apostolo detta dei Gattoli) sono ancora molte le chiese chiuse o in cattivo stato di conservazione, nonostante il notevole valore artistico come nel caso della chiesa di Santa Maria delle Grazie Maggiore a Caponapoli, della chiesa di Sant'Agostino alla Zecca o di quella di Santa Maria in Cosmedin, tra le più antiche della città per periodo di fondazione.

Innumerevoli anche le edicole sacre di Napoli, i chiostri monumentali e le aree cimiteriali, tra cui il cimitero di Poggioreale, uno dei più vasti d'Europa.

Architetture civili[modifica | modifica wikitesto]

Le singole voci sono elencate nella Categoria:Guglie, obelischi e colonne di Napoli.

Per il clima mite e la favorevole posizione naturale, nel corso dei secoli Napoli e i suoi dintorni sono stati scelti anche come luogo di villeggiatura. Con l'ascesa della città a capitale si iniziarono ad edificare dimore e palazzi nobiliari, residenze di aristocratici desiderosi di prender parte alla vita di corte. Come risultato, la città e il suo circondario furono arricchiti da centinaia di ville, tra le quali occorre citare villa Pignatelli, villa Carafa di Belvedere, villa Doria d'Angri, villa Rosebery, villa Floridiana, villa Rocca Matilde e villa Visocchi.

Palazzo Reale.
Reggia di Portici (nel comune confinante di Portici, ma parte integrante del piano urbanistico napoletano del XVIII secolo).[132]
La Reggia di Capodimonte.
L'Obelisco dell'Immacolata.
La Fontana del Gigante.
Galleria Umberto I.

L'edilizia civile in epoca altomedievale risentì ampiamente delle numerose guerre e dell'incertezza politica del periodo. L'Umanesimo invece lasciò numerose testimonianze, in particolare di artisti catalani, mentre a partire dal XV secolo più marcata fu l'impronta toscana, caratteristica dell'edilizia rinascimentale riletta in chiave locale. Furono gli anni in cui si ebbe la fioritura più cospicua di palazzi nobiliari, soprattutto grazie alle espansioni a ovest che portarono alla nascita di via Toledo.[133]

Al particolarmente prolifico periodo barocco, seguito dal neoclassico, risale invece la grande residenza regia della città: il Palazzo Reale. Il grande piano urbanistico di Carlo di Borbone coinvolse anche i territori fuori le mura, con la costruzione delle regge di Portici, Capodimonte e Caserta.[134] Sempre nel corso del XVIII secolo furono costruiti il teatro di San Carlo, il più antico al mondo ancora in attività e il più capiente in Italia, [135][136] e il real Albergo dei Poveri, paragonabile per dimensioni alla Reggia di Caserta. Dopo l'unità d'Italia, sul finire del XIX secolo, si avviò il grande progetto del risanamento di Napoli, che prevedeva l'abbattimento di intere aree e l'edificazione di nuovi edifici, anche di notevole pregio, come la galleria Umberto I.

Dopo il periodo razionalista, che vide sorgere importanti strutture, tra cui il nuovo palazzo delle Poste e il teatro Mediterraneo della Mostra d'Oltremare, negli anni Novanta fu inaugurata un'intera cittadella di grattacieli, la prima d'Italia e dell'Europa meridionale: il centro direzionale di Napoli di Kenzō Tange, alla cui realizzazione parteciparono architetti di fama internazionale. In anni recenti si ricorda invece la stazione di Napoli Afragola di Zaha Hadid, inclusa dalla BBC tra le migliori costruzioni al mondo del 2017.[137]

Gli obelischi della città, i più famosi dei quali sono l'obelisco dell'Immacolata, quello di San Domenico e di San Gennaro, risalgono al periodo compreso tra il medioevo e il barocco. La loro costruzione derivò dalle pratiche della chiesa di assegnare a ogni importante edificio di culto un elemento riconoscibile ai pellegrini, ma anche dalle feste pubbliche, durante le quali si soleva costruire torri lignee portate a spalla e fortemente decorate con cartapesta (tradizione che sopravvive con la Festa dei Gigli di Nola).

Napoli, sebbene molto meno rispetto al passato, è inoltre ricca di fontane: la fontana del Gigante, la fontana del Sebeto e la fontana del Nettuno sono importanti esempi di epoca barocca. La più vasta è invece la fontana dell'Esedra (900 m²) di Carlo Cocchia e Luigi Piccinato, che si ispirarono alla settecentesca fontana della Reggia di Caserta.

Numerose anche le scale storico-monumentali della città, che superano le 200 e costituiscono un elemento distintivo dell'urbanistica partenopea. Vi sono esempi di varie forme e dimensioni disseminati su tutto il territorio del centro storico: tra le altre, la Pedamentina a San Martino, la scalinata del Petraio e la monumentale scalinata di Montesanto.

Architetture militari[modifica | modifica wikitesto]

Le singole voci sono elencate nella Categoria:Castelli di Napoli e Categoria:Torri di Napoli.
Lo stesso argomento in dettaglio: Mura di Napoli e Porte di Napoli.
Port'Alba.
Castel dell'Ovo.
Maschio Angioino.

Sin dall'epoca greca le mura cittadine si estendevano su un tracciato quadrangolare, delimitato a nord dall'odierna via Foria, a sud dal corso Umberto I, ad ovest su via San Sebastiano e ad est su via Carbonara.[8] Queste saranno poi riprese anche in epoca romana,[138] costituendo quindi il centro antico della città. Delle modifiche furono compiute per accogliere i profughi dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e sotto Valentiniano III.[8]

Napoli ha visto l'avvicendarsi di diverse dinastie straniere, motivo per cui ha dovuto dotarsi di poderose fortificazioni: la più antica fu Castel dell'Ovo, costruito direttamente sul mare sulle vestigia della Villa di Licinio Lucullo, con funzione prettamente difensiva delle coste cittadine, in considerazione della sua posizione pressoché centrale. Nel 1153 fu eretto Castel Capuano, edificato per volere di Guglielmo I di Sicilia con lo scopo di proteggere l'entroterra e fungere da residenza reale.

In epoca angioina le mura si estendevano per circa 4,5 km, comprendendo un'area di circa 200 ettari e 30 000 abitanti.[8] Il fossato a nord fu denominato carbonarius publicus in quanto vi venivano bruciati i rifiuti, quello a ovest Lavinaius in cui fluivano le acque piovane prima di gettarsi in mare. Ulteriori modifiche furono effettuate nel XIII secolo da Carlo I d'Angiò, in direzione della marina fino ad includere il Castel Nuovo, e nel 1484 dagli aragonesi in direzione del Carmine fino all'omonimo castello.[139] In questa fase furono edificati altri tre castelli: il Maschio Angioino,[N 4] che assunse il ruolo di residenza reale, il Castel Sant'Elmo, che aveva una funzione di controllo della città grazie alla sua favorevole posizione in altura, e il Castello del Carmine.

Durante il vicereame spagnolo furono intrapresi nuovi lavori di murazione.[8] Nonostante il divieto di estendersi fuori le mura,[8] nel 1656 la città contava 450 000 abitanti (compresi i casali). Al periodo del viceregno, invece, risalgono il Castello di Nisida e il forte di Vigliena.[140] La caserma Garibaldi infine rappresenta l'ultima fortificazione, sorta poco prima l'unità d'Italia. Altri castelli, per lo più palazzi o monasteri fortificati, sono locati oltre le mura e nel suo circondario. Da segnalare anche i piccoli fortini daziari del muro finanziere, l'ultima cinta muraria che circondava la città ottocentesca, come quello in stile neogreco del ponte dei Granili.

Con lo sviluppo delle tecnologie belliche, le mura persero progressivamente valore fino a scomparire del tutto.

La cinta muraria originale era intervallata da una serie di torri, dapprima erette in tufo e poi in piperno e pietra lavica, accompagnate lungo il percorso da una serie di portali, dei quali sono ancora visibili testimonianze: porta Medina (1640) nell'attuale Montesanto, porta San Gennaro (1573) nell'attuale piazza Cavour, port'Alba (1625) nell'attuale piazza Dante e l'antica porta Capuana. Tra le torri sopravvissute si ricordano torre Ranieri e torre San Domenico.

Siti archeologici[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Siti archeologici a Napoli.
Il parco archeologico di Posillipo.
Crypta Neapolitana.
Colonne superstiti del tempio dei Dioscuri (Foro di Neapolis)

L'attuale forma del centro antico rispecchia ancora la rielaborazione dell'antico tracciato viario, costituendo il più importante sito archeologico greco presente a Napoli e ancora in uso da circa 2600 anni. La Napoli greca, oltre all'impianto urbano, ci ha lasciato preziosi resti, come mura, torri di difesa, templi (compresa la tazza di porfido proveniente dal tempio di Era di Poseidonia), cunicoli e ambienti del sottosuolo.

Più numerose le rovine risalenti al periodo romano, tra le quali i resti di mercati come quello di San Lorenzo Maggiore, aree termali come quella di Santa Chiara, cryptae, mura, acquedotti, passaggi sotterranei (avviati dai greci, ma ampliati dai romani) e reperti archeologici di vario genere.

Tra le rovine di epoca romana visitabili in città rientrano quelle del parco archeologico di Posillipo, che comprendono il parco sommerso di Gaiola.

La Napoli sotterranea occupa un'enorme estensione (circa 900.000 m² di cavità artificiali).[141] Tra gli stessi ambienti del sottosuolo, è possibile ammirare anche i resti del teatro romano di Neapolis, in cui soleva esibirsi Nerone. Porzioni dello stesso teatro possono essere viste dall'esterno, lungo i decumani. Come testimonianza della Napoli antica vi sono anche luoghi di culto e sepolture sotterranee: le più famose sono le catacombe cristiane, ma ne esistono esempi legati al periodo greco e preellenico.

Immediatamente fuori dall'area comunale, ma comunque parte della sua area urbana, vi sono l'area archeologica di Baia, di Cuma ed il parco archeologico di Ercolano, ritenuta dagli archeologi un suburbio dell'antica Neapolis.[142]

Aree naturali[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Golfo di Napoli.
La baia di Trentaremi lungo la costa di Posillipo.
Il parco nazionale del Vesuvio.
Veduta del parco regionale dei Campi Flegrei (in evidenza Nisida, Capo Miseno, Procida e Ischia).

«Ho visto una città colossale, ricca, potente: innumerevoli sono i suoi palazzi, costrutti con titanica negligenza sulle colline, sulle alture, nei vichi, nelle piazze, quasi che indifferente fosse la scelta del luogo in una terra da per tutto incantevole. Ho visto strade meglio selciate che a Parigi, monumenti più splendidi che nelle prime capitali d'Europa, abitanti fratellevoli, intelligenti, rapidi nel concepire, nel rispondere, nel sociare, nel agire. Napoli è la più grande capitale italiana, e quando domina i fuochi del Vesuvio e le ruine di Pompei sembra l'eterna regina della natura e delle nazioni.[143]»

Napoli, oltre a possedere un patrimonio storico, monumentale, artistico, archeologico e culturale di livello mondiale, vanta anche un patrimonio naturalistico paragonabile a quello di Rio de Janeiro,[144] tanto che su tale elemento distintivo è nato il celebre detto popolare «Vedi Napoli e poi muori».[N 5]

La città possiede una moltitudine di aree verdi libere: il parco di Capodimonte, una vasta distesa di verde che circonda diversi fabbricati settecenteschi e in particolare l'omonima reggia, la Villa Reale (oggi meglio conosciuta come Villa Comunale), un giardino urbano di circa un chilometro e mezzo opera di Carlo Vanvitelli, il parco Vergiliano a Piedigrotta, una piccola area verde in cui secondo la tradizione popolare è custodito il sepolcro di Virgilio, o ancora la villa Floridiana, il real orto botanico e il parco regionale dei Campi Flegrei.

Una veduta particolarmente suggestiva è offerta dal parco Virgiliano a Posillipo, posizionato su uno punto che permette di osservare contemporaneamente tutta la baia di Napoli.

Sulla collina dei Camaldoli inizia invece il parco Metropolitano delle colline di Napoli (2215 ettari), il quale occupa un quinto dell'intera superficie comunale fino al parco del Poggio ai Colli Aminei.

Oltre agli spazi verdi Napoli è caratterizzata anche da aree marine protette, come Nisida, cala Badessa e la Gaiola, quest'ultima un raro esempio nel Mediterraneo di parco archeologico sommerso a causa del fenomeno del bradisismo.

Posto a pochissima distanza dalla zona est, si ricorda infine il vulcano Vesuvio, simbolo per eccellenza della città,[145] il cui parco è stato inserito dall'UNESCO tra le riserve mondiali della biosfera.

Società[modifica | modifica wikitesto]

Evoluzione demografica[modifica | modifica wikitesto]

Nel primo censimento dello Stato unitario (1861), Napoli era il comune più popoloso d'Italia e tra i primi in Europa. Cedette negli anni '30 del '900 il primato a Milano (1931), poi a Roma (1936). Annoverando anche i pendolari (circa 200 000, ben il 20% in rapporto alla popolazione residente) [146] che ogni giorno si riversano in città, il numero di persone presenti sul territorio del comune cambia considerevolmente. Tuttavia, analogamente a quanto accade in altre città europee, come ad esempio Francoforte sul Meno, Napoli presenta un comune non particolarmente popolato (diciassettesimo in Europa), ma un'area metropolitana tra le più popolose d'Europa.

Abitanti censiti in migliaia[147][148][149], prima dell'Unità d'Italia

Abitanti censiti in migliaia[8][150]

Etnie e minoranze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Al 31 dicembre 2020, a Napoli risultavano residenti 58 269 cittadini stranieri (6,2% della popolazione complessiva).[151] Le nazionalità principali sono:

Lingue e dialetti[modifica | modifica wikitesto]

Giambattista Basile, uno dei primi scrittori e letterati in lingua napoletana.

La lingua napoletana è un idioma neolatino appartenente al gruppo italo-romanzo e al subgruppo meridionale intermedio, diffuso a Napoli nella variante diatopica locale nota come dialetto napoletano (napulitano).

Il napoletano, come qualsiasi altro idioma, ha subìto, nel corso della sua storia, influenze e "prestiti" di adstrato dai vari popoli che hanno governato la Campania e l'Italia centro-meridionale a partire dal Medioevo: dai funzionari e i mercanti bizantini nell'epoca del Ducato di Napoli, passando per i duchi e i principi longobardi di Benevento, giungendo infine ai sovrani normanni, francesi e spagnoli.

Le prime testimonianze scritte risalgono al 960 con il famoso Placito di Capua, mentre la prima opera in prosa è stata considerata per secoli un testo di Matteo Spinelli, i Diurnali, un presunto cronicon degli avvenimenti più importanti del regno di Sicilia dall'XI secolo al 1268. Nel XIX secolo si accese una diatriba tra eminenti studiosi sulla veridicità del testo, oggi considerata definitivamente risolta con l'accettazione della sua inautenticità.

A partire dal 1442, per volontà di re Alfonso V d'Aragona, il suddetto idioma, nella sua forma letteraria[152], andò a costituire la lingua ufficiale della cancelleria del regno, sostituendo in alcuni contesti il latino e conservando tale funzione fino al 1501. Per volere degli stessi letterati locali dell'Accademia Pontaniana fu poi progressivamente sostituito, in modo definitivo dal 1554 per volontà del cardinale Girolamo Seripando, dal volgare toscano, ossia dall'italiano,[153] che dal XVI secolo e in concomitanza con la trasformazione in viceregno del reame di Napoli è stato usato come lingua ufficiale e amministrativa di tutti i regni e gli Stati italiani preunitari[154] (con l'unica eccezione del Regno di Sardegna insulare, in cui l'italiano assunse tale valore a partire dal XVIII secolo).[155]

Sebbene le due principali lingue di cultura del tempo fossero l'italiano e il latino, sul versante della comunicazione orale il napoletano — e più precisamente la sua variante dialettale cittadina — conservava senz'altro un proprio primato, coesistendo tuttora in forma di diglossia con l'italiano.[156]

Il più noto poeta napoletano d'età moderna è Giulio Cesare Cortese, di cui si ricorda la Vaiasseide, mentre la prosa in volgare napoletano divenne celebre grazie a Giambattista Basile, vissuto nella prima metà del Seicento e autore dell'opera Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille che, tradotta in italiano da Benedetto Croce, ha regalato al mondo la realtà popolare e fantasiosa di quelle che sono oggi universalmente conosciute come "fiabe classiche".[157]

Saranno proprio Cortese e Basile a porre le basi per la dignità letteraria e artistica della lingua napoletana moderna. Negli ultimi tre secoli, infatti, il napoletano è stato utilizzato con una certa frequenza e con notevoli risultati anche nell'arte: in letteratura e poesia, tra gli altri, da Salvatore di Giacomo, Edoardo Nicolardi e Libero Bovio. L'idioma è, a tal proposito, elemento caratterizzante del teatro napoletano, della canzone classica partenopea e di interi libretti di opere liriche scritti durante il periodo di maggior fulgore della scuola musicale napoletana.

Religione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Arcidiocesi di Napoli.
Busto reliquiario di san Gennaro,conservato presso la reale cappella del Tesoro di san Gennaro.

Luogo di approdo dell'apostolo Pietro in Italia,[158] Napoli fu uno dei primi luoghi del Cristianesimo in Occidente.[N 6]

Le prime catacombe partenopee,[N 7] risalenti al II e al III secolo d.C., non furono adibite al culto, ma utilizzate solo per usi funebri, secondo quanto stabiliva la legge romana.[159]

L'evangelizzazione della città si sviluppò nei primi secoli dell'era cristiana,[N 8] mentre la latinizzazione dei riti avvenne nel XII secolo, soprattutto per volontà di Ruggero II il normanno. Per molti secoli le basiliche maggiori ospitarono i sedili di Napoli, organi amministrativi cittadini cui si deve, tra l'altro, l'opposizione all'istituzione del locale tribunale dell'Inquisizione (1547).

La città, escludendo i quartieri occidentali afferenti alla diocesi di Pozzuoli, rientra nell'arcidiocesi di Napoli, retta dall'arcivescovo Domenico Battaglia.[160] È organizzata in base a 13 decanati, con 500 luoghi di culto di cui 189 parrocchiali.[161]

In ambito islamico, presenze musulmane all'interno della città partenopea, anche se sporadiche, si ebbero fin dal IX secolo, per effetto dei rapporti commerciali instaurati dai napoletani con i mercanti arabi.[162] La diffusione dell'islam avvenne in concomitanza con i flussi migratori degli anni Ottanta del Novecento, periodo in cui sorsero le prime due moschee a piazza Garibaldi e piazza Municipio.[N 9] Una terza moschea fu successivamente aperta in piazza Mercato.[163] Quest'ultima, all'indomani degli attentati delle Torri Gemelle del 2001, redasse con la Diocesi di Napoli una dichiarazione comune "Salam alaikum – Pax Vobiscum", nella quale si confermarono i principi di reciproco rispetto e buona convivenza.[163] Ad oggi la presenza islamica in città registra una significativa evoluzione,[164] come attesta il docufilm "Napolislam" del 2015, vincitore del Biografilm Festival.

Infine, sono presenti anche una chiesa evangelica, una basilica anglicana e una comunità ebraica.

Tradizioni e folclore[modifica | modifica wikitesto]

Un vicolo tipico del centro storico di Napoli.

La ricca tradizione popolare di Napoli e la sua cultura millenaria hanno determinato la formazione di un sentimento di napoletanità che sintetizza abitudini e credenze del popolo partenopeo. Questi elementi, alcuni dei quali pittoreschi e talvolta caricaturizzati, determinano nei suoi abitanti l'acquisizione di un'identità solida e una forte appartenenza alla città, riassumendo il contesto folcloristico e culturale dell'intera regione e, in alcuni casi, dell'Italia intera.[165]

Il rito dello scioglimento del sangue di San Gennaro.

Il vasto bagaglio culturale, che spazia dalla musica alla cucina, dai riti sacri alle credenze mistiche, fa sì che alla città vengano associati diversi stereotipi, talvolta estesi all'intera nazione. Pizza, sole, tarantella e mandolino, quattro simboli di Napoli,[N 10] sono infatti annoverati e riconosciuti come classici emblemi italiani nell'immaginario collettivo internazionale, in alcuni casi anche con accezione negativa.

Numerose sono le parole o le immagini che sintetizzano e rappresentano l'identità stereotipata napoletana: il Vesuvio; il corno o il munaciello, che simboleggiano la superstizione popolare; la mozzarella, tra i simboli della cucina napoletana e italiana; la tombola[166], tipico gioco natalizio accompagnato dalla smorfia napoletana,[166] altra invenzione popolare partenopea associata anche al gioco del lotto; Pulcinella, una delle maschere italiane più famose. Infine vi è l'iconografia classica del vicolo napoletano, dominato dai bassi e dai panni stesi al sole lungo la strada.[165]

Tra i riti religiosi, invece, dominano la storica arte presepiale napoletana[166] per rappresentare la scena della natività, il miracolo di San Gennaro, testimonianza della devozione religiosa popolare al santo patrono, e infine il culto della Madonna dell'Arco.[167]

Istituzioni, enti e associazioni[modifica | modifica wikitesto]

Il polo universitario di San Giovanni a Teduccio che ospita la Apple Developer Academy e la Cisco Networking Academy.

Napoli, in quanto capoluogo della città metropolitana e della regione Campania, ospita, oltre alle sedi comunali, gli organi di governo della città metropolitana e della regione. È inoltre sede dell'Autorità italiana di garanzia del settore delle comunicazioni (AGCOM) e di villa Rosebery, la residenza ufficiale estiva del presidente della repubblica.

Il ruolo della città è tuttavia più ampio: Napoli è sede dell'Assemblea parlamentare del Mediterraneo (PAM), dell'Allied Joint Force Command Naples della NATO (anche se dal 2012 gli uffici non sono più locati a Bagnoli, ma nel vicino comune di Giugliano in Campania),[168] dell'Hub di Direzione Strategica per il fronte sud (Nord Africa, il Sahel e il Medio Oriente) dell'Alleanza Atlantica,[169] nonché di varie accademie internazionali, quali la Apple Developer Academy e la Cisco Academy.[170]

Per quanto concerne gli ospedali, la città ne ospita innumerevoli sia pubblici che privati, solo per citarne alcuni: l'ospedale Antonio Cardarelli, l'Ospedale del Mare, l'azienda Ospedaliera Universitaria Federico II, l'ospedale Monaldi, il Pascale, l'ospedale pediatrico Santobono e l'ospedale Domenico Cotugno.

Criminalità[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Camorra e Clan dei Casalesi.

La camorra è un'organizzazione criminale sorta a Napoli nel XVII secolo, ma dilatatasi nell'Ottocento. Nacque inizialmente come fenomeno contenuto, acquisendo successivamente e con uno sviluppo pressocché parallelo a quello della mafia, il controllo del mercato della prostituzione, del gioco clandestino, della speculazione edilizia, del contrabbando del tabacco e del traffico di stupefacenti.[171]

Cultura[modifica | modifica wikitesto]

Istruzione[modifica | modifica wikitesto]

Archivi e biblioteche[modifica | modifica wikitesto]

Le singole voci sono elencate nella Categoria:Biblioteche di Napoli.
Complesso claustrale dei Girolamini, sede della biblioteca omonima.

Napoli possiede un archivio di Stato, istituito nel 1808 al fine di concentrare presso un'unica sede tutti gli antichi archivi del Regno di Napoli.

Sul territorio del comune sono attive 14 biblioteche civiche.[172]

La biblioteca più antica della città — e seconda in Italia per anno di istituzione, dopo quella Malatestiana di Cesena — è la biblioteca dei Girolamini, aperta al pubblico nel 1586.[173] La più grande, e terza nel paese per dimensioni,[174] è invece quella Nazionale, aperta nel 1804 come "Reale biblioteca di Napoli" nel palazzo degli Studi. Le collezioni librarie furono ivi trasferite dalla Reggia di Capodimonte per volontà reale. Divenuta "Reale biblioteca borbonica" nel 1816, dopo l'unità d'Italia (1860) fu denominata "Biblioteca Nazionale".

Tra le altre biblioteche, archivi o raccolte della città si annoverano quella dell'Università di Napoli (BUN), del conservatorio di San Pietro a Majella, della Fondazione Biblioteca Benedetto Croce, dell'Istituto Italiano per gli Studi Storici, della Società Napoletana di Storia Patria, della biblioteca Tarsia, della biblioteca del MANN, della biblioteca di storia dell'arte Bruno Molajoli, l'emeroteca Tucci e la raccolta appartenente al citato archivio di Stato.

Ricerca[modifica | modifica wikitesto]

La Stazione zoologica Anton Dohrn, a Mergellina, comprende l'acquario più antico d'Italia.

La città ospita numerosi centri di ricerca di notevole importanza, di seguito alcuni tra i più rilevanti:

Scuole[modifica | modifica wikitesto]

Le singole voci sono elencate nella Categoria:Scuole a Napoli.
Complesso della Nunziatella, una delle prime scuole militari al mondo tra quelle ancora operative senza soluzione di continuità.

Data l'origine greca della città, la scuola napoletana ha radici illustri e molto antiche. Durante la successiva epoca romana era nota la sua scuola di osservanza epicurea.

Tra i più importanti istituti napoletani vi è senza dubbio la scuola militare "Nunziatella", uno dei più antichi istituti di formazione militare d'Italia e del mondo.[175]

Nata nel 1787 per volere di Ferdinando IV di Borbone con la denominazione di Real Accademia Militare, nel 2012 è stata eletta patrimonio culturale dei Paesi del Mediterraneo dall'Assemblea parlamentare del Mediterraneo (PAM).[176] Situata a Pizzofalcone in via Generale Parisi, è stata fin dalle origini luogo di elevata formazione militare e civile. Ha avuto, tra professori e alunni, personalità del calibro di Francesco De Sanctis, Mariano d'Ayala, Carlo Pisacane, Enrico Cosenz e Vittorio Emanuele III. Tra i numerosi ex-allievi di prestigio, figurano anche altissimi gradi delle forze armate,[N 11] presidenti del Consiglio, ministri, senatori e deputati del Regno delle Due Sicilie, del Regno d'Italia e della Repubblica Italiana, un presidente della Corte Costituzionale, nonché esponenti di assoluto rilievo del mondo culturale, politico e professionale italiano e internazionale, tra cui un vincitore del premio Sonning. La bandiera della scuola è decorata da una croce d'oro al merito dell'Arma dei carabinieri (2012)[177][178] e da una medaglia di bronzo al valore dell'esercito (2008).[179] I suoi ex-allievi hanno meritato 38 medaglie d'oro, 490 medaglie d'argento e 414 medaglie di bronzo al valor militare, 2 al valor civile e numerosi altri riconoscimenti al valore.

Altri istituti storici napoletani di particolare importanza sono i licei scientifici "Mercalli", "Tito Lucrezio Caro", "Vittorini" e "Leon Battista Alberti", i licei classici Umberto I, Sannazaro, Genovesi, Vittorio Emanuele II, Giambattista Vico e "Pansini", i licei statali "Giuseppe Mazzini" e "Margherita di Savoia", l'istituto statale d'Arte "Filippo Palizzi", l'istituto tecnico "Enrico De Nicola" e il complesso del Convitto Nazionale.

Istituti per l'alta formazione[modifica | modifica wikitesto]

Conservatorio musicale[modifica | modifica wikitesto]

Storica è la tradizione del Conservatorio di San Pietro a Majella, fondato nel 1826 come "Regio conservatorio di musica" a seguito della fusione di quattro preesistenti istituti, per volontà di Francesco II. Oggi si tengono insegnamenti relativi a tutti gli strumenti musicali ed è ospitato al suo interno un museo della musica.

Accademia di belle arti[modifica | modifica wikitesto]

L'Accademia di belle arti di Napoli è nata nel 1752 per volere di Carlo di Borbone. Ha ricoperto un ruolo importante nello sviluppo della pittura napoletana del XIX e XX secolo e, più nello specifico, nella formazione della scuola di Posillipo.

Scuola Superiore della Magistratura[modifica | modifica wikitesto]

È stata istituita dalla cosiddetta riforma Castelli nel 2006. Ha sedi operative a Napoli, all'interno di Castel Capuano, e a Scandicci.

Università[modifica | modifica wikitesto]

Sede delle facoltà di Giurisprudenza e Lettere/Filosofia alla Federico II.

A Napoli hanno sede l'Università degli Studi di Napoli "Federico II", primo ateneo al mondo istituito con provvedimento statale, e l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale", prima università di studi sinologici ed orientalistici del continente. La città conta complessivamente otto atenei.

Le università pubbliche di Napoli sono:

Università private:

Università private telematiche:

Musei[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Musei di Napoli.
Museo archeologico nazionale, collezione Farnese.

Napoli, tra le grandi città d'arte europee, vanta un'abbondante offerta museale.

Il salone da ballo della reggia di Capodimonte.

I principali siti visitabili sono il Museo archeologico nazionale, ritenuto uno dei più importanti al mondo per la qualità e la quantità delle opere esposte, risalenti principalmente all'epoca greco-romana;[140] il Museo nazionale di Capodimonte, sito nell'omonima reggia, che custodisce opere pittoriche dei più grandi maestri italiani dal Rinascimento al Barocco; il Museo nazionale di San Martino e il Palazzo Reale di Napoli.

Una sala del palazzo Reale.

Tra gli altri musei di rilievo si annoverano il Pio Monte della Misericordia, la Quadreria dei Girolamini[181], il Museo del Tesoro di San Gennaro, il Museo nazionale della ceramica "Duca di Martina", il Museo del conservatorio di San Pietro a Majella, il MEMUS del teatro di San Carlo, la sede napoletana di Gallerie d'Italia nel Palazzo del Banco di Napoli, il Museo dell'Opera di San Lorenzo Maggiore e di Santa Chiara, il Museo diocesano, Villa Pignatelli, i musei civici Gaetano Filangieri e di Castel Nuovo, il Museo ferroviario di Pietrarsa, la Galleria dell'Accademia, Cappella Sansevero, il Palazzo delle Arti di Napoli e il Museo d'Arte Contemporanea Donnaregina (M.A.D.R.E.).

Da segnalare anche le Stazioni dell'arte, stazioni della metropolitana cittadina non concepite unicamente come semplici luoghi di transito, ma anche come spazi espositivi che ospitano opere di artisti di fama mondiale (come Joseph Kosuth, Mimmo Rotella, Mario Merz).

Chiostro maiolicato, parte del complesso del museo dell'Opera di Santa Chiara.

Tra i musei scientifici, oltre alla Stazione zoologica Anton Dohrn, di particolare interesse sono quelli che fanno parte del Centro musei delle scienze naturali e fisiche dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II". Vi sono inoltre l'Osservatorio astronomico di Capodimonte e, presso l'Università degli Studi della Campania, il Museo di anatomia umana.

Media[modifica | modifica wikitesto]

Stampa[modifica | modifica wikitesto]

A Napoli fu fondato il primo quotidiano italiano: la prima edizione del Diario Notizioso, un giornale a carattere economico, fu stampata il 10 agosto 1759.[182]

La città è anche sede di alcuni tra i principali quotidiani nazionali:

  • Roma, il più antico quotidiano italiano post-unitario;

Tra le case editrici, si annoverano invece la Edizioni Scientifiche Italiane, la Guida Editori, la Pironti e La Canzonetta.

Radio[modifica | modifica wikitesto]

A Napoli, tra le emittenti radiofoniche nazionali, ha la sua sede centrale Radio Kiss Kiss, sesta tra le radio nazionali più ascoltate secondo i dati "TER" aggiornati al primo semestre del 2023.[183]

Cinema[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Cinema a Napoli.
Sophia Loren, cresciuta a Pozzuoli e cittadina napoletana honoris causa, è considerata una delle attrici più talentuose nella storia del cinema internazionale.
Antonio de Curtis, in arte Totò, il "principe della risata": un'altra popolare icona e celeberrima maschera comica napoletana.

I primi tentativi di produzione cinematografica risalgono al 1904, ma è dall'anno successivo che a Napoli si cominciarono a girare film con regolarità, grazie all'attività di Vincenzo, Guglielmo e Roberto Troncone. Nel biennio 1924-25 più di un terzo dei lungometraggi italiani proveniva da Napoli, con frequente ricorso ad espressioni dialettali.[184] I tempi pioneristici dell'industria cinematografica partenopea terminarono durante il ventennio fascista: l'enfasi posta sullo sviluppo della capitale e l'abbassamento dei costi dovuti alla centralizzazione causarono il trasferimento della produzione dei film italiani a Roma, in cui furono costruiti gli stabilimenti di Cinecittà.[185]

Alla città è stata storicamente riconosciuta una centralità, nazionale e internazionale, in ambito cinematografico: ammontano a circa 200 le produzioni realizzate nel 2022.[186] Numerosi registi hanno scelto Napoli come set dei propri film, a partire dai fratelli Lumiere che nel 1898 effettuarono alcune delle loro prime riprese sul lungomare, rendendola di fatto una delle città con la testimonianza cinematografica più antica. Negli anni Sessanta e Settanta, tra i registi che lavorarono in città, si annoverano Mario Monicelli, Roberto Rossellini, Francesco Rosi, Pier Paolo Pasolini, Vittorio De Sica, Ettore Scola, Nanni Loy e Dino Risi, fino ad arrivare ai giorni nostri con Massimo Troisi, Giuseppe Tornatore, Gabriele Salvatores, Matteo Garrone, John Turturro, Paolo Sorrentino e Ferzan Özpetek. Tra i principali film ambientati a Napoli vi sono: Paisà, Viaggio in Italia, L'oro di Napoli, Il giudizio universale, La baia di Napoli, Matrimonio all'italiana, Ieri, Oggi, Domani e Carosello napoletano, vincitore del Prix International al festival di Cannes del 1954.

Televisione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Centro di produzione Rai di Napoli.

A Napoli ha sede uno dei quattro centri di produzione televisiva e radiofonica della Rai. Sito in via Guglielmo Marconi, è teatro di numerosi programmi e produzioni televisive, tra cui la soap opera italiana più longeva, nonché la più seguita al mondo, Un posto al sole.[N 12][187]

Arte[modifica | modifica wikitesto]

Napoli ha ancor oggi un ruolo centrale nell'arte e nell'architettura italiana ed europea, essendo sede di eventi e mostre internazionali.[188]

Architettura[modifica | modifica wikitesto]

Basilica di San Lorenzo Maggiore, abside con deambulatorio in gotico francese.

La storia dell'architettura medievale napoletana, nelle sue forme più significative e ancora oggi ammirabili, ebbe inizio sostanzialmente sotto la dinastia degli Angioini, grazie alla quale sorsero le prime chiese in stile gotico della città, prevalentemente di matrice italiana e, in taluni casi — come in quello della basilica di San Lorenzo Maggiore, unicum in Italia — di stampo francese.

Lo scalone monumentale ad "ali di falco" del palazzo dello Spagnolo, architettura tipica del barocco napoletano.

Dopo il successivo periodo rinascimentale, si entrò nell'età dello sfarzoso barocco napoletano, periodo in cui l'architettura cittadina assunse maggior consapevolezza, mostrando i massimi punti di spessore qualitativo, apprezzabili nei rifacimenti delle facciate di palazzi preesistenti e nelle nuove edificazioni, che ebbero nei portali d'ingresso e negli scaloni monumentali gli elementi caratterizzanti dello stile architettonico locale.[133] Data la particolare conformazione urbanistica della città, caratterizzata da strette vie che non davano la possibilità di edificare facciate di ampie vedute, [133] il gusto artistico-architettonico partenopeo si focalizzò su particolari dell'edificio, come appunto il portale d'ingresso o lo scalone monumentale, che divennero simboli dell'architettura rinascimentale e barocca napoletana.[133]

Palazzo Donn'Anna a Posillipo.

Se lo stile rinascimentale ed il successivo barocco furono il risultato di riletture locali di movimenti più ampi, pur raggiungendo livelli molto alti, nel corso del XVIII secolo Napoli fu un centro avanguardistico nel campo architettonico, avendo contribuito alla costituzione del modello neoclassico, nato grazie agli scavi archeologici di Ercolano e di Pompei e ai relativi studi.[189]

Le nuove correnti industriali di fine Ottocento e inizio Novecento portarono ad elaborazioni eclettiche che sfociarono in adattamenti locali dell'art nouveau e del modernismo, caratterizzanti in particolar modo le nuove ville vomeresi.

Nei primi decenni del XX secolo nacque il liberty napoletano, mentre gli anni Trenta furono il periodo del razionalismo italiano. Una delle ultime grandi realizzazioni architettoniche fu la Mostra d'Oltremare, un complesso di 720000 , inaugurato nel 1940 e ripristinato negli anni Cinquanta dagli stessi progettisti.

Tra gli architetti principali ad aver firmato opere cittadine si annoverano Luigi Vanvitelli, Ferdinando Fuga, Domenico Fontana, Cosimo Fanzago, Ferdinando Sanfelice, Domenico Antonio Vaccaro, Antonio Niccolini, Buono di Napoli, Marcello Piacentini, Lamont Young, Pier Luigi Nervi, Gae Aulenti, Kenzō Tange, Renzo Piano e Álvaro Siza.

Pittura[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Pittura napoletana.
Luca Giordano, uno dei più importanti pittori del Seicento.
Francesco Solimena, tra i massimi pittori e frescanti del Settecento.
Domenico Morelli, tra i maggiori pittori italiani dell'Ottocento.

L'arte pittorica napoletana risale al periodo della sua fondazione. Non sono però rimaste tracce apprezzabili del periodo greco, di quello romano, né dell'epoca normanna, sveva e bizantina.

Le continue dominazioni straniere dei secoli successivi non consentirono il formarsi di una vera e propria scuola pittorica locale. Tra il XIV e il XVII secolo, i frequenti arrivi in città di artisti forestieri, principalmente toscani, tra i quali Pietro Cavallini, Giotto, Simone Martini e Giorgio Vasari, consentirono tuttavia l'emersione di una serie di personalità autoctone. Tra tutti, si distinsero Colantonio, Fabrizio Santafede e Giovanni Antonio Amato.

La Scuola pittorica napoletana nacque solo nel XVII secolo con l'arrivo in città di Caravaggio, nel cui solco un attento e cospicuo gruppo di pittori locali diede origine alla corrente del caravaggismo. Sorsero le prime botteghe, in cui lavorarono artisti come Jusepe de Ribera e Artemisia Gentileschi. Napoli divenne molto ricettiva alla pittura, tanto da attirare l'attenzione anche degli esponenti del rinascimento emiliano, tra cui Domenichino, Guido Reni e Giovanni Lanfranco.

Tra i nomi di gran pregio del Seicento napoletano si annoverano Battistello Caracciolo, Luca Giordano, Salvator Rosa e Aniello Falcone.

Castel dell'Ovo dalla spiaggia, Anton Sminck van Pitloo (Scuola di Posillipo).

Il Settecento partenopeo vide una continuazione del tardo-barocco e un maggiore interesse verso la decorazione. In particolare si ammirarono le opere di Francesco Solimena e Francesco De Mura, mentre a Fedele Fischetti furono commissionati affreschi in numerosi palazzi nobiliari.

Nel XIX secolo la pittura napoletana abbandonò gli stilemi del passato e, seguendo l'eco delle innovazioni di John Constable e William Turner, divenne scuola di un più vasto movimento artistico, paesaggistico e in parte romantico, che assunse connotati propri. Tra il 1820 e il 1850 nacque così la scuola di Posillipo, i cui più alti esponenti furono Anton Sminck van Pitloo e Giacinto Gigante. L'Accademia di belle arti di Napoli divenne il centro propulsore dell'attività della scuola e fu alla base della nascita di un altro filone di artisti, tra i quali si distinsero Francesco Saverio Altamura, Gioacchino Toma, Domenico Morelli e Vincenzo Petrocelli.

Gli anni Ottanta del Novecento videro infine la nascita della Transavanguardia, termine coniato dal critico d'arte Achille Bonito Oliva e che ebbe nei partenopei Mimmo Paladino e Francesco Clemente alcuni dei maggiori esponenti.

Da menzionare anche l'attività del gallerista Lucio Amelio, che allestì in città mostre e collezioni dal valore inestimabile.

Scultura[modifica | modifica wikitesto]

L'arco trionfale del Castel Nuovo, simbolo della scultura del rinascimento napoletano.

Il Quattrocento e il Cinquecento furono periodi floridi per la scultura napoletana. A partire dalla realizzazione dell'arco trionfale del Castel Nuovo ad opera di Francesco Laurana, tra il 1452 e il 1471, si vide la fioritura di un vero e proprio laboratorio di formazione di artisti rinascimentali che riproporranno innovazioni artistiche in tutto il regno. Si parlò allora di clima dell'arco per indicare la rapida diffusione dei nuovi stili artistici.

La chiesa di Santa Maria delle Grazie Maggiore a Caponapoli è definita come il museo della scultura napoletana del Cinquecento per la quantità di opere scultoree conservate al suo interno. Tra gli scultori cinquecenteschi principali si annoverano Giovanni da Nola, Giovanni Domenico, Girolamo D'Auria e Gian Lorenzo Bernini, che fu tuttavia attivo prevalentemente a Roma. Merita una citazione la realizzazione delle numerose fontane di Napoli, tra i cui artefici vi fu Pietro Bernini.

Nel Seicento la scultura si manifestò nella costruzione degli obelischi di San Domenico e di San Gennaro. I principali artisti del XVII secolo furono Francesco Antonio Picchiatti, Cosimo Fanzago e Dionisio Lazzari, che eseguì per le chiese napoletane diversi altari maggiori.

Tra gli scultori del Settecento invece si distinsero Domenico Antonio Vaccaro e Giuseppe Sanmartino. Quest'ultimo è forse il più grande scultore napoletano, abilissimo nel plasmare figure in terracotta e ideatore di una scuola di artisti del presepio. Nel 1753, fu inoltre autore di uno dei maggiori capolavori della scultura mondiale, il Cristo velato, scultura in marmo conservata nella cappella Sansevero in cui sono presenti anche altre pregevoli opere marmoree di Antonio Corradini (Pudicizia) e Francesco Queirolo (Disinganno).

Nel corso del XIX secolo dominarono la scena le sculture bronzee e i busti di Vincenzo Gemito e Tito Angelini. Celebre è stata anche la Fonderia artistica Chiurazzi, nota per le sculture in bronzo alle quali si aggiunsero successivamente opere in marmo e ceramica.

È infine da menzionare l'attuale attività in città di Jago, che ha scelto il rione Sanità come sede del suo laboratorio.[190]

Altre arti[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Porcellana di Capodimonte e Presepe napoletano.

Tra le numerose arti praticate in città, la porcellana di Capodimonte e il presepe napoletano emergono per tradizione storica e rinomanza internazionale.

L'origine della prima va fatta risalire al 1743, quando Carlo di Borbone fondò la Real Fabbrica di Capodimonte con l'intento di affrancarsi dalle produzioni straniere. I modellatori napoletani raggiunsero presto livelli di assoluta eccellenza, avviando una tradizione giunta sino ai giorni nostri.[191]

L'origine del secondo è ancor più antica, considerando che il presepio a Napoli era già citato in un documento del 1025, conservato nella chiesa di Santa Maria del Presepe, anteriore quindi alla leggenda che vorrebbe il primo presepe realizzato da Francesco d'Assisi nel 1223. Nel corso dei secoli, l'arte del presepe si è intrecciata con il vissuto e l'immaginario napoletano sia colto, che popolare.[192] Il periodo di massimo splendore risale all'epoca borbonica, durante la quale raggiunse le più alte vette artistiche.[193] Luogo focale della tradizione presepiale è via San Gregorio Armeno, lungo la quale si allineano botteghe attive tutto l'anno. Da ricordare, come importante esponente di ambedue le arti, il pittore e modellatore Francesco Celebrano.

Altra antica tradizione napoletana è legata all'oreficeria: arte nella quale si distinsero Carlo Giuliano, Enrico Fiore, Eugenio e Luigi Avolio, che raggiunse l'eccellenza scolpendo l'argento.

Artigiani napoletani si distinsero anche nella trasformazione del carapace delle tartarughe in un materiale pregiato, decorato con oro, argento, avorio, madreperla, lacca e smalto. L'artista più celebrato fu Giuseppe Serao, che lavorò per la famiglia reale borbonica.[194] Le opere d'arte napoletane in carapace sono esposte in molti musei: la più ricca collezione è conservata nella Galleria Kugel di Parigi.[195]

Antica arte tramandata da sapienti artigiani è altresì quella della cartapesta: i burattini napoletani sono ricercati da collezionisti provenienti da ogni continente.

Spazio a sé stante meritano fotografia e fotogiornalismo, che a Napoli hanno probabilmente toccato le vette massime con Mimmo Jodice e Riccardo Carbone.

Teatro[modifica | modifica wikitesto]

Opera napoletana[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Scuola musicale napoletana.
Teatro di San Carlo.

Il teatro è una delle più antiche e conosciute tradizioni artistiche della città: già l'imperatore Nerone si esibiva, nel I secolo d.C., sul palco del teatro romano di Neapolis.[196]

Il secolo d'oro fu tuttavia il XVIII, durante il quale furono edificati in città numerosi teatri, tra i quali il già menzionato San Carlo.[135][197] Napoli era considerata la capitale della musica[198], anche in virtù dello straordinario fermento dato dal conservatorio cittadino che contribuiva allo sviluppo della scuola musicale napoletana.

Allo stato attuale Napoli vanta un'ampia offerta teatrale potendo, tra gli altri, annoverare nel proprio patrimonio, oltre al Real teatro di San Carlo, il Mercadante, il San Ferdinando, l'Augusteo, il Sannazaro, il Teatrino di corte e il Bellini.

Teatro napoletano[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Teatro napoletano.

Il teatro napoletano, stricto sensu, nasce nel XV secolo con le opere celebrative di Jacopo Sannazaro alla corte aragonese.

I principali attori e autori del XIX e XX secolo furono Antonio Petito, Raffaele Viviani, Vincenzo Torelli, Roberto Bracco, Nino Taranto, Totò, Pupella Maggio, Eduardo Scarpetta (ideatore della "mezzamaschera" di Felice Sciosciammocca) e i suoi figli:[N 13] Eduardo, Titina e Peppino De Filippo.

Eduardo De Filippo è senza dubbio tra i maggiori nomi del teatro novecentesco, in quanto padre di una tradizione divenuta universale.[200] Intraprese un'originale attività di scrittura e recitazione teatrale, volta a portare sul palcoscenico l'anima di Napoli e dei suoi abitanti, attraverso cui evidenziare i caratteri fondamentali dell'umanità e della società contemporanea. Tra le sue commedie principali ricordiamo Napoli milionaria!, Il sindaco del rione Sanità, Gli esami non finiscono mai, Natale in casa Cupiello, Le voci di dentro, Filumena Marturano e Questi fantasmi!. Le opere di Eduardo sono sovente riprodotte attraverso riproposizioni cinematografiche o teatrali.

Tra gli autori di epoca successiva, notevoli Roberto De Simone, Peppe Barra, Vincenzo Salemme, Toni Servillo e il trio comico cabarettistico de La Smorfia composto da Enzo Decaro, Lello Arena e Massimo Troisi.

Musica[modifica | modifica wikitesto]

Composizione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Scuola musicale napoletana.

«Napoli è la capitale musicale d'Europa, che vale a dire, del mondo intero»

Domenico Scarlatti, uno dei maggiori esponenti della musica strumentale italiana.
Giovanni Paisiello, uno dei più importanti compositori del Classicismo.
Domenico Cimarosa, una delle figure centrali dell'opera buffa del tardo Settecento.

Originata da una tradizione orale secolare, la musica napoletana assunse forma aulica nell'ambito della polifonia sacra e profana, tra il XV secolo e il XVII secolo.

L'evoluzione fu possibile grazie ai quattro prestigiosi conservatori di Santa Maria di Loreto, della Pietà dei Turchini, di Sant'Onofrio a Capuana e dei Poveri di Gesù Cristo, nei quali si formarono importanti compositori che contribuirono considerevolmente allo sviluppo dell'opera e diedero origine alla scuola musicale napoletana. Quest'ultima si espresse in musicisti di livello eccelso come Alessandro e Domenico Scarlatti, Giovanni Battista Pergolesi, Nicola Porpora, Domenico Cimarosa e Giovanni Paisiello.[N 14]

La qualità e la quantità della musica prodotta a Napoli durante il periodo del classicismo è esemplificata da una lettera che il padre Leopold scrisse al figlio Wolfgang Amadeus Mozart nel 1778, nella quale egli comparava favorevolmente la scena operistica di Napoli a quella di Parigi relativamente alle possibilità di emergere per un giovane compositore.[201]

Nel 1808, i quattro conservatori della città furono unificati nel conservatorio di San Pietro a Majella, dal quale passarono personalità quali Ruggero Leoncavallo, Riccardo Muti, Sergio Fiorentino, Vincenzo Bellini, Saverio Mercadante, Aldo Ciccolini, Salvatore Accardo, Bruno Canino, Nicola Antonio Zingarelli e Roberto De Simone.

Tra i librettisti sono notevoli le figure di Salvadore Cammarano, il più importante del periodo romantico, e Andrea Leone Tottola. Tra i direttori d'orchestra di rilievo spicca, invece, il già citato Riccardo Muti. Fra i cantanti lirici si ricordano Maria Borsa ed Enrico Caruso, considerato uno dei più grandi tenori di tutti i tempi.

Canzone napoletana[modifica | modifica wikitesto]

La canzone napoletana si fonda su diversi secoli di storia, legata per lo più ad una diffusa tradizione orale. Tra le manifestazioni più antiche si annoverano i balli popolari della tarantella napoletana e, più genericamente campana, della tammurriata.

Il mandolino napoletano, appartenente alla famiglia dei cordofoni, è uno strumento musicale spesso associato a Napoli.

Negli ultimi due secoli si è affermata la canzone classica napoletana, assurta a grande notorietà nel corso delle feste di Piedigrotta, tra l'Ottocento e la prima metà del Novecento, e con i successivi festival della canzone napoletana. Il repertorio classico, che può vantare tra i suoi compositori Ernesto Murolo, Libero Bovio, Vincenzo Russo e Salvatore Di Giacomo, divenne uno dei simboli della musica italiana. In questo contesto, il tenore Enrico Caruso emerse come icona della musica napoletana nel mondo.

Negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, alcuni autori continuarono nel solco della tradizione classica, tra questi Roberto Murolo e Aurelio Fierro. Altri interpreti, come Peppino di Capri e Massimo Ranieri, iniziarono invece a dar luogo a contaminazioni tra canzone napoletana e italiana. Infine, il contatto tra musicisti napoletani e statunitensi, legato agli sviluppi del secondo dopoguerra, diede origine ad un ramo musicale a sé stante, il cui capostipite fu Renato Carosone.

È vasta la schiera di cantautori e musicisti che hanno dato il loro contributo alla continuazione della tradizione musicale partenopea: si ricordano, in particolare, Giuseppe Di Stefano, Domenico Modugno, Dalida, Renzo Arbore e l'Orchestra Italiana. Dal 2016, all'interno della Casina pompeiana nella villa comunale di Napoli, è attivo l'Archivio Sonoro della Canzone Napoletana.

Enrico Caruso, uno dei più importanti tenori italiani.
Renato Carosone, padre partenopeo di un'onda musicale giunta in Italia subito dopo il secondo dopoguerra: il jazz.

In epoca moderna la musica napoletana ha aperto le porte ad altri generi musicali: dal progressive rock degli Osanna al soul di James Senese ed Enzo Avitabile, passando da Pino Daniele e i Napoli Centrale, fino al cantautorato di Edoardo ed Eugenio Bennato. A partire dagli anni Ottanta si è affermato inoltre il genere "neomelodico", il cui precursore è stato Nino D'Angelo.

Altro fenomeno musicale storico di particolare interesse, protrattosi fino ai giorni nostri, è la cosiddetta sceneggiata napoletana. Furono determinanti nel suo sviluppo le rappresentazioni di Nino Taranto e, più recentemente, di Mario Merola.

Da menzionare nella musica partenopea degli ultimi vent'anni anche il reggae/dub degli Almamegretta, i Bisca, i 99 Posse, Liberato e Clementino.

Letteratura[modifica | modifica wikitesto]

Salvatore Di Giacomo, poeta in lingua napoletana e novelliere nero.
Jacopo Sannazaro, illustre umanista partenopeo, cui è dedicata l'omonima piazza nei pressi di Mergellina.

Nell'era dell'Impero romano, a Napoli soggiornarono i poeti Orazio e Virgilio. Quest'ultimo, in particolare, durante il periodo partenopeo compose parte delle sue più importanti opere: le Bucoliche, le Georgiche e l'Eneide.

Il Trecento fu invece il secolo dell'Umanesimo, movimento culturale nato in Italia e che proprio in Napoli ebbe uno dei suoi maggiori centri. Risiedettero in città e vi realizzarono feconde produzioni Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio. In Giovanni Pontano fu riconosciuta una delle più rilevanti personalità dell'Umanesimo napoletano, definizione questa attribuitagli da un altro illustre umanista partenopeo, Jacopo Sannazaro. Quest'ultimo, nel corso del Quattrocento e fino ai primi decenni del Cinquecento, fu protagonista nella scena letteraria italiana ed europea, componendo capolavori, tra i quali il poema dell'Arcadia, da cui deriverà il nome dell'omonima accademia romana. Antonio Beccadelli, verosimilmente nel 1443, fondò a Napoli l'Accademia Alfonsina, poi ribattezzata Pontiniana in onore di Giovanni Pontano che, succeduto al Panormita alla guida del sodalizio, seppe dargli una struttura solida.

Tra i maggiori poeti del Cinquecento, figura Torquato Tasso, nato nella vicina Sorrento. Autore, tra le opere principali, della Gerusalemme liberata, pubblicata integralmente nel 1581, è annoverato tra i maggiori autori dell'età della Controriforma.

L'epoca barocca, a cavallo tra il XVI e il XVII secolo, fu invece il periodo di Giambattista Basile e Giulio Cesare Cortese, i quali posero le basi della letteratura in lingua napoletana. Nella prima metà del Seicento fu altresì istituita l'Accademia degli Oziosi, luogo di incontro tra intellettuali napoletani e spagnoli, tra i quali si annoverano Francisco de Quevedo e Tommaso Campanella.[202]

L'Ottocento fu caratterizzato da un altro illustre arrivo in città, quello di Giacomo Leopardi, che qui compose, poco prima di morire, alcuni dei suoi più celebri poemi: La ginestra e le Paralipomeni della Batracomiomachia.

Tra l'Ottocento e il Novecento nacquero le prime poesie in napoletano che, utilizzate spesso come testi di canzoni, diedero origine alla canzone classica napoletana. Furono infatti gli anni di E.A. Mario, Salvatore Di Giacomo, Libero Bovio ed Ernesto Murolo. Tra i poeti vi furono anche Eduardo De Filippo e Totò, icone del teatro.

Nell'epoca moderna, tra i più importanti scrittori napoletani si ricordano Matilde Serao, Raffaele La Capria, Ermanno Rea, Luciano De Crescenzo, Erri De Luca, Diego De Silva ed Elena Ferrante, nel 2016 inserita dal Time tra le 100 persone più influenti al mondo.[203]

Filosofia[modifica | modifica wikitesto]

Giambattista Vico, anticipatore di Immanuel Kant e dell'Idealismo.
Benedetto Croce, filosofo storicista e liberale.
Mario Pagano, considerato l'iniziatore della scuola storica napoletana del diritto.

Fra l'80 e il 40 a.C. Napoli fu un importante centro culturale della civiltà romana. L'epicureismo trovò nella città terreno fertile per prosperare, lontano dalla vita frenetica della capitale imperiale. Vi insegnarono il giordano Filodemo di Gadara e l'asiatico Sirone, che ebbe come allievi anche Quinto Orazio Flacco e il giovane Publio Virgilio Marone.

Il più importante pensatore medioevale operante a Napoli fu il teologo san Tommaso d'Aquino, il quale visse nel convento di San Domenico. San Tommaso fu in particolare esponente di primissimo piano della filosofia scolastica ed elaboratore della visione tomistica.[204]

Punto focale della filosofia napoletana del XVI secolo fu invece Giordano Bruno, il quale elaborò una teologia dove Dio è intelletto e ordinatore di tutto ciò che è in natura, ma è nello stesso tempo Natura stessa divinizzata, in un'inscindibile unità panteistica di pensiero e materia.[205]

Nel vivace ambiente culturale napoletano del XVIII secolo emerse la personalità di Giambattista Vico, esponente di spicco dell'Accademia degli Investiganti. Egli delineò i tratti di una nuova attività culturale basata non soltanto sulla ragione, ma anche sull'estro, sui sentimenti e l'ingegno, del tutto in contrasto col pensiero cartesiano. Sulla stessa linea, ed in parte influenzato dalle impostazioni neoplatoniche di Shaftesbury, si muoverà il suo sodale Antonio Genovesi, che nel 1754 divenne titolare della prima cattedra di economia ("Meccanica e Commercio") di cui si abbia notizia in Europa.[206]

Il giurista lucano Mario Pagano, personalità di spicco dell'illuminismo italiano, sarà invece l'iniziatore della «scuola storica napoletana del diritto»,[207] nonché precursore del positivismo.[208]

Il più alto esponente del pensiero filosofico tra l'Ottocento e il Novecento partenopeo fu invece Benedetto Croce, abruzzese di origini e napoletano di adozione, principale ideologo del liberalismo novecentesco italiano ed esponente di spicco dello storicismo. Espressione moderna dello studio della filosofia a Napoli è l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che raccoglie circa 300000 volumi ed è stato definito dall'UNESCO come "senza pari al mondo".[209][210][N 15]

In epoca contemporanea è stato rilevante, infine, l'apporto al pensiero filosofico di Aldo Masullo.

Scienza[modifica | modifica wikitesto]

Macedonio Melloni, padre della moderna vulcanologia.
Renato Caccioppoli, uno dei più influenti matematici italiani.
Domenico Cotugno, insigne medico della Scuola napoletana.

A Napoli ha avuto origine la moderna specializzazione della vulcanologia, anche in funzione della prossimità della città a vulcani. Nel solco delle prime osservazioni dell'inglese William Hamilton, e grazie all'opera del fisico Macedonio Melloni, nel 1841 fu costruito l'Osservatorio vesuviano, il primo istituto per l'osservazione di fenomeni vulcanologici al mondo.[211]

Di notevole spessore la scuola matematica napoletana, che nel XVIII secolo ha annoverato personalità come Nicola Fergola, oltre ai suoi allievi Felice Giannattasio, Carlo Forti, Pietro Schioppa, Francesco Bruno, Luigi Telesio[212], Vincenzo Flauti, Giuseppe Scorza e soprattutto Annibale Giordano, il quale nel 1787 pubblicò una generalizzazione del "problema di Pappo" (o di Castillon).[213] Nel XX secolo, la scuola è stata incentrata prevalentemente sulla figura di Renato Caccioppoli, al quale si deve un decisivo impulso allo sviluppo dell'analisi matematica in Italia.[214] Altri importanti studiosi furono i suoi allievi Carlo Miranda, Mario Curzio, Renato Vinciguerra, Donato Greco e don Savino Coronato.

Facciata dell'Osservatorio astronomico di Capodimonte.

L'astronomia napoletana ha raggiunto risultati di eccellenza soprattutto grazie all'Osservatorio astronomico di Capodimonte, fondato nel 1812 da Federico Zuccari.[215] Un contributo fondamentale a questa scienza venne da Giovanni Battista Della Porta, il quale descrisse i principi del telescopio, circa vent'anni prima che Galileo Galilei lo costruisse.[216] Lo stesso Della Porta fu una delle figure scientifiche di maggior rilievo del XVI secolo, noto anche per i suoi studi di crittografia e scienze naturali. Francesco Fontana, costruttore di telescopi kepleriani, fu invece il primo a tracciare disegni della Luna, di Marte (del quale scoprì e descrisse la rotazione) e degli altri pianeti maggiori.[216]

Rilevante fu altresì la scuola botanica, rappresentata in particolar modo da Michele Tenore con la sua Flora Napolitana [217], Domenico Cirillo, Vincenzo Petagna e Guglielmo Gasparrini. La scuola zoologica ebbe invece un eccellente esponente in Oronzo Gabriele Costa, la cui corretta classificazione tra i cordati dell'anfiosso Branchiostoma lanceolatum, scoperto nelle acque del golfo di Napoli, consentì di individuare in questa categoria di animali marini l'anello di congiunzione tra invertebrati e vertebrati, con enorme impatto sulla formulazione della teoria dell'evoluzione darwiniana.[218]

Da menzionare anche la scuola medica, che vide in Domenico Cotugno il suo più alto rappresentante. Rettore dell'Università di Napoli, fu protagonista di importanti scoperte neurologiche, conseguite attraverso il metodo della dissezione.[219]

Alla città è anche legata l'origine dell'anatomia comparata: Marco Aurelio Severino fu autore della Zootomia democritea, il primo trattato generale al mondo su questa materia.[220]

Cucina[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Cucina napoletana.
L'alimento napoletano più conosciuto nel mondo e simbolo della cucina italiana: la pizza. In foto la pizza margherita.

La cucina napoletana è parte dell'identità culturale della città ed è strettamente collegata alle sue vicende storiche e culturali. Rappresenta all'estero uno dei più noti e riconoscibili simboli del made in Italy.[221]

Per effetto delle dominazioni subite, con particolare riferimento alle dinastie reali francesi e spagnole, si è delineata nel tempo una netta distinzione tra i cosiddetti piatti nobili, caratterizzati da ingredienti abbondanti e costosi (timballi, sartù di riso), e una "cucina povera", legata all'utilizzo prevalente di cereali, legumi e verdure (pasta e fagioli, spaghetti aglio e olio, spaghetti alla puttanesca, pasta e patate).

Tra i piatti tipici della cucina partenopea figurano la pizza napoletana, la pasta napoletana (spaghetti alle vongole, pasta al ragù napoletano, sugo alla genovese), la parmigiana di melanzane, gli gnocchi alla sorrentina, la pastiera napoletana, il casatiello, i friarielli.

Ad inizio Novecento, venditori ambulanti commercializzavano per le vie cittadine, precursori del moderno street food, una bevanda calda e nutriente: il brodo di polpo, ricavato dall'acqua di cottura del mollusco aromatizzata con pepe.

Eventi[modifica | modifica wikitesto]

Napoli è un importante centro congressuale e fieristico. Ospita ogni anno meeting, manifestazioni nazionali e internazionali, concerti e spettacoli.

I principali eventi, stabilmente organizzati nel capoluogo, sono:

Geografia politica[modifica | modifica wikitesto]

Tessuto urbano e popolazione[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Area metropolitana di Napoli.
Notturna dell'area metropolitana di Napoli.

Napoli, a partire dal tardo Medioevo, è stata una delle prime città d'Europa per popolazione [66], dato confermato durante la seconda metà del XVI secolo, durante la quale era probabilmente la città più popolosa del cristianesimo occidentale.[73] Dopo l'Unità d'Italia, sebbene la città abbia perso tale primato, ha comunque conservato inalterate le caratteristiche demografiche tipiche di una metropoli europea.

Al 31 ottobre 2022, Napoli risultava essere il terzo comune più popoloso d'Italia, ma il primo tra i grandi comuni per densità abitativa.[223] Occorre tuttavia tener presente che la città è cresciuta nel tempo ben oltre i confini municipali, per cui sarebbe opportuno considerare il dato demografico dell'intera città metropolitana, caratterizzata da un significativo fenomeno di urbanizzazione che ha dato vita ad una vasta conurbazione. Esemplificativo è infatti il trasferimento di molti abitanti dal capoluogo ai comuni della provincia. Nella realtà, quindi, i limiti metropolitani napoletani sono decisamente più estesi, includendo anche aree delle province limitrofe, in primis quella casertana: gli urbanisti definiscono l'intero territorio urbanizzato "Grande Napoli".[224] L'area metropolitana di Napoli risulta essere, a seconda delle fonti consultate, la seconda (dopo Milano)[225][226] o terza (dopo Milano e Roma)[227] più popolosa del paese, mentre a livello continentale è approssimativamente l'ottava, paragonabile a metropoli quali Barcellona e Atene.[228]

Adottando il criterio dell'età media, Napoli è il più giovane d'Italia tra i grandi comuni,[229] con un tasso di natalità più elevato rispetto ad altre aree del paese[230] e con un numero di immigrati relativamente contenuto.[231]

I quartieri più popolosi sono quelli corrispondenti al territorio dei casali aggregati in epoca murattiana (Vomero, Arenella, Fuorigrotta, Bagnoli), risorgimentale (Piscinola) e nel periodo fascista (Barra, Chiaiano, Marianella, Pianura, Soccavo, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, San Pietro a Patierno, Miano, Secondigliano e Scampia).

Geografia antropica[modifica | modifica wikitesto]

Urbanistica[modifica | modifica wikitesto]

Piazza del Municipio verso il Palazzo Reale e la stazione marittima, una delle più grandi d'Europa.
Piazza Sannazaro.

Tra le strade e piazze principali della città, vi sono di certo quelle che caratterizzano l'area dei decumani di Napoli: Spaccanapoli (decumano inferiore), via dei Tribunali (decumano maggiore), via dell'Anticaglia (decumano superiore), via San Gregorio Armeno, piazza del Gesù Nuovo, piazza Bellini, piazza San Domenico Maggiore, largo Corpo di Napoli, piazza San Gaetano e diverse altre.

Piazza del Plebiscito.

Voluta dal viceré Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga che la edificò nel 1536, fu successivamente pianificata via Toledo. A Napoli, fino al XVI secolo vigeva ancora il divieto assoluto di edificare nuove strutture al di fuori delle mura, pressoché delimitanti l'odierna area del centro antico: con la costruzione della nuova strada nacque dunque un immediato desiderio di accaparramento dei nuovi spazi. Per effetto della pedonalizzazione del 2004, la strada è divenuta uno dei fulcri dello shopping cittadino e del turismo. La strada collega piazza Dante a piazza Trieste e Trento e piazza del Plebiscito, su cui si affacciano due importanti monumenti cittadini: il palazzo Reale e la basilica di San Francesco di Paola.

Il lungomare di Napoli prende il nome di via Caracciolo, in onore dell'ammiraglio Francesco Caracciolo fatto impiccare da Orazio Nelson sulla nave Minerva (già da lui comandata) nel golfo della città, per la sua adesione alla Repubblica Napoletana. La strada, in realtà, è relativamente recente e risale alla fine dell'Ottocento, quando sostituì l'arenile che la villa reale (villa comunale, dopo l'Unità) separava dalla riviera di Chiaia. Dal 2012 è stato anch'esso interamente pedonalizzato.

Riproduzione dell'Ercole Farnese, esposta nell'atrio della stazione di Museo.

Di notevole interesse le già menzionate scalinate storiche, che costituiscono un elemento tipico dell'urbanistica partenopea.

A partire dal 1996 e fino al secondo decennio degli anni Duemila, l'assetto e la mobilità cittadina sono cambiati radicalmente per la costruzione delle cosiddette stazioni dell'arte. Si tratta di un complesso logistico-monumentale che coniuga la funzione del trasporto urbano per via sotterranea alla fruizione delle numerose opere d'arte moderna installate nelle stazioni. Alcune tappe della rete, come ad esempio la Stazione Toledo, considerata la più bella d'Europa,[232][233] hanno conseguito una forte notorietà internazionale, rientrando rapidamente tra le attrazioni della città. Durante gli scavi necessari per la loro realizzazione, inoltre, sono stati rinvenuti numerosi reperti storici e archeologici di inestimabile valore, come il tempio dei giochi Isolimpici.

Suddivisioni amministrative[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Municipalità di Napoli.

Il comune di Napoli, precedentemente suddiviso in ventuno circoscrizioni, è oggi ripartito in 10 municipalità di circa centomila abitanti. Ogni municipalità ha un presidente eletto direttamente dal corpo elettorale, una giunta e un consiglio di 30 consiglieri.

Economia[modifica | modifica wikitesto]

Generalità[modifica | modifica wikitesto]

Il Centro Direzionale è il maggiore centro d'affari e del terziario della città.

Napoli, trovandosi al centro di alcune delle più importanti rotte del Mediterraneo e potendo disporre dell'entroterra fertile di due aree vulcaniche, già dall'età antica poté contare su una robusta economia legata soprattutto all'agricoltura, alle materie prime e all'artigianato.

In epoca medievale e moderna la città divenne uno dei grandi centri italiani della protoindustria tessile, in particolare della lavorazione della seta.[234]

Nella prima metà del XIX secolo, a Napoli nacque il primo grande complesso metalmeccanico della penisola, le officine di Pietrarsa, che conobbe un notevole sviluppo industriale ed economico nel successivo ventennio: nel 1860 contava una forza lavoro di circa 1200 unità.

Tuttavia, dopo l'Unità d'Italia, lo stabilimento conobbe una fase di lento declino sino alla cessazione dell'attività produttiva nel 1880, mantenendo comunque, fino al 1975, l'attività di manutenzione e riparazione di locomotive e locomotori.

Per sottolineare l'importanza economica della città basti pensare che nel 1871, a dieci anni dall'annessione, la provincia di Napoli aveva un indice di industrializzazione superiore a quello di Torino.[235] Napoli era inoltre sede della Borsa, della Zecca e del Banco delle Due Sicilie.

Per sopperire alle emergenti situazioni critiche dell'economia e società partenopea post-unitaria, nell'ambito del risanamento di Napoli furono creati grandi quartieri industriali nella periferia orientale e occidentale della città: emblematico è a tal proposito l'apertura del grande stabilimento siderurgico di Bagnoli nel 1905. Escludendo l'effimero periodo fascista in cui Napoli poté considerarsi a tutti gli effetti una realtà industriale con il 14% della popolazione impiegata in tale settore,[96] un effettivo slancio del secondario si ebbe tuttavia solo col boom economico degli anni Cinquanta.

Napoli è, a livello comunale, circa la quindicesima tra le grandi città italiane per reddito pro capite (20.326 euro al 2021).[236] La dimensione demografica del comune napoletano, come del resto anche quella degli altri comuni, riveste una particolare importanza nella collocazione in graduatoria secondo il prodotto interno lordo,[237] anche se in realtà è Torino, pur essendo il quarto comune per dimensione, a posizionarsi al terzo posto (dopo Roma e Milano) per PIL.

Nonostante brevi periodi di miglioramenti, favoriti anche dalla presenza in città di un artigianato d'eccellenza (l'arte presepiale, la lavorazione delle ceramiche e porcellane, la produzione di gioielli con corallo e cammei incisi su conchiglia di Torre del Greco), il tasso di occupazione non ha mai raggiunto un livello adeguato, soprattutto a causa di investimenti statali insufficienti[238] e della presenza di infiltrazioni camorristiche che non favoriscono investimenti privati e danneggiano l'economia locale.[239] Le attività illegali napoletane si ripercuotono infatti sull'economia nazionale, non senza incidere negativamente sulle strutture sociali e ambientali della città.[240] La mancanza di un vero e proprio tessuto industriale, attualmente in ripresa dopo decenni di impoverimento (vedasi l'ampliamento dello stabilimento di Novartis, la Tea Tek di Gianturco[241], lo stabilimento Sbe-Varvit di Acerra e la nuova piattaforma di stoccaggio di medicinali Farvima),[242] ha fatto di Napoli un importante centro del terziario (trasporti, commercio, turismo, editoria, intrattenimento, media, attività universitarie, amministrazione pubblica) e del terziario avanzato volto alla ricerca tecnologica (Apple, Cisco Systems ed Agritech Academy, tra le altre).[243]

Il porto è inoltre da sempre un'importante voce di reddito per la città, mentre il principale polo del terziario cittadino, nonché del paese assieme al centro direzionale di Milano e all'EUR di Roma, è il Centro direzionale di Napoli.

Turismo[modifica | modifica wikitesto]

Autobus turistico per le strade di Napoli

Con Firenze, Roma, Venezia e Milano, Napoli è una delle grandi mete turistiche italiane, inserita dalla CNN tra le migliori destinazioni turistiche mondiali del 2022.[244][245] Con circa quattro milioni di presenze nel 2019[246], la città è definitivamente uscita dalla forte depressione turistica dei decenni passati, dovuta alla sua destinazione a centro industriale, ma anche al danno d'immagine provocato dai media italiani,[247] dal terremoto dell'Irpinia del 1980 e dalla crisi dei rifiuti, fattori che hanno favorito i centri costieri della sua area metropolitana.[248] Napoli è il decimo comune più visitato in Italia e il primo del Mezzogiorno. Per valutare adeguatamente il fenomeno è, però, da considerare che una grossa fetta di turisti visita la città, soggiornando in una delle numerose località nei suoi dintorni[249] collegate al capoluogo da linee dirette sia ferroviarie che su gomma.[250][251] Visite giornaliere a Napoli sono effettuate da tour operator romani e con sede nelle località turistiche principali della Campania.

Il settore è in continua ascesa[252][253], crescita che prospetta il raggiungimento in tempi relativamente brevi delle principali città d'arte.[254]

Il turismo sta assumendo un peso progressivamente crescente nell'economia della città, motivo per cui è ormai elevato il rischio di gentrificazione del centro storico, come già accaduto a Firenze o Venezia.[255]

Infrastrutture e trasporti[modifica | modifica wikitesto]

Strade[modifica | modifica wikitesto]

Napoli è un importante nodo stradale e autostradale del paese. Dalla città si dipartono l'autostrada del Sole (A1) verso nord, l'A3 verso sud e l'autostrada A16 verso l'Adriatico.

La tangenziale di Napoli (ufficialmente autostrada A56), con i suoi 270 000 transiti al giorno,[256] scorre lungo la parte interna della città, attraversandone le colline con varie gallerie; i collegamenti con il circondario avvengono tramite la Circumvallazione esterna, l'Asse Mediano, l'Asse Perimetrale di Melito-Scampia, la strada statale 162 dir del Centro Direzionale.

Ferrovie e tranvie[modifica | modifica wikitesto]

La stazione di Napoli Centrale.

Napoli è il principale nodo ferroviario del Mezzogiorno, essendo raggiunta da alcune delle principali linee ferroviarie italiane: la Ferrovia Roma-Napoli (alta velocità), la Ferrovia Roma-Cassino-Napoli, la Ferrovia Roma-Formia-Napoli, la Napoli-Salerno, la Napoli-Salerno via a monte del Vesuvio (AV/AC) e la Napoli-Foggia (attualmente in trasformazione in AV/AC Napoli-Bari).

La stazione ferroviaria di Napoli Centrale è un nodo di interscambio di vitale importanza per l’intero sistema ferroviario nazionale,[257] essendo la settima stazione italiana per flusso di passeggeri (150 000 utenze giornaliere, ma salgono a 200 000 se si include anche il Terminal bus in area Metropark e quello della Ferrovia Circumvesuviana pari a 73 000 000 di passeggeri annui)[258] e la quarta per grandezza[259]. Nel 2023, secondo l'European Railway Station Index, è rientrata tra le dieci stazioni europee più efficienti.[260] Posta in piazza Garibaldi, la prima stazione era stata costruita nel 1886 su progetto dell'urbanista Errico Alvino. La struttura ottocentesca, tuttavia, fu abbattuta nel secondo dopoguerra per far posto al nuovo fabbricato viaggiatori, arretrato di 250 metri rispetto all'originale, progettato nel 1954 da un team di architetti e ingegneri, tra cui spicca la figura di Pierluigi Nervi.

La stazione di Napoli Afragola, posta sulla linea ad alta velocità Roma-Napoli, costituisce un polo di interscambio macroregionale per la Puglia, il Lazio, la Basilicata, la Campania e la Calabria.[261]

Il passante ferroviario di Napoli, compreso in parte nel servizio ferroviario metropolitano denominato Linea 2, attraversa la città da est a ovest. Le stazioni principali sono Napoli Campi Flegrei (ovest), Napoli Mergellina (centro) e Napoli Piazza Garibaldi (est), interscambio con la Linea 1 dell'ANM e con 5 linee ferroviarie suburbane dell'EAV.

Fra il 1881 e il 1961 l'estesa rete tranviaria urbana, che nel 1929 incorporò altresì le tranvie di Capodimonte, era integrata dalle tranvie extraurbane gestite dalla Société Anonyme des Tramways Provinciaux, che comprendeva le linee Napoli-Aversa/Giugliano, Aversa-Albanova, Napoli-Frattamaggiore e Napoli-Caivano.

Ulteriori linee extraurbane, esercitate direttamente dall'azienda di trasporto urbano, erano le tranvie Napoli-Portici-Torre del Greco e Napoli-Bagnoli-Pozzuoli.

Porti[modifica | modifica wikitesto]

Il porto di Napoli.

Il porto di Napoli, posto al centro del Mediterraneo e attivo fin dall'età classica, svolge, tra le altre, funzioni commerciali e di collegamento. L'area complessiva si estende per oltre 200000 m2 (20 km in lunghezza) e sotto la sua giurisdizione rientrano anche il porto di Castellammare di Stabia (con Marina di Stabia per le imbarcazioni da diporto), l’area di Bagnoli (con la relativa colmata), il porto di Mergellina ed i lidi balneari presenti a Posillipo, Marechiaro e Bagnoli/Coroglio.[262]

Con circa sei milioni e mezzo di traffico passeggeri nel 2022[263] e con 1 144 000 di passeggeri croceristi nello stesso anno (467 navi toccate),[264] è uno dei più importanti porti mediterranei e continentali. Altri porti, come quello del Molosiglio e di Marina di Santa Lucia, hanno invece una funzione esclusivamente turistica.

Da menzionare anche i due porti situati nei contigui comuni di Pozzuoli e di Portici, che servono rispettivamente la periferia occidentale ed orientale della città.[265][266]

Aeroporti[modifica | modifica wikitesto]

Aeroporto intercontinentale di Napoli Capodichino.

A Napoli e nei suoi dintorni vi sono due aeroporti: l'aeroporto intercontinentale di Napoli Capodichino, gestito dalla GESAC, e l'aeroporto di Grazzanise, gestito dall'Aeronautica Militare.[267]

Il primo, collocato a circa 4,5 km dal centro della città, con i suoi circa 12 milioni e mezzo di passeggeri è al 2023 il quarto aeroporto del paese (dopo lo scalo romano di Fiumicino e gli scali di Milano - Malpensa e Milano Bergamo). Il 13 giugno 2017 all'aeroporto è stato conferito il premio "Aci Europe Award" come migliore in Europa nella categoria 5-10 mln di passeggeri.[268] Nel 2018, inoltre, l'aeroporto ha vinto il titolo "Fast and furious", primo nella categoria che premia lo scalo con la maggiore crescita in Europa, essendo passato dai 6.775.988 di passeggeri del 2016 agli 8.577.507 del 2017, con un incremento del 26,6%.[269]

Importanti anche i due collegamenti giornalieri Frecciarossa tra la stazione centrale e l'aeroporto di Fiumicino, in orari coincidenti con i principali voli intercontinentali, in particolare diretti negli USA.[270][271]

Mobilità urbana[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Trasporti a Napoli e Metropolitana di Napoli.
Treno metropolitano della Linea 1.

Napoli dispone di una capillare rete di trasporti pubblici, la cui tariffazione è gestita dal Consorzio UnicoCampania, che serve l'intera area urbana e gran parte del territorio metropolitano.

Il sistema poggia principalmente su una rete metropolitana di 31 km (due linee urbane e l'interprovinciale linea Arcobaleno che collega la città con il resto della conurbazione a nord) e su 4 funicolari, gestite da ANM.[272] A queste si aggiungono la storica Metropolitana FS, dal 1997 denominata linea 2, e le tratte ferroviarie urbane di Circumvesuviana, Circumflegrea e Cumana gestite dall'EAV.

Oltre alla rete su ferro, sono presenti tre ascensori (Chiaia, Sanità, Acton, Ventaglieri), una rete tranviaria, un Metrò del Mare che collega il comune con le principali località marittime dell'area metropolitana e della regione, e circa 70 linee su gomma.[273] La flotta dell'ANM conta infatti oltre mille veicoli e trenta tipologie di autobus. Tale varietà è dovuta alla particolare morfologia e struttura edilizia della città di Napoli, che spesso presenta vicoli stretti e strade ripide. A tal proposito sono state adottate soluzioni alternative, introducendo mini-bus, che riescono agevolmente ad attraversare vicoli e strade molto strette, e bus con un punto di snodo al centro, capaci di trasportare il doppio dei passeggeri senza andar incontro a ostacoli dovuti all'eccessiva lunghezza del mezzo.

Amministrazione[modifica | modifica wikitesto]

Gonfalone civico
Gonfalone civico
Lo stesso argomento in dettaglio: Sindaci di Napoli e Storia di Napoli § Storia amministrativa.

Consolati[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1796 a Napoli, capitale del Regno delle Due Sicilie, nacque la prima ambasciata americana nella penisola italiana (settima nel mondo).[274][275]

La città è sede di 87 consolati.[276]

Gemellaggi[modifica | modifica wikitesto]

Il Comune di Napoli ha siglato una serie di protocolli d'intesa con enti locali di paesi terzi tesi ad intensificare i rapporti tra le rispettive società civili e a consolidare relazioni che garantiscano lo scambio di esperienze e la reciproca conoscenza, progresso, sviluppo e benessere delle rispettive popolazioni:[277]

Sport[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Sport a Napoli.

Quadro generale[modifica | modifica wikitesto]

Diego Armando Maradona, ex calciatore argentino che ha militato nella S.S.C. Napoli dal 1984 al 1991. Considerato da molti commentatori sportivi il miglior calciatore della storia, nel 2020 gli è stato intitolato lo stadio cittadino.[279][280]
Napoli ha ospitato le regate dell'America's Cup World Series nel 2012 e nel 2013. L'immagine ritrae alcuni catamarani in gara, tra i quali Luna Rossa, con il Castel dell'Ovo e il Vesuvio sullo sfondo.
L'Arena del Tennis in occasione della finale della Tennis Napoli Cup 2022

Maggiori società sportive di Napoli[modifica | modifica wikitesto]

  • Calcio maschile:
S.S.C. Napoli, Serie A
  • Calcio femminile:
S.S.D. Napoli Femminile, Serie A
  • Calcio a 5 maschile:
Napoli Futsal, Serie A
  • Calcio a 5 femminile:
Woman Napoli Calcio a 5, serie B
  • Beach soccer:
Napoli Beach Soccer, Serie A
  • Pallacanestro maschile:
S.S. Napoli Basket, Lega Basket Serie A
  • Pallanuoto maschile:
Circolo Nautico Posillipo, Serie A1
Circolo Canottieri Napoli, Serie A2
Acquachiara ATI 2000, Serie A2
Rari Nantes Napoli, Serie C
  • Pallanuoto femminile:
Acquachiara ATI 2000, Serie B
A.S.D. Napoli Lions, Serie A2
  • Pallavolo maschile:
S.S.D. Team Volley Napoli, Serie A3
  • Rugby Maschile:
Partenope Rugby, Serie C1
Amatori Napoli, Serie A
  • Rugby femminile:
A.S.D. Neapolis Campania Felix, Serie A
  • Football americano
Briganti 82 Napoli, 9FL - Nine Footbal League
  • Vela:
Reale Yacht Club Canottieri Savoia
Circolo del Remo e della Vela Italia

Impianti sportivi principali[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

Annotazioni[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Una produzione di queste particolarmente apprezzata era quella del lino, per il quale i commercianti arabi garantivano un'ampia importazione dall'Egitto.
  2. ^ Ampiamente conosciuto anche nell'Oriente islamico, dove il condottiero macedone fu identificato nel coranico Dhū l-Qarnayn, "Quello delle due corna", per merito del bibliofilo arciprete Leone, che consentirà la successiva traduzione dell'opera in lingua latina e il suo considerevole successo.
  3. ^ Si tratta di due culti molto frequenti nella Napoli greco-romana, il primo riferito ad Apollo che si celebrava nei pressi dell'attuale via Duomo, il secondo a Demetra il quale santuario si ergeva presso l'attuale Sant'Aniello a Caponapoli.
  4. ^ L'aspetto attuale del Castel Nuovo, tuttavia, è dovuto ai rifacimenti della dinastia aragonese: questi ultimi infatti lo ricostruirono completamente, aggiungendo anche altre sculture come il maestoso arco trionfale, capolavoro del rinascimento napoletano.
  5. ^ Un detto reso celebre da Goethe nella lettera del 2 marzo 1787 in Viaggio in Italia: «Della posizione della città e delle sue meraviglie tanto spesso descritte e decantate, non farò motto. Vedi Napoli e poi muori! dicono qui».
  6. ^ Secondo la tradizione, l'apostolo Pietro celebrò la prima messa in Italia nella basilica di San Pietro ad Aram, luogo di proprietà di Sant'Aspreno, da lui ordinato primo vescovo di Napoli.
  7. ^ A Napoli sono presenti cinque catacombe: le catacombe di San Gennaro, di San Severo, di Sant'Efebo, di Santa Maria della Vita e le catacombe di San Gaudioso.
  8. ^ Un elenco (seppur parziale) dei martiri napoletani si trova nel Chronicon Episcoporum Neapolitanorum, la più antica fonte per la storia della Chiesa di Napoli.
  9. ^ L'apertura di queste due moschee è dovuta a causa di una forte presenza della comunità islamica partenopea in territorio campano: nel 1997 i musulmani in Campania contavano circa 15 000 presenze.
  10. ^ Ciononostante, alcuni di questi simboli vengono associati anche ad altri luoghi italiani: vedasi a proposito la pizzica salentina.
  11. ^ Tra questi, è possibile citare:
    • un capo dell'European Union Military Committee;
    • due capi di Stato Maggiore Generale
    • quattro capi di stato maggiore dell'Esercito;
    • due capi di stato maggiore della Marina;
    • un capo di stato maggiore dell'Aeronautica;
    • due comandanti generali della Guardia di finanza (nonché due vicecomandanti);
    • otto vicecomandanti dell'Arma dei carabinieri e
    • due direttori generali dei Servizi di Informazione.
  12. ^ Un posto al sole è la prima soap opera prodotta in Italia, nonché la più longeva fiction italiana. Prodotta da Rai Fiction, essa viene trasmessa su Rai 3 dal 1996.
  13. ^ «De Filippo» era il cognome della madre, la sarta teatrale Luisa De Filippo.
  14. ^ L'intero patrimonio del Settecento musicale napoletano è quasi del tutto inedito: oltre 150 biblioteche nel mondo ne conservano i manoscritti. L'Istituto Internazionale per lo studio del Settecento musicale napoletano si occupa di ricercare, studiare e diffondere la musica della scuola napoletana del Settecento
  15. ^ L'Istituto, storicamente ubicato nel palazzo Serra di Cassano, attraversa in questo momento un periodo di grave difficoltà e i preziosi volumi, sfrattati, sono stati ricoverati in un magazzino di Casoria.

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

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  47. ^ Al tempo stesso occorre sottolineare come la documentazione archeologica di Santa Maria degli Angeli e del bacino portuale di piazza del Municipio presenti un progressivo incremento nel corso del VII, ma soprattutto dalla fine del secolo e nel VI secolo, e sia di gran lunga più cospicua rispetto a quella finora documentata per altri centri, epineion di Cuma (Pozzuoli o Miseno). In questa prospettiva il dato archeologico potrebbe indurre a rileggere nei termini di una progressiva crescita e di conseguente autonomia la crisi dei rapporti tra Partenope e Cuma riportata dalla tradizione storica e, in particolare, dal frammento di Lutazio. É a tale proposito importante che lo scarico di Santa Maria degli Angeli documenti dalla fine del VII e per tutto il VI, sino al primo quarto del V secolo a.C., un repertorio materiale in tutto simile per varietà e qualità a quello di Cuma, in cui, accanto alla ceramica comune da cucina e mensa, figurano il bucchero proveniente prima dall'Etruria propria e poi dai centri etruschi ed etruschizzati della Campania, ceramiche fini importate da varie regioni della Grecia e della Magna Grecia. Un indicatore rilevante dell'apertura di Partenope è costituito dal gran numero di frammenti di anfore da trasporto sia di importazione greca e, soprattutto, greca occidentale, sia, in numero minore, di tipo etrusco (tratto da: Daniela Giampaola, Emanuele Greco, Napoli prima di Napoli. Mito e fondazioni della città di Partenope, Roma, Salerno Editore, 2022 pp.52-53)
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  78. ^ Nel Regno di Napoli inoltre il dibattito sul concetto di città coincise con l’affermazione del movimento illuminista e va ricordato che Napoli fu uno dei più importanti centri illuministi d’Europa (tratto da: Giorgio Simoncini, Università degli Studi di Roma "La Sapienza", La grandezza delle capitali nel dibattito dei riformatori illuministi: Napoli, Parigi, Londra, Olschki ed., 2021)
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    • Corpo dei Fontanieri;
    • Corpo delle Guardie Municipali;
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Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Testi storici[modifica | modifica wikitesto]

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  • (FR) Maximilien Misson, Nouveau voyage d'Italie, vol. 2, 1743, ISBN non esistente.
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Storia[modifica | modifica wikitesto]

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Arte[modifica | modifica wikitesto]

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Architettura[modifica | modifica wikitesto]

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  • Antonio Lazzarini, Splendori e decadenza di cento chiese napoletane, Gabbiani Sopra il Mare, 2006, ISBN 88-902156-2-3.
  • Ugo Carughi, Palazzi di Napoli, Arsenale Editrice, 1999, ISBN 88-7743-219-5.
  • Giovanni Vitolo e Leonardo Di Mauro, Storia illustrata di Napoli, Pacini, 2006, ISBN 88-7781-798-4.
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Musica[modifica | modifica wikitesto]

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  • Vittorio Viviani, Storia del Teatro Napoletano, 2ª ed., Napoli, Guida Editore, 1992, ISBN 978-88-7835-156-1.

Etnologia, etnografia, folclore[modifica | modifica wikitesto]

  • Amalia Signorelli, Cultura popolare a Napoli e in Campania nel Novecento, Guida Editore, 2003, ISBN 978-88-7188-643-5.
  • Marisa Piccoli Catello, Il Presepe Napoletano, Napoli, Guida Editore, 2005, ISBN 88-7188-945-2.
  • Renato Ribaud, Tradizioni popolari napoletane, Gallina Editore, 1982, ISBN 978-88-87350-59-3.

Scienze[modifica | modifica wikitesto]

Varie[modifica | modifica wikitesto]

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  • Enzo Striano, Il resto di niente, Salerno, Loffredo Editore, 1996, ISBN 88-8096-422-4.
  • Franco Elpidio Pezone, Atella. Nuovi contributi alla conoscenza della città e delle sue "fabulae", Istituto di Studi Atellani, 1979, ISBN non esistente.
  • Gianni De Bury, Frijenno magnanno, Di Mauro Franco Edizioni, 1990, ISBN 88-85263-00-3.
  • Massimiliano Boccolini, L'Islam a Napoli. Chi sono e cosa fanno i musulmani all'ombra del Vesuvio, Napoli, Intra Moenia, 2002, ISBN 88-7421-007-8.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Istituzioni, enti e associazioni[modifica | modifica wikitesto]

Geografia fisica[modifica | modifica wikitesto]

Gastronomia[modifica | modifica wikitesto]

Arte e cultura[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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