Utente:Campus27/Sandbox2023

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Reattore nucleare ISPRA-1[modifica | modifica wikitesto]

Il reattore nucleare ISPRA-1 è stato il primo reattore nucleare di ricerca italiano, attivo dal 1959 al 1973. Realizzato ad Ispra dal CNEN tra il 1957 e 1958 con una potenza di 5 Megawatt nei pressi del lago Maggiore, in una zona dedita all'agricoltura e alla pesca, questo reattore riprende il primo della serie Chicago Pile, il CP-1. Con la nascita della Comunità europea dell'energia atomica, il sito venne ceduto al CEEA con una concessione di 90 anni, mentre il reattore fu affidato alla gestione dell'EURATOM a partire dal 1° marzo 1963,[1][2] diventando così il più grande ed il più importante sito gestito dalla Commissione Europea.[3]

Durante il funzionamento, il reattore è stato utilizzato per la formazione del personale, produzione di radionuclidi,[4] per studi e ricerche che riguardavano il nocciolo, nuovi materiali per la costruzione dei reattori commerciali, flussi neutronici e sulle loro interazioni con la materia vivente, mentre oggi il sito si trova in stato di conservazione in sicurezza in attesa dello smantellamento.[2]

Aristide Gentiloni Silverj[modifica | modifica wikitesto]

Aristide Gentiloni Silverj, nato Aristide Gentiloni (Arsoli, 1844Tolentino, 1936), è stato un nobile e archeologo italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Aristide Gentiloni nacque ad Arsoli nel 1844 dalla famiglia nobile Gentiloni, originaria di Filottrano. Dopo essersi sposato il 22 ottobre 1873 con Adele Silverj, figlia del musicista Domenco Silverj, ed essersi trasferito a Tolentino, su proposta di Domenico aggiunse al suo cognome quello della famiglia Silverj, visto che il musicista ebbe unicamente figlie donne, dando così vita al ramo Gentiloni-Silverj.[5] Dal 1879 si è occupato di efettuare numerosi scavi archeologici in varie necropoli, tra cui quella di Bura, alternando il suo lavoro con alcuni studi di tombe locali. Nel 1880 divenne socio dell'Istituto archeologico germanico e Regio Ispettore degli scavi e monumenti nella zona del maceratese, nel 1906 membro della Società Numismatica Italiana e dal 1887 fino alla morte presidente della Commissione Conservatrice dei Monumenti per la Provincia di Macerata.[6] Nel 1882 divenne direttore del Museo Civico Archeologico di Tolentino,[7] nel 1883 si occupò, su richiesta del sindaco Aristide Morichelli d'Altemps, di effettuare alcuni scavi a San Ginesio, scavi che portarono al ritrovamento di una tomba di un guerriero celtico senone o piceno e numerosi altri reperti archeologici, conservati in parte a Karlsruhe, in Ancona e a San Ginesio[8] e nel 1884 ritrovò alcuni reperti risalenti al Paleolitico superiore nei pressi di una cava di argilla di Tolentino.[9] Morì nel 1936.

Bruno Frattegiani[modifica | modifica wikitesto]

Bruno Frattegiani
vescovo della Chiesa cattolica
 
Incarichi ricoperti
 
Nato9 febbraio 1914 a Migiana
Ordinato presbitero6 dicembre 1936
Nominato arcivescovo14 febbraio 1964 da Papa Pio XII
Consacrato arcivescovo19 aprile 1964 dall'arcivescovo Raffaele Baratta
Deceduto22 luglio 1996 (82 anni)
 

Bruno Frattegiani (Migiana, 9 febbraio 191422 luglio 1996) è stato un arcivescovo e vescovo cattolico italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

All'età di 22 anni, il 6 giugno 1923, venne nominato presbitero di Perugia e il 14 febbraio 1964, all'età di 50 anni, viene nominato arcivescovo di Camerino, consacrato dall'arcivescovo Raffaele Baratta, accompagnato dai vescovi Beniamino Ubaldi e Pietro Fiordelli. Durante il suo arcivescovato fu co-consacratore di Gabriel Paulino Bueno Couto (1946), Federico Sargolini (1963) e Petru Plesca (1965).[10]

9 febbraio 1914

Nato 6 dicembre 1936 22.8 Ordinato Sacerdote Sacerdote di Perugia , Italia 14 febbraio 1964 50,0 Nominato Arcivescovo di Camerino , Italia 19 aprile 1964 50.1 Ordinato Vescovo Arcivescovo di Camerino , Italia 21 giugno 1979 65.3 Nominato Vescovo di San Severino (-Treia) , Italia 25 gennaio 1985 70.9 Nominato Vescovo di San Severino , Italia 30 settembre 1986 72.6 Nominato Arcivescovo di Camerino-San Severino Marche , Italia 20 aprile 1989 75.1 Pensionato Arcivescovo di Camerino-San Severino Marche , Italia 22 luglio 1996 82.4 Morto Arcivescovo emerito di Camerino-San Severino Marche , Italia Riepilogo MicroData per Bruno Frattegiani ( VIAF: 26149485649593421046 ) Arcivescovo Bruno Frattegiani (nato9 febbraio 1914, morto22 luglio 1996) Arcivescovo emerito di Camerino-San Severino Marche Concilio Vaticano II: Sessione Terza : Padre Conciliare Concilio Vaticano II: Sessione quarta : Padre conciliare Evento Posto Luogo di nascita Migiana di Corciano, Arcidiocesi di Perugia Ordinato Vescovo San Lorenzo, Cattedrale, Perugia, Arcidiocesi di Perugia

Genealogia episcopale[modifica | modifica wikitesto]

La genealogia episcopale è:

Giuseppe D'Avack[modifica | modifica wikitesto]

Giuseppe D'Avack
vescovo della Chiesa cattolica
 
Incarichi ricoperti
 
Nato28 maggio 1899 a Roma
Ordinato presbitero29 giugno 1923
Nominato arcivescovo18 febbraio 1946 da Papa Pio XII
Consacrato arcivescovo10 marzo 1946 dal cardinale Raffaele Carlo Rossi
Deceduto24 luglio 1979 (80 anni)
 

Giuseppe D'Avack (Roma, 24 maggio 189924 luglio 1979) è stato un arcivescovo cattolico e scrittore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

All'età di 24 anni, il 29 giugno 1923, venne nominato presbitero, il 24 dicembre 1931 amministratore apostolico del Capitolo della chiesa di Santa Maria Maggiore di Roma (località Quarticciolo) da Papa Pio XI, in motu proprio,[11] e il 18 febbraio 1946, all'età di 46 anni, viene nominato arcivescovo di Camerino, consacrato dal cardinale Raffaele Carlo Rossi, accompagnato dagli arcivescovi Luigi Traglia e Umberto Malchiodi il 10 marzo dello stesso anno. Durante il suo arcivescovato fu co-consacratore di Gabriel Paulino Bueno Couto (1946), Federico Sargolini (1963) e Petru Plesca (1965).[10] In una visita effettuata nella frazione Campanelle di San Ginesio nel mese di marzo del 1946 chiese al sacerdote, Antonio Andresciani di Camerino, di ampliare la grandezza della chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista, ma nel dicembre 1954 ne decretò l'inidoneità per continuare ad ospitare la parrocchia. Così diede l'avvio burocratico per la realizzazione di nuova chiesa parrocchiale (chiesa di San Michele Arcangelo) dedicata a San Michele Arcangelo, che verrà costruita a Passo San Ginesio e consacrata nel 1965.[12]

Dal 1946 al 1958 si scontrò con il pensiero del missionario Attilio Marinangeli, Vicerettore e poi Rettore del seminario arcivescovile di Camerino, perché l'insegnamento di Marinangeli era molto moderno per l'epoca, a differenza di quello di D'Avack che prediligeva un insegnamento più chiuso e rigido. D'avack lo invitò a tornare parroco a Pioraco, anche dopo che Marinangeli fu nominato canonico della Cattedrale di Camerino.[13] Dal 1962 al 1965 partecipò come padre conciliare al Concilio Vaticano II, rassegnò le dimissioni da arcivescovo di Camerino il 13 febbraio 1964, venendo nominato arcivescovo titolare di Leontopoli di Pamfila, ruolo che ricoprirà fino al rassegnamento il 19 settembre 1972.[10]

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • La forza dei cattolici (1933)
  • La sapienza, il Santissimo Sacramento, l'università (1942)
  • Prima Lettera Pastorale di S.E. Mons. Giuseppe D'Avack, arcivescovo di Camerino (1946)
  • Che mi chiede oggi il sacerdozio? (1948)
  • A voi laici (1949)
  • Sfruttatori del Vangelo? (1950)
  • Naaman Syrus: lettera pastorale per la quaresima 1952 (1952)
  • La carità e Maria (1954)
  • Perchè Lourdes oggi? civiltà odierna e Maria Immacolata (1959)
  • Maria e l'università degli studi (1960)
  • Nel centenario di S. Giuseppe Cafasso (1961)
  • Il Crocifisso e l'Universita degli studi (1963)
  • A Dio (1964)
  • Spiritualità sacerdotale: vita cristiana, vita consacrata (1971)
  • Contestazione? Si, ma costruttiva (1975)

Genealogia episcopale[modifica | modifica wikitesto]

La genealogia episcopale è:

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Giuseppe Tozzi Mons. Giuseppe d’Avack. La vita, le opere, gli anni camerinesi (Camerino, 2017, pagine 431)

Luca Tomassini (pittore)[modifica | modifica wikitesto]

Luca Tomassini, noto anche con lo pseudonimo di Tomas (Asti, 1970), è un pittore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Di origine ginesina e appassionato di pittura fin da bambino,[14] dopo aver frequentato il liceo artistico G. Cantalamessa e l'Accademia di Belle Arti di Macerata, nel 1996 espone per la prima volta alla Rassegna internazionale d'arte G. B. Salvi a Sassoferrato con il quadro Eva.[15][16] Nel luglio del 1997 espone a Spoleto, in occasione del Festival dei Due Mondi, alla Galleria Spazioarte,[17] nel 2006 e 2007 in occasione della Rassegna internazionale d'Arte Vivente a Civitanova Marche, nel 2012 a Torino nel 2014 espone a Parigi all'Espace Beaurepaire.[18]

Roberto Massi[modifica | modifica wikitesto]

Roberto Massi Gentiloni Silveri

Deputato del Regno d'Italia
Durata mandato23 settembre 1975 –
4 luglio 1976
Capo di StatoGiovanni Leone
Capo del governoAldo Moro
LegislaturaVI
Gruppo
parlamentare
Democratico Cristiano
CircoscrizioneMarche
Incarichi parlamentari

Sindaco di Tolentino
Durata mandato1965 –
1968

Durata mandato1970 –
1975

Dati generali
Partito politicoDemocrazia Cristiana
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
UniversitàUniversità di Camerino
ProfessioneInsegnante

Roberto Massi Gentiloni Silveri (Tolentino, 15 agosto 1931Tolentino, 9 dicembre 2012) è stato un insegnante e politico italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Roberto Massi Gentiloni Silveri nacque a Tolentino il 15 agosto 1931. Sesto figlio del podestà Pacifico Massi e Agnese Gentiloni Silveri, esponente della famiglia dei conti Gentiloni Silveri, nobili di Filottrano, Cingoli, Macerata e Tolentino[19][20], dopo aver frequentato il ginnasio a Tolentino e il liceo classico a Camerino, si laureò all'Università di Camerino in giurisprudenza, intraprendendo poi la carriera di insegnate di materie giuridiche, storia e filosofia.[21] Nel 1965 venne eletto sindaco di Tolentino, ruolo che svolgerà fino al 1968, per poi essere nuovamente rieletto dal 1970 al 1975. In questi anni riuscirà a riqualificare il territorio della frazione Le Grazie, costruendo numerose strutture pubbliche, rilancerà le Terme di Santa Lucia e riuscirà ad acquistare il Castello della Rancia e il Palazzo Parisani-Bezzi, facendoli entrare nel patrimonio comunale.[22]

Il 23 settembre 1975 entrerà alla Camera dei deputati per la Democrazia Cristiana sostituendo Adriano Ciaffi, poiché quest'ultimo cessò il mandato il 21 agosto. Interessato al territorio di nascita, ricoprì il titolo di vicepresidente della Fondazione Carima, presidente e tesoriere della Fondazione Giustiniani Bandini e ispettore onorario della Sovrintendenza dei Beni culturali delle Marche, impegnandosi nel mentre nella riqualificazione della zona dell'Abbadia di Fiastra.[23]

Nel 1996 decide di donare all'Archivio di Stato di Macerata l'archivio storico di famiglia, appartenuto al conte Nicola Gentiloni Silverj.[24] Morirà ad 81 anni la mattina del 9 dicembre 2012 e le sue ceneri riposano al cimitero dell'Abbadia di Fiastra.

Vita privata[modifica | modifica wikitesto]

Roberto Massi ha due figli, Francesco ed Emanuele, nati rispettivamente da Anna Maria Gaetani e Anna Catalini. Francesco ricoprì la carica di sindaco di Tolentino dal 12 giugno 1990 al 27 novembre 1993 per la DC. Il nipote, Alessandro Massi, ricopre tuttora il ruolo di presidente del consiglio comunale di Tolentino, essendo stato eletto consigliere il 27 giugno 2022.[25]

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Commendatore di giustizia professo di voti solenni - nastrino per uniforme ordinaria
Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria

Opere[modifica | modifica wikitesto]

  • Guida allo studio dei delitti contro l'onore, Savini-Mercuri, 1956.
  • Le situazioni normalizzatrici nel diritto penale, Savini-Mercuri, 1957.
  • Evangelista Massi 1609-1664 - Governatore delle Romagne - Castellano di Ferrara, 1992.
  • Leggende uomini e streghe nella valle del Chienti, 1995.

Centrale idroelettrica del Molinaccio[modifica | modifica wikitesto]

Centrale idroelettrica del Molinaccio
La centrale idroelettrica nella prima metà del XX secolo
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
LocalitàPesindolo (San Ginesio)
Informazioni generali
Tipo di centraleCentrale idroelettrica
Situazionechiusa
Gestore
Anno di costruzione1899-1903
Inizio produzione commerciale1903
Chiusura1952
Macchinario idraulico
Configurazione2 gruppi turbina/alternatore
Produzione elettrica
Potenza netta0,26 MW
Ulteriori dettagli
CostruttoreCelso Grifi
Dati aggiornati al settembre 2023

La centrale idroelettrica del Molinaccio è un'ex centrale idroelettrica situata a Pesindolo, nel Comune di San Ginesio (MC).

Storia[modifica | modifica wikitesto]

L'istituzione della centrale[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1899 l’imprenditore caldarolese Celso Grifi decise di trasformare il mulino di sua proprietà per la produzione di cereali in una centrale idroelettrica, utilizzando l'acqua del Fiastrone che lo alimentava come fonte principale. Il 17 settembre 1903 e il 15 luglio 1908 riuscì ad ottenere le concessioni prefettizie per deviare dal Fiastrone 1500 l/s per produrre energia elettrica (della potenza nominale di cav. 161,84) da distribuire ai comuni vicini di Cessapalombo, Camporotondo di Fiastrone, Belforte di Chienti e Caldarola. In quest’ultimo l’illuminazione pubblica elettrica fu attivata nel 1903.

Il complesso comprendeva un canale in terra sulla sponda destra, una diga e una fossa di scolo, entrambe in muratura ed una camera di carico con sfioratore e scarico di fondo. Il dislivello che si sfruttava era di 8,50 m.

Sembra che, in cambio della cessione del vecchio mulino ad acqua, fu costruito un mulino elettrico in località Morichella, lungo l’attuale s.p. 502. Questo nuovo opificio fu alimentato dall’energia proveniente dalla centrale in concessione “perpetua”.

Nel 1910 essa fu ampliata trasformando in centrale idroelettrica anche il “Molinaccio”, altro mulino che sfruttava le acque del Fiastrone; furono installati due gruppi turbina alternatore della potenza di 260 kva ciascuno.

Con l’aumentata capacità produttiva, nel 1915, la centrale dell’impresa caldarolese “Celso Grifi & C… forniva i seguenti comuni: Caldarola, Belforte sul Chienti, Serrapetrona, Camporotondo, Cessapalombo, Sarnano, Sanginesio, Ripe Sanginesio, Urbisaglia, Colmurano e Loro-Piceno.

Dal 1917 il Fiastrone fu oggetto di studi intesi alla realizzazione di una centrale più grande con bacino d’accumulo, in grado di soddisfare le aumentate esigenze d’energia elettrica. Poiché tale investimento era troppo oneroso, nel 1920 l’impresa Grifi cedette il complesso idroelettrico alla Società Forze idrauliche dell’Appennino, in seguito assorbita dall’UNES (Unione Esercizi Elettrici).[27]

Seconda guerra mondiale[28][29][modifica | modifica wikitesto]

Vinicio Bertoni

Il 18 giugno 1944 un reparto di guastatori tedeschi giunse in autocarro muniti di esplosivo con l'intento di farla esplodere. Nello stesso momento il capitano del Gruppo Vera, Girolamo Casà, accompagnato dal tenente Arnaldo Angerilli, Ivo Moretti, il bersagliere Volpes, Romolo Vannucci, il segretario della Divisione "Spartaco" Ernesto Sarti e il soldato della Regia Marina Vinicio Bertoni, mentre ritornavano da Fiastra dopo essersi incontrati con alcuni membri dell'esercito cobelligerante per organizzare la liberazione di Macerata, vennero raggiunti dalla Signora Pascucci, una donna di Morichella che li avvertì dell'intento dei nazisti presso la centrale.

Armati solamente con due fucili a cartuccia parabellum, una pistola e una bomba, si diressero verso la centrale ed individuati i militi a guardia dell'autocarro, aprirono il fuoco senza però colpire nessuno. Nel mentre, udendo le prime due esplosioni dei genieri tedeschi, il giovane 21enne Vinicio Bertoni si avvicinò ad un pagliaio nei pressi del camion per non sprecare le munizioni, ma per schivare una bomba a mano, si scoprì dalla posizione e venne ucciso con alcuni colpi al petto.

Sopraffatti dal fuoco nazista e oramai senza munizioni, i partigiani del Vera furono costretti alla ritirata e la centrale fu distrutta. Il cadavere fu recuperato solamente dopo che i guastatori tedeschi abbandonarono l'area e venne portato alla chiesa di Morichella.

Il dopoguerra e la chiusura[modifica | modifica wikitesto]

La centrale, che produceva circa 400.000 kwh annui, dopo la costruzione della diga di Fiastra (1952), cadde in disuso. Ora rimane solo lo sbarramento, il canale e gli edifici in completa rovina, nei quali è vietato l’accesso per pericolo di crollo. I rampicanti e gli arbusti si sono ripresi lo spazio sottratto oltre cento anni fa.

Un progetto portato avanti dall’ENEL negli anni ’90 prevedeva la ricostruzione del Molinaccio, prima da riattivare tra le cinque piccole centrali idroelettriche delle Marche.

Giorgio Morigi[modifica | modifica wikitesto]

Giorgio Morigi
Nascita1889
Morte1972
Dati militari
Forza armata
ArmaRegia Aeronautica
Corpo
GradoGenerale di brigata
Guerre
Campagne
Battaglie
Comandante di
DecorazioniVedi qui
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Giorgio Morigi, conosciuto anche come Giorgio Morici (18891972), è stato un militare italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Impegnato nella prima guerra mondiale sul fronte italiano, dove partecipò all'undicesima battaglia dell'Isonzo, e insieme alle truppe ausiliarie in Francia al fianco della IV Armata francese, nella zona della Lorena e di Champagne come pilota della Regia Aeronautica. Durante un'operazione a Joinville, precipitò con l'aeroplano procurandosi delle ferite. Lo ritroviamo nel Montenegro impegnato col Distaccamento A.R. durante i bombardamenti effettuati a Bocche di Cattaro, durante l'impresa di Cattaro. Nella seconda guerra mondiale lo troviamo dispiegato in alcune operazioni militari condotte in Africa orientale, durante la guerra d'Etiopia, dove venne impiegato nel Goggiam nel 1938, e nella campagna di Grecia nel 1940.[30] Promosso a colonnello nel 1939, dopo l'armistizio del Regno d'Italia dell'8 settembre 1943 e il conseguente sbaraglio delle truppe della 184ª Divisione paracadutisti "Nembo" durato circa otto mesi, venne posto al comando della Divisione sostituendosi al generale Ercole Ronco ed ebbe il compito di riorganizzare le truppe della Nembo. Il 20 giugno 1944 giunse con la Divisione a San Ginesio dopo che i partigiani del gruppo locale, il Gruppo Vera, liberarono il Comune e il Comitato di Liberazione Nazionale assunse il ruolo dell'amministrazione comunale. Lì, al parco "Colle Ascarano", pose il campo base per gestire le operazioni di liberazione nelle città vicine, tra cui Tolentino (sera del 20 giugno), Sarnano e Macerata (21 giugno), Villa Potenza (1 luglio) e Filottrano (9 luglio).[31][32]

Durante la battaglia di Filottrano si trovò a combattere con la 184ª Nembo al fianco delle divisioni militari polacche del 183° e 184° reparto guastatori del 2° Corpo polacco. Iniziati i primi scontri il 2 luglio, il 6 luglio schierò le truppe nel tentativo di dare il colpo finale ai tedeschi e suggerì al generale Umberto Utili di non attaccare frontalmente, ma sul fianco, e nella mattinata dell'8 luglio si diede il via all’attacco, che vide la fine il giorno seguente con la liberazione della città.[33] La riorganizzazione del piano di attacco evitò un bombardamento della città da parte delle truppe Alleate.[34]

Dopo lo scioglimento del Corpo Italiano di Liberazione, nel settembre del 1944 entrò nel Gruppo di Combattimento "Folgore", nato dall'unione del 183º Reggimento paracadutisti "Nembo" con il Reggimento Marina "San Marco" e con il Reggimento di artiglieria "Folgore". Con il nuovo gruppo partecipò all'Operazione Herring, insieme allo Squadrone "F".[35] Il 5 giugno 1953 si sostituì ufficialmente al generale Paul W. Kendall dell'88ª Divisione di fanteria come comandante del Gruppo Folgore.[33]

Onorificenze[30][modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze italiane[modifica | modifica wikitesto]

Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
— Altopiano di Bainsizza e Pola, agosto 1917
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia d'argento al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
— Valle Ostreni, 9-12 aprile 1941
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia di bronzo al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
Croce al merito di guerra (2) - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della guerra italo-austriaca 1915-1918 - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa dell'Unità d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa delle operazioni militari in Africa Orientale - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa del periodo bellico 1940-43 - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia commemorativa della guerra di liberazione - nastrino per uniforme ordinaria
Medaglia interalleata della vittoria - nastrino per uniforme ordinaria
Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria
Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia - nastrino per uniforme ordinaria
Croce commemorativa dell'11ª Armata - nastrino per uniforme ordinaria
— 16 novembre 1940

Onorificenze straniere[modifica | modifica wikitesto]

Croce d'argento dell'Ordine Virtuti militari - nastrino per uniforme ordinaria
Palma di bronzo della Croix de guerre francese 1914-1918 - nastrino per uniforme ordinaria

Tabella strutture storiche inagibili per Storia di San Ginesio[modifica | modifica wikitesto]

Di seguito sono elencati nel dettaglio gli edifici storici danneggiati:

Edificio Tipologia Luogo Ente proprietario Inagibile dal N. ordinanza Usufruibile oggi Agibile dal Rif. inagibilità Rif. agibilità
Abbazia di Santa Maria delle Macchie Abbazia Macchie Parrocchia di San Michele Arcangelo 8 settembre 2016 39 No [38]
Chiesa di San Giovanni Battista Chiesa Campanelle 40 [39]
Chiesa di Santa Chiara Centro storico Istituto delle suore francescane di Santa Chiara
  • 8 settembre 2016
  • 7 giugno 2017
  • 41
  • 220
[40][41]
Chiesa di Santa Maria in Alto Cielo Santa Maria in Alto Cielo Parrocchia di Santa Maria d'Alto Cielo 31 maggio 2017 202 [42]
Chiesa di Santa Maria in Selva Morichella Parrocchia di Santa Maria Assunta in Pieca 6 giugno 2017 214 [43]
Collegiata di Santa Maria Assunta Collegiata Centro storico Parrocchia Santissima Annunziata 215 [44]
Chiesa di Santa Maria Assunta in Pieca Chiesa Pian di Pieca Parrocchia di Santa Maria Assunta in Pieca 216 Si 6 maggio 2019 [45] [46]
Chiesa di San Costanzo San Costanzo Parrocchia di Santa Maria di Piazza (Sarnano) 217 No [47]
Chiesa di Santa Croce Santa Croce Parrocchia di Santa Maria Assunta in Pieca 218 [48]
Chiesa di San Gregorio Centro storico Parrocchia di Santa Maria d'Alto Cielo 7 giugno 2017 219 [49]
Chiesa di San Francesco Parrocchia Santissima Annunziata 221 [50]
Chiesa di San Giacomo Monache benedettine di San Giacomo 222 [51]
Chiesa di San Liberato San Liberato Ente morale Provincia Picena S. Giacomo della Marca dei frati minori 8 giugno 2017 223 Si 31 dicembre 2018 [52] [53]
Chiesa di San Michele Centro storico Parrocchia Santissima Annunziata 11 ottobre 2018 323 No [54]
Chiesa di San Giacomo in Morico Morico Parrocchia di Sant'Andrea (Cessapalombo) 324 [55]

Fondo di aiuti europei agli indigenti[modifica | modifica wikitesto]

Il Fondo di aiuti europei agli indigenti (abbreviato FEAD) è un investimento pubblico dell'Unione Europea, promosso dai Paesi UE e destinato alle persone bisognose considerate vicine o appartenenti alla soglia di povertà. L'investimento, dal valore di 3,8 miliardi di euro, si pone l'obiettivo di orientamento e sostegno alle persone per aiutarle a migliorare la loro condizione economica e farle uscire dalla povertà.[56]

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Gli Stati membri possono utilizzare il Fondo in due modi, chiamati "Programma Operativo" (PO), in modo contemporaneo o scegliendo uno dei due. I due PO sono:

  • PO I: programma operativo per la fornitura di prodotti alimentari e/o assistenza materiale di base;
  • PO II: programma operativo per l'inclusione sociale.

Le persone che hanno diritto al FEAD possono ricevere beni di prima necessità, come alimenti, indumenti e altri articoli per la cura personale e/o un'assistenza non materiale, mirata per accompagnarli in un percorso di ripresa dalla condizione di povertà in cui si trovano. L'Unione Europea mette a disposizione un capitale pari all'85% (3,8 miliardi di euro), mentre il restante 15% viene dato dagli Stati membri, facendo si che il valore totale del Fondo sia di circa 4,5 miliardi di euro.[57] I due PO devono poi essere integrati con altre attività, quali attività educative per un'alimentazione sana, consigli sulla preparazione e sulla conservazione degli alimenti, sostegno psicologico e terapeutico, programmi di formazione, consulenza sulla gestione del bilancio familiare, attività sociali e ricreative e prestazione di servizi legali.[58]

A seguito della pandemia di COVID-19, la Commissione europea ha aumentato la flessibilità e la liquidità degli Stati membri. Le modifiche, che hanno interessato il triennio 2020-2022, hanno aumentato l'assistenza alimentare, materiale e l'inclusione sociale[59] ed ha aggiunto forniture di dispositivi di protezione individuale per lavoratori e volontari e aiuti tramite voucher elettronici o cartacei, in modo da garantire il rispetto del distanziamento sociale.[60]

Il FEAD nel dettaglio[modifica | modifica wikitesto]

Paesi UE[modifica | modifica wikitesto]

Paese Organo politico Coordinatore PO Rivolto a Tipologia di aiuto Sito web (EN)
Austria Ministero federale del lavoro Martin Kocher PO I Bambini Materiale di base Austria
Belgio Ministero delle pensioni, integrazione sociale, lotta alla povertà e persone disabili Karine Lalieux Persone bisognose e bambini Assistenza alimentare e materiale Belgio
Bulgaria Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Ivanka Šalapatova Persone povere, in particolare bambini, anziani e disoccupati Assistenza alimentare Bulgaria
Croazia Ministero del lavoro e sistema pensionistico, famiglia e politiche sociali Josip Aladrović Famiglie svantaggiate e senzatetto Assistenza alimentare e materiale Croazia
Cipro Direzione Generale per i Programmi Europei, il Coordinamento e lo Sviluppo PO I - PO II Persone povere e/o escluse
  • PO I: Materiale di base
  • PO II: abbandono scolastico, frequenza scolastica e disoccupazione
Cipro
Danimarca Consiglio sociale nazionale PO II Inclusione sociale Povertà, problemi sociali e sanitari Danimarca
Estonia Centro servizi condivisi statali PO I Persone indigenti Assistenza alimentare Estonia
Finlandia Autorità alimentare finlandese Finlandia
Francia Ministero della Solidarietà, autonomia e disabilità Damien Abad Francia
Germania Ministero federale del lavoro e degli affari sociali Hubertus Heil PO II Inclusione sociale Germania
Grecia Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Adōnis Geōrgiadīs PO I Assistenza alimentare e materiale Grecia
Irlanda Dipartimento per l’occupazione e la protezione sociale, Persone vulnerabili alla povertà Irlanda
Italia Ministero del lavoro e delle politiche sociali Marina Elvira Calderone Perone indigenti Italia
Lettonia Ministero della Previdenza Sociale Uldis Augulis Famiglie svantaggiate e cittadini indigenti Lettonia
Lituania Ministero della Sicurezza sociale e Lavoro Monika Navickienė Persone povere Lituania
Lussemburgo Ministero della Famiglia ed Integrazione Corinne Cahen Persone indigenti Lussemburgo
Malta Ministero dell'Economia, fondi europei e territori Silvio Schembri Famiglie svantaggiate, in particolare con bambini e anziani Assistenza alimentare Malta
Polonia Ministero per il lavoro, la famiglia e le politiche sociali Marlena Maląg Persone con difficoltà a procurarsi cibo Polonia
Portogallo Autorità di Gestione PO ISE Domingos Jorge Ferreira Lopes Persone e famiglie indigenti Assistenza alimentare e materiale Portogallo
Romania Ministero degli Investimenti e progetti europei Marcel Boloș Bisognosi Romania
Slovacchia Ministero del Lavoro, degli Affari Sociali e della Famiglia Erik Tomáš Persone e famiglie indigenti Slovacchia
Slovenia Ministero dello Sviluppo e Politiche di coesione europee Aleksander Jevšek Persone con difficoltà sociali e materiali Assistenza alimentare Slovenia
Spagna Ministero del Lavoro ed Economia sociale Governo dimissionario Persone povere Spagna
Svezia Consiglio del Fondo Sociale Europeo PO II Persone socialmente vulnerabili Inclusione sociale Svezia
Paesi Bassi Ministero degli Affari sociali e occupazione Governo dimissionario Anziani con reddito basso Paesi Bassi
Rep. Ceca Ministro del Lavoro e Politiche sociali Marian Jurečka PO I Famiglie indigenti con bambini e senzatetto Assistenza alimentare e materiale Rep. Ceca
Ungheria Ministero dello Sviluppo Economico Márton Nagy Famiglie povere con bambini, senzatetto, disabili e anziani con basso reddito Ungheria

Paesi non UE[modifica | modifica wikitesto]

Il Regno Unito inizialmente non aveva attuato il programma del FEAD.[61] Prima della Brexit, il programma era gestito dal Dipartimento per l'Istruzione Unità alimentare scolastica e si basava su un aiuto alimentare (PO I) dato a famiglie a basso reddito e svantaggiate.[62]

Attilio Marinangeli[modifica | modifica wikitesto]

Attilio Marinangeli, I.M.C.
vescovo della Chiesa cattolica
 
Incarichi ricoperti
 
Nato20 ottobre 1913 a San Ginesio
Ordinato presbitero19 marzo 1937
Nominato vescovo21 aprile 1967 dal Vicario capitolare della Diocesi di Iringa
Deceduto9 giugno 1970 (56 anni) a Roma
 

Attilio Marinangeli (San Ginesio, 20 ottobre 1913Roma, 9 giugno 1970) è stato un missionario e vescovo cattolico italiano.

Biografia[13][modifica | modifica wikitesto]

Attilio Marinangeli nacque a San Ginesio, precisamente a Torre di Morro, il 20 dicembre 1913 da Amedeo Marinangeli ed Albina Cardarella, una famiglia contadina proprietaria di un podere. Colpito da un angina pectoris che gli stava per procurare la morte per soffocamento, la madre pregò la Vergine Maria per riaverlo sano ed in cambio della sua salute lei lo avrebbe consacrato. Dopo le preghiere, la madrina di battesimo gli tolse le lenzuola e notò che stava riprendendo colore, quindi il padre effettuò un rimedio empirico comune, ovvero fare una cicatrice sulla gola e sul collo così da farlo respirare.

Il sacerdozio e la vocazione missionaria[modifica | modifica wikitesto]

Sentendo la chiamata di Dio dopo la fanciullezza, ma non volendo abbandonare la sua famiglia, fu convinto a partire per il Seminario dai genitori quando una parente di famiglia raccontò che anche suo figlio voleva intraprendere il percorso ecclesiastico in compagnia e, dopo essere entrato ed aver studiato greco e latino ed essersi dedicato alla vita contadina, al posto di affrontare gli esami di Stato per insegnare al ginnasio e al liceo, si concentrò sul sacerdozio che ottenne il 19 marzo 1937 celebrando la prima messa nella Pieve Collegiata di San Ginesio. Il vescovo di Camerino Ettore Fronzi gli affidò l'incarico di viceparroco di Pioraco, ruolo che ricoprirà fino al 1940 quando venne nominato vicerettore del Seminario di Camerino e Rettore nel 1950.

Il rapporto con Mons. Giuseppe D'Avack[modifica | modifica wikitesto]

Essendo il suo insegnamento in Seminario molto moderno per l'epoca, come l'utilizzo dei dispositivi tecnologici quali televisioni e radio e la scelta di gite fuori porta nei Monti Sibillini, si trovò a scontrarsi spesso con le opinioni e le regole imposte dal vescovo Giuseppe D'Avack, che prediligeva un insegnamento più chiuso e rigido, pensiero condiviso anche da alcuni colleghi insegnanti. Attilio, invitato dal vescovo a tornare come parroco a Pioraco, anche dopo la sua nomina a canonico della Cattedrale di Camerino, rifiutò e restò a Camerino fino al 1958, quando il 20 settembre venne accolto nell'Istituto missioni Consolata di Torino dopo le suppliche effettuate al mons. D'Avack di farlo partire come missionario in Africa.

La partenza, la missione in Tanzania e la morte[modifica | modifica wikitesto]

Dopo aver concluso il percorso sotto la guida di Padre Rabajoli, il 2 ottobre 1959 venne assegnato alla diocesi di Iringa, Tanzania, che raggiunse però solamente nel 1960 dopo aver studiato l'inglese in Inghilterra. Il compito assegnatogli fu quello di insegnare catechismo e al seminario locale alla popolazione degli Wahehe, mentre nel tempo libero aiutava la popolazione con la costruzione di strutture con mattoni e terra bagnata, reperire cemento nelle cittadine più moderne con l'uso di un Land Rover o una Peugeot e svolgendo piccole attività come mugnaio, meccanico, agricoltore, elettricista, cacciatore e allevatore. Nel 1964 ricevette l'incarico di gestore dei centri missionari, all'epoca vacanti, di Weru e Mlolo, nel 1965. Negli anni seguenti si impegnò a rafforzare la salute pubblica e l'istruzione, contribuendo a costruire ospedali e la scuola di Irandala. Il 17 marzo 1967, a Kibao, divenne amministratore apostolico della diocesi di Iringa dopo la morte di Attilio Beltramino, ricevendo il titolo di vescovo titolare, con insigne e ruolo ma senza il pastorale, il 21 aprile dal vicario capitolare. Nel 1969 gli venne diagnosticato un carcinoma gastrico che gli procurò la morte il 9 giugno 1970 a Roma, dopo un lungo calvario passato tra numerose cliniche romane.

Meno male che Silvio c'è[modifica | modifica wikitesto]

Meno male che Silvio c'è
Autore/iAndrea Vantini
GenereMusica leggera
Data2008
Durata3:12

Meno male che Silvio c'è è l'inno ufficiale dell'ex partito Il Popolo della Libertà, composto nel 2002 da Andrea Vantini e musicato nel 2008. Fu scelto dall'omonimo partito e introdotto in vista delle elezioni politiche del 2008, prendendo il posto di Forza Italia, dopo che il precedente partito di Silvio Berlusconi si sciolse.[63]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La storia di Meno male che Silvio c'è nasce nel 2002, quando il cantautore Andrea Vantini, ispirato da una puntata del programma Sciuscià, condotto da Michele Santoro, dove il conduttore prese di mira verbalmente Silvio Berlusconi. Inizialmente la canzone si doveva chiamare "A Silvio", ma poi venne cambiato nel titolo attuale. Il successo del brano non arrivò subito, ma giunse in vista delle elezioni politiche, quando venne scelto proprio dall'allora neo partito Il Popolo della Libertà come inno.[64][65]

Ad aiutare il brano nel suo successo fu Aldo Brancher che, disponendo di un ufficio proprio nelle vicinanze della residenza di Vanzini, fece ascoltare il brano direttamente a Berlusconi, che gradì.[64]

Nel 2018 il brano si aggiudicò nella classifica Top Ten di Spotify,[66] e con la morte di Silvio, avvenuta il 12 giugno 2023, nel giro di qualche giorno il brano ha raggiunto la prima posizione nella categoria Viral 50 Italia di Spotify.[67]

Influenza culturale[modifica | modifica wikitesto]

Ad oggi il brano è ampiamente utilizzato per parodie e meme.[68] Nel 2008 Edoardo Sanguineti reputò il brano come "orribile" e augurò a Berlusconi di adottarlo come repellente per i voti. Lo stesso Vantini disse di aver avuto un notevole successo non appena il brano venne utilizzato come inno, ma d'altra parte, di avere alcuni problemi legati con la controparte politica di Berlusconi, nonché di essere tagliato fuori dal mondo dello spettacolo a causa del brano,[65] essendo stato inquadrato come sostenitore di Berlusconi.[69] Nel 2018 il brano è stato inserito nel sequel del film Loro (Loro 2) di Paolo Sorrentino, film biografico basato sulla vita di Silvio Berlusconi.[70]

Tracce[modifica | modifica wikitesto]

EP
  1. Meno male che Silvio c'è (Original Version) - 3:12
  2. Meno male che Silvio c'è (Coro Version) - 3:11
  3. Meno male che Silvio c'è (Gospel Version) - 3:00
  4. Meno male che Silvio c'è (Base) - 3:12
  5. Meno male che Silvio c'è (Strumental Version) - 3:12

Palazzo del Corso[modifica | modifica wikitesto]

Palazzo del Corso
Sede della Provincia di Macerata
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneMarche
LocalitàMacerata
IndirizzoPiazza Cesare Battisti
Informazioni generali
CondizioniIn uso
StileNeorinascimentale
UsoSede della Provincia di Macerata
Realizzazione
ProprietarioStato italiano

Palazzo del Corso è uno dei palazzi storici di Macerata, sede ufficiale della Provincia di Macerata.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1606 il Cardinale Legato, Ferdinando Taverna, decretò l'ampliamento di una strada del XVI secolo che conduceva da Piazza Maggiore (oggi Piazza della Libertà) alla chiesa di San Giovanni, conosciuta per essere "umile e tortuosa" (in latino umilem et tortuosam). Nel 1611 arriveranno a Macerata gli oratoriani di San Filippo Neri che si stabilirono proprio in questa nuova strada a partire dal 1624, quando il commerciante Fulvio Clarignani vendette a loro il negozio con un appezzamento di terreno, che vennero subito utilizzati come centro religioso, nonché prima chiesa al mondo di San Filippo Neri.[71][72]

La Racchia[modifica | modifica wikitesto]

La Racchia
StatoBandiera dell'Italia Italia
CittàSarnano
Repertoriobandistico, folkloristico
Periodo attività1957 - in attività
Sito webwww.laracchia.it/index.html

La banda La Racchia è un gruppo musicale italiano formatosi a Sarnano nel 1932, per poi sciogliersi nel 1937 a causa della seconda guerra mondiale e ricomporsi nel 1957.

Storia[73][modifica | modifica wikitesto]

La nascita della banda[modifica | modifica wikitesto]

La storia del gruppo nasce nella prima metà del XX secolo, quando Sarnano, allora abitato da 6 381 abitanti circa, vive di un'economia prettamente agricola e artigianale. Gli abitanti, in questo periodo, erano soliti ritrovarsi in Piazza Vittorio Emanuele II, oggi Piazza della Libertà, per passare del tempo insieme vista la mancanza delle attività di svago. Dopo che la banda musicale diretta dal maestro Gianvittorio Serandrei si sciolse, i giovani cittadini del paese decisero di reagire formando un nuovo gruppo, arrivando così a formare il gruppo "La Racchia" nel 1932. I primi componenti del gruppo, chiamati Racchi, furono 14, ma aumentarono di numero fino all'avvento della seconda guerra mondiale, dove molti di loro furono costretti a partire per combattere senza fare ritorno, problema che portò la dissoluzione della banda nel 1937.[74][75]

Nel dopoguerra, precisamente nel 1956, l'Azienda di Cura e Soggiorno gestita dall'ingegnere Alfredo Arrà decise di organizzare per le festività pasquali un carnevale dedicato ai bambini, idea appoggiata dalle istituzioni, dalle associazioni e dalle scuole. Per quell'occasione si prepararono numerosi carri allegorici e si decise di ricomporre il gruppo con gli ex membri ancora vivi, guidati dal maestro Aldo Bianconi. Dal 1957 la banda riprese le sue attività, effettuando la prima uscita ufficiale il 28 luglio in occasione della "Festa Nazionale della Montagna", preseduta dal ministro Emilio Colombo e svoltasi a Sassotetto, frazione di Sarnano, su decisione del Ministero dell'agricoltura e foreste.

L'arrivo della fama e le apparizioni fuori Sarnano[modifica | modifica wikitesto]

Il grande successo riscosso durante la prima uscita fece si che la banda venne nuovamente chiamata nel corso dell'anno ad altre manifestazioni, raggiungendo le vicine provincie marchigiane, l'Abruzzo, il Lazio e l'Umbria. La prima uscita fuori regione venne effettuata a bordo di un vecchio autobus della Autolinee SASP l'8 settembre a Prati, in occasione della Festa Regionale della Montagna Abruzzese. Altre uscite vennero effettuate il 19 settembre, in occasione della Festa del Patrono di Notaresco, il 5 ottobre, in occasione della Sagra del Grappolo d'Oro di Potenza Picena dopo essere stati invitati dal direttore provinciale dell'ENAL.

Il 26 ottobre la banda si esibì al teatro della Fiera della pesca di Ancona alle selezioni regionali per comparire al programma "Voci e volti della fortuna" collegata con la Lotteria di Capodanno 1958, dove si cercava una banda candidata a rappresentare le Marche. Il verdetto positivo della loro selezione parziale arrivò il giorno dopo, con l'invito di presentarsi il 5 novembre al teatro Rossini di Pesaro per una prova generale in diretta RAI. Concorrendo insieme alla banda folkloristica di Castelraimondo e con la fisorchestra "Paolo Soprani" di Castelfidardo, La Racchia venne scelta attraverso la votazione popolare e invitata l'1 dicembre ad esibirsi al teatro Goldoni di Ancona nella serata condotta da Enzo Tortora, ricevendo i complimenti da Milva e da Alighiero Noschese.

Stile[modifica | modifica wikitesto]

Musicale[modifica | modifica wikitesto]

Lo stile musicale de "La Racchia" è riconducibile al folk; infatti, molte canzoni suonate sono rivisitazioni di musiche della tradizione italiana e stornelli. Gli strumenti sono sia a percussione, a fiato e ad ottone, mentre molti componenti suonano i cosiddetti "strumenti caratteristici", strumenti creati artigianalmente o oggetti di uso quotidiano, come vasi da notte, grattugie, graticole, forchette, scolapasta, caffettiere, ombrelli, scope, padelle e fiaschetti.[73][76]

Stilistico[modifica | modifica wikitesto]

Prima del 1957 la banda non possedeva una divisa ufficiale, infatti i Racchi si esibivano con i loro abiti personali. Nel 1956, in occasione della rifondazione del gruppo, i membri optarono per un vecchio vestito personale e un cappello di vimini, mentre il direttore con frac e cilindro, accompagnato da un mestolo, utilizzato come bacchetta. La prima divisa ufficiale venne solamente nel 1957, quando i membri decisero di crearne una divertente e originale. Si scelse per una giacca azzurra su pantaloni a scacchettini bianchi e neri, camicia bianca, farfallino rosso a pois bianchi, calze rosse e una "paglietta" fiorentina. Le divise vennero affidate alla ditta "Fracle" di Macerata, mentre le scarpe vennero dalla ditta "Loris" di Porto Sant'Elpidio, comprate al costo di 2 700 lire. Il direttore si occupò personalmente della sua divisa, scegliendo una palandrana gialla, pantaloni azzurro con bande laterali rosse e un cilindro rosso.[73]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Franco Lucarini (a cura di), La Racchia, la banda più pazza del mondo, Sarnano, 2000.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Reattore-Ispra-1, su www.sogin.it. URL consultato il 16 dicembre 2023.
  2. ^ a b Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Centro Comune di Ricerca (CCR) – Ispra (VA), su www.mase.gov.it. URL consultato il 16 dicembre 2023.
  3. ^ Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, Inventario nazionale dei rifiuti radioattivi (PDF), n. 4, 2021.
  4. ^ Antonio Massariolo, Scorie a riposo. ISPRA-1, il primo reattore nucleare italiano, su Il Bo Live UniPD, Università di Padova, 18 luglio 2022. URL consultato il 16 dicembre 2023.
  5. ^ Vittorio Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Ed. Enciclopedia storico-nobiliare italiana, 1932. URL consultato il 21 novembre 2023.
  6. ^ Bollettino ufficiale del Ministero dell'istruzione pubblica, 1912. URL consultato il 21 novembre 2023.
  7. ^ Agnese Massi Secondari, Tolentino, il Museo Civico Archeologico "Aristide Gentiloni Silverj". Guida breve, a cura di Comune di Tolentino.
  8. ^ Aristide Gentiloni Silverj, Di alcuni pregevoli bronzi antichi scoperti in una tomba nel Comune di S. Ginesio, collana Notizie degli Scavi, Roma, Reale Accademia dei Lincei, 1886.
  9. ^ Eno Santecchia, Il ciottolo di Tolentino, su www.storieeracconti.it, luglio 2014. URL consultato il 21 novembre 2023.
  10. ^ a b c (EN) Archbishop Giuseppe D’Avack, su www.catholic-hierarchy.org. URL consultato il 9 novembre 2023.
  11. ^ Governatorato di Roma, Deliberazioni del governatore: anno 1938, vol. 16, Roma, 1938. URL consultato il 9 novembre 2023.
  12. ^ Leonardo Campugiani, Diego Minnozzi, Analisi e studio dell'archivio parrocchiale di Passo San Ginesio, Passo San Ginesio, 2022.
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  14. ^ Rita Bompadre, I colori dell'emozione: incontro con Luca Tomassini, in Graphic Arts 75, settembre 2001.
  15. ^ Comune di Sassoferrato, Università degli studi di Urbino e Regione Marche, XLVI Rassegna d'arte G.B. Salvi e piccola Europa, 1996.
  16. ^ (EN) Tomas ARt, su eLearning Goddess, 30 gennaio 2017. URL consultato il 2 novembre 2023.
  17. ^ Anna Maria Piccirilli, A spasso tra mostre e botteghe d'arte, in Corriere Adriatico, 14 luglio 1997.
  18. ^ Carmen Russo, L'Adam porta l'arte maceratese a Parigi 25 artisti per la rassegna "Mon Appetit", su Cronache Maceratesi, 14 ottobre 2014. URL consultato il 2 novembre 2023.
  19. ^ Andrea Borella (a cura di), Annuario della nobiltà italiana, parte II, Teglio, S.A.G.I., 2014, p. 913.
  20. ^ La scalata del conte Gentiloni da figlioccio di Rutelli agli Esteri, in ilGiornale.it. URL consultato il 2 settembre 2022 (archiviato il 25 settembre 2021).
  21. ^ Roberto Massi Gentiloni Silveri, su giaconieditore.com. URL consultato il 12 ottobre 2023.
  22. ^ Matteo Zallocco, Tolentino in lutto per la scomparsa di Roberto Massi, su Cronache Maceratesi, 9 dicembre 2012. URL consultato il 12 ottobre 2023.
  23. ^ E' morto all'età di 81 anni l'ex parlamentare Roberto Massi, su il Resto del Carlino, 9 dicembre 2012. URL consultato il 12 ottobre 2023.
  24. ^ Archivio di Stato di Macerata, Gentiloni Silverj, famiglia, su sias.archivi.beniculturali.it.
  25. ^ Tolentino, non ha diffamato la famiglia Massi: il Gip archivia le accuse alla Luconi, su www.corriereadriatico.it, 18 giugno 2023. URL consultato il 12 ottobre 2023.
  26. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato..
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  30. ^ a b Francesco Giovagnoli, Il Medagliere del Generale Giorgio Morigi Comandante della Div. Par. N, su filottrano1944, 6 luglio 2017. URL consultato il 6 novembre 2023.
  31. ^ Eno Santecchia, La liberazione di San Ginesio, su www.storieeracconti.it. URL consultato il 23 agosto 2023.
  32. ^ Antonio Tedde e Daniele Sanna, Un ufficiale scomodo, dall'armistizio alla guerra di liberazione (1943-45), 2002.
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  38. ^ Comune di San Ginesio, Ordinanza di inagibilità e messa in sicurezza chiesa sita in Contrada Macchie distinta al catasto urbano al foglio n. 22 particella A, Ordinanza, n. 39, 8 settembre 2016.
  39. ^ Comune di San Ginesio, Ordinanza di inagibilità e messa in sicurezza chiesa sita in Contrada Campanelle distinta al catasto urbano al foglio n. 47 particella A, Ordinanza, n. 40, 8 settembre 2016.
  40. ^ Comune di San Ginesio, Ordinanza di inagibilità e messa in sicurezza chiesa e strutture convento suore francescane di Santa Chiara distinta al catasto urbano al foglio n. 43 particella S e 165, Ordinanza, n. 41, 8 settembre 2016.
  41. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di Santa Chiara in Via Capocastello distinta al catasto urbano al foglio 43 particella S, Ordinanza sindacale, n. 220, 7 giugno 2017.
  42. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di S.Maria d'Alto Cielo distinta al catasto urbano al foglio 2 particella A, Ordinanza sindacale, n. 202, 31 maggio 2017.
  43. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di Santa Maria in Selva in loc. Morichella distinta al catasto urbano al foglio 59 particella A, Ordinanza sindacale, n. 214, 6 giugno 2017.
  44. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa SS.MA Annunziata - Collegiata sita in p.zza A.Gentili distinta al catasto urbano al foglio 43 particella A, Ordinanza sindacale, n. 215, 6 giugno 2017.
  45. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di Santa Maria Assunta in Pieca in loc. Pian di Pieca distinta al catasto urbano al foglio 70 particella A, Ordinanza sindacale, n. 216, 6 giugno 2017.
  46. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - revoca ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di Santa Maria Assunta in Pieca in loc. Pian di Pieca distinta al catasto urbano al foglio 70 particella A, Ordinanza sindacale, n. 117, 6 maggio 2019.
  47. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di San Costanzo in loc. San Costanzo distinta al catasto urbano al foglio 76 particella A, Ordinanza sindacale, n. 217, 6 giugno 2017.
  48. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di Santa Croce in loc. Santa Croce distinta al catasto urbano al foglio 51 particella A, Ordinanza sindacale, n. 218, 6 giugno 2017.
  49. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di San Gregorio in Via Brugiano distinta al catasto urbano al foglio 43 particella E, Ordinanza sindacale, n. 219, 7 giugno 2017.
  50. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di San Francesco in Via Capocastello distinta al catasto urbano al foglio 43 particella B, Ordinanza sindacale, n. 221, 7 giugno 2017.
  51. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di San Giacomo in l.go Trovarello distinta al catasto urbano al foglio 43 particella H, Ordinanza sindacale, n. 222, 7 giugno 2017.
  52. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di San Liberato in loc. San Liberato distinta al catasto urbano al foglio 78 particella A, Ordinanza sindacale, n. 223, 8 giugno 2017.
  53. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - revoca ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di San Liberato in loc. San Liberato distinta al catasto urbano al foglio 78 particella A, Ordinanza sindacale, n. 398, 31 dicembre 2018.
  54. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di San Michele in via Colle San Giovanni distinta al catasto urbano al foglio 43 particella B, Ordinanza sindacale, n. 323, 11 ottobre 2018.
  55. ^ Comune di San Ginesio, Sisma del 24 agosto, 26 ottobre e 30 ottobre - ordinanza inagibilità e sgombero chiesa di San Giacomo di Morico in c.da Morico distinta al catasto urbano al foglio 37 particella A, Ordinanza sindacale, n. 324, 11 ottobre 2018.
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