Utente:Angelosante/Sandbox

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Ruggero conte di Andria e Gran Ciambellano di Sicilia, fu pretendente per il trono di Sicilia dopo la morte di Guglielmo II nel 1189. I syuoi sostenitori affermavano che era pronipote di Drogone d'Altavilla .

Ruggero, insieme a Romualdo Guarna, arcivescovo di Salerno , è stato inviato dal re Guglielmo nel 1177 per assistere alla pace di Venezia dopo che l'imperatore Federico Barbarossa era stato sconfitta da Legnano .

Roger inizialmente resistito alle pretese di Tancredi di Lecce a favore di quelli di Costanza , figlia del defunto Ruggero II , e moglie di Enrico VI , figlio del Barbarossa, anche se era un candidato stesso. Aveva la maggior parte dei baroni della penisola sul lato, ma Tancredi cancelliere, Matteo d'Aiello , si stava diffondendo storie sordide della sua vita privata e il sostegno del conte eroso veloce. Roger unito con il conte Riccardo di Carinola e di Enrico Testa , il maresciallo di Enrico VI, e invase la Puglia . Hanno catturato Corneto , ma durante l'assedio di Ariano , Riccardo, conte di Acerra , ingannato il conte di Andira e catturato lui (1190). Lo giustiziato poco dopo.



Prospero Marchetti

Prospero Marchetti (Bolbeno, 1822Arco, 1884) è stato un avvocato, politico, patriota ed esponente dell'irredentismo italiano austriaco.

Nacque nei presso Trento, da Saverio, discendente da una facoltosa famiglia di Bolbeno e da Caterina Sardagna, contessa di Hohenstein.

Marchetti studiò filosofia all'Università di Innsbruck e, successivamente, giurisprudenza negli atenei di Vienna, Padova e Pavia. Conseguita la laurea, si stabilì nell'autunno 1844 a Milano per dedicarsi alla professione forense . Da tempo in contatto con la rete cospirativa che preparò l'insurrezione antiaustriaca, e prese parte alle Cinque giornate di Milano . Nei giorni immediatamente successivi alla ritirata degli Austriaci, entrò a far parte, come di vicesegretario, del Comitato generale di pubblica sicurezza.

In quel concitato frangente tentò di far comprendere le condizioni e le aspirazioni nazionali del Trentino. Soprattutto grazie alle insistenze del M. il governo provvisorio affidò all'avvocato G. Dal Lago una delicata missione esplorativa nei territori del Tirolo italiano (fine marzo - primi di aprile 1848). L'azione diplomatica di Dal Lago, coordinata con quella militare dei corpi franchi, ebbe come risultato la nascita (11 apr. 1848) a Tione di un governo provvisorio presieduto dal fratello del Marchetti, Giacomo. La controffensiva austriaca, repentina e vincente, dimostrò però che, malgrado gli sforzi del M. e degli altri patrioti, le popolazioni trentine erano ancora impreparate a sostenere un'azione rivoluzionaria di ampio respiro. Rifugiatisi a Brescia,con e altri profughi trentini diedero comunque vita nel maggio 1848 a un Comitato per la difesa del Tirolo italiano.

All'inizio del maggio 1848, le province austriache aggregate alla Confederazione germanica furono con proclama imperiale chiamate a inviare propri deputati all'Assemblea costituente nazionale tedesca di Francoforte sul Meno: fra di esse, anche il Trentino, che faceva parte della Contea principesca del Tirolo e del Vorarlberg. Accantonata la primitiva opzione astensionistica, i patrioti trentini compresero l'importante occasione di affermare in un'assemblea legalmente costituita l'italianità della loro terra e la volontà di unione al resto d'Italia. Anche il governo provvisorio milanese volle avere una propria delegazione a Francoforte, capace di sostenere, presso i deputati tedeschi, il diritto dell'Italia di sottrarsi al giogo austriaco in nome del principio di nazionalità. Agli inviati G. Morelli e A. Porro si aggiunse, per le pressioni dello stesso Porro e di A. Guerrieri Gonzaga, il M., giunto a Francoforte in forma privata e a proprie spese; lì, nei mesi di giugno e luglio 1848, egli svolse una importante funzione di collegamento fra gli inviati lombardi e la deputazione trentina, dalla quale le autorità austriache avevano escluso il fratello Giacomo, eletto nel Distretto delle Giudicarie, e fra quest'ultima e i profughi trentini in Lombardia.

Il M. tentò instancabilmente, attraverso contatti diretti o epistolari con i politici tedeschi più influenti, di creare un clima propizio alle richieste dei deputati trentini (distacco del Tirolo italiano dalla Confederazione germanica e sua emancipazione dal dominio austriaco). Poco dopo la sconfitta dell'esercito piemontese a Custoza (27 luglio 1848), il Marchetti si stabilì a Torino. Avvalendosi dell'amnistia generale concessa dalle autorità austriache, nell'ottobre 1848 Marchetti fece ritorno nella residenza di famiglia di Bolbeno. Nel febbraio 1856 fu eletto per la prima volta podestà di Arco. e sii adoperò affinché fossero utilizzate tecniche innovative contro la pebrina e la filossera, fece risistemare argini e condotti d'irrigazione del fiume Sarca. Nel maggio 1859, con l'inizio della guerra all'Austria, per essersi rifiutato di sottoscrivere un indirizzo di fedeltà all'imperatore Francesco Giuseppe, fu destituito dall'incarico . Una nuova nomina a podestà di Arco fu ricusata nel marzo 1861 dalle autorità austriache. Colpito da ordine di arresto nel luglio 1866, in piena guerra austro-italiana, dovette rifugiarsi sul monte Velo, facendo ritorno ad Arco sul finire dell'anno.

Dopo la pace di Vienna del 1866, il Marchetti abbandonò la speranza di un imminente ricongiungimento del Trentino al neonato Regno d'Italia. Fu podestà di Arco in tre diversi periodi fra il marzo 1868 e il luglio 1878, e coadiuvato da alcuni imprenditori locali, promosse lo sviluppo di infrastrutture capaci di trasformare in pochi anni la piccola località trentina in un rinomato luogo di soggiorno e di cura, frequentato dall'aristocrazia e dalla borghesia austriache e tedesche ed anche dall'arciduca Alberto d'Asburgo. Nel 1874 l'imperatore lo nominò cavaliere.

Nel settembre 1872, con N. Bolognini fondò a Madonna di Campiglio la Società degli alpinisti tridentini, di cui assunse la presidenza. Sciolta d'autorità nel 1876 (dopo il sequestro dell'Annuario, che celebrava il decennale della battaglia di Bezzecca), fu ricostituita l'anno successivo con il nome di Società alpinisti tridentini e ne fu a capo fino al 1880.

Il Marchetti morì ad Arco il 14 maggio 1884. Sulla vetta del monte Stivo.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]


Teodardo era un vescovo energico di Tongeren-Maastrich , forse discepolo e successore di Remaclo. Questo sta tutto quello che sappiamo della sua vita, a parte alcuni dati sulle loro azioni. Alcuni nobili si impossesso della terra della sua chiesa. Così decise di andare da Childerico II, per chiedergli di giustizia. Passando attraverso la foresta di Bienwand foresta, vicino a Spira, è stato aggredito dai ladri, che lo uccise. Il suo biografo ci dice che San Teodardo ebbe il tempo di fare un lungo discorso ai suoi assassini, che hanno risposto con una citazione di Orazio. Visto che ato che la sua morì in viaggio per difendere i diritti della Chiesa, fu venerato come un martire e il suo successore e nipote , il vescovo Lamberto, trasferì i suoi resti nella chiesa di Liegi.

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Arabi[modifica | modifica wikitesto]

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Greciantichi[modifica | modifica wikitesto]

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Biografia[modifica | modifica wikitesto]

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Sovrai[modifica | modifica wikitesto]

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Taranto1995[modifica | modifica wikitesto]

candidati Presidente uscente
Pds - Patto dei Democratici - Verdi - Pri Polo per le Libertà Partito della Rifondazione Comunista Popolari Lega d'Azione Meridionale Lista Pannella-Riformatori Socialdemocrazia-Federazione Laburista Lega Italia Federale Ambiente Club altri
Luigi Morea
(28,9) /
(49,3)
Marcello Cantore
(47,2) /
(50,7)
Donato Paradiso
(6,6)
Aldo Maggi
(4,3)
Salvatore Fallone
(9,8)
Francesco Di Lauro
(0,9)
Antonio Calò
(0,9)
Giuseppe Quaranta
(0,4)
Francesco Rago
(0,7)
Cosimo Delauro (Puglia Nostra)
(0,3)
Mario D'Alconzo (Psi)


Girolamo Giovinazzi, padre scolopio (Faggiano, 14 giugno 1807Massafra, 22 novembre 1878), è stato un rettore italiano.

Nato a Faggiano da Giuseppe, massafrese e medico condotto del paese, e dalla gentildonna Francesca Tripaldi, gli fu imposto il nome di Francesco. Il piccolo venne mandato dal padre a Massafra, alla scuola dell'umanista Salvatore Caricati.

Attratto dalla vocazione religiosa, Francesco entrò nell'antico convento scolopio di Campi Salentina, dove terminò il noviziato nel 1830. Partì quindi alla volta di Napoli per compiere gli studi superiori nel collegio di San Carlo alle Mortelle, dove venne iniziato all'insegnamento della grammatica.

Trasferito a Ruvo di Puglia per la docenza di filosofia e matematica, dal 1842 al 1848 insegnò fisica e matematica nel seminario di Benevento, dove scrisse un'opera sulla meccanica che venne utilizzata come libro di testo[senza fonte].

Nel 1849 divenne rettore del Regio Liceo Universitario di Catanzaro.[1] Nel quarto liceo universitario del Regno delle Due Sicilie, oltre a ricevere la visita del re Ferdinando II,[2] si prodigò per aumentare il numero degli insegnanti e delle materie e per ampliare il collegio facendo erigere nuovi fabbricati. Egli stesso continuò ad insegnarvi fisica e matematica.

Nel 1860, per via dei rivolgimenti politici, fu oggetto di minacce da parte di alcuni anticlericali[senza fonte]. Con la caduta dei Borboni e l'avvento dei Savoia nel 1861, padre Giovinazzi venne rimosso dal suo incarico dopo dodici anni di servizio e venne mandato a Napoli ad insegnare nel collegio di San Carlo all'Arena. Tornato quindi dalla sua famiglia a Massafra, qui si spense all'età di 71 anni.

Massafra lo annovera fra i propri cittadini illustri e gli ha dedicato una via.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Elenco dei rettori, sul sito del Convitto nazionale Pasquale Galluppi.
  2. ^ De Cesare, La fine di un Regno, 2ª ed. 1900, p. 27 (consultabile su Internet Archive).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Luigi Cirino, Elogio funebre recitato nei funerali del p. Girolamo Giovinazzi nelle Scuole Pie il dì 12 dicembre 1878 nella chiesa di San Carlo all'Arena dal p. Enrico Errico, Napoli, De Bonis, 1878.
  • Giacomo Arditi, La corografia fisica e storica della provincia di Terra d'Otranto, Lecce, Scipione Ammirato, 1879-1885 (ristampe anastatiche: Sala Bolognese, Forni, 1979; Lecce, Quotidiano, 1994).
  • Raffaele De Cesare, La fine di un Regno (Napoli e Sicilia), Città di Castello, Lapi, 1895; 2ª ed. 1900, 2 volumi; 3ª ed. 1908-1909, 3 volumi.
  • Antonio Primaldo Coco, Faggiano, primo casale albanese del Tarentino, Taranto, Pappacena, 1928.
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EBER Ferdinando (n. nel 1825 a Buda (Ungheria), m. 27-11-1885 a Budapest) fu figlio di Giovanni. E. fece gli studi giuridici all'università di Pest, poi scelse la carriera diplomatica.

Quando scoppi� la guerra d'indipendenza della sua patria, torn� in Ungheria, dove in principio fu impiegato presso il Comitato della difesa nazionale. E quando, avvenuta la detronizzazione degli Absburgo il 17 aprilo 1849, si form� il ministero dell'Ungheria indipendente, �. ebbe parte nell'organizzazione del ministero degli esteri, e fu nominato segretario presidenziale sotto il ministro conte Casinaro Batthiani. Dopo la fine della guerra, si rifugi� in Turchia, dove, rifiutato un servizio militare, viaggi� attraverso le provincie europee, asiatiche ed africane dell'Impero ottomano facendo degli studi sulle relazioni sociali, politiche e diplomatiche dell'oriente. Nel 1851 and� in Inghilterra, dove studi� con grande zelo le scienze militari, e per mantenersi dette delle lezioni di pianoforte. Quando scoppi� la guerra di Crimea, il Times ve lo mand� come suo corrispondente. �. si uni dapprima all'esercito del pasci� Omer, che difese la linea del Dannino contro i Russi, e prese parte a tutte le battaglie volendo combattere non solo colla panna, ma anche colla spada. And� poi col pasci� Fuad in Epiro od in Tessaglia contro le truppe greche, e in questa guerra divenne il capo di stato maggiore di Fuad col grado di colonnello, pur continuando a scrivere i suoi rapporti al Times. Poi and� in Crimea etl ebbe parte all'assedio di Sebastopoli. Finita la guerra rimase ancora in oriente, poich� i principati del Danubio continuarono ad interessare moltissimo. �. fu il capo corrispondente d'oriente del Times, che in base agli avvisi dei corrispondenti mand� i suoi rapporti al giornale. Quando nel 1859 il Piemonte e la Francia portarono la guerra all'Austria, il Times mand� l'�, in Italia. Contemporaneamente la Direzione Nazionale Ungherese gli affid� degli incarichi, cio� di facilitare la comunicazione coi reggimenti ungheresi dell'armata austriaca e cogli ungheresi prigionieri di guerra. Ed egli avendo ottenuto il riconoscimento del suo grado di colonnello turco, potette trattenersi al quartiere generale e prender parte alle battaglie di Magenta e di Solferino. Quando il 1860 senti a Napoli, dove dimor� pure come corrispondente del Times, lo sbarco di Garibaldi a Marsala, subito and� a Messina, e da qui si diresse verso Palermo giungendo il 25 maggio al campo garibaldino di Gibilrossa. Port� notizie esatte sulle truppe borboniche, e come militare pot� dare molto spiegazioni e molti suggerimenti opportuni, che viemeglio decidevano Garibaldi a forzare l'entrata in Palermo per Porta Termini. �. volle rimanere colla colonna garibaldina e prese parte all'occupazione di Palermo del 27. E la notte, poich� i garibaldini non osarono ritirarsi per riposarsi nelle case, scrisse sul lastrico al Times, un rapporto che fu uno dei suoi pi� splendidi articoli penetrato dall'agitazione della lotta e dall'ebrezza del trionfo. Del resto fu �. che caratterizz� Garibaldi il pi� fedelmente scrivendone : � Se lo scolaro andasse sulla via e volesse sapere, che ora fosse, domanderebbe cortamente a lui , tanta cordialit� e tanta bont� splendono nei suoi occhi : ma se nel deserto dell'Africa egli s'incontrasse con un Ieone e

10 guardasse colla potenza dei suoi occhi, il leone si volterebbe �.Dopoch� la malattia del generale T�rr si fu aggravata Kber Ferdlnando, troppo, quando arriv� a Villafrati colla feconda colonna garibaldina , che doveva traversare la Sicilia dopo la caduta di Palermo, Garibaldi la fece tornare a Palermo e mand� pel comandante della colonna l'�., amico e compatriota del T�rr. �, il 27 giugno preso il comando della brigata e la condusse per Roccapalomba, Santa Caterina, Caltanisetta, Castrogipvanni, Leonforte, Agira, Adern�, Patern�, ed arriv� il 15 luglio a Catania adempiendo con successo la missione pi� che militare politica della sua colonna, cio�: ristabilire l'ordine gravemente compromesso nel cuore dell'Isola, stabilirvi il governo dittatoriale in nome di Vittorio Emanuele II, rinvigorire la fede nei dubbiosi, scuotere gli indifferenti, trascinarsi una massa di volontari colla forza dell'entusiasmo. Per compenso Garibaldi lo nomin� il 20 colonnello brigadiere della colonna, cio� della 2.? brigata della I5.? divisione T�rr. Il 25 agosto �. travers� colla sua brigata lo stretto di Messina, ed arrivato il 9 settembre a Paola fu uno di quelli, che aiutarono il Bixio a sottraisi da gravi difficolt�. Imbarcatosi il 16, giunse a Napoli il giorno seguente, e mandato colla sua brigata: alla linea di S, Angelo e S. Maria, prese parte alla ricognizione offensiva del 19. Quando arriv� l'intero esercito di Garibaldi presso il Volturilo, �. colla sua brigata fece parte della riserva generale collocata a Gaserta sotto il comando di T�rr. Il 1 ottobre, dopo la lotta fortunata della mattinata, �. fu mandato colla sua brigata a S. Maria, dove, arrivato alle 3 1/4 pm., divenne uno dei salvatori delle posizioni di S. Maria, e di S. Angelo, partecipando alla gloria della vittoria. Ai primi di novembre �. lasci� il comando della sua brigata, al colonnello Bassini; fu poi licenziato col grado di maggior generale ed ebbe la croce di cavaliere dell'ordine militare di Savoia. Ritorn� in Sicilia nel 1862 nei giorni di Aspromonte come corrispondente del Times, e due anni dopo segu� Garibaldi nel famoso viaggio nell'Inghilterra. Dopo il 1860 visse in Italia in Francia ed in Inghilterra lavorando per il bene dell'Ungheria, sia come giornalista, sia valendosi delle sue relazioni. Allo scoppio della guerra del 1866 and� a Berlino, dove Giorgio Kom�romy in nome del Comitato rivoluzionario ungherese di Budapest lo invit� ad organizzare un esercito nel principato di Rumenia per irrompere nella Transilvania allo scopo di liberare l'Ungheria, mentre irromperebbero Klapka dalla Germania e Garibaldi colla legione ungherese dall'Italia. Dopoch� T�rr, mandato in oriente da Kossuth col consenso del governo prussiano ed italiano, ebbe preparato politicamente il terreno, arriv� l'�. nella Rumenia, ma in seguito all'inaspettata paco di Pozsony la cosa riusc� vana. E. dovette lasciare le armi preparate in deposito a Bakau come merci di ferro. In seguito, quando Francesco D�ak ebbe fatto l'accordo fra l'Austria e l'Ungheria nel 1867, �. indic� al governo ungherese dove fossero le armi, che vennero sequestrate dal console ungherese-austriaco di Bukarest. �. ritorn� dopo l'accordo in Ungheria, e mantenendo l'ufficio di corrispondente del Times, fino alla sua morte si consacr� alla sua patria. Presto egli dette nell'occhio con qualche suo studio, p, e. l'opuscolo scritto sull'organizzazione della difesa nazionale (� A honv�delem szervez�s�rol �. Pest 1868). Il 1869 venne eletto deputato e s'associ� al partito governativo di D�ak. Di poi fu eletto sempre da vari collegi elettorali fino alla morte. Fu membro pure della delegazione ungherese eletto dal parlamento ungherese ed alz� la voce nelle questioni degli affari comuni coll'Austria, specialmente negli affari di guerra e degli esteri. Fu uomo tanto intimo del presidente del consiglio conte Giulio Andr�ssy, che questo ascolt� il suo consiglio in questioni importanti e mantenne con esso la medesima relazione anche quando l'Andr�ssy fu nominato ministro comune degli esteri dell'Ungheria e dell'Austria. Dopo la fusione del partito governativo, diretto da D�ak, e dei partito d'opposizione, guidato da Tisza nel 1875, �. divenne uno dei pi� autorevoli membri del nuovo partito governativo liberale del presidente del consiglio Colomanno Tisza. Ebbe poi parte nella fondazione della banca Ungherese-Inglese. Quando nel 1883 la Società delle ferrovie dello stato austriaco organizz� una direzione, per le sue linee in Ungheria, �. fu eletto membro del consiglio di direzione. Visse gli ultimi anni a Budapest , dove morì in seguto ad una caduta dal secondo piano dello scalone.

Eber è sepolto  al cimitero di Kerepes a Budapest . 

La brigata garibaldina che parte da Palermo con destinazione Caltanissetta si compone di poco più di cinquecento uomini ed è affidata al comando del generale ungherese Stefano Turr, già accreditato come corrispondente del Times a Palermo ma in realtà un rivoluzionario mercenario che ha già prestato i suoi servizi in Ungheria contro l’Austria. Ma, giunto a Misilmeri, Turr vede riacutizzarsi alcune ferite riportate in precedenza e pertanto al suo posto viene designato il colonnello Ferdinando Eber, ungherese anch’egli. Sarà lui, dunque, a guidare le camicie rosse nell’attraversamento del territorio nisseno.

Il colonnello Ferdinando Eber, un rifugiato ungherese naturalizzato britannico e dotato di un grado militare turco, era il corrispondente del Times. Appena arrivato si unì a Garibaldi, che conosceva per aver combattuto a Solferino e a Magenta sfoggiando la sua uniforme turca; Eber, al pari di Dunne, era destinato a diventare generale garibaldino, nel suo caso in qualità di comandante della 15a divisione, incaricata di controllare il territorio fra Catania e Palermo. Eber nei suoi lunghi reportage al Times non rivelò mai ai lettori che il loro corrispondente di guerra era anche un comandante sul campo. Ci ha lasciato anche un bel resoconto della presa di Palermo che si giova del suo occhio doppiamente competente - in quanto giornalista e combattente.

Magda Jászay, Un cronista ungherese delle gesta garibaldine: Ferdinando Éber. “Il Risorgimento in Sicilia”, Palermo, n. 3., 1967. (Recentemente in Id., Il Risorgimento vissuto dagli ungheresi. Soveria Mannelli 2000.); Id., Giornalismo e azione: Ferdinando Éber, corrispondente del “Times” nel 1859-60. “Rassegna Storica del Risorgimento”, Roma, Fasc. II, 1973. (Recentemente in Id., Il Risorgimento vissuto dagli ungheresi, op. cit.)


Abrogation du traité de Turin La déclaration de Genève est une déclaration commune signée le 24 mars 2010, à Genève, par Alain Roullier, président-fondateur de la LRLN et Jean de Pingon, fondateur de la Ligue savoisienne, relative à l’abrogation du traité de Turin, qui cédait Nice et la Savoie à la France. Ils ont adressé ce texte[1] à tous les ambassadeurs des puissances signataires du traité de Paix de 1947, accrédités en Suisse, afin qu'ils le transmettent à leurs gouvernements.

Exposé du problème[modifica | modifica wikitesto]

Le traité de paix avec l'Italie signé le 10 février 1947 à Paris par 21 États faisait obligation de notifier au gouvernement italien et d'enregistrer auprès du secrétariat de l'ONU les traités passés qui avaient été suspendus avec la Seconde Guerre mondiale mais que le signataire voulait rétablir. Et ce dans un délai de six mois (du 15 septembre 1947 au 14 mars 1948 à minuit) sous peine d'abrogation (alinéa 3 de l'article 44 du traité de paix : « Tous les traités de cette nature qui n'auront pas fait l'objet d'une telle notification seront tenus pour abrogés »).

La France notifia le traité de Turin hors délais, ce qui abroge ledit traité selon l'article 44 alinéa 3 du traité de paix. De plus, la France notifia par erreur le traité de Turin du 24 mars 1760 au lieu de celui du 24 mars 1860. Ce traité de Turin du 24 mars 1760 est un traité de limitation de frontières entre la France et le duché de Savoie et entre la France et le Comté de Nice. En notifiant en 1948 ce traité, la France, selon De Pingon et Roullier, « renonçait à ses frontières alpines, affirmant ainsi que Nice et la Savoie ne faisaient plus partie du territoire français ».

Après avoir exposé les motifs juridiques de l'abrogation du traité de Turin, Jean de Pingon et Alain Roullier « demandent, qu'en vertu du Droit des Peuples à disposer d'eux-mêmes, une consultation électorale soit organisée par l’ONU dans ces deux pays, afin que les Niçois et les Savoisiens puissent librement décider de leur destin »[2].

De Pingon et Roullier ont également publié un document datant du 15 décembre 2009 venant de la Section des traités du Bureau des affaires juridiques de l'ONU confirmant le non-enregistrement du traité de Turin du 24 mars 1860, ainsi que le traité de Turin du 24 mars 1760, et également le traité de Versailles du 15 mai 1768 (cession de la Corse à la France)[3].

Critiques[modifica | modifica wikitesto]

L'ancien ministre Jean-Pierre Cot réfuta[4], que l'omission de l'enregistrement du traité de Turin dans les délais ait pour conséquence son abrogation, en expliquant que « La Cour internationale de Justice, dans son arrêt du 1er juillet 1994, considère que « le défaut d’enregistrement ou l’enregistrement tardif est… sans conséquence sur la validité de l’accord, qui n’en lie pas moins les parties » (argument repris par le ministère des Affaires étrangères dans sa réponse à la question du député Yves Nicolin).

Cependant, dans un communiqué de la LRLN en date du 23 avril 2010[5], Jean de Pingon répondit à l'argument de Jean-Pierre Cot en précisant que cette décision de la Cour internationale de Justice du 1er juillet 1994 :

L'universitaire David Pavot, spécialiste du droit international, réfute aussi cette demande en déclarant : « L’argument avancé est séduisant mais il ne tient pas la route. Aucun juriste sérieux ne le défendra car ce serait méconnaître une des règles les plus élémentaires du droit international »[6]. Ses arguments ont été développés dans un article paru à L'Observateur des Nations unies paru en mars 2011[7]. Ces arguments ont d'ailleurs été repris par la Cour de Cassation dans un arrêt du 4 mai 2011 pour écarter les prétentions d'un requérant[8].

Quelles conséquences possibles ?[modifica | modifica wikitesto]

Le 6 avril 2010, le député de la Loire Yves Nicolin a déposé une question écrite au ministre de l’Intérieur et des Collectivités territoriales et au ministre des Affaires étrangères, à propos de l’abrogation du traité de Turin et des graves conséquences qui pourraient en résulter[9] )[10] · [11] · [6] · [12]. Le député repose la question au nouveau gouvernement le 13 novembre 2012[13]. Yves Nicolin s'interrogeant notamment :

Sur le plan national[modifica | modifica wikitesto]

En effet, le traité du 24 mars 1860 est « la clef de voûte de tout l’édifice juridique et administratif français en Savoie et à Nice ».

Depuis 2009, en Savoie, des militants indépendantistes se servant de l'abrogation pour contester la présence des radars automatiques fixes, organisèrent des protestations non-violentes et sans dégradation visant à envelopper les radars fixes dans des cartons aux couleurs de la Savoie rendant inopérant ces radars pendant quelques heures. Tandis que d'autres refusèrent de payer leur impôts[14]. Et « un Niçois vivant pour affaires en Savoie s'est fait " flasher " par un radar à sa sortie de l'aéroport de Nice il y a peu de temps. Il a contesté la validité du PV du fait que le fonctionnaire français qui avait signé l’arrêté fixant la limite de vitesse, n’avait aucune autorité pour le faire en vertu de l’abrogation du traité de Turin découlant de la violation par la France de l’article 44 du traité de Paix de 1947; signifiant en outre que l'article 55 de la constitution française dispose que « les traités ou accords régulièrement ratifiés ou approuvés ont, dès leur publication, une autorité supérieure à celle des lois, sous réserve, pour chaque accord ou traité, de son application par l'autre parti ». Le tribunal d’Alberville devant lequel il comparaissait s'est donc immédiatement déclaré incompétent, d’autant que l’abrogation en question le rendait illégitime en Savoie. » [15]

Sur le plan international[modifica | modifica wikitesto]

« Le risque certain de reconnaissance internationale de la Savoie et de Nice par un ou plusieurs États étrangers ravis de brandir le traité de Paris de 1947 et de reconnaître un micro-États géopolitiquement stratégique et détaché de la France ».

Le Canard enchaîné, dans un article datant du 4 août 2010[16], traitant de cette affaire, tend à montrer que la question est épineuse pour le gouvernement rejoignant ainsi les interrogations du député Yves Nicollin sur les conséquences au plan international. Template:Citation bloc

Il apparaît finalement que la France a publié, hors délais le 14 novembre 1948, au journal officiel français son désir de remettre en vigueur le traité de Turin. Ce qui ne constitue pas une notification officielle directe à l’Italie. Le non-enregistrement auprès du secrétariat de l’ONU entraîne l’impossibilité pour la France d’invoquer le dit traité devant les instances internationales.

Article 44[modifica | modifica wikitesto]

Article 44 du traité de Paris du 10 février 1947 enregistré et déposé par la France au secrétariat des Nations unies :

  1. Chacune des Puissances Alliées et Associées notifiera à l’Italie, dans un délai de six mois à partir de l’entrée en vigueur du présent traité, les traités bilatéraux qu’elle a conclus avec l’Italie antérieurement à la guerre et dont elle désire le maintien ou la remise en vigueur. Toutes dispositions des traités dont il s’agit qui ne seraient pas en conformité avec le présent traité seront toutefois supprimées.
  2. Tous les traités de cette nature qui auront fait l’objet de cette notification seront enregistrés au Secrétariat de l’Organisation des Nations unies, conformément à l’article 102 de la Charte des Nations unies.
  3. Tous les traités de cette nature qui n’auront pas fait l’objet d’une telle notification seront tenus pour abrogés.

Sources[modifica | modifica wikitesto]

Références[modifica | modifica wikitesto]

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Bibliographie[modifica | modifica wikitesto]

Annexes[modifica | modifica wikitesto]

Lectures approfondies[modifica | modifica wikitesto]

Articles connexes[modifica | modifica wikitesto]

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  1. ^ http://paisnissart.canalblog.com/archives/2010/03/24/17338751.html
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  7. ^ Template:Harvsp
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  9. ^ questions.assemblee-nationale.fr, http://questions.assemblee-nationale.fr/q14/14-10106QE.htm.
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  12. ^ Interview de Template:Article.
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