Servio Sulpicio Pretestato

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Servio Sulpicio Pretestato
Tribuno consolare della Repubblica romana
Nome originaleServius Sulpicius Praetextatus
GensSulpicia
Tribunato consolare377 a.C., 376 a.C.,
370 a.C., 368 a.C.
Servio Sulpicio Pretestato
Dati militari
Paese servitoRepubblica romana
Forza armataEsercito romano
GradoTribuno consolare e Dux
ComandantiMarco Furio Camillo
GuerreGuerre tra Roma e Volsci, Conflitto degli ordini, Guerre romano-celtiche
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Servio Sulpicio Pretestato (... – ...; fl. IV secolo a.C.) è stato un politico e militare romano del IV secolo a.C.

Primo tribunato consolare[modifica | modifica wikitesto]

Nel 377 a.C. fu eletto tribuno consolare con Gaio Veturio Crasso Cicurino, Lucio Quinzio Cincinnato Capitolino, Publio Valerio Potito Publicola, Lucio Emilio Mamercino, Gaio Quinzio Cincinnato[1].

Durante il tribunato Roma dovette far fronte alla solita minaccia dei Volsci, cui questa volta si erano uniti i Latini.

Organizzata la leva, l'esercito fu diviso in tre parti, uno a difesa della città, una a difesa della campagna romana, e il grosso fu inviato a combattere i nemici, agli ordini di Lucio Emilio e Publio Valerio.

Lo scontro campale si svolse nei pressi di Satrico e fu favorevole ai romani, nonostante la forte resistenza dei Latini, che dai romani avevano adottato le tecniche di battaglia. Mentre i Volsci si ritirarono ad Anzio, dove trattarono la resa, consegnando la città e le sue campagne ai romani[1], i Latini diedero fuoco a Satrico, e attaccarono Tusculum, secondo loro doppiamente colpevole, perché città latina che aveva ottenuto la cittadinanza romana.

Mentre i Latini occupavano la città, i Tuscolani si ritirarono nella rocca, ed inviarono una richiesta d'aiuto ai romani. Questi inviarono immediati rinforzi agli ordini di Lucio Quinzio e Servio Sulpicio, riuscendo a sconfiggere i Latini e a liberare la città alleata[2].

Secondo tribunato consolare[modifica | modifica wikitesto]

Terzo tribunato consolare[modifica | modifica wikitesto]

Nel 370 a.C. fu eletto tribuno consolare con Aulo Manlio Capitolino, Gaio Valerio Potito, Lucio Furio Medullino Fuso, Servio Cornelio Maluginense e Publio Valerio Potito Publicola[3].

L'elezione interruppe un periodo di 5 anni, durante il quale a Roma non si erano eletti tribuni consolari, a causa del veto posto dai tribuni della plebe Gaio Licinio Calvo Stolone e Lucio Sestio Laterano[4], e fu dovuta all'attacco che Velletri portò a Tusculum, città alleata dei romani.

I romani respinsero gli attaccanti nella loro città, che fu posta sotto assedio, senza però che i romani riuscissero a espugnarla[3].

Quarto tribunato consolare[modifica | modifica wikitesto]

Nel 368 a.C. fu eletto tribuno consolare con Spurio Servilio Strutto, Lucio Papirio Crasso, Servio Cornelio Maluginense, Tito Quinzio Cincinnato Capitolino, Lucio Veturio Crasso Cicurino[5].

Quando i tribuni della plebe Gaio Licinio Calvo Stolone e Lucio Sestio Laterano portarono le tribù a votare sulle proprie proposte di legge a favore dei plebei, nonostante il veto espresso dagli altri tribuni della plebe, controllati dai patrizi, il Senato nominò Marco Furio Camillo dittatore per la quarta volta, allo scopo di impedire la votazione delle leggi proposte da Licinio e Sestio[5].

(LA)

«et cum tribus vocarentur nec intercessio collegarum latoribus obstaret, trepidi patres ad duo ultima auxilia, summum imperium summumque ad civem decurrunt. Dictatorem dici placet; dicitur M. Furius Camillus, qui magistrum equitum L. Aemilium cooptat.»

(IT)

«E dato che le tribù erano già state chiamate a votare e il veto dei colleghi non ostacolava più i promotori delle leggi, i patrizi allarmati ricorsero ai due estremi rimedi: la più alta delle cariche e il cittadino al di sopra di ogni altro. Decisero di nominare un dittatore. La scelta cadde su Marco Furio Camillo, che scelse Lucio Emilio come maestro di cavalleria»

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VI, 32.
  2. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VI, 33.
  3. ^ a b Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VI, 36.
  4. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VI, 35.
  5. ^ a b Tito Livio, Ab Urbe condita libri, VI, 38.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Predecessore Fasti consulares Successore
Quinto Servilio Fidenate II, Licinio Menenio Lanato III,
Marco Orazio Pulvillo, Publio Clelio Sículo,
Spurio Furio Medullino e Lucio Geganio Macerino
377 a.C.
con Gaio Veturio Crasso Cicurino,
Lucio Quinzio Cincinnato Capitolino III, Publio Valerio Potito Publicola IV,
Lucio Emilio Mamercino, Gaio Quinzio Cincinnato
Lucio Papirio Crasso II, Servio Cornelio Maluginense IV,
Licinio Menenio Lanato IV, Servio Sulpicio Pretestato
I
Gaio Quinzio Cincinnato, Gaio Veturio Crasso Cicurino,
Lucio Quinzio Cincinnato Capitolino III,
Publio Valerio Potito Publicola IV,
Servio Sulpicio Pretestato, Lucio Emilio Mamercino
376 a.C.
con Servio Cornelio Maluginense V,
Licinio Menenio Lanato IV, Lucio Papirio Crasso II
Nessun magistrato curule II
Nessun magistrato curule 370 a.C.
con Aulo Manlio Capitolino IV, Gaio Valerio Potito,
Lucio Furio Medullino Fuso II, Servio Cornelio Maluginense VI,
Publio Valerio Potito Publicola
Quinto Servilio Fidenate III, Aulo Cornelio Cosso,
Quinto Quinzio Cincinnato, Marco Cornelio Maluginense,
Marco Fabio Ambusto, Gaio Veturio Crasso Cicurino II
III
Quinto Quinzio Cincinnato, Quinto Servilio Fidenate III,
Aulo Cornelio Cosso, Marco Cornelio Maluginense,
Marco Fabio Ambusto, Gaio Veturio Crasso Cicurino II
368 a.C.
con Spurio Servilio Strutto,
Lucio Papirio Crasso, Servio Cornelio Maluginense VII,
Tito Quinzio Cincinnato Capitolino, Lucio Veturio Crasso Cicurino
Aulo Cornelio Cosso II, Marco Geganio Macerino,
Lucio Veturio Crasso Cicurino,
Marco Cornelio Maluginense II,
Publio Manlio Capitolino, Publio Valerio Potito Publicola VI
IV