Piero Chiara

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«Lavoro come un pazzo al libro che tu aspetti. Se non sapessi che tu lo aspetti non saprei scrivere una riga. Racconto tutto a te con una foga che mi riporta indietro a velocità vertiginosa in quegli anni. Credo che il romanzo ci sia, in queste pagine. Ma giudicherai tu.»

Piero Chiara

Piero Chiara, vero nome Pierino Angelo Carmelo Chiara (Luino, 23 marzo 1913Varese, 31 dicembre 1986[1]), è stato uno scrittore italiano, tra i più noti della seconda metà del XX secolo.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

L'autografo di Piero Chiara

Piero Chiara nacque nel 1913 a Luino, cittadina lombarda sul lago Maggiore al confine con la Svizzera.[2] Il padre Eugenio era di Resuttano, in Sicilia, e aveva trovato lavoro come doganiere; la madre, Virginia Maffei, proveniva da Comnago, centro della sponda piemontese, e gestiva con il fratello un negozio di ceste e ombrelli. Trascorse una giovinezza assai irrequieta, riflessa negli scarsi risultati scolastici. L'abitudine a marinare la scuola per bighellonare in campagna o al mercato gli valse la bocciatura in terza elementare. L'anno successivo venne promosso a patto che lasciasse la scuola pubblica e, di conseguenza, passò al collegio San Luigi di Verbania, ma in quinta i genitori lo trasferirono al collegio De Filippi di Arona.

Nuovamente bocciato in seconda ginnasio, fu spedito a fare il garzone da un fotografo. Fallito quest'ultimo, si iscrisse all'istituto Omar di Novara dove conseguì il diploma di perito meccanico. Tornò però a Luino e vi preparò da privatista gli esami per la licenza complementare, superandoli infine nel giugno 1929. Nel frattempo coltivava la passione per la letteratura, alternando il tempo libero fra le biblioteche e le palestre dove praticava il pugilato e la lotta per fortificare l'esile corporatura.

Dopo un periodo a Roma e a Napoli, emigrò in Francia, a Nizza e quindi a Parigi, dove svolse vari mestieri. Tornato in patria nel 1931, alla visita medica per la leva militare fu riformato a causa della forte miopia. Condusse il periodo successivo sostanzialmente in ozio, fra i caffè e le sale da gioco, soggiornando spesso a Milano, dove frequentava le sale di lettura della Ambrosiana e della Brera.

Palazzo Sciarini, nel centro di Varese, ove Piero Chiara ebbe per qualche tempo il suo studio, presso la sezione civica del Partito Liberale Italiano

Nell'ottobre 1932 vinse un concorso come aiutante di cancelleria e fu inviato alla pretura di Pontebba, in Val Canale. Venne quindi trasferito ad Aidussina, presso il confine con il Regno di Jugoslavia, ma la primavera successiva passò a Cividale del Friuli. Nella cittadina incontrò un ambiente più stimolante che lo portò a sviluppare una visione critica nei confronti del fascismo.

Dopo essere stato sorpreso con un'amante sul luogo di lavoro, trascorse un periodo di aspettativa sino alla primavera del 1934, quando fu mandato alla pretura di Varese. Anche qui perseguì i suoi interessi letterari, fortificando il proprio bagaglio culturale: lesse Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, i romanzieri francesi e russi dell'Ottocento, ma anche Boccaccio e il Lazarillo de Tormes. Collaborò anche con alcuni periodici locali, pubblicando alcuni articoli di arte.

Nel frattempo, dopo una serie di avventure sentimentali, si innamorò di Jula Scherb, figlia di un importante medico di Zurigo. La coppia si sposò il 20 ottobre 1936 nella basilica di Sant'Ambrogio, stabilendosi quindi a Varese. Il matrimonio tuttavia andò presto in crisi e le incomprensioni non vennero appianate nemmeno dalla nascita del figlio Marco nel 1937, che trascorse i primi dieci anni di vita in un collegio svizzero, vedendo il padre solo sporadicamente; il rapporto tra i due resterà sempre altalenante[3].

Aspirando a un radicale cambiamento della sua esistenza, Chiara chiese e ottenne un visto per stabilirsi in Bolivia, ma lo scoppio della seconda guerra mondiale lo costrinse a rimanere in Italia.

Piero Chiara nel 1971

Dopo la breve chiamata alle armi, nonostante il suo disinteresse per la politica, fu costretto a fuggire in Svizzera (1944) in seguito a un ordine di cattura emesso dal Tribunale Speciale Fascista per aver messo, il 25 luglio 1943 alla caduta del Fascismo, il busto di Mussolini nella gabbia degli imputati del tribunale in cui lavorava. In Svizzera visse in alcuni campi in cui venivano internati i rifugiati italiani. Finita la guerra, insegnò lettere al liceo italiano dello Zugerberg e l'anno dopo tornò in Italia. Inizia quindi un periodo di fervida inventiva e continua creatività. Nel 1955 conosce Mimma Buzzetti, di cui diventa dapprima convivente e poi marito nel 1974.

Nel 1970 Piero Chiara ha un ruolo di attore in Venga a prendere il caffè... da noi, film diretto da Alberto Lattuada e interpretato da Ugo Tognazzi, tratto dal suo romanzo del 1964 La spartizione, per il quale collabora anche alla sceneggiatura. Nello stesso anno prese parte sempre come attore allo sceneggiato Rai I giovedì della signora Giulia, anch'esso tratto dal suo omonimo romanzo (parzialmente modificato nel finale), interpretando la parte del pretore.

La sua carriera di scrittore culmina nel 1976 con il capolavoro La stanza del vescovo, campione di vendite e trasposto immediatamente in un film di grande successo diretto da Dino Risi e interpretato anch'esso da Ugo Tognazzi, insieme a Ornella Muti e Patrick Dewaere. Lo stesso Chiara, seppur sempre molto scettico nei riguardi delle versioni filmiche delle sue opere, vi appare come comparsa o recitando in piccole parti, per esempio come giudice del tribunale in Homo Eroticus e Sono stato io!.

Chiara fu altresì militante del Partito Liberale Italiano, arrivando fino alla vicesegreteria nazionale, e fu affiliato alla Massoneria nelle logge di Varese, Milano, Como[4] e Laveno[5].

Colpito da una forma tumorale, muore il 31 dicembre 1986 nel suo appartamento di Varese; il 2 gennaio 1987, dopo una prima benedizione nella chiesa di Sant'Antonio alla Motta, la salma fu traslata alla chiesa di San Pietro in Campagna di Luino, ove si celebrò il funerale. Curiosamente lo stesso giorno si tennero le esequie laiche di Felice Fo, padre dell'attore e drammaturgo Dario Fo, sicché diversi astanti giunti per tributare l'ultimo saluto allo scrittore furono tratti in inganno e seguirono il suddetto corteo funebre, accorgendosi dell'errore solo dopo diversi minuti[6]. Al termine del rito, Piero Chiara fu tumulato nel camposanto contiguo alla chiesa.

Nel suo testamento, Chiara nominò quale erede editoriale lo storico collaboratore Federico Roncoroni (1944-2021), incaricandolo di amministrare i diritti sulle sue opere e la curatela del proprio archivio privato, in parte custodito da Roncoroni stesso[7]; la maggior parte del fondo risulta bensì suddivisa tra i Comuni di Varese (presso Villa Mirabello e la Biblioteca Civica)[8] e Luino (presso Palazzo Verbania). Una parte d'eredità passò anche al figlio Marco[9], poi scomparso nel 2011[10].

Tre anni dopo la sua morte il Comune di Varese, con il benestare degli eredi, onorerà la sua memoria istituendo il Premio Chiara, un concorso letterario annuale rivolto a raccolte di racconti pubblicate in Italia e nella Svizzera italiana.

Poetica[modifica | modifica wikitesto]

La vena narrativa di Piero Chiara è imperniata su "piccole storie" perlopiù ambientate attorno al lago Maggiore. Narra le piccolezze della vita di provincia con quello stile mai insipido, sempre venato di arguzia, di ironia, a tratti di un sottile e malinconico umorismo, e sempre capace di cogliere nel quotidiano l'essenza, ormai dimenticata, della vita. Chiara dipinge i tratti della vita dell'alta Lombardia e dei cantoni svizzeri: una vita di frontiera, fatta di spalloni e contrabbandieri, briganti e fuggiaschi, ma soprattutto della piccola borghesia e di personaggi quotidiani.

Amante del bigliardo e dell'ozio, molti personaggi saranno in parte autobiografici. Così scopriremo gli altarini del pretore di provincia o della moglie del commercialista che si fa curare dal medico del paese. Storielle ben narrate, che scorrono veloci tra le righe, talmente ben congegnate, che non ci persuadono non esser vere. Nei suoi libri non è importante solo la descrizione dei luoghi ma anche (e soprattutto) l'indagine psicologica dei personaggi, la capacità di metterne in evidenza vizi e virtù con un sorriso ironico, spregiudicato ma mai irrispettoso.

Il segreto di Chiara è nella sua capacità di raccontare, nella scelta di argomenti anche "scabrosi" (l'omicidio, l'adulterio, l'ossessione erotica) senza mai cedere a compiacimenti volgari: Chiara descrive caratteri e situazioni, non indulge a cedimenti morbosi. Traspare dalle sue pagine un senso di nostalgia, ma anche la disincantata consapevolezza che il ritorno al passato non è realizzabile. L'amarezza dello scrittore emerge soprattutto nelle ultime opere, da Il cappotto di astrakan a Vedrò Singapore?, fino al postumo Saluti notturni dal Passo della Cisa, disillusa storia di provincia ispirata a un fatto di cronaca.

Chiara, oltre che uno scrittore di grande successo, fu uno dei più noti studiosi della vita e delle opere dello scrittore e avventuriero Giacomo Casanova. Pubblicò molti scritti sull'argomento che raccolse poi nel libro Il vero Casanova (1977). Curò, per Mondadori, la prima edizione integrale, basata sul manoscritto originale, dell'opera autobiografica del Casanova: Histoire de ma vie. Scrisse anche la sceneggiatura dell'edizione televisiva (1980) dell'opera di Arthur Schnitzler Il ritorno di Casanova.

Opere[modifica | modifica wikitesto]

Lo scrittore (al centro) a un pranzo di gala offerto dall'editore Mondadori, con Mario Formenton e Mimma Mondadori. Sulla torta sono riprodotte le copertine di Il piatto piange e Viva Migliavacca! e altri 12 racconti.

Curatele[modifica | modifica wikitesto]

  • Giacomo Casanova, Storia della mia vita, ed. integrale tradotta dal manoscritto Brockhaus, a cura di Piero Chiara, trad. di G. Buzzi, G. Arpino e V. Abrate, Mondadori, Milano, 1964-65, VII voll.
  • Giacomo Casanova, Storia della mia vita, a cura di Piero Chiara e Federico Roncoroni, I Meridiani Mondadori, 1983-89, III voll.
  • Proverbi erotici lombardi, raccolti da Piero Chiara, a cura di Federico Roncoroni, Milano, ES, 2006.

Onorificenze[modifica | modifica wikitesto]

Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria
«Di iniziativa del Presidente della Repubblica»
— 25 giugno 1982[13]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Dizionario biografico Treccani
  2. ^ La vita di Piero Chiara | Premio Chiara, su www.premiochiara.it. URL consultato l'8 maggio 2023.
  3. ^ Redazione VareseNews, Marco Chiara, tutto su mio padre, su VareseNews, 4 agosto 2006. URL consultato l'8 maggio 2023.
  4. ^ Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo Editore, pag. 71
  5. ^ 841 – Verbanum – GOI Lombardia, su goilombardia.it. URL consultato l'8 maggio 2023.
  6. ^ CHIARA, FUNERALI DA ROMANZO - la Repubblica.it, su Archivio - la Repubblica.it. URL consultato l'8 maggio 2023.
  7. ^ Dalle note introduttive a Piero Chiara, La forza della sua parola, Como, Nodolibri, 2013. ISBN 9788871852355
  8. ^ Archivio Chiara Piero Varese - lombardiabeniculturali.it
  9. ^ Archivio Chiara Piero Luino - lombardiabeniculturali.it
  10. ^ È morto il figlio di Piero Chiara Cordoglio degli amici del Premio - Il Giorno, 3 mag 2011
  11. ^ Premio Campiello, opere premiate nelle precedenti edizioni, su premiocampiello.org. URL consultato il 24 febbraio 2019.
  12. ^ Premio Napoli di Narrativa 1954-2002, su premionapoli.it. URL consultato il 16 febbraio 2019.
  13. ^ Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Il «mago del lago»: Piero Chiara a cent'anni dalla nascita. Atti del Convegno internazionale a cura di Mauro Novelli (tenutosi a Varese e Luino nel settembre 2013), Amici di Piero Chiara, Varese, 2014, ISBN 978-88-94022-50-6
  • Franco Pappalardo La Rosa, Il Balzac del Lago Maggiore, in Le storie altrui, Narrativa italiana del penultimo Novecento, Torino, Achille e La Tartaruga, 2016, ISBN 978-8896-558416
  • Mauro Novelli, Nel golfo irrequieto. La narrativa di Piero Chiara, Milano, Fondazione Mondadori, 2020

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