Massacro di Pidkamin

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Massacro di Pidkamin
massacro
Segni di proiettili sulla Chiesa dell'Ascensione presso l'Abbazia di Pidkamin, presa d'assalto dall'UPA il 12 marzo 1944
Data12 marzo 1944
LuogoPidkamin'
StatoBandiera della Polonia Polonia
Coordinate49°56′40″N 25°19′25″E / 49.944444°N 25.323611°E49.944444; 25.323611
ObiettivoCivili polacchi
ResponsabiliEsercito insurrezionale ucraino e 14. Waffen-Grenadier-Division der SS "Galizien"
Conseguenze
Morti150-250-1000
Cimitero polacco a Podkamien

Il massacro di Pidkamin o il massacro di Podkamień del 12 marzo 1944 fu il massacro di civili polacchi commesso dell'Esercito insurrezionale ucraino (UPA) sotto il comando di Maksym Skorupsky (Maks), in collaborazione con un'unità della 14. Waffen-Grenadier-Division der SS "Galizia".[1] Le vittime erano residenti di etnia polacca del villaggio di Podkamień, nella Galizia orientale, nel Voivodato di Ternopil' della Seconda Repubblica di Polonia occupata (ora Pidkamin', Zolochiv Raion, Ucraina). Durante la guerra l'area era amministrativamente parte del Reichskommissariat Ukraine tedesco (ora Oblast' di Ternopil'). Le stime delle vittime vanno da 150,[2] più di 250[3] e fino a 1000.[4][5]

Preludio[modifica | modifica wikitesto]

Durante la seconda guerra mondiale Pidkamin, (in polacco Podkamień), era un rifugio per i polacchi della vicina provincia della Volinia, che erano sfuggiti ai massacri dei polacchi in Volinia e avevano cercato rifugio nel locale monastero domenicano.[2] Il complesso era circondato da mura e si trovava su una collina che dominava l'area circostante e di conseguenza forniva un rifugio relativamente sicuro per i profughi.[1] Circa 2000 persone[5] vivevano nella città di Podkamin e nel monastero quando fu attaccato nel marzo 1944 dall'UPA in collaborazione con la 14ª Divisione SS.[1][3]

Il massacro[modifica | modifica wikitesto]

Il primo giorno dell'attacco fu respinto da un piccolo gruppo di autodifesa, e quella notte alcuni abitanti riuscirono a mettersi in salvo. Il giorno successivo l'UPA ha promesso di risparmiare la vita agli abitanti in cambio della resa del monastero.[5] Mentre il monastero veniva evacuato, l'UPA ha aperto il fuoco ed è entrata nel complesso del monastero, massacrando un certo numero di persone, compreso il clero.[6] I corpi dei morti venivano poi gettati nel pozzo. Successivamente l'UPA si è accampata nella vicina città di Pidkamin e tra il 12 e il 16 marzo ha ripetutamente attaccato le persone nascoste nei villaggi. Il 16 marzo, con l'avvicinarsi dell'Armata Rossa sovietica, l'UPA si ritirò dall'area.[5]

Conseguenze[modifica | modifica wikitesto]

Circa 100 polacchi etnici furono assassinati nel monastero e altri 500 furono uccisi nella stessa città di Pidkamen. Nel vicino villaggio di Palikrowy furono uccisi 365 polacchi. Gruppi armati ucraini hanno distrutto il monastero, rubando tutti gli oggetti di valore, ad eccezione dell'icona incoronata del monastero.[5] Tadeusz Piotrowski, che ha basato le sue scoperte su fonti dell'Armia Krajowa o della polizia tedesca, stima che il numero delle vittime nel monastero e nei villaggi adiacenti fosse di 1000.[4] Tra i sopravvissuti c'era il famoso scrittore e pittore Leopold Buczkowski.[7]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Mikolaj Falkowski, "Podkamień. Perła Kresów. Miejsce pamięci ofiar UPA." Official webpage of the Polish Radio.
  2. ^ a b Grzegorz Motyka, Ukraińska Partyzantka 1942–1960, Warszawa 2006, p. 182, 385
  3. ^ a b Organization of Ukrainian Nationalists and the Ukrainian Insurgent Army (PDF), su history.org.ua (archiviato dall'url originale il 19 dicembre 2008).
  4. ^ a b Tadeusz Piotrowski, pp. 1–245, ISBN 9780786407736, https://books.google.com/books?id=AOBedgrM7BEC.
  5. ^ a b c d e Henryk Komański, Szczepan Siekierka, Ludobójstwo dokonane przez nacjonalistów ukraińskich na Polakach w województwie tarnopolskim w latach 1939–1946; 1182 pages, format B5, 379 illustrations, hard cover. Pages: 362-363
  6. ^ Littman, S., pp. 1–75, ISBN 9781551642185, https://books.google.com/books?id=awCGOPeMPNUC.
  7. ^ Rąkowski, G., p. 339, ISBN 9788389188663, https://books.google.com/books?id=s45yQSVku2oC.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Grzegorz Motyka, Ukraińska Partyzantka 1942–1960, Warszawa 2006. Pagine: 182, 385.
  • Per Anders Rudling, "Hanno difeso l'Ucraina": il 14. Waffen-Grenadier-Division der SS (Galizische Nr. 1) Revisited, The Journal of Slavic Military Studies, 25: 3, 329-368 versione online

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]