Gaetano D'Agostino (pittore)

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Gaetano D'Agostino

Gaetano D'Agostino (Salerno, 1837Napoli, 1914[1]) è stato un pittore e scultore italiano.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Formatosi alle scuole dei più famosi pittori napoletani attivi della metà dell'Ottocento, apprende a padroneggiare le tecniche del mestiere e soprattutto ad acquisire una grande esperienza dei materiali d'uso, per il raggiungimento di effetti scenografici decorativi.[1]

Nel corso di una lunga attività, l'artista realizzò numerosi dipinti di soggetto neopompeiano legati agli esempi morelliani, ma dipinse anche scene di genere e ritratti, e svolse un'intensa attività di decoratore, alternando motivi rinascimentali a suggestioni liberty. Nel 1871 concorse con due bozzetti alla decorazione della sala Gialla del Senato e l'anno seguente inviò all'Esposizione di Milano Nos numerus sumus et fruges consumere nati dove l'attenzione filologica per i costumi si univa a una suggestiva ambientazione realista. Le sue opere comparvero alle mostre di Napoli nel 1876, nel 1904 e nel 1906, di Genova nel 1882 e di Torino nel 1884. A Napoli lavorò nella chiesa del Gesù Vecchio, in quella di San Giuseppe dei Nudi, nella sala del Rettorato dell'Università, nella sala dell'Accademia Reale, nel Palazzo Sambon e nel Palazzo della Camera di Commercio. Realizzò inoltre il sipario del teatro Sannazaro e a Salerno eseguì la decorazione del teatro Verdi e soprattutto le decorazioni della Sala Rossa del Casino Sociale di cui fu il massimo artefice, e che rappresentano, con poche altre testimonianze, tutto quello che Salerno conserva di lui.[1]

Interno sel santuario di Monteodorisio

Nel paese abruzzese di Monteodorisio, D'Agostino dipinse con Nicola Biondi le volte del santuario della Madonna delle Grazie.

L'amicizia, la stima e gli scambi continui con Domenico Morelli e con Gaetano Esposito, frequentatore assiduo della sua casa, costituiscono il più solido fondamento per la maturazione del D'Agostino, che apre i suoi orizzonti artistici alla moderna produzione partenopea, alle suggestioni della macchia fiorentina, alle esperienze figurative d'oltralpe: la pittura pompier di Leon Gérome e la sontuosità di Mariano Fortuny.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d Enza Sambroia, La famiglia di artisti e imprenditori “padrona” di Salerno, in La Città di Salerno. URL consultato il 9 ottobre 2018.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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