Almerigo Grilz

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Almerigo Grilz (Trieste, 11 aprile 1953Caia, 19 maggio 1987) è stato un giornalista e politico italiano, inviato di guerra indipendente.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Giovinezza[modifica | modifica wikitesto]

Laureato in giurisprudenza, da giovane fu un dirigente del movimento studentesco Fronte della Gioventù (FdG) e del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale, nonché consigliere comunale a Trieste. Nel 1977, diventò dapprima capo del Fronte della Gioventù triestino e poi vicesegretario nazionale per volontà dell’allora segretario Gianfranco Fini. Sempre nel 1977, si iscrisse all’Albo dei Giornalisti Pubblicisti e collaborò con il quindicinale del FdG Dissenso. Alla fine degli anni ’70 fondò inoltre il Centro Nazionale Audiovisivi, partendo da alcuni suoi servizi girati durante il conflitto in Libano tra i cristiano-maroniti.

All’inizio alternò il suo impegno politico con il mestiere dell’inviato di guerra freelance, ma a metà degli anni ’80 abbandonò la vita politica per dedicarsi a tempo pieno alla professione del reporter[1].

Corrispondente di guerra[modifica | modifica wikitesto]

A metà degli anni '80, Almerigo Grilz si unì alle truppe guerrigliere della Resistenza Nazionale Mozambicana, per far conoscere la loro "guerra dimenticata".

Almerigo Grilz è stato consapevole testimone di tutti i fronti di guerra dalla fine degli anni settanta alla morte: dall'intervento militare sovietico in sostegno della Repubblica Democratica Afghana, all'invasione israeliana del Libano ed al conflitto tra drusi e maroniti a Beirut, dalla guerriglia anti-comunista contro il presidente etiope Menghistu al conflitto in Mozambico. Alle corrispondenze scritte unì dapprima foto e poi video, divenendo un apprezzato fotoreporter freelance.

Nel 1984 documentò il conflitto in Cambogia tra i guerriglieri khmer rossi di Pol Pot e l'esercito del governo fantoccio filo-vietnamita. Raccontò, al confine tra Birmania e Thailandia, la guerra tra la minoranza etnica Karen e le truppe di Rangoon. Le sue immagini fecero il giro del mondo e vennero acquistate anche dalla CBS (Stati Uniti d'America), da France 3 e dall'NBC (USA). Successivamente questi grandi network gli commissionarono servizi in altre parti del mondo.

Per la NBC Grilz seguì la guerriglia comunista filippina e le cruciali elezioni del 1986, che portarono alla caduta del presidente uscente Ferdinando Marcos ed alla vittoria delle opposizioni, capitanate da Corazon Aquino. I reportage di Grilz sono stati pubblicati su The Sunday Times, su Der Spiegel e su altre autorevoli riviste europee.[2]

L'Albatross[modifica | modifica wikitesto]

Con Gian Micalessin e Fausto Biloslavo, con i quali condivideva la militanza nel Fronte della Gioventù, Grilz fondò nel 1983 l'agenzia giornalistica Albatross, che produsse servizi (scritti, fotografati e filmati) da gran parte delle aree del mondo interessate da eventi bellici, di guerriglia o rivoluzionari. L'agenzia vendette molti servizi a grandi emittenti televisive internazionali, in particolare anglosassoni. In Italia i reportage di Albatross vennero pubblicati sia su riviste specializzate, come Rivista italiana difesa, dove si firmava con lo pseudonimo Gritz[3], sia su periodici di larga tiratura come Panorama e furono mandati in onda dal TG1[4].

La morte[modifica | modifica wikitesto]

Il 19 maggio 1987, in Mozambico, nella provincia di Sofala, mentre con una cinepresa stava documentando una cruenta battaglia fra i miliziani anticomunisti della RENAMO e i fedeli al governo in carica della FRELIMO, di stampo marxista, cadde colpito da un "proiettile vagante". I suoi resti furono sepolti nei pressi del luogo dove trovò la morte[5].

La morte di Almerigo Grilz fu ricordata per la televisione dal TG1 dal conduttore Paolo Frajese; per la carta stampata sul settimanale Il Sabato da Renato Farina, e da Ettore Mo, inviato nei "luoghi impossibili" per il Corriere della Sera.

Nel 2002 Gian Micalessin, desideroso di vedere gli ultimi luoghi nei quali è vissuto Grilz e, in particolare, di conoscere la sorte dei suoi resti, ha realizzato un documentario, filmato e montato assieme alle immagini girate dall'amico e collega fino all'ultimo istante prima di morire. Il documentario s'intitola L'albero di Almerigo.

Nei media[modifica | modifica wikitesto]

  • A Grilz è stata dedicata una puntata monografica di Terra!, settimanale del Tg5, curato e condotto da Toni Capuozzo. Il programma è andato in onda su Canale 5 nella seconda serata di domenica 20 maggio 2007.
  • Nel 2013 il musicista DDT all'interno del suo album Retrocarica gli ha dedicato una canzone dal titolo Almerigo, brano che narra la vita del giornalista e ne racconta la memoria che è stata tramandata.

Intitolazioni[modifica | modifica wikitesto]

  • Almerigo Grilz è stato il primo giornalista italiano a morire in un teatro di guerra dal 1945.
  • Trieste, la sua città natale, gli ha intitolato una strada nei pressi della pineta di Barcola.
  • L'amministrazione provinciale di Pordenone gli ha dedicato la sala stampa della sede dell'ente locale.
  • Il nome di Almerigo Grilz è inciso sul monumento che Reporter senza frontiere ha dedicato in Normandia a tutti i giornalisti caduti in guerra[6].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Almerigo GRILZ - Leali delle Notizie, su lealidellenotizie.it.
  2. ^ Claudia Cernigoi, Gli altri mondi di Grilz, in Carmilla Onlins, 2 luglio 2017 (archiviato dall'url originale il 2 luglio 2017).
  3. ^ 19 maggio 1987: chiedimi chi era Almerigo Grilz - TicinoNotizie.it, su ticinonotizie.it.
  4. ^ Gli occhi della guerra » I tre dell'Albatross, su gliocchidellaguerra.it (archiviato dall'url originale il 14 luglio 2014).
  5. ^ Almerigo Grilz professione reporter militante, in Secolo d'Italia, 5 ottobre 2012.
  6. ^ Mario Capanna e Gianluca Semprini, Neri!, Roma, Newton Compton, 2012, ISBN 9788854146952. Google Books.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Francesco Bisaro, Almerigo Grilz: avventure di una vita al fronte, disegni Francesco Bisaro; prefazione di Toni Capuozzo; postfazione di Fausto Biloslavo e Gian Micalessin, Milano, Ferrogallico, 2017, ISBN 978-88-94246-64-3.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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