Utente:Michele859/Sandbox8

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[[File:Filmstudio Babelsberg Eingang.jpg|upright=1.5|thumb|right|Ingresso degli studi cinematografici Babelsberg di Potsdam, celebrati nella retrospettiva di questa edizione. La 42ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino si è svolta a Berlino dal 13 al 24 febbraio 1992, con lo Zoo Palast come sede principale.[1] Direttore del festival è stato per il tredicesimo anno Moritz de Hadeln.

L'Orso d'oro è stato assegnato al film statunitense Grand Canyon - Il cuore della città di Lawrence Kasdan.

La Berlinale Kamera è stata assegnata al regista e produttore Hal Roach, al quale è stata dedicata la sezione "Homage".[2]

In questa edizione sono stati introdotti due nuovi riconoscimenti: il premio della giuria ecumenica, assegnato dalle organizzazioni cinematografiche internazionali delle Chiese protestanti e cattoliche (INTERFILM e SIGNIS), e il Guild Film Prize, assegnato da membri della AG Kino - Gilde, associazione tedesca dei distributori cinematografici.[3]

Il festival è stato aperto da Il proiezionista di Andrej Končalovskij ed è stato chiuso da Der Brocken di Vadim Glowna, entrambi in concorso.[4][5]

La retrospettiva di questa edizione, intitolata "Babelsberg - A film studio", è stata dedicata agli 80 anni degli studi cinematografici Babelsberg di Potsdam.[6] In apertura è stato proiettato Metropolis di Fritz Lang, con la musica originale di Gottfried Huppertz eseguita dall'orchestra sinfonica dalla DEFA diretta da Bernd Heller.[7]

«Cento anni, vecchio quanto il cinema stesso. In confronto a quello un festival non è niente». (Michael Althen sulla Süddeutsche Zeitung a proposito di Hal Roach, premiato con la Berlinale Kamera)[1]

«La Berlinale del 1992 è diventata rapidamente storia», ha scritto Wolfgang Jacobson facendo eco ai commentatori contemporanei. Secondo lui, il festival non era riuscito a mettere in evidenza le alternative in un deserto di uniformità. «Andava come al solito, con buone intenzioni certamente, ma non abbiamo ancora visto il nuovo profilo spesso evocato».[1]

Mentre Moritz de Hadeln elencò uno dopo l'altro i punti dolenti nella sua prefazione al catalogo del festival (condizioni di mercato, il basso livello del cinema tedesco, l'avidità, la disparità tra mancanza ed eccesso, la guerra dei festival e la messa in discussione del loro diritto di esistere, "nuovi ricchi europei" e "stimato cinema americano") era ancora difficile dire cosa offrisse questa Berlinale in opposizione alla "crisi".[1]

Quando Rotta verso l'ignoto fu presentato per la prima volta allo Zoo Palast le opinioni si divisero: alcuni si presentarono in costumi trekkie e trasformarono la Berlinale in un carnevale, mentre altri alzarono le mani inorriditi per l'ultima occupazione del festival da parte di Hollywood. Molti critici videro lo stretto legame con le major americane, per le quali la Berlinale era invidiata da altri festival (in particolare Cannes), come segno del "tutto esaurito" della Berlinale.[1]

La critica ancora una volta si concentrò sul direttore Moritz de Hadeln, risparmiando per la maggior parte Ulrich Gregor. Ma non solo c'era una visione unilaterale della leadership del festival, i critici tendevano anche a trascurare il fatto che "l'impressione stranamente indifferente" lasciata dal festival quest'anno era dovuta non da ultimo a problemi strutturali nel cinema internazionale. Il crescente numero di produzione in tutto il mondo era in contrasto con una crescente conformità di stile e scelta degli argomenti. "Conformità nella diversità" la definì Wolfgang Jacobsen, e così la Berlinale del 1992 si era "aggiornata".[1]

Moritz de Hadeln ebbe un punto di vista pragmatico nella discussione sull'opportunità o meno di Hollywood: gli americani, dopotutto, andavano ovunque trovassero i mercati migliori e il pubblico voleva vedere i prodotti di Hollywood, «la cui unica colpa è che devono essere ben fatti e ben distribuiti». Molti criticarono questo tipo di pragmatismo per aver rinunciato a un profilo indipendente per la Berlinale. Piuttosto che prendere semplicemente ciò che veniva, e poi lamentarsi della scarsa selezione, molti critici avrebbero preferito vedere più apertura verso film artisticamente audaci e consapevolmente non commerciali. Sostennero che una maggiore disponibilità da parte del festival a correre dei rischi sarebbe stata anche un segnale positivo per i registi, rafforzando la loro resistenza alla tentazione verso prodotti commerciali. La posta in gioco era maggiore di quella dei film "migliori". Secondo una critica fondamentale, la divisione del potere sul mercato internazionale minacciava di perdere il suo equilibrio sotto l'egemonia americana, e mentre la Berlinale non lo stava affermando esattamente, la sua posizione era nel migliore dei casi ambivalente.[1]

Invocare la qualità professionale dei film americani fu ovviamente uno sforzo inutile contro tali critiche. La competizione di quest'anno offrì infatti una serie di prelibatezze avvincenti e di qualità superiore provenienti dagli Stati Uniti: L'altro delitto di Kenneth Branagh, Lo spacciatore di Paul Schrader, Bugsy di Barry Levinson, Cape Fear - Il promontorio della paura di Martin Scorsese e Grand Canyon - Il cuore della città di Lawrence Kasdan, che secondo molti, tuttavia, non meritò del tutto l'Orso d'oro. Questi furono film che incantarono il pubblico per due o tre ore, lasciandolo con la sensazione di aver ottenuto qualcosa per i loro soldi. Il pasto nudo di David Cronenberg ebbe un effetto più duraturo: basato sul romanzo di William S. Burrough, aveva alcune sorprese visive nella manica.[1]

Di un calibro molto diverso e più piccolo, e di conseguenza lodato dalla critica, fu Deserto di Laramie di Allison Anders, ballata insolita e malinconica su una madre e le sue figlie in una città senza uscita del Nuovo Messico. Fu l'inizio di un nuovo cinema americano indipendente che raccontava piccole storie ai margini della società e che avrebbe vissuto un vero e proprio boom negli anni a venire.[1]

Il cinema europeo in concorso ebbe pochi grandi momenti e nessun nuovo nome. Invece c'erano vecchi maestri, che soddisfecero in misura maggiore o minore le legittime aspettative riposte su di loro. Eric Rohmer soddisfece il suo pubblico con l'esaltante leggerezza del suo Racconto d'inverno, e István Szabó non deluse con Dolce Emma, cara Bobe, un racconto allo stesso tempo sensibile e tempestoso da un'Ungheria in rapida evoluzione. Particolarmente emozionante fu Infinitas del regista georgiano Marlen Chuciev, una storia su un uomo in cerca di se stesso. Molti ritennero che questo film sulla pace nel mezzo del cambiamento rivoluzionario e della frenesia del nuovo meritasse più del solo Premio Alfred Bauer. Bertrand Tavernier, da parte sua, fece una dichiarazione politica completamente diversa con il documentario di tre ore sulla guerra d'Algeria La Guerre sans nom, rompendo il silenzio stranamente uniforme che fino a quel momento aveva prevalso sull'argomento.[1]

Ci furono accuse che Forum e Panorama non avessero sufficientemente distinto i propri profili e avessero contribuito alla "varietà indifferente" del festival nel suo insieme con la loro eclettica programmazione. Una serie speciale su "Paesaggi cinematografici sorabi" nel Panorama, "Melodrammi messicani" e "Vita ebraica" nel Forum apparvero ad alcuni come scelte di programmazione arbitrarie. Il Forum propose due film cult: Gli amanti del Pont-Neuf di Denis Lavant e Edoardo II di Derek Jarman.[1]

Per il 15º anniversario del Kinderfilmfest, Renate Zylla allestì un'ampia retrospettiva di film dalla Danimarca, il "paese numero uno per i film per bambini". Invece di lamentarsi del fatto che la consueta ricchezza di film dai Paesi dell'Europa orientale, dopo i cambiamenti politici aveva lasciato un vuoto, l'obiettivo fu di sottolineare "ciò che ci ha costantemente accompagnato in tutti questi anni". In effetti, la straordinaria forza dei film danesi portò al Kinderfilmfest innumerevoli grandi momenti, e quest'anno ci fu una felice riunione con film di Astrid Henning-Jensen, Bille August, Søren Kragh-Jacobsen e altri.[1]

Il ladro di bambini di Gianni Amelio è stato offerto al FilmFest e ritirato all'ultimo momento per mandarlo a Cannes.(stampa.13feb)

Il Ladro di bambini non avrà la sua anteprima a Cannes. Il film verrà invece presentato a Umbriafiction. Secondo una versione, il motivo del ritiro del film da Berlino sarebbe appunto dare maggior lustro, con un'anteprima italiana molto attesa, a Umbriafiction e alla regione in cui si volge. Secondo un'altra versione, soltanto dopo il ritiro da Berlino da parte del produttore Angelo Rizzoli a causa di pressioni esercitate dal co-produttore francese che voleva Amelio a Cannes, sarebbe stato deciso di presentare il film a Umbriafiction. Speriamo che sia quest'ultima la versione giusta.(stampa.19feb)

Per il concorso del FilmFest il cinema italiano è inesistente. A Berlino, oltre che dal cortometraggio Amoroso di Maurizio Forestier, l'Italia viene rappresentata nel Panorama con il documentario I 600 giorni di Salò di Caracciolo-Marino e Zuppa di pesce di Fiorenza Infascelli e nel Forum con Gli ultimi giorni di Corso Salani.(stampa.13feb)

Liv Ullmann ha preferito non andare al festival perché ha ricevuto minacce di morte da parte di alcuni gruppi di fanatici tedeschi. Le minacce sono arrivate subito dopo le recenti dichiarazioni che la Ullmann ha fatto sulla Germania. Lo hanno reso noto gli organizzatori della manifestazione. Alcuni giorni fa in un'intervista al quotidiano norvegese Afternposten, l'attrice aveva affermato che giapponesi e tedeschi avevano finalmente ottenuto con mezzi pacifici quello che non erano riusciti ad ottenere con la guerra e aveva messo in guardia i suoi connazionali contro i rischi che la nuova situazione poteva portare. Di fronte alle violente reazioni provocate dall'intervista e alle minacce ricevute, la Ullmann ha deciso di non andare a Berlino per assistere alla proiezione del film da lei interpretato The Long Shadow, una co-produzione israeliano-ungherese proiettata nel Panorama.(stampa.17feb)

Amin Mueller-Stahl riferndosi a chi lo rimprovera di essere andato a Hollywood: «Il FilmFest è pura ostentazione, dietro la facciata festosa i film tedeschi non vengono esportati e neanche visti dai tedeschi... L'ultimo film tedesco che ho interpretato è uscito in due copie, è stato proiettato due giorni ad Amburgo per 40 spettatori, due giorni ad Hannover per ancora meno spettatori ed era costato 6 milioni di marchi. Un avergogna, e dovrei stare qui?»(stampa.20feb)

Frettolosamente sostituito da Tous les matins du monde di Alain Corneau, oltre a Il ladro di bambini di Amelio viene ritirato Una vita indipendente, film molto atteso di Vitalij Kanevskij.(stampa.21feb)

Urla, fischi, proteste e boati all'annuncio dell'Orso d'oro vinto da Kasdan nella sala delle conferenze stampa che ospita critici e cronisti del FilmFest.(stampa.25feb)

Giuria internazionale

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I premi riservati alla sezione Kinderfilmfest sono stati assegnati da una giuria composta da membri di età compresa tra 11 e 14 anni, selezionati dalla direzione del festival attraverso questionari inviati l'anno precedente.[8]

Selezione ufficiale

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Fuori concorso

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Proiezioni speciali

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Programma principale

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Paesaggi cinematografici sorabi

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Cortometraggi

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Forum internazionale del giovane cinema

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Programma principale

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Quattro film di Amos Gitai

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Film sperimentali dal Giappone (selezionati da Image Forum, Tokyo)

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Melodrammi messicani

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Cortometraggi tedeschi selezionati da Asynchron Filmoffensive, Berlino

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Tre cortometraggi di Luc Moullet

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Il Nuovo cinema tedesco

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Kinderfilmfest

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Cortometraggi

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Retrospettiva

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Premi della giuria internazionale

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Premi onorari

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Premi della Kinderjury

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Premi delle giurie indipendenti

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Premi dei lettori

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  1. ^ a b c d e f g h i j k l 42nd Berlin International Film Festival - February 13-24, 1992, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 15 maggio 2023.
  2. ^ Awards 1992, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 16 marzo 2017.
  3. ^ Further Prizes, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 16 marzo 2017.
  4. ^ Lietta Tornabuoni, Berlino prigioniera del passato, in La Stampa, 13 febbraio 1992.
  5. ^ Lietta Tornabuoni, Sentimenti privati della Germania unita, in La Stampa, 25 febbraio 1992.
  6. ^ Retrospectives Since 1977, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 5 gennaio 2020.
  7. ^ Gianni Rondolino, Gli 80 anni di Babelsberg, in La Stampa, 21 febbraio 1992.
  8. ^ a b Juries - 1992, su berlinale.de, www.berlinale.de. URL consultato il 23 giugno 2022.
  9. ^ Sono stati proiettati gli episodi Rookie of the Year (regia di John Ford), Apples on the Lilac Tree (regia di John Rich), The Brush Roper (regia di Stuart Heisler) e The Final Tribute (regia di Andrew L. Stone).

Collegamenti esterni

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