Utente:Luanagenovese00/Tito

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Questa è la pagina di prova nella quale Giulia Fatigante, Luana Genovese e Giusy Pepe lavoreranno al miglioramento della voce enciclopedica dedicata a Tito.

  • Tito : storia, vicende, personaggi, usi e costumi, fede / Nicola Laurenzana ; a cura di Antonio Tino Scremin

Cassola : Moro, 1989

La città di Tito fa parte della comunità del Melandro. Nel suo territorio nascono due torrenti: Tora, affluente del fiume Basento che sfocia nel Mar Ionio; Fiumara di Tito affluente del fiume Sele che sfocia nel Mer Tirreno. Tito si trova a 650m sul livello del mare.

Il comune è sostanzialmente diviso in due parti: il capoluogo Tito, dove risiedono la maggior parte degli abitanti e dove ha sede il Municipio; la zona industriale e commerciale di Tito Scalo, che prende il nome dallo scalo ferroviario delle Ferrovie dello Stato. Il territorio del comune di Tito è stato inserito in una zona di grado sismico pari a S=9, in seguito al terremoto del 23 novembre 1980.

Secondo i dati del 30/11/2015, Tito ospita 7214 abitanti. Con un aggiornamento dei dati ISTAT del 2011 il paese ha raggiunto un tasso demografico tale da divenire città.

L'abitato sorgeva originariamente in un luogo molto più elevato, a nord-est del Monte Carmine nei pressi dell'attuale zona industriale sulle alture a sud della Piana di Santa Loja, abbandonato a causa della distruzione completa del paese dovuta alla guerra nei pressi dell'attuale zona industriale sulle alture a sud della Piana di Santa Loja. A seguito della distruzione dello stesso, i titesi si divisero in due parti: una parte si spostò verso la zona chiamata "Piano della Chiesa", a nord-est della Torre di Satriano; l'altra si fermò nei pressi della riva del fiume Noce, nella località detta "In piedi alla terra" o Fiumara, dove sorge l'attuale cittadina. La popolazione si incrementò anche grazie alla distruzione della non lontana Satrianum, della quale sono presenti importanti resti archeologici.

Anticamente la zona della Torre di Satriano era sotto il controllo di una comunità di agricoltori e guerrieri, che erano tra i più importanti esponenti di un èlite ricca, collegata con le società magnogreche più vicine. Anche nei secoli successivi si afferma l'importanza di questo luogo, dato che anticamente sorgeva un santuario dedicato alla dea "Mefitis". Tutto questo si collega alle origini del paese e del suo nome. Uno dei primi nomi utilizzati "Teiodes", che significa "solforoso" di zolfo; potrebbe attribuirsi alla presenza delle numerosi sorgenti di acqua sulfurea, diventato poi Tito per lenta trasformazione. Ma il nome potrebbe dervare anche da "tutus" o "titulus", dal latino, che può avere diversi significati: soldato, confine, riferito alla zona di confine tra governatorato bizantino e principato di Salerno.

Con l'abbandono dell'altura di Satriano, ci fu la crescita di "Grumentum", uno dei centri più ricchi e importanti della Lucania romana. Una leggenda che ha come protagonista il santo Protettore della città San Laviero, è collegata proprio al luogo precedentemente citato: Laviero giunse a Grumento per predicare la parola di Dio; il 14 luglio del 312 d.C. dopo essere sfuggito alle persecuzioni di Agrippa. Il Preside della Lucania, lo aveva fatto arrestare in nome degli dei, ma non riuscendo a farlo convertire, ordinò di gettarlo in pasto alle belve. Ma queste, invece di divorarlo, gli si accovacciarono ai piedi rivolgendosi minacciose verso Agrippa. Dopo essere stato ricondotto in carcere, a Laviero apparve un angelo che gli aprì le porte della cella, invitandolo ad allontarsi dalla città. A Grumentum fu cattura e decapitato davanti a tutto il popolo, il 17 novembre del 312 d.C.

Diversi eventi storici importanti hanno coinvolto la cittadina di Tito, come gli eventi che hanno determinato la trasformazione territoriale e sociale di Tito,ad esempio i terremoti del 1649 che distrusse quasi interamente il paese, causando una grave pestilenza e quello del 1694 durante i quali le chiese, come la Chiesa Madre, il campanile e altre tre cappelle del paese furono rase al suolo. Questo periodo storico fu anche oscuro per il Paese a causa dello spadroneggiare de nobili e feudatari; un simbolo forte di questo periodo è il Castello (del quale oggi resta solo una via). Tito è stato segnato anche dalla Rivoluzione Napoletana del 1799 per la quale si ricorda la figura di Francesca De Carolis Cafarelli.

Dopo l'Unità d'Italia anche Tito fu toccato dal fenomeno del brigantaggio per il territorio favorevole e per i rapporti che si stabilirono tra la popolazione e i briganti. Nel 1857 un altro violento terremoto colpì il territorio, con conseguenze devastanti e si rivelò uno tra i più devastanti di tutta Europa, causando solo in Basilicata ben 9257 vittime. Questo portò ad una situazione generale di povertà e soprattutto iniziarono i primi flussi migratori, soprattutto verso le Americhe. Intorno al 1860 con la spedizione dei Mille, che risalivano dalla Sicilia, la Basilicata preparava la sua insurrezione sotto la guida di Giacinto Albini, Nicola Mignogna e Camillo Boldoni che furono i primi a proclamare l'Unità d'Italia a Corleto Perticara. Il 18 agosto del 1860 l'insurrezione arrivò a Potenza e anche da Tito, dove un gruppo di volontari guidati da Ulisse Caldani, tese un tranello alle truppe borboniche, ripiegandosi verso Auletta.

Tutto questo venne anche descritto nel romanzo storico l'"Alfiere", scritto da Carlo Alianello. Molte vicende del romanzo sono ambientate proprio a Tito, dove lo scrittore ha soggiornato per diverse volte e dove oggi è custodito il Fondo a lui dedicato. L'emigrazione continua e nel 1880 viene inaugurata la linea ferroviaria Eboli-Metaponto e proprio a Tito è presente la stazione lungo questo importante asse di collegamento fra il Mar Tirreno il Mar Ionio, anche se distante 4km dal centro abitato. Il 1930 inizia con un altro evento disastroso, accompagnato dalla lotta contro la disoccupazione, che aumentava sempre di più e quella contro l'analfabetismo. Nel 1936 la popolazione è sensibilmente diminuita e con l'entrata dell'Italia nel conflitto mondiale, questa peggiora ulteriormente portando ad una grave crisi economica, in modo particolare nel settore agricolo. Nel 1951 gli analfabeti sono ancora presenti e inizia l'emigrazione verso i paesi del nord Europa. Nel 1963 un altro violento terremoto colpisce il paese.

Verso la fine degli anni Sessanta, nella zona di Tito Scalo si iniziano a sviluppare i primi investimenti industriali, dando nuovi posti di lavoro ai cittadini. Gli addetti al settore industriale aumentano notevolmente, portando ad una diminuzione di quello del settore agricolo, tra il 1980 e il 1990.

Nel 1980 un altro violento terremoto porta alla distruzione quasi completa della Chiesa Madre, ma che fortunatamente non fece vittime a Tito. Il periodo successivo fu segnato da una lenta ricostruzione, che successivamente ha portato ad uno sviluppo economico e sociale, grazie alla crescita dell'area industriale e ad un importante investimento nel settore commerciale. Grazie al suo reddito pro-capite è tra le prime città della Basilicata ed è uno tra i pochi centri della regione ad accogliere sempre nuovi residenti.

FRANCESCA CAFARELLI

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E' definitivamente accertato che nel 1772 Scipione Cafarelli non aveva ancora contratto matrimonio con Francesca De Carolis, eroina titese, della quale si può,con molta approssimazione, porre l'anno di nascita nel 1755. Francesca sposò in giovanissima età, forse nel 1774 o 1775, il nobiluomo Don Scipione Cafarelli, seguendolo nella nuova dimora in Tito.

L'anno del 1799 fu assai tragico poiché l'intera famiglia Cafarelli fu praticamente distrutta e, mentre Francesca insieme al marito, al primogenito Giuseppe, al cognato sacerdote Don Pasquale, pagavano con la vita, in tempi e con modi diversi, la loro ardente fede repubblicana, i superstiti della famiglia colpita, o furono rinchiusi in carceri e conventi, oppure si allontanarono definitivamente da Tito. Francesca Cafarelli, benché nata in S. Marco in Lamis( Foggia) deve essere considerata cittadina titese. A Tito visse infatti la sua intera esistenza di sposa e madre di cinque figli.

Angelo, fratello di Scipione, che viveva a Napoli, durante le sue frequenti visite a Tito, aveva avuto modo di esporre le nuove idee di libertà e di democrazia rivoluzionaria che dalla Francia già si erano diffuse in Italia che, portate dagli eserciti napoleonici d'invasione, avevano trovato già terreno favorevole in molte città, anche merdionali, dove molti erano i "patrioti repubblicani". Francesca in particolare aveva accettato il dottrinarismo francese mentre ogni componente della famiglia andava verso le nuove idee di fraternità, uguaglianza e libertà. A Napoli il 23 gennaio del 1799 l'esercito napoleonico, guidato dal generale Championnet infrange la resistenza dei Lazzaroni ed occupa Napoli. Nasce la così la Repubblica Partenopea.

Il 29 gennaio, davanti al palazzo reale, viene innalzato l'albero della libertà con grande feste popolari. Nelle città e nei paesi di provincia, già ai primi di febbraio di quell'anno, i patriotti piantavano gli alberi della libertà e celebravano l'avvenimento con canti e balli che coincidevano con i giorni di Carnevale. Nei primi giorni di Marzo anche in molti paesi della Lucania si innalzarono gli alberi della libertà: a Tito l'avvenimento fu celebrato il 7 marzo del 1799.

Nei primi giorni di quello stesso anno il Cardinale Ruffo sbarca sulle coste calabre e dà inizio alla sua fortunata spedizione che lo porta a Napoli, dove entra il 14 Giugno. Il giorno prima era caduta la Repubblica Partenopea. La strada scelta dal Cardinal Ruffo fu quella che dalle coste dello Jonio si indirizza verso Matera e prosegue per Melfi e Benevento, fino a raggiungere Napoli. Era quello, infatti, l'itinerario strategicamente rispondente ai fini che egli si proponeva di attuare, cioè di originare un movimento reazionario popolare per restaurare il vecchio regime borbonico. Uno dei capi briganti più noti e più apprezzati dal Cardinale Ruffo, per la sua ferocia e per i suoi numerosi crimini, era Gerardo Curcio, nativo di Polla, chiamato Sciarpa (perché indossava sempre una sciarpa da generale), che era a capo di una bene armata orda brigantesca, che aveva già terrorizzato e saccheggiato molti paesi del Melfese e della Provincia Citeriore.

Negli ultimi giorni di Aprile Sciarpa attaccò il vicino paese Picerno, dove ugualmente era stato innalzato l'albero della libertà e che riuscì, con gravi perdite specialmente tra le donne che numerose parteciparono ai combattimenti, a respingere ben sei attacchi dei briganti, i quali allora si diressero verso Tito, già organizzato per la difesa ad oltranza.

Picerno fu poi occupata il 10 maggio dai briganti. Sciarpa reputava facile, per la posizione del paese, questa impresa che doveva vendicare il temporaneo fallimento dell'impresa precedente di Picerno e infondere fiducia ai suoi uomini. I numerosi patrioti, guidai da Scipione Cafarelli e stimolati dall'esempio di Francesca che, insieme a tante altre donne, soccorreva i feriti e approntava le armi da fuoco, difesero la Repubblica ricacciando le orde brigantesche in due sanguinosi assalti.

Ma il 3 maggio 1799, su indicazione di alcuni titesi del partito borbonico che fornirono a Sciarpa l'informazione dell'esistenza di un passaggio non custodito che dalla montagna giungeva a Tito, le orde brigantesche penetrarono nel paese, iniziando subito le operazioni di rappresaglia, di saccheggio e di rapina. Le vendette di Sciarpa conversero sulla famiglia Cafarelli di cui la maggior parte dei componenti si erano posti momentaneamente in salvo mentre solo Francesca e i figli più piccoli erano rimasti in casa.

Il diario delle sevizie alla quale fu sottoposta Francesca Cafarelli

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3 maggio: viene imprigionata e seviziata. 4-5-6 maggio: è sottoposta a sevizie nel carcere locale. Le viene comunicato che il figlio primogenito Giuseppe, tradito dal contadino presso cui si era nascosto, è stato ucciso. Il suo capo, infilzato su una pertica, viene fatto vedere alla madre. Dal 7 al 26 maggio: viene seviziata ed invitata a gridare "Viva i Borboni" dinanzi al popolo, con l'assicurazione di essere risparmiata e di ricongiungersi alla famiglia superstite. Francesca non cede e grida: "viva la Repubblica. Viva la libertà." 27 maggio: festa a Tito dei tre martiri, Primo, Sonzio e Valentino. Sciarpa ha deciso: o Francesca cede oppure pagherà con la fucilazione. Condotta in piazza le si ordina per l'ultima volta di gridare: "Viva i Borboni". Francesca, invece, grida quelle che furono le sue ultime parole "Viva la Repubblica. Viva la libertà." All'eroina Francesca Cafarelli è stata dedicata una strada del paese e l'edificio scolastico. FONTE: Tito, Antonio Satriani

Francesca Cafarelli

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Francesca De Carolis est née probablement en 1755.

Elle s'est mariée très jeune, en 1774 ou 1775, avec Don Scipione Cafarelli, de famille nobilière et ils se sont déplacés à Tito. En effet elle peut être considérée citadine de Tito parce qu'ella a vécu pour beaucoup de temps ici et elle est aussi considérée une héro pour cette petite ville.

Elle avait sept fils et ils embrassaient les idées révolutionnaires contre Borbone; en effet ils ont participé en 1799 à léver, dans la place de Tito, l'"arbre de la vie".

Son opinion a comporté une fin effrayante: elle a été torturée et puis elle a été exécutée tandis qu'elle hurlait "Vive lá République, vive la liberté".

En son honneur ont été intitulé une route et l'école primaire du pays aussi.

USANZE TIPICHE DEL PAESE

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Una tra le usanze tipiche di questo paese è quella di ammazzare il maiale tra il mese di dicembre e di gennaio. Viene vissuta come una vera e propria festa, dato che tutti i familiari si riuniscono e dove ognuno ha un compito particolare da svolgere. Si usa poi preparare il "presente", un piatto ricco di vari pezzi del maiale, da offrire a tutto il vicinato.

Il Carnevale inizia dalla festa di Sant'Antonio, il 17 gennaio e finisce il Mercoledì delle Ceneri. Il piatto tipico di questo periodo sono i "ferretti", una pasta casalinga a fuso sottile, attraversata da un filo di ferro appositamente preparato. Questi vengono conditi con del sugo di maiale o carni grasse e del "rafano" grattugiato (è una crocifera erbacea con radici piccanti e gustose). Anticamente gli anziani per distinguere il periodo della Quaresima, prendevano una grossa patata, la vestivano a forma di bambola con colore viola, le applicavano sette grosse piume di gallina (tante quante sono le domeniche che precedono la Pasqua) ed ogni domenica ne toglievano una fino a Pasqua.

La sera prima della festa di San Giuseppe si accendono grossi falò per le vie del paese. I ragazzi molto tempo prima raccolgono più fascine possibile per far si che il falò duri tutta la nottata. I giovani hanno il compito di alimentare il fuoco, mentre gli adulti cantano canti popolari. Il falò ha un importante significato: è il saluto alla primavera che sta per iniziare ed è un augurio per il buon andamento dell'annata agricola. Nel periodo che precede la Pasqua le famiglie preparano biscotti che si cuociono nei forni pubblici. Ci sono due tipi di biscotti: uno più sottile, di forma ovale; uno più grosso, di forma circolare. Questo è oggetto di grande orgoglio per ogni donna del paese e si usa regalarlo agli amici e alle famiglie che sono in lutto nel corso dell'anno; "Lu cav'zù" è una pizza rustica preparata con due sfoglie di pasta casereccia ripiene di formaggio e salame di varia specie.

Nella Domenica delle Palme, durante la benedizione dei rami, i fidanzati maschi regalavano dei rami coperti di confetti bianchi, come simbolo di affetto. Per quanto riguarda il lutto, fino a qualche anno fa durava tre giorni. Oggi dura solo 1 giorno, in cui la porta di casa rimane sempre aperta per accogliere amici e parenti, che vogliono dimostrare il loro conforto. Tra i parenti del defunto c'è qualcuno che organizza il pranzo e cena per la famiglia in lutto, in segno di solidarietà.

Un'altra tradizione molto particolare è quella di fare tre giri intorno alla Cappella del Monte Carmine, prima di entrarci. Questo viene fatto per prepararsi gradualmente all'ingresso della Cappella, con un gesto di purificazione ed umiltà. Anticamente si usava entrare all'interno a piedi nudi ed uscivano, al termine dei riti sacri, con la faccia rivolta verso l'immagine sacra fino alla porta esterna, dove finiva il pellegrinaggio. Si facevano diversi pellegrinaggi, tra cui quello dell'8 maggio dedicato a San Michele.

Altro pellegrinaggio importante è quello in onore della Madonna di Novi Velia, nel Cilento. Anticamente si percorreva tutto il percorso a piedi, oggi questo non si fa più ma l'importanza di questo pellegrinaggio è ancora ben presente. Anticamente si usava terminare tutti i pellegrinaggi con una messa al Monte Carmine di Tito, i pellegrini portavano una corona di spine in segno di penitenza.

Un rito molto particolare è quello legato alle nozze, in cui il corredo nunziale è esposto per tutto il vicinato. Gli invitati una volta terminata la cerimonia si recavano presso la casa della sposa ed entravano uno ad uno nella casa. Sulla porta d'ingresso veniva messa una ghirlanda con un cestino, dove tutti i passsanti potevano riporre un offerta in segno di augurio. Si usava consumare il pranzo in casa, accompagnato da musica locale terminando in serata con il ballo degli sposi. Tutto questo oggi non è più così. FONTE: Tito, Antonio Satriani

COUTUMES TRADITIONNELLES

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Il y a plusieurs coutumes traditionnelles qui appartiennent à l'histoire du village Tito, pour example la fête du Carnaval, les feux de joie de Saint Joseph, les pèlerinages pour la Vierge du Carmine.

Il y a plusieurs coutumes traditionnelles qui appartiennent à l’histoire deTito, par exemple la FȆTE DU CARNAVAL qui commence le 17 Janvier. Les plats typiques de cette période sont les «ferretti»,d des pâtes faites à la main avec sauce de porc et du raifort rapé.

Pour la fête de Saint Joseph s'allume des feux pour toutes les rues du village qui va durer toute la nuit.

Un tradition très particulière est celle de faire trois tour autour de la Chapelle du Monte Carmine, avant d'y entrer. C'était peut-être une manière de se préparer à la prière, enfait cette cérémonie représentait des gestes de purification et de humanité. Aujourd'hui les fidéles suivent le même rituelle. C'est une tradition qui nous arrive d'un passé très loin. Anciennement on entrait à pieds nus et où sortait à la fin du rite sacré, en ragardant l'image de la Vierge du "Monte Carmine" jusqu'a la parte externe, où terminait le pèlerinage, il ne fallait jamais Lui donner son dos.

Tito est une pétite ville de la Basilicata (Sud Italie) et elle fait partie de la communauté du Melandro. Dans son territoire il y a deux torrents affluents: Tora qui se plonge dans le fleuve Basento et Fiumara de Tito dans le fleuve Sele. Tito se trouve à 650m au niveau de la mer.

L’histoire et les origines du centre de Tito sont incertaines à cause des différents séismes qui ont frappés la zone. Sur le nom il y a plusieurs hypothèses aussi: il pourrait dériver de «Titus» qui signifierait «forteresse» et ce mot représenterait la capacité des citadins de savoir se défendre; il pourrait signifier «soldat» aussi, pour la présence d’un campement romain; enfin le nom pourrait dériver de «Titulus» avec le sens de tombeau pour les morts qu’il y eut après les combats entre Romains et Carthaginois.Parmi les événements importants pour la ville, il y a les séismes de 1649, de 1694 et de 1980, qui ont marqué la communauté ayant détruit le pays et ses églises, et en plus le féodalisme et le brigantage aussi qui ont touché la population.