Utente:Antonov/sandbox
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Ricostruzione del primo tilacocefalo descritto, Ostenocaris cypriformis, secondo l'interpretazione originale risalente ai primi anni '80 del secolo scorso, accanto a un esemplare fossile. Qui la parte anteriore dell'organismo viene ipotizzata come rivolta verso il basso, priva di occhi e a contatto col sedimento (parzialmente infossata). Le appendici sono ricostruite come arti per la deambulazione.[1]
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Fossile di tilacocefalo (Dollocaris ingens) dal giacimento lagerstätte di La Voulte, Francia (Giurassico medio - Calloviano inferiore). Nel fossile sono visibili il carapace, gli occhi e le appendici raptatorie.[2] Parte anteriore verso sinistra.
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Dollocaris ingens da La Voulte, Francia (Giurassico medio - Calloviano inferiore). Particolare delle appendici ("zampe" raptatorie).[3] Parte anteriore verso sinistra. Notare che la chiusura delle zampe è dal basso verso l'alto.
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Un crostaceo attuale, uno stomatopode (canocchia); notare le appendici anteriori raptatorie: si tratta di appendici specializzate per la predazione. Anche qui la chiusura è dal basso verso l'alto.
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Esempio del meccanismo di movimento di appendici raptatorie di canocchia. Il movimento delle appendici dei tilacocefali potrebbe essere stato in parte simile, anche se non del tutto assimilabile per differenze nella disposizione dei segmenti delle appendici.
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Dollocaris ingens da La Voulte in nodulo fosfatico. Parte anteriore. Particolare di occhio.
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Crostaceo pelagico attuale del genere Cystisoma. Questi crostacei necto-planctonici vivono in un intervallo di profondità molto ampio (fino a 1000 m), e i loro enormi occhi compositi, che costituiscono la maggior parte del cephalon, sono adattati a condizioni di scarsa illuminazione. Gli occhi dei tilacocefali, che sono stati rinvenuti in contesti di mare profondo (maggiore di 200 m), risultano simili, anche per densità degli ommatidi . [5]
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Ricostruzione di Ostenocaris cypriformis aggiornata rispetto agli studi più recenti. La parte anteriore è rivolta verso l'alto e le appendici posteriori hanno funzione deambulatoria e/o natatoria[6], mentre le appendici più sviluppate sono rivolte in avanti, con funzione raptatoria. Il sacco cefalico è costituito pressoché interamente da occhi composti ipertrofici.[7][8]
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Ricostruzione tentativa di Ostenocaris ribeti, la seconda specie attribuita al genere, rinvenuta nel giacimento del Giurassico medio di La Voulte. Le appendici posteriori, non conservate nei fossili, sono ipotetiche.
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Una scena ricostruita ipoteticamente sulla base del materiale fossile del giacimento di La Voulte (Calloviano). Un tilacocefalo Dollocaris sp. tenta di predare un cefalopode di mare profondo (Proteroctopus ribeti); un altro Dollocaris inizia a smembrare una carcassa di pesce teleosteo per nutrirsene. Il fondale è ricoperto di spugne silicee; gli artropodi sono il gruppo faunistico dominante; nella colonna d'acqua sono presenti pesci e cefalopodi.[9]
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Ricostruzione artistica di una scena ipotetica relativa al giacimento di Osteno (Sinemuriano - Giurassico inferiore). Tilacocefali Ostenocaris cypriformis sono a caccia di cefalopodi (Ostenoteuthis) e di altri artropodi (Coleia, Phlyctisoma) . Il sedimento, ricchissimo di spicole di spugne silicee, indica che queste forme erano comuni. Lo squaliforme Paleospinax pinnai passa sullo sfondo.
- ^ Pinna et al. (1982), p. 474, 476-477; fig. 2-4.
- ^ Le appendici raptatorie sono frequenti nelle forme predatrici degli artropodi, con la funzione di afferrare la preda e portarla all'apparato boccale.
- ^ Nel fossile appaiono costituite da una cuticola ispessita e sclerificata, e sono provviste di elementi appuntiti e taglienti (spine) per trattenere e smembrare la preda. Esempi simili sono le "zampe" anteriori delle mantidi e, tra i crostacei, delle canocchie.
- ^ Jobbins et al. (2020), Fig. 3
- ^ Charbonnier et al. (2010), p. 119.
- ^ Nei fossili di Osteno sono presenti solo le parti basali delle appendici, molto corte. Qui sono rappresentate ipoteticamente delle estensioni a spatola formate da setae che non sono conservate nel sito di Osteno, ma risultano presenti in altre forme da altri siti
- ^ Vannier et al. (2006).
- ^ Laville et al. (2023)
- ^ Charbonnier et al. (2010), p. 209.