Polittico dell'Apocalisse

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Polittico dell'Apocalisse
AutoreJacobello Alberegno
Data1360-1390 circa
Tecnicatempera e oro su tavola
Dimensioni95×61 cm
UbicazioneGallerie dell'Accademia, Venezia
La parte centrale

Il Polittico dell'Apocalisse è un dipinto a tempera e oro su tavola (95x61 cm) di Jacobello Alberegno, databile al 1360-1390 circa e conservato nelle Gallerie dell'Accademia di Venezia.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il polittico proviene dalla distrutta chiesa di San Giovanni Evangelista a Torcello e per un po' fu ospitato in un museo nell'isoletta lagunare. Smembrato e privato della cornice originale probabilmente all'epoca delle soppressioni (1808), non si sa se fosse dotato di cuspidi o altri pannelli.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Le cinque tavole del polittico mostrano altrettante visioni descritte da san Giovanni nell'Apocalisse. In quella centrale (95x61 cm) Dio è assiso in trono entro una mandorla, tra i simboli degli evangelisti "pieni d'occhi davanti e di dietro" (4,6) e una schiera di patriarchi, i "ventiquattri vegliardi avvolti in candide vesti con corone d'oro sul capo" (4,4), alcuni recanti ampolle. Ha sulle ginocchia l'Agnus Dei e il libro. In basso sta l'evangelista che guarda la scena inginocchiato, con le mani aperte e rivolte al cielo, mentre ai suoi piedi sta il libro e gli attrezzi per la scrittura, pronti ad essere usati.

La prima delle tavolette laterali (45x32 cm ciascuna) mostra la grande meretrice Babilonia, seduta su una creatura con sette teste e dieci corna. Porta in mano la coppa "colma degli abomini e delle immondezze della sua prostituzione" (17,4) e vomita il "sangue dei santi e dei martiri di Gesù" (17,6). Poi la Visione di san Giovanni. Segue il Giudizio finale, dove Gesù giudice, assiso in cielo, assiste alla resurrezione dei corpi. Gli scheletri si alzano tenendo in mano un libro dove sono annotate le opere da essi compiute nella vita terrena, mentre Gesù tiene in mano il Libro della Vita coi nomi dei giusti: coloro che non vi compaiono sono destinati alla seconda morte nello stagno di fuoco, a sinistra.

Segue la Vendemmia del mondo, dove un angelo esorta un compagno a vendemmiare, con la falce, una vigna i cui grappoli sono ormai maturi (14,2), un'immagine che allude alla fine del mondo. Infine la Visione del cavaliere con diademi sul capo, che è accompagnato da eserciti su cavalli bianchi (19,11); egli, uomo giusto, ha lo scettro di ferro con cui governare le genti.

Stile[modifica | modifica wikitesto]

L'opera illustra didascalicamente il testo biblico, fornendo delle illustrazioni vivaci e preziose. Lo stile mostra un influsso di Giusto de' Menabuoi, nella vivacità dei colori adoperati e nella forza espressiva delle figure.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]