Plantago indica

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Piantaggine ramosa
Plantago indica
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
(clade)Eudicotiledoni centrali
(clade)Asteridi
(clade)Euasteridi I
OrdineLamiales
FamigliaPlantaginaceae
TribùPlantagineae
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SottoregnoTracheobionta
SuperdivisioneSpermatophyta
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseAsteridae
OrdineLamiales
FamigliaPlantaginaceae
GenerePlantago
SpecieP. indica
Nomenclatura binomiale
Plantagp indica
L., 1759
Nomi comuni

Piantaggine delle sabbie

La piantaggine ramosa (Plantago indica L., 1759) è una pianta erbacea perenne della famiglia delle Plantaginaceae[1]

Il nome generico (Plantago) deriva dalla parola latina "planta" che significa "pianta del piede" e fa riferimento alle piatte foglie basali di questa pianta simili a "piante di un piede".[2][3] L'epiteto specifico (indica) fa riferimento in qualche modo all'India (a volte questo termine è usato liberamente per indicare una generica origine orientale).[4][5]

Il nome scientifico della specie è stato definito da Linneo (1707 – 1778), conosciuto anche come Carl von Linné, biologo e scrittore svedese considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione "Systema Naturae" del 1759.[6]

Descrizione delle parti della pianta
Il portamento
Le foglie
Infiorescenza
I fiori

Le piante di questa voce hanno una altezza variabile da 5 a 35 cm. La forma biologica è terofita scaposa (T scap), ossia in generale sono piante erbacee che differiscono dalle altre forme biologiche poiché, essendo annuali, superano la stagione avversa sotto forma di seme e sono munite di asse fiorale eretto e spesso privo di foglie.[7][8][9][10][11][12]

Le radici sono secondarie da rizoma.

La parte aerea del fusto è ascendente o eretta, è ramosa con rami ascellari e pelosi e più o meno ghiandolosi.

Le foglie, radicate ai nodi, hanno una disposizione opposta, sono distanziate e formano un fusto foglioso. La lamina è intera, piatta con forme strettamente lineari-lanceolate attenuate verso l'apice (gli apici sono ottusi). Dimensione delle foglie: larghezza 1 mm; lunghezza 35 – 70 mm.

Infiorescenza

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Le infiorescenze sono numerose a forma di spiga più o meno ovoide (ovale-ellittica) su peduncoli allungati in posizione opposta alle ascelle delle foglie superiori. Sono presenti delle brattee dimorfe con forme lanceolate; quelle inferiori hanno la base allargata (3 – 4 mm), hanno una consistenza membranosa e sono sormontate (prolungate) da una resta erbacea lineare di 3 – 6 mm; quelle superiori hanno delle forme da ovali a oblanceolate e sono larghe 2,5 mm. Dimensione dell'infiorescenza: 1 - 1,5 cm. Lunghezza dei peduncoli: 5 – 6 cm.

I fiori sono ermafroditi, attinomorfi, tetrameri (4-ciclici), ossia con quattro verticilli (calicecorolla - androceogineceo) e tetrameri (4-meri: la corolla e il calice sono più o meno a 4 parti).

  • Formula fiorale. Per la famiglia di queste piante viene indicata la seguente formula fiorale:
X oppure *, K (4-5), [C (2+3) oppure (4), A 2+2 oppure 2] G (2), (supero), capsula.[8]
  • Calice: il calice formato da 4 sepali è gamosepalo e attinomorfo a forma di tubo terminante con 4 denti (la parte terminale dei quattro sepali) a forma ovata (soprattutto quelli anteriori); la superficie è glabra o cigliata. I sepali possono essere leggermente riuniti 2 a 2. Quelli dorsali sono carenati (ma non sono alati). Il calice inoltre è persistente. Lunghezza dei sepali: 3,5 – 4 mm.
  • Corolla: la corolla formata da 4 petali è gamopetala e attinomorfa (in realtà i petali da 5 sono diventati 4 per fusione dei due petali superiori). La consistenza è membranosa (o scariosa) ed ha un tubo allungato terminante con 4 lobi patenti. Il colore è bianco (o giallastro). Lunghezza dei lobi della corolla: 1,8 - 2,2 mm.
  • Androceo: gli stami sono 4 didinami e epipetali (ossia adnati all'interno della corolla con disposizione alternata rispetto ai petali); la loro lunghezza supera quella della corolla. I filamenti sono colorati di marrone. Le antere sono grosse a due logge con base debolmente sagittata (le sacche polliniche sono divergenti) e deiscenza longitudinale. Il colore delle antere è bianco-giallastro. I grani pollinici sono tricolporati. Dimensione delle antere: larghezza 1,2; lunghezza 1,9 mm.
  • Gineceo: l'ovario è supero formato da due carpelli saldati (ovario biloculare; ma possono essere presenti da 1 fino a 4 loculi). In ogni loculo si trova uno o più ovuli a placentazione assile (se il loculo è uno solo, allora la placentazione può essere libera, centrale o basale). Gli ovuli hanno un solo tegumento e sono tenuinucellati (con la nocella, stadio primordiale dell'ovulo, ridotta a poche cellule).[13] Lo stilo è unico, filiforme con uno stigma cilindrico o usualmente bilobo (a volte lo stigma è piumoso). Il disco nettario è assente (l'impollinazione è soprattutto anemogama).
  • Fioritura: da maggio a luglio (settembre).

I frutti sono delle capsule da ovoidi a ellissoidi con deiscenza trasversale (opercolata, ossia con coperchio) in parte nascoste dai sepali persistenti. I semi sono numerosi; il colore è bruno-rossastro. I cotiledoni sono paralleli al lato ventrale. Lunghezza dei semi: 2,5 - 2,75 mm.

  • Impollinazione: l'impollinazione avviene in parte tramite insetti (impollinazione entomogama), ma soprattutto tramite il vento (impollinazione anemogama).[7]
  • Riproduzione: la fecondazione avviene fondamentalmente tramite l'impollinazione dei fiori (vedi sopra).
  • Dispersione: i semi cadendo a terra (dopo essere stati trasportati per alcuni metri dal vento – disseminazione anemocora) sono successivamente dispersi soprattutto da insetti tipo formiche (disseminazione mirmecoria), ma anche da uccelli.[8]

Distribuzione e habitat

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Distribuzione della pianta
(Distribuzione regionale[14] – Distribuzione alpina[15])

Fitosociologia

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Dal punto di vista fitosociologico Plantago indica appartiene alla seguente comunità vegetale:[15]

Formazione: delle comunità terofitiche pioniere nitrofile
Classe: Stellarietea mediae
Ordine: Sisymbrietalia
Alleanza: Salsolion ruthenicae

La famiglia di appartenenza della specie (Plantaginaceae) comprende 113 generi e 1800 specie[8] (114 generi e 2100 specie[10] o anche 90 generi e 1900 specie[17] secondo altre fonti) ha una distribuzione più o meno cosmopolita ma con molti taxa distribuiti soprattutto nelle zone temperate e nell'areale mediterraneo. Il genere Plantago si compone di oltre 250 specie una trentina delle quali sono presenti nella flora spontanea italiana. All'interno della famiglia Plantaginaceae il genere di questa specie è descritto nella tribù Plantagineae.[18]

Alcune checklist[14][15][16] considerano come valido per la specie di questa voce il seguente nome scientifico:

  • Plantago arenaria Waldst. & Kit.

Il genere Plantago è suddiviso in 4 sottogeneri (subg. Plantago; subg. Coronopus (Lam. & DC.) Rahn; subg. Psyllium (Juss.) Harms; subg. Bougueria (Decne) Rahn & Reiche). La specie di questa voce è descritta all'interno del sottogenere Plantago sect. Psyllium insieme ad altre specie come Plantago afra L., Plantago sempervirens Crantz, Plantago lanceolata L. e altre.[19]

Il numero cromosomico di P. indica è: 2n = 12.[20]

Per questa specie è riconosciuta la seguente sottospecie:[16]

  • Plantago indica subsp. orientalis Soó, 1982 - Distribuzione: Crimea

Questa entità ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco seguente indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:[1]

  • Plantago agrestis Salzm. ex Steud.
  • Plantago arenaria Waldst. & Kit.
  • Plantago cynopsidea Schult.
  • Plantago eriocarpa Viv. ex Coss.
  • Plantago garganica Decne.
  • Plantago pseudopsyllium Desf.
  • Plantago psyllia St.-Lag.
  • Plantago psyllium L.
  • Plantago ramosa Asch.
  • Plantago sicula C.Presl
  • Plantago stricta Boutelou ex Willk. & Lange
  • Psyllium afrum Mirb.
  • Psyllium annuum Mirb.
  • Psyllium annuum Thuill.
  • Psyllium arenarium (Waldst. & Kit.) Mirb.
  • Psyllium erectum Dum.Cours.
  • Psyllium indicum Mirb.
  • Psyllium parviflorum Mirb.
  • Psyllium ramosum Gilib.

Specie simili

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Le specie del genere Plantago sono difficili da distinguere una dall'altra. La seguente tabella evidenzia i caratteri più significativi delle due specie più simili a quella di questa voce:[7]

  • Plantago indica L.: il ciclo biologico della pianta è annuale; il fusto è erbaceo ed eretto; le brattee sono dimorfe; quelle inferiori hanno la base allargata (3 – 4 mm), hanno una consistenza membranosa e sono sormontate (prolungate) da una resta erbacea lineare di 3 – 6 mm; quelle superiori hanno delle forme da ovali a oblanceolate.
  • Plantago afra L.: il ciclo biologico della pianta è annuale; il fusto è erbaceo ed eretto; le brattee sono tutte più o meno uguali, acute e lunghe 4 – 8 mm.
  • Plantago sempervirens Crantz: il ciclo biologico della pianta è perenne; i fusti sono legnosi con portamento contorto.

Altre notizie

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La piantaggine delle sabbie in altre lingue è chiamata nei seguenti modi:[15]

  • (DE) Sand-Wegerich, Indischer-Wegerich
  • (FR) Plantain des sables
  • (EN) Branched Plantain
  1. ^ a b (EN) Plantago indica L., in The Plant List. URL consultato l'8 gennaio 2016.
  2. ^ Botanical names, su calflora.net. URL consultato il 26 dicembre 2015.
  3. ^ David Gledhill 2008, pag. 305.
  4. ^ Botanical names, su calflora.net. URL consultato l'8 gennaio 2016.
  5. ^ David Gledhill 2008, pag. 213.
  6. ^ The International Plant Names Index, su ipni.org. URL consultato l'8 gennaio 2016.
  7. ^ a b c Pignatti 1982, Vol. 2 - pag. 636.
  8. ^ a b c d Judd, pag. 493.
  9. ^ Motta 1960, Vol. 3 - pag. 359.
  10. ^ a b Strasburger, pag. 852.
  11. ^ Kadereit 2004, pag. 327.
  12. ^ eFloras - Flora of Pakistan, su efloras.org. URL consultato l'8 gennaio 2016.
  13. ^ Musmarra 1996.
  14. ^ a b Conti et al. 2005, pag. 144.
  15. ^ a b c d e Aeschimann et al. 2004, Vol. 2 - pag. 176.
  16. ^ a b c EURO MED - PlantBase, su ww2.bgbm.org. URL consultato il 9 gennaio 2016.
  17. ^ Angiosperm Phylogeny Website, su mobot.org. URL consultato il 27 dicembre 2015.
  18. ^ Olmstead 2012.
  19. ^ Ronsted et al. 2002.
  20. ^ Tropicos Database, su tropicos.org. URL consultato l'8 gennaio 2016.

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Collegamenti esterni

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