Lucio Sergio Fidenate (tribuno consolare V secolo a.C.)

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Lucio Sergio Fidenate
Console e tribuno consolare della Repubblica romana
Nome originaleLucius Sergius Fidenas
GensGens Sergia
Tribunato consolare433 a.C., 424 a.C., 418 a.C.
Consolato437 a.C., 429 a.C.

Lucio Sergio Fidenate (Roma, ... – ...; fl. V secolo a.C.) è stato un politico e militare romano del V secolo a.C..

Primo consolato

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Fu eletto al primo consolato nel 437 a.C., insieme a Marco Geganio Macerino, al suo terzo consolato[1].

Sotto il suo consolato ebbe inizio lo scontro con Fidene, alleatasi con Veio, dove regnava Lars Tolumnio, e i Falisci.

Guidò l'esercito romano contro l'esercito veiente, guidato da Tolumnio, in uno scontro campale lungo le sponde dell'Aniene; i romani ebbero la meglio, ma lo scontro fu così violento, e causò così tante perdite anche tra i romani, che si decise per la nomina di un dittatore per condurre la campagna[1].

Mamerco Emilio Mamercino, eletto dittatore, guidò i romani alla vittoria contro i tre popoli nemici, ottenendo per questo il trionfo[2].

Primo tribunato consolare

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Fu eletto tribuno consolare nel 433 a.C. con Marco Fabio Vibulano, e Marco Folio Flaccinatore, tutti e tre patrizi[3].

Durante la sua magistratura Roma soffrì prima la pestilenza e poi la carestia, visto che il contagio era arrivato anche nelle campagne, cui si cercò di porre rimedio importando grano dalle zone vicine e dalla Sicilia.

Secondo consolato

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Nel 429 a.C. fu eletto al suo secondo consolato con Osto Lucrezio Tricipitino[4].

«I consoli successivi furono Lucio Sergio Fidenate, per la seconda volta, e Ostio Lucrezio Tricipitino. Durante il loro consolato nulla accadde che sia degno di menzione.»

Secondo tribunato consolare

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Nel 424 a.C. fu eletto per la seconda volta Tribuno consolare con Appio Claudio Crasso, Spurio Nauzio Rutilo e Sesto Giulio Iullo[5].

Durante l'anno furono istituiti grandi giochi per festeggiare la vittoria su Veio e Fidene di due anni prima. Successivamente, per evitare che anche per l'anno successivo fossero eletti i Tribuni consolari, con uno stratagemma i senatori riuscirono ad eleggere i consoli per l'anno successivo[6].

Terzo tribunato consolare

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Nel 418 a.C. fu eletto per la terza volta Tribuno consolare con Gaio Servilio Axilla e Marco Papirio Mugillano[7].

Si decise di dichiarare guerra ai Labicani, dopo che i Tuscolani riferirono ai Senatori che questi si erano accampati armati sul monte Algido con qualche rinforzo degli Equi.

Subito sorsero contrasti tra i tribuni su come si dovesse condurre la campagna militare, e solo l'intervento di Quinto Servilio Prisco Fidenate, nominato dittatore nel 435 a.C. per condurre la campagna contro Veio e Fidene, riuscì a definire la questione degli incarichi.

«Visto che non avete alcun rispetto né per questo consesso né per la repubblica, dirimerà questa contesa l'autorità paterna: mio figlio governerà la città senza che si debba ricorrere all'estrazione a sorte. Spero soltanto che chi aspira al comando in guerra sappia usare maggiore ragionevolezza e concordia nel reggerlo che nel desiderarlo.»

Così mentre Gaio Servilio, figlio di Quinto, presidiava la città, Sergio e Papirio condussero le legioni fino davanti all'accampamento nemico, ma non per questo cessarono i contrasti tra i due tribuni, che alla fine si accordarono per comandare l'esercito a giorni alterni.

E fu proprio quando il comando era esercitato da Sergio, che i romani furono sorpresi in una posizione svantaggiosa dagli Equi, che ebbero gioco facile ad ucciderne molti ed a mandare in fuga i superstiti.

Giunta in città la notizia della disfatta, si decise di nominare Quinto Servilio dittatore[8]. perché la campagna fosse condotta senza altre perdite per i romani. E infatti, rinfrancati dalla guida del dittatore, i romani prima sconfissero gli Equi sul campo, poi espugnarono Labico, che fu data alle fiamme e saccheggiata[9].

Infine, a seguito di questa vittoria, il Senato decise di inviare a Labico 1.500 coloni, a ciascuno dei quali furono assegnati 2.000 iugeri di terra[9].

  1. ^ a b Tito Livio, "Ab Urbe Condita", IV, 2, 17.
  2. ^ Tito Livio, "Ab Urbe Condita", IV, 2, 20.
  3. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, IV, 2, 30.
  4. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, IV, 2, 30
  5. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, IV, 3, 35.
  6. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, IV, 3, 35-36.
  7. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, IV, 4, 45.
  8. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, IV, 4, 46.
  9. ^ a b Tito Livio, Ab Urbe condita, IV, 4, 47.

Voci correlate

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Predecessore Fasti consulares Successore
Lucio Quinzio Cincinnato, Mamerco Emilio Mamercino e Lucio Giulio Iullo (437 a.C.)
con Marco Geganio Macerino III
Lucio Papirio Crasso
Marco Cornelio Maluginense
I
Gaio Giulio Iullo e Lucio Verginio Tricosto (433 a.C.)
con Marco Fabio Vibulano I e
Marco Folio Flaccinatore
Lucio Pinario Mamercino,
Spurio Postumio Albo Regillense e Lucio Furio Medullino
II
Lucio Papirio Crasso e
Lucio Giulio Iullo
(429 a.C.)
con Osto Lucrezio Tricipitino
Aulo Cornelio Cosso e
Tito Quinzio Peno Cincinnato
III
Lucio Quinzio Cincinnato, Lucio Furio Medullino e Aulo Sempronio Atratino e Lucio Orazio Barbato 424 a.C.
con Appio Claudio Crasso, Spurio Nauzio Rutilo e Sesto Giulio Iullo
Gaio Sempronio Atratino e
Quinto Fabio Vibulano Ambusto
IV
Spurio Nauzio Rutilo, Publio Lucrezio Tricipitino e
Agrippa Menenio Lanato
418 a.C.
con Gaio Servilio Axilla e Marco Papirio Mugillano
Publio Lucrezio Tricipitino, Agrippa Menenio Lanato e
Spurio Veturio Crasso Cicurino
V