Ghiandole coxali

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Le ghiandole coxali negli aracnidi sono organi deputati all'escrezione situati in alcuni segmenti del cefalotorace e sono provvisti di dotti che fuoriescono all'altezza delle coxae dei rispettivi segmenti.

Insieme ai tubuli malpighiani dei ragni sono deputate all'escrezione soprattutto di residui metabolici, che isolano o riciclano, se possibile, per poi restituirli al circolo sanguigno[1].

Il nome deriva dal latino glandula, che significa ghiandola, tonsilla, a sua volta proveniente dal latino glans, che vuol dire ghianda, per la somiglianza di forma; e dal latino coxa, che originariamente significava anca, coscia e in seguito, per estensione, ha indicato qualsiasi tipo di articolazione con punto di partenza nel corpo.

Le ghiandole coxali, dette anche nefridi con sacculi, si formano direttamente da piccoli involucri sacciformi del celoma, che normalmente si accrescono collegati ad uno o più segmenti del cefalotorace con piccoli dotti che secernono le scorie all'altezza delle rispettive coxae.

All'interno di questi involucri vanno e vengono i nefrociti, presenti nell'emocele e deputati a rinvenire e inglobare residui tossici e scorie nel circolo sanguigno del ragno, a portarli alle ghiandole per l'espulsione o l'eventuale riciclo[1].

Le ghiandole sono più diffuse negli ordini di aracnidi che hanno abitudini acquatiche o semi acquatiche[1].

  • Edward E. Ruppert, Richard S. Fox e Robert D. Barnes, Zoologia degli invertebrati, 4ª ed., Padova, Piccin Nuova Libraria, 2007.
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