Discorso sull'economia politica

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Discorso sull'economia politica
Titolo originaleDiscours sur l'économie politique
Frontespizio di un'edizione del 1758 del Discorso sull'economia politica
AutoreJean-Jacques Rousseau
1ª ed. originale1755
GenereSaggio
SottogenereSaggio di filosofia politica sull'economia
Lingua originalefrancese

Il Discorso sull'economia politica (titolo originale francese: Discours sur l'économie politique) è un saggio del filosofo ginevrino Jean-Jacques Rousseau dedicato al tema dell'economia politica, cioè alla scienza economica intesa da una prospettiva sociale e morale. Pubblicato per la prima volta nel 1755 come voce Economia politica all'interno del quinto volume dell'Encyclopédie di Diderot e d'Alembert,[1] il testo venne poi edito autonomamente come Discorso sull'economia politica; seguendo cronologicamente il Discorso sulle scienze e le arti e il Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini, è a volte citato come "terzo discorso".[2]

Inquadramento dell'opera

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Il Discorso sull'economia politica venne composto da Rousseau nel corso dell'anno 1754.[1] Nel 1750 era stato pubblicato il Discorso sulle scienze e le arti, e nello stesso 1754 sarebbe stato pubblicato anche il Discorso sull'ineguaglianza; queste due opere avevano un contenuto fortemente critico non solo verso le istituzioni e i costumi dell'epoca in cui l'autore viveva, ma anche verso la società e la civilizzazione nel loro complesso: esse venivano considerate molto negativamente, in quanto corruttrici della natura originariamente buona dell'uomo. Tuttavia Rousseau non riteneva possibile far retrocedere l'uomo allo stato di primigenia felicità e innocenza nella natura selvaggia; quindi, dovendo superare il male nel male, tratteggiò nel Discorso sull'economia politica (oltre che, più compiutamente, nel successivo Contratto sociale) le caratteristiche salienti di una società più giusta di quella esistente.[2]

In effetti, il Discorso sull'economia politica introduce alcuni dei temi e dei concetti che, sviluppati più in profondità nel Contratto sociale, costituiscono il nucleo della filosofia politica rousseauiana.[2] Tra di essi, in primo luogo, figura l'idea di volontà generale (volonté générale): si tratta di un concetto la cui precisa interpretazione risulta tuttora oggetto di dibattiti tra gli studiosi[2] ma che in sostanza per Rousseau rappresenta una volontà diretta al bene del corpo politico non in quanto somma di singoli, ciascuno con i suoi interessi particolari, ma in quanto comunità legata da un patto costitutivo e caratterizzata da un interesse comune; è solo l'aderenza alla volontà generale, proprio in quanto essa è generale, che secondo Rousseau può legittimare il potere legislativo.[3] Rousseau è peraltro consapevole che l'esistenza di interessi privati in seno alla società può far sì che la volontà di tutti (o, a maggior ragione, della maggioranza) e la volontà generale divergano,[2] ma identifica il buon governo con la condizione in cui l'interesse perseguito dai governanti è uguale all'interesse del popolo.[3]

Un altro importante passo del Discorso sull'economia politica è quello in cui si stabilisce la distinzione tra potere legislativo e potere esecutivo: il potere esecutivo, detenuto dal governo, deve sottostare alle leggi emanate dal corpo politico sovrano (cioè alla volontà generale) e il suo ruolo è solamente quello di far rispettare tali leggi.[3]

Rousseau stabilisce poi, alla luce di ciò, tre massime alle quali tutti i governi dovrebbero attenersi:

  • La volontà generale deve essere sempre assecondata dal governo, per quanto possibile; essa deve essere ben separata dalla congerie di volontà individuali e, una volta compiuta questa operazione, deve essere seguita scrupolosamente soprattutto dai governanti, il che è come dire che anche e soprattutto i governanti devono attenersi alla legge.[2][3]
  • Bisogna fare in modo che l'insieme delle volontà particolari si avvicini il più possibile alla volontà generale; i cittadini vanno educati fin dalla loro giovinezza ad amare la patria e le leggi che proteggono l'uguaglianza di tutti i membri dello Stato, in modo che si abituino a desiderare il bene della comunità nell'aderenza alla volontà generale.[2][3]
  • Bisogna adoperarsi affinché i cittadini abbiano la possibilità di provvedere alla loro sussistenza, e cioè affinché i loro bisogni siano soddisfatti; questo punto, facendo riferimento all'amministrazione dei beni, è quello più direttamente legato all'economia: secondo Rousseau, bisogna sostanzialmente che la proprietà privata sia adeguatamente garantita contro i soprusi e che il lavoro (fondamento imprescindibile della proprietà legittima) sia incoraggiato e tutelato.[2][3] Per quanto riguarda le tasse imposte dal fisco, Rousseau specifica che esse devono essere esatte secondo modalità approvate dal popolo tramite la legge e che coloro che possiedono solo il necessario per sopravvivere ne vengano esentati; si tratta di una importante rivendicazione di giustizia sociale.[3]

Come si è detto, le idee espresse nel Discorso sull'economia politica vennero riprese, approfondite e ampliate dall'autore nella sua successiva opera di filosofia politica, il Contratto sociale, che venne pubblicato nel 1762.

  1. ^ a b Paolo Casini, Introduzione a Rousseau, 3ª ed., Roma-Bari, Laterza, 1986 [1974], p. 131.
  2. ^ a b c d e f g h (EN) James J. Delaney, Rousseau, Jean-Jacques, su Internet Encyclopedia of Philosophy, 21 ottobre 2005. URL consultato l'11 maggio 2012.
  3. ^ a b c d e f g (FR) Discours sur l'économie politique, su MEMO – Voyagez à travers l'Histoire. URL consultato il 22 maggio 2012 (archiviato dall'url originale l'8 novembre 2012).

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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