Wikipedia:Proposte di trasferimento/Wikisource/Uberto Benvoglienti

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Trascrizione del carteggio[modifica wikitesto]

1 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 17 luglio 1723

«[c. 35 r] Il di 12 del presente mese, ritrovandosi in Firenze il signor conte Mario Tolomei, e con gran pietà, essendo nella chiesa di S. Giovanni alla revisione delle sacrosante reliquie, ordinata dal signor senatore conte Anton G. Pecori vigilantissimo provveditore della medesima, nel riguardare diligentemente com'egli fece il venerabil indice ben conservato di s. Giovanni Battista con giubbilo grande di tutti, disse, esser quello veramente l'indice del s. Precursore, adducendone per sicura prova, mancare all'insigne suo braccio, che si conserva nella metropolitana di Siena, ed esser simile a quello nel colore, ed in altre cose degne d'osservazione; essendolo più volte creduto. Io non posso mai ridire bastevolmente quanto riuscisse e di consolazione e di consenso questa notizia. Imperocche, quantunque sia certo per antiche scritture esser questo veramente l'indice del braccio destro col quale il santissimo Precursore additò Gesù Cristo, e similmente così essere stato posseduto anticamente da 13 sommi pontefici, e finalmente donato alla prenom[inat]a chiesa dal cardinal Baldassarre Cossa [c. 35 v] per l'avanti papa Giovanni XXIII nulladimeno nella mente di alcuni n'è stato sempre qualche dubbio. Ora, mettendo io insieme tutte quelle maggiori e necessarie notizie, che porsi intorno alle cose riguardevoli di questo antico ed insigne tempio per farne col divino aiuto una storia, e mandarla alla luce, mentre io ne sia, come spero, confortato, e aiutato a tale impresa; ricorro umilmente a V. S. illustrissima e la supplico di questa grazia, che deve essere di tanto onore, e gloria alla chiesa di S. Giovanni a cui ho la fortuna di servire, alla città tutta, e a me, di darmene una sicura conferma, corredata di tutte quelle notizie, che ha intorno a codesto insignissimo braccio. Primieramente se sia il braccio destro di s. Giovanni Battista che questo è quello che più importa, e se abbia tutte l'altre dita, eccetto che l'indice; chi l'abbia donato, e se costì la donazione per carta, e se la iscrizione o greca o latina, mi onori di farmene fare una copia. Io chiedo molto di più senza alcun merito, ma so ancora che V. S. illustrissima essendo ornata di somma scienza e letteratura è piena d'un infinito desiderio [c. 36 r] di giovare al pubblico, e alli studiosi dell'antiche memorie delle quali ella ne è intendentissima e pratichissima. Molto tempo prima volevo supplicarla di questa grazia ma l'ottima congiuntura del signor conte Tolomei me ne ha dato ora un gagliardissimo impulso. Intanto pieno d'un vivo desiderio di poter obbedire, e servire V. S. illustrissima in qualche cosa mi do l'onore ora per sempre di dirmi

di V. S. Illustrissima Umilissimo ed Obbligatissimo Servitore Vostro Anton Francesco Gori»

2 - A Anton Francesco Gori - Siena, 6 gennaio 1724

«[c. 452 r] Molto Illustre Reverendo Signor Padrone Colendissimo

Io sono debitore di risposta riverito signor Gori, a due vostre, alla prima ricevuta in villa, nella quale io viddi con quanta gentilezza voi abbiate accolto le mie congetture sopra l'insigne braccio di s. Giovanni Battista. In oltre vi lessi, che voi desideravate da queste parti alcune iscrizzioni , ma mi davate licenza, che di queste io non avessi alcuna fretta. Ritornato in Siena ricevo altra , in cui per vostra gentilezza un anunzio di vera felicità mi fate nelle passate feste del S. Natale. Di questa bontà, che voi avete per me ve ne rendo le più distinte grazie, e io desidero a voi questo presente anno ricolmo di tutte quelle felicità, che voi potete desiderare. In questa anco mi rammentavate l'inscrizzioni. Io per dirvi il vero non n'aveva fretta alcuna in riguardo a quello, che voi mi dicevate nella vostra prima. Ora che veggo, che n'avete maggior premura vedrò di servirvi, e di gia da chi le possiede ho avuta permissione di mandarle a copiare. Io mi penso, che l'esistenti saranno intorno a 20 ma per i libri ne ritroverò qualcheduna, [c. 452 v] che inedite stimo, che sieno, ma cio non posso a pieno assicurare, perche io non tengo nel mio studiolo la gran raccolta fatta dal Grutero . Ma queste iscrizzioni la maggior parte sono venute di fuori, la qual cosa parmi, che sia notizia non discara a sapersi. Appresso il signor balì Redi parmi d'avere inteso dire, che diverse iscrizioni sieno raccolte appartenenti a quel paese. Negli Annali di Arezzo di Pietro Farulli a f. 3 ritrovo molte iscrizzioni che sono conservate in un antico libro del più erudito e dotto antiquario della Toscana, quale mi vien detto che sia costà un certo signor Alessandri, ma di tutto io sto in dubbio se sia vero nulla. Quello che di certo si è, che in cotesta città vi fu portata un iscrizione di Roma dal signor Riccardo Riccardi nel 1594 overo 1595. Così iscrive in un suo discorso intorno alle armi gentilizie il nostro famoso Celso Cittadini , e incomincia «Ara posita. ab Scante. sacerdote». Se questa più non vi fusse la farò copiare. Io mi rallegro seco di si [c. 453 r] bella raccolta, e quanto questa sia necessaria basta leggere quel che ne dice ne Traduttori italiani il letteratissimo marchese Maffei ; a me giova credere con lui, che l'istoria più antica si ricavi dalle iscrizioni ma il danno si è, che poche sono l'inscrizioni romane, che sieno superiori a tempi di Giulio Cesare. Nell'iscrizione vi sono maggiori notizie, che non sono nelle medaglie. Universalmente sono più antiche di quelle, ma non è però con pace di tanto uomo, che non vi sia qualche medaglia o peso, che senza dubbio è più antico delle iscrizioni romane e greche, come fra gl'altri è il mio peso toscano, col qual facilmente si spiega meglio, che non l'ha fatto il celebre Boccarto nella sua Geografia sacra , la favola de Tirreni mutati in delfini, del qual peso ne fa anco ricordanza il Giambullari nel suo Gello , dove vanamente tenta d'ispiegare le lettere di questo peso; perciò meritamente ne ricevette le beffe da Benedetto Varchi nel suo Dialogo delle lingue . Io stimo, che la scultura, e il disegno più nobile e più perfetto si riconosca nelle medaglie, che nell'iscrizioni, perché da gente di più qualità quasi sempre sono fatte le prime che le seconde; nelle azzioni poi particolari degli uomini per lo più si nelle iscrizioni come nelle medaglie non vi ritrovo cosa da potersi [c. 453 v] fidare. Voi averete veduto costà, e io qua diverse iscrizzioni nelle chiese, delle quali noi a pena ne leggeremo una, che azzioni contenga, che istranamente non sian caricate. Ma quello, che vi è di peggio si nelle iscrizioni come nelle medaglie il potere ravvisare quali sieno false, e quali vere. I luoghi sono ripieni d'iscrizzioni false; ultimamente il marchese Maffei mi fece riconoscere nel chiostro dei padri Serviti un iscrizzione di una nostra famiglia essere falsa. Fra Annio mi penso, che n'abbia inventate la sua parte; le Tavole Eugubine parimente con molti letterati false le giudico. Un altra difficoltà parimente nelle iscrizzioni ritrovo, e si è quel necessario riconoscimento di sapere, se l'inscrizioni contemporanee sieno; in tale riconoscimento qualche poco può giovare il giusto ravvisamento de caratteri; ma a dire lo vero cio non è a pieno bastante; noi giornalmente in tal fatto ritroviamo presi di grandi equivoci per ezemplo l'inscrizione del Duomo del cardinale Casini nel nostro Duomo come non contemporanea non è giusta. E per fine tutto ossequio mi rassegno

di V. S. molto illustre Devotissimo Obbligatissimo Servitore Uberto Benvoglienti»

3 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 8 gennaio 1724

«[c. 118 r] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Pervenutami in questo giorno la gentilissima, e obbligantissima di V. S. illustrissima de’ 6 del corrente, dopo averla letta ben due volte per più apprezzare l’onore segnalatissimo, che ella mi fa con augurarmi felicissimo tutto quest’anno, con esibirmi cortesissimamente disposto a onorarmi d’una copia delle inscrizioni antiche romane, che sono costà, e nei luoghi suburbani di Siena, degnandosi di vantaggio di approvare questa mia faticosissima impresa, io non ho potuto far di meno di non risponderle in quest’istesso punto, rendendole umilissime grazie per tanta e si singolar bontà, di cui n’ho si gran parte fin’ora esperimentato, prima [c. 118 v] di averne acquistato il merito. Mi son mosso anco a scriverle a quest’oggetto, che non intendo di farle fretta, che troppo ardirei; faccia pure con tutto suo commodo, lasci passare il rigore del verno; intanto non si scordi di me, e intenda dove sono inscrizioni antiche, e frughi qualche libreria, se vi fosse qualche manoscritto, che ne avesse dell’inedite. Già so che V. S. illustrissima ha inteso benissimo il mio bisogno, non desidero altro, che iscrizioni antiche romane, delle moderne per ora non me ne curo. Godo, e godo al maggior segno, che le esistenti [c. 119 r] arrivino al numero di 20. Il signor balì Redi a cui ho scritto, mi ha promesso di favorirmi di tutte quelle, che sono in Arezzo, e di collazionare una copia di tutte quelle che io aveva. Questo signore Alessandri nostro erudito, e detto antiquario mi è del tutto ignoto; sarà egli il signore abate Pietro Andrea Andreini? L’iscrizione illustrata dal dottissimo suo Celso Cittadini è in casa Riccardi qui in Firenze, e già ne ho veduto il trattato manoscritto nella libreria Strozzi, e quando favorirà scrivermi, mi avvisi, se tale trattato sia stampato. Mi rallegro seco del peso toscano, che mi significa avere; non si scordi di veder quan[to] [c. 119 v] pesi, lo faccia disegnare per l’appunto come egli sta, e con quei caratteri e figure che vi sono. Mi piacciono al sommo l’osservazioni, che fa V. S. illustrissima sopra le lapidi antiche e mi gode l’animo nell’avere due sue lettere sì piene d’erudizione. Io ho supplicato molti insigni letterati, e signori i quali voglino onorarmi di fare una tavola d’intaglio in rame per la mia opera, [ove] sarà il disegno di qualche erudito basso rilievo, con prometter loro l’Opera, e porre nella tavola (dedicandogliela) il nome d’essi miei mecenati. La spesa sarà comportabile. Supplico V. S. illustrissima a farmi questa grazia ed onore; e se vi è costì qualche nobile bassorilievo si prenderà codesto. Fin’ora sono a 10. Non manchi V. S. illustrissima di favorirmi, a cui con tutta la rassegnazione del mio ossequio mi dico

Umilissimo ed Obbligatissimo Servitore Vostro Anton Francesco Gori»

4 - A Anton Francesco Gori - Siena, 3 febbraio 1724

«[c. 454 r] Signore Signore Padrone mio Colendissimo

Io non ho alcuna fretta di mandargli l'inscrizzioni gia che ella non n'a fretta alcuna, e vedrò fra tanto se potrò accrescerle. La faccenda del libro del signor Alessandri l'ho per una impostura fratesca. Il mss. di Celso Cittadini è un discorso sopra l'armi gentilizie entro il quale è l'inscrizzione del Riccardi quale presto si stamperà dubito però che sia differente da quello della Strozziana. Quà evvi un bel basso rilievo bislungo in marmo greco e saranno intorno à 28 figure che molto piacquero al marchese Maffei; questi parrebbe a me che potesse disegnare in foglio, quando à lei piaccia lo farò disegnare in quella forma che à lei piu piacerà. Ma infino al disegno qua si può fare assai bene ma non già intagliare perciò se vogliono solo il disegno me l'avvisi presto à finché trovi il tempo à chi l'a da disegnare non essendovi da noi altri che [c. 454 v] uno che possa servire bene. Il mio peso è oncie cinque meno due denari costà evvene il disegno ma quando Ella ne voglia un altro la servirò.

Di V.S. molto illustre Devotissimo Obbligatissimo Servitore Uberto Benvoglienti»

5 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 8 febbraio 1724

«[c. 121 r] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Viverò sempre ricolmo di somma gratitudine, e di ossequio alla incomparabile gentilezza di V. S. illustrissima colla quale si degna di favorire, e di promovere gli studi più cari d’un suo umilissimo servitore; né tralascerò di pubblicarla a tutto il mondo letterario quando si porranno alla luce tutte l’inscrizioni, che si ritrovano nello Stato di Siena da lei raccolte e descritte con tutta fedeltà, ed esattezza. In questo mese spero, che resterà terminata l’edizione di tutte quelle, che sono nel regio museo del nostro serenissimo Gran Duca. Godo sommamente che si stampi il discorso [c. 121 v] del dottissimo Celso Cittadini, essendo degnissimo d’andar per le mani dei letterati essendo disteso con profondo giudizio, ed erudizione. Arcigratissima mi è stata ancora la nuova, che mi ha onorato darmi, che costì vi sia un si raro, e pregievole bassorilievo; darà senza dubbio gran pregio alle antichità senesi; perciò io supplico V. S. illustrissima a farlo disegnare (giacché si gentilmente si esibisce) con tutta esattezza, con tutte le misure, che in esso si vedono. Il disegno, anzi la luce di tutto il disegno, sia della forma, che in questa accludo; [c. 122 r] affinché corrisponda all’altri, che si faranno, e a quattro, i quali già son fatti; se poi il pittore vede, che le figure, essendo intorno a 18, richiedano maggior campo, si può allargare un poco, ma poco dalle bande; lasci un poco di spazio di sopra, tanto che vi si possa incidere il numero della tavola, e sotto dire il luogo dove è il pilo, e il nome del mecenate a cui si dedica. Le figure siano disegnate di puro contorno, senza ombreggiature, che così ha giudicato meglio, che si faccia, il signor senatore Buonarroti. L’intagliatore è qui in Firenze; fatto venire da Roma dal signor senatore il quale è in quest’arte eccellentissimo. Procuri, che il pittore lo [c. 122 v] disegni di buon gusto, senza abbellimenti, ma con l’idea in testa della romana antichità o greca, che sia; e badi a ogni minuzia. Il peso, di cui mi parla, credo che sia quello riportato con intaglio da monsignor Fontanini nell’ultima edizione del famoso libro De antiquitatibus Horte, il quale dice averlo avuto dal suo museo. V. S. illustrissima lo riscontri se è quello, non la starò a incomodare, ma se è un’altro riceverò a suo tempo l’onore d’una copia, se pure qui non mi sortirà di trovarla; e pieno di [...] umilissimo ossequio desiderando l’onore dei suoi comandi mi dico

di V. S. illustrissima Umilissimo ed Obbligatissimo Servitore Anton Francesco Gori»

6 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 31 maggio 1724

«[c. 125 r] llustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo Sapendo per esperienza quanto sia gentile e cortese la bontà di V. S. illustrissima ardisco di significarle di nuovo il gran desiderio, che ho di ricevere per sommo favore, il disegno del bassorilievo, che è in codesta città, secondo la misura mandatale, e quando non serva il pittore la prenda da questo già intagliato, che è nel casino de’ nostri Principi, ed io intanto ricevo l’onore di porlo sotto i suoi occhi. Adornaranno come io spero almeno due dozzine di questi [c. 125 v] bassi rilievi la mia raccolta dell’inscrizioni antiche della Toscana, ed io ho avuto la sorte di dedicargli tutti a signori per nobiltà, e per dottrina ragguardevolissimi antichi. Raccomando a V. S. illustrissima il favore della copia delle lapidi antiche, che sono nei suburbi, e nella città di Siena; e vivamente la supplico a comandarmi, che lo reputerò per grazia sommamente [c. 126 v] grande e stimabile. In tanto protestandomi sempre infinitamente a lei obbligato resto col pregio singolare dell’essere, e di vivere

di V. S. illustrissima Umilissimo ed Obbligatissimo Servitore Anton Francesco Gori Firenze, 31 maggio 1724 [P. s.] Con promessa di ricompensare coll’Opera subito che sarà stampata, la spesa da essi fatta. Di questa grazia io ho supplicato, e torno di nuovo a supplicare V. S. illustrissima; senza però impegno; faccia quel che a lei piace. Se giudica di non accettare tal dedica, faccia ad ogni modo [c. 126 r] fare il disegno del basso rilievo consaputo su questo tenore, e di altri bassorilievi se ci sono che meritino la stampa, e la spesa (che in tutto è di scudi 7) tutti a mie spese; giacché io ho maggior copia di mecenati, che di bassorilievi»

7 - A Anton Francesco Gori Siena, 19 giugno 1724

«[c. 109 r] Molto [...] Reverendo Signore Padrone Colendissimo Al signore Anton Francesco Gori 19 giugno 1724

Diversi imbarazzi ch’io havuto nel maritare la mia unica figliuola sono stati cagione ch’io non ho replicato prima d’ora alla di lei carta. Io aveva fatto disegnare il basso rilievo, e non pareva che facesse male, e così era stato lodato da persone intelligenti, ma avanti di mandarlo volendolo riscontrare da me osservai che due figure avevano cambiato sito perciò ho ordinato rifarsi e alla fine della presente settimana me l’anno promesso, i nostri artisti sono lunghi. Io ho fatto ricopiare l’inscrizioni del signore Adriano Sani nostro gentiluomo dilettante e sono cinque. Quattro mi dice che sono venute di Roma e l’altra era à S. Antimo, di questa forsi ne dirò due righe. Vedrò d’avere quelle di casa Bandini che m’anno promesso ed alcune ne raccoglierò fra i miei manoscritti. E per finire con tutto ossequio devotamente mi sottoscrivo.»

8 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 6 settembre 1724

«[c. 117 r] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Con la congiuntura che viene a codesta città e poi quà ritorna il signore canonico Giovanni Antonio Urbani mio buon amico e padrone, io supplico vivamente la somma bontà di V. S. illustrissima a mandarmi il disegno di quel pilo sepolcrale antico, ch’ella ha scoperto, affinché ora, che prende far questo il mio intagliatore, ci ponga le mani. In caso, che non fosse ancor terminato, io la prego instantemente a farlo terminare e mandarlo con sopracarta diretta al signore senatore Buonarroti, che così non mi costerà cosa alcuna il post[...]. [c. 117 v] Ricordo ancora alla gentilissima umanità sua, di mandarmi, come può, la promessa fedel copia delle lapidi, e marmi scritti sanesi, tanto urbani, che suburbani; ed io non tralascerò di far degna memoria di tal grazia, e di sì cara fatica. Io non ho da raccomandare a V. S. illustrissima altra cosa dopo questa, che il darmi l’onore di servirla e obbedirla in qualche cosa; poiché sarò sempre prontissimo in servirla, siccome sarò costantissimo in dirmi di V. S. illustrissima Umilissimo ed Obbligatissimo Servitore Anton Francesco Gori»

9 - A Anton Francesco Gori - Siena, 8 settembre 1724

«[c. 456r] Signore Signore Mio Padrone Colendissimo

Alla fine io ho avuto dal Campani il disegno del pilo sepolcrale; io l'ho riscontrato coll'originale, e tutto insieme parmi che sia giusto mà non esattissimo quel animale che tiene quella [nonna], ben non si ravvisa che cosa sia, se sia un orso, un lione, od altro animale, il Campani à tralasciato la coda pendolina. Costui m'a perduto la misura e perciò non sono sicuro se sarà nella forma desiderata; sono pochi giorni ch'egli me l'a dato, questi è un giovane di bello spirito mà non a voglia di lavorare, ed io alla fine l'ho avuto con importunità. In circa l'iscrizioni io ho fatte copiare quelle del signor Adriano Sani e l’ho rivedute come parmi d’avergli accennato che sono cinque di numero; vedrò d’avere quelle di [c. 456v] casa Bandini nella quale metto la mia figliuola e ne raccoglierò alcune che parmi d’avere frà miei mss. fra le quali ve ne sara almeno una delle false come quella del sepolcro di Possena. Molte sono state le cagioni che fin ad ora ciò non hò fatto, e particolarmente perche la mia unica figliuola è stata in caso di morte ma ora per lo Dio grazia è guarita e stamattina per la prima volta và à messa. Il gran caldo che è stat[o] ogn’altra cosa mi lasciava fare che istudiare; in oltre q[ue]sti due mesi passati sono stato Capitano di Popolo che è [la] prima dignità della mia patria, qual carica di continuo mi dava qualche impaccio; com’anco un moto di corpo che per anco non è passato mi toglieva l’uso dell’applicare. Ora che presso che tutto è cessato spero che la potrò servire quanto prima. Con che resto

di V. S. Mio Signore Devotissimo Obligatissimo Servitore Uberto Benvoglienti»

10 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 20 settembre 1724

«[c. 123r] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Mi confesso infinitamente obbligato alla somma gentilezza di V. S. illustrissima nell’avermi trasmesso per signor canonico Urbani, accluso nella sua umanissima, il disegno del pilo sepolcrale, che è in casa del signore Adriano Sani. Tutta la diligenza e pulitezza di disegno, che io ho ravvisato in questo bellissimo baccanale maritimo, io l’ascrivo all’incomparabile sua attenzione; per la quale le ne rendo infinite umilissime grazie. [c. 123v] In quest’altra settimana il mio intagliatore vi porrà le mani, giacché egli è stato ammalato, ed io oggi respiro da una cattiva flussionaccia di testa e d’occhi. Subito che sarà intagliato io gliene trasmettetò la copia, per che mi onori di comandarmi come vuole restar servita, se si pubblichi dedicato al suo gran merito, e virtù, come io desidero. Godo, che vada faticando intorno alla raccolta delle sue patrie antichità e al maggior segno godo del nobilissimo accasamento della sua signora figliuola e dell’onoranza del Capitano del Popolo, che ha goduto, dignità ben dovuta alla sua prudenza, e dottrina. Io non raccomanderò altra cosa a V. S. illustrissima con maggior premura, che questa; che si degni di comandarmi, mentre mi troverà, quale umilmente mi dico di V. S. illustrissima Umilissimo Obbligatissimo Anton Francesco Gori»

11 - A Anton Francesco Gori - Siena, 25 settembre 1724

«[c. 457r] Signore Signore Padrone mio Colendissimo

Ho sommamente goduto che non sia dispiaciuto il disegno del pilo sepolcrale che è nella porta delli scalpellini dell’Opera del Duomo e non gia in casa del signor Adriano Sani, nelle mie lettere non parmi d’aver fatto tale errore. Vorrei ora ch’ella m’avisasse quando a ella di bisogno dell’altre iscrizioni; quelle del signor Sani di già l’ho avute e l’ho fatte copiare, sono di numero cinque; ho parimente avute quelle del signor Bandini che passano vinti mà non l’ho per anco fatte copiare. Di poi ne cercherò altretante ne miei libri ma vi vuol del tempo e presentemente si va di fuori però vorrei ch’ella precisamente m’avisasse in che tempo n’abbia bisogno à finche [c. 457v] io possa prendere le mie misure e per fine tutto ossequi mi sottoscrivo

di V. S. mio Signore Devotissimo Obligatissimo Servitore Uberto Benvoglienti»

12 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 27 settembre 1724

«[c. 127r] Avendo dato a lavorare al mio intagliatore il disegno inviatomi dalla somma gentilezza di V.S. illustrissima desidero, che più presto, che può mi avvisi se sia semplice bassorilievo, o pure un’intero pilo sepolcrale, che essendo così bisognerebbe farlo intagliare a guisa di arca con apertura di sopra; e similmente se vi sono figure nelle parti laterali; e nell’istesso tempo mi onorerà di mandarmi le misure puntualmente quanto sia lun[c. 127v]go, alto, e largo. Mi perdoni di grazia questo nuovo incomodo. Terminata che sarà l’Opera non tralascerò di corrispondere alla spesa, che averà fatta per me. Se vi fosse altra cosa simile in genere di bassorilievi antichi, di grazia, non lasci di darmene avviso. La copia delle inscrizioni, mi sarà sempre gratissima quando V. S. illustrissima l’abbia all’ordine, e sia riscon[c. 128r]trata bene coll’originali; sicché tanto sia leggere la copia delle antiche lapidi, quanto l’istesse lapidi, per che questo è il mio fine; e più presto che me le manderà mi sarà più grato il favore; sebbene per tre, o quattro mesi ancora non cen’è bisogno. Io le prego dal Signore Iddio felicissima villeggiatura; e se posso avere l’onore di obbedirla in qualche cosa [c. 128v] vivamente la supplico a non tralasciar di farlo, professandole io infinite obbligazioni; e intanto con umilissimo ossequio mi confermo

di V. S. illustrissima Umilissimo ed Obbligatissimo Servitore Anton Francesco Gori»

13 - A Anton Francesco Gori - Siena, 12 ottobre 1724

«[c. 458r] Molto Reverendo Signore Signore Padrone Colendissimo

Ho fatto prendere alla mia presenza le misure del pilo sepolcrale e in questa includo le misure; la più lunga è della lunghezza ed è tutto il filo comprensovi il cappietto, quale vi si fece per attaccarlo ad un chiodo. Il filo più basso è dell’altezza. In quanto alla larghezza io non ne posso dire nulla stante che questo pilo è murato sopra la porta de gli scalpellini dell’Opera del Duomo, solo avvertirò che la figura più alta del basso rilievo e oncie due e mezzo e altretanto al più può essere la grossezza del marmo e ciò lo giudico da un altro pilo che è in casa del signor Adriano Sani; ma questi del Sani parebbe fatto in provincia direbbono i Francesi e le figure del basso rilievo sono anco mal conservate. Nel pilo del Duomo non evvi restato altro che la [facciata] [c. 458v] d’avanti, non vi sono laterali né a[…] mi penso però ch’una volta vi fusse ogni cosa, ma il tempo non c’a lasciato altro che quello che s’è detto. Un basso rilievo a anco monsignore nostro nella villa di Cetinale, che il cavalier Bandini mi dice essere molto bello; mà questo prelato non credo ch’abbia molta voglia di farlo disegnare. Ne miei libri spero di avervi qualche inscrizzione ma io non la posso dare se non tale che la ritrovo ne miei manoscritti se queste parrà a lei che possino servire l’averò à caro se non nulla importa e manderò solo le sicure. Ella mi conservi i suoi comandi mentre mi sottoscrivo

di V. S. mio Signore Devotissimo Obligatissimo Servitore Uberto Benvoglienti»

14 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 25 ottobre 1724

«[c. 458r] llustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Al cortesissimo foglio di V. S. illustrissima non potetti rispondere l’ordinario passato, essendo io al Poggio a Caiano a far disegnare due bei pili, onde gliene chiedo vivamente perdono; e ora le ne rendo infinite grazie dell’esatta misura inviatami del pilo, che ora essendo intagliato gliene mando un’esemplare acciò mene dia il dottissimo giudizio. Per questo se vi è modo di trovare il mio mecenate costì, qualche nobil signore, io l’averò carissimo; se no, lo procurerò qui in Firenze. La spesa è sette scudi, ed io ricompenserò con tanti esemplari [c. 131v] terminata l’Opera. Io supplico la somma bontà, e gentilezza sua a ordinare a mie spese il disegno de’ due altri bei pili, che uno è in casa del signore Adriano Sani, e l’altro nella villa di Cetinale, se però ella gli giudica degni della stampa; e di grazia non manchi di favorirmi, che io ad ogni suo cenno manderò il lavoro. Se l’inscrizioni, che vuole estrarre dai manoscritti sono state per lo passato in Siena, l’estragga pure; se nò, non duri ella tal fatica; la durerò io volentieri, purché ella [c. 123r] non abbia difficoltà a trasmettermegli per qualche buona congiuntura, che di quest’altro mese l’avverò. Io spogliai un manoscritto del signore balì Redi, e ne trovai moltissime inedite; avendo fatto l’indice allo Sponio, e Fabretti; perché è necessario riscontrarle ad una ad una con gl’indici dei 4 gran raccoglitori. In tanto rassegnandole il mio più profondo e vero ossequio, resto con desiderare l’onore de’ suoi stimatissimi comandi.

Di V.S. illustrissima Umilissimo Devotissimo et Obbligatissimo Servitore Anton Francesco Gori»

15 - A Anton Francesco Gori - Siena, 24 gennaio 1725

«[c. 459 r] Molto Reverendo Signore Padrone Colendissimo

Coll’occasione che venne costà il padre don Benedetto Bandinelli mio cognato mandai l’inscrizzioni gia promesse, ora coll’occasione che viene in codesta città il signore Fedro Bandini mio genero accennerò qualche particolarità di vantaggio. Le cinque inscrizzioni che sono in carta volanti sono ricavate dal signore Adriano Sani gentiluomo sanese. In queste è da osservare se la grande ritrovata à Montalcino ch’anco riporta Sigismondo Tizio nella sua Istoria inedita tomo primo appartenga alla famiglia Cecilia come forse pretendeva il padre Gamurrini nelle Famiglie toscane; dubito anco che ve ne sia una appartenente alla famiglia Anicia. L’altre inscrizzioni che sono tutte insieme sono raccolte dal signor cavaliere Francesco Bandini zio del mio genero, e sono presso che tutte venute di Roma e le fece venire il [c. 110 v] gia cavaliere Dionigi Marescotti, e dopo la di lui morte sono passate in mano del menzionato signore canonico. Di queste inscrizzioni non posso dire che non ve ne sieno nella grande raccolta del Grutero, non avendo in mie mani tale opera. Di queste inscrizzioni ne prese parimente copia il dottissimo marchese Maffei, e mi disse che la greca la teneva assolutamente per falsa, e stima assai l’inscrizzione cristiana, mà difficilissima à leggersi che pare à me che la sia quella ch’incomincia MAR. AEBO che ingenuamente confesso che non ho saputa leggere, ed io la mando conforme l’a letta il mentovato signore canonico, l’altre l’ho collazionate nel suo giardino. Sopra a 20 altre inscrizzioni potrò mandare da miei manoscritti ma queste io non l’ho vedute perciò io non posso mandarle se non tali quali l’ho ritrovate. Ultimamente di Grosseto m’è venuta la copia [c. 111 r] d’un inscrizione che qui includo, ritrovata presso à Bagni di Roselle luogo lontano presso tre miglia à Grosseto. Ho detto che mi mandino più particolarità per osservare se i caratteri sono giusti, se la pietra è intera, e di che sorte sia. Ella frà tanto mi comandi mentre tutto ossequio mi confermo.»

16 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 10 marzo 1725

«[c. 133 r] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Il di 13 di gennaio passato mi fu data per mezzo d’un monaco benedettino la copia delle antiche inscrizioni senesi; ma non mi vedendo dentro altro, che un sol verso, che io riconobbi essere di mano di V. S. illustrissima stetti un pezzo aspettando, se mi perveniva ancora la lettera. Finalmente mi pervenne una sua compitissima in data de 23 gennaio ma tardi, e verso il di 20 di febbraio. Con tutto questo io umilmente le chiedo perdono se prima non le abbia scritto, perché sono stato nei mesi scorsi involto in guai grandi domestici; [non doveva] però non lasciare gli studi, che ogni giorno mi occorrono per la mia raccolta; di cui la stampa ora è quasi a mezzo. Io rendo infinite grazie alla sua incomparabil cortesia, e gentilezza nell’avermi fa[c. 133 v]vorito d’una esatta copia di 28 si belle inscrizioni; le quali sono tutte inedite eccettuatane quella, che dice ST ARRUNTIVS, che è presso del Fabretti alla pag. 27 ed era nel museo Sabbatino; ora desidero di sapere se è costì. Ho voltato l’indice del Grutero e del Reinesio e non ne ho trovata alcuna; e l’indice fatto da me al Fabretti, e allo Sponio, sicche le ritrovo inedite. Nell’accluso foglio ho trascritto 11 inscrizioni delle mandatemi, e desidero che V.S. illustrissimaa con suo comodo le confronti con le lapidi medesime, perché io vi ho qualche difficoltà. In quella alla n. 1 veda se quella parola lineata sotto dica nel marmo EVMOPVS Fi. Eumolpus et. In quella al n. 2 se dica FELICITATI e mi onori notare la vera lezione, e come dice il marmo nel margine. 3. Se dice RUFINA VXOR solamente, o vi manca il cognome. 4. Se è intera veramente o mutila, come mi pare, o se il marmo di sopra è rotto. 5. Se deve dire più tosto EVARISTO. E poi HELPIDVTE. 6. Se nel marmo dice più tosto AGATOPVS LACAENAE. PIENTISSIMAE. 7. Mi reca confusione. 8. La difficoltà sta ne primi due versi. Del resto l’inscrizione è bellissima. Forse dirà MARTIAE BONAE CONPAR LABOR. 9. Se dice più tosto CN. F. 10. Se dice più tosto VITELLIAE ATH NODORAE. [c. 134 r] L’11, e ultima mi onori di riscontrarla notando al margine della mia copia come veramente rappresenti il marmo. Quella di Rosella mi pare falsa. Ma sarà stata copiata con poca diligenza. Non si scordi, come ella può di mandarmi una copia di quelle 20, che sono nel suo manoscritto, che le attendo con impazienza; e noti tutto ciò, che dice il manoscritto. Essendovi ancora due bassorilievi costì da disegnare favorisca dire al giovane che disegnò l’altro, che gli disegni sull’istessa forma, e subito che mi manderà detti disegni li pagherò la spesa. Sarebbe per me vergogna, ed ad altri danno il non avere si bella cosa, e tutto rassegnandomi umilmente mi dico

di V. S. illustrissima Umilissimo ed Obbligatissimo Servitore Anton Francesco Gori»

17 - A Anton Francesco Gori - Siena, 25 agosto 1725

«[c. 135r] Molto Reverendo Signore e Padrone Mio Colendissimo Siena, 25 agosto 1725 Al Molto Reverendo Signor Francesco Gori

Per mezzo del signore Urbano Cattani mio cognato ella haverà ricevuto alcune inscrizioni, tali quali l’ho ritrovate ne miei libri e confesso il vero, che vi ritrovo qualche difficoltà ma io non posso darvi vantaggio. Intorno alle iscrizioni che io ho mandato si del signore Adriano Sani, come de signori Bandini, dirò, che in quella del signore Sani Eumofus F sono dalla sua, che si debba leggere Eumofus T, tuttoche la scrittura non sia appieno intellegibile; ma non si deve leggere EumoPus, come ella ha dubitato. La quarta iscrizione è intera, e non mutilata, come da lei è paruta. La quinta iscrizione fu ben copiata. Nelle iscrizioni dei signori Bandini, nella casa de quali ho maritato Adalagia mia figliuola, dirò, che la seconda è ben copiata, come la terza, la sesta, l’ottava, la nona, la decima e la decimaquarta. Nella settima deve dirsi in luogo di CLVCEROTE [c. 135v] CLYCEROTI C. IVLIVS. CIVILVS OPTIMA OPTIMA

Ed altro non occorrendomi con ogni rispetto la riverisco.

M’ero scordato dire che l’inscrizzione di Grosseto fù una burla fatta ad un nostro giovane dello Spedale che si diletta di simil materie. Il signore Adriano Sani non vuol dare il disegno e in verità non credo che metta il conto di farlo perché è assai guasta ed evvi poco più d’un certo contorno.»

18 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 4 dicembre 1725

«[p. 327] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Volevo porre subito dopo l’iscrizione antica di Siena dedicata alle Ninfe, e trovata vicino a un bagno, l’iscrizione greca di Sigismondo Lattanzio, che è in un bagno, ed ho trattenuto alcuni giorni lo stampatore aspettandola, poiché V. S. illustrissima con la sua gentilezza mi dava speranza di averla intorno al principio di novembre passato; ora se mi vuol favorire, io la supplico, che la riporterò almeno alla fine delle inscrizioni sanesi. Ma se non può [ritrovare] ancora la versione, o traduzione del signore Salvini, mi [c. 84v] di non ne fare altra. In tanto rendendole umilissimamente grazie delle notizie mandatemi resto professando a V. S. illustrissima le mie somme obbligazioni e mi confermo con tutto l’ossequio di V.S. illustrissima Firenze, 4 dicembre 1725 Umilissimo ed Obbligatissimo Servitore Vostro Anton Francesco Gori»

19 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 6 giugno 1727

«[p. 327] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Non mi scordo la sua somma bontà, e cortesia tante volte usatami da V.S. illustrissima alla quale bramando io di sodisfare in qualche parte, per un contrassegno della mia gratitudine tengo a sua disposizione un esemplare della mia Opera delle inscrizione antiche delle città della Toscana che già è terminata, acciò ella si degni di darmi qualche lume per chi gliela potrei inviare senza suo incomodo, avendogliela destinata in dono. Si degni V.S. illustrissima di aggiungerne l’onore dei suoi comandi dei quali bramoso mi ratifico qual sarò sempre di V.S. illustrissima Firenze, 6 giugno 1727 Devotissimo et Obbligatissimo Servitore Anton Francesco Gori»

20 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 16 agosto 1727

«[c. 145r] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Ho già consegnato al signore commendatore Sansedoni, conforme mi ha insinuato V.S. illustrissima un’esemplare della mia Opera dell’inscrizioni antiche, che io presentole in contrassegno di gratitudine, e di ricordanza ai favori che si è degnata di farmi. Onde quel gentil signore mi ha detto che in breve glielo farà pervenire. Si degni di proteggermi, e impiegarmi coll’onore dei suoi comandi, in attenzione dei quali mi confermo devo[...]te di V.S. illustrissima Firenze, 16 agosto 1727 Devotissimo et Obbligatissimo Servitore Anton Francesco Gori»

21 - A Anton Francesco Gori - Siena, 26 settembre 1727

«[c. 459r] Molto Reverendo Signore Padrone mio Colendissimo

Infinito piacere m’a arrecato la sua bella e nobile fatica che fà in vero onore alla nostra nazione e perciò tanto più glie ne resto obligato. Dopo ch’ella a perfezzionato sì vago lavorio vorrei ch’ella pensasse à raccogliere le memorie che [anch]e dopo la venuta de barbari abbiamo in Toscana e in Italia. Un simile argomento lo maneggia per la Francia il celebre padre Montfaucon. Ella non manca per un simile impegno ne di diligenza ne di talento. Quando ella lo voglia intraprendere io darò quel poco che si potrà trovare in Siena. Mentre di nuovo ringraziandola di tutto cuore mi confermo

di V.S. illustrissimo Signore

Devotissimo Obligatissimo Servitore Uberto Benvoglienti»

22 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 30 settembre 1727

«[c. 152r] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Godo sommamente che V.S. illustrissima sia restata servita del mio libro, e prendo animo a infervorirmi in questi studi, vedendolo approvato dal suo ottimo gusto, e discernimento, che io venero tanto. Mio animo ancora è far raccolta dei monumenti, e inscrizioni dei secoli bassi, che codesta città ancora ne è molto doviziosa. Quando le venga fatto non si scordi di promuoverla con comunicarmi delle medesime più antiche, e specialmente che illustrano la storia, e in versi leonini come gli chiamano. Vorrei ancor’io imitare il padre Montfaucon, e per classi dare [c. 152v] i [depositi] e bassorilievi ove sono scolpiti papi, vescovi, cardinali, prelati, dottori, cavalieri, perché così si verrebbe a illustrare ancora i riti di quel tempo, le vesti particolari, e proprie di ciascheduno. Per ora basterà che V.S. illustrissima con suo comodo gli descriva, e quando averà fatto la scelta di quei più belli, e storici, che giudicherà, penserò a mandar costì chi li disegni o prendere da lei quello, che mi proporrà. [c. 153r] Si degni proteggermi, e in quel che io vaglio di impiegarmi con qualche suo più frequente comando, mentre sono, e sono sempre con tutto l’ossequio di V.S. illustrissima Firenze, 30 settembre 1727

Umilissimo ed obbligatissimo Servitore Vostro Anton Francesco Gori»

23 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 12 ottobre 1728

«[c. 89r] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Fra pochi giorni si pongono sotto il torchio l’inscrizioni antiche di Siena, e tra queste essendovi quella trovata vicino ai Bagni a Vignone dedicata alle Ninfe io averei caro di soggiungere un’epigramma greco, o due che sieno [questi] in un bagno, de’ quali mi dette notizia il signore abate Salvini, e non m’importa che non siano antichi, perché vi anderanno molto a proposito; perciò torno a supplicare instantemente V.S. illustrissima a volermene favorire, facendogli copiare con diligenza grande, e senza sbagli; e se a sorte vi sarà la traduzione del medesimo, o dei medesimi, che abbia fatto qualche letterato, o il signore Salvini, che può essere che l’abbia fatta, e comunicata a qualche amico, gradirò che ancor questa ella mi favorisca, e condoni di tanto incomodo. Se ancora a sorte si fosse [c. 89v] ritrovata in Siena qualche altra inscrizione che io non ho, o nella campagna, mi farà un favor grandissimo a comunicarmela. Citando le Storie di Siena di Sigismondo Tizj, averei caro che mi dicesse, in che secolo fiorì. Similmente perche si stampa la descrizione della cappella de’ signori Salviani, e della traslazione del corpo di S. Antonino arcivescovo di Firenze, alla quale furono mandati gli appresso signori ambasciadori nel 1589: m. Alessandro Vannocci Biringucci, m. Emilio Pannilini, m. Petrino Bellanti, m. Emilio Carli Piccolomini, vorrei esser sicuro di non sbagliare e credo che sia errore nei casati lineati sotto; la qual notizia mi preme assai. [c. 90r] Si degni di favorirmi con la solita sua gentilezza, e cortesia, e con tutto il maggiore ossequio mi confermo

di V.S. illustrissima Firenze, 12 ottobre 1728 Umilissimo ed Obbligatissimo Servitore Anton Francesco Gori»

24 - A Anton Francesco Gori - Siena, di villa, 17 novembre 1728

«[c. 151r] Molto Reverendo Signore Padrone Colendissimo Al Signore Anton Francesco Gori

Ho ricevuto riverito signore Anton Francesco la sua in villa e infino à tanto che non ritorno à Siena non posso replicare à pieno, solo dirò qualche cosa che paermi ricordarmi. Dell’epigramma greco credo d’averlo avuto, e parmi che sia traduzione del nostro letteratissimo Salvini, ma credo d’averlo in alcune notizie mandate a Roma, ma sò bene da chi l’ebbe e mi penso che non l’abbia perdute; e le ricercherò perche in quanto alle mie notizie non mi ritorneranno che alla fine del futuro carnevale. Di questo epigramma parmi che ne sia memoria nel Viaggio letterario del padre Montfaucon. L’epigramma fu fatto da Lattanzio Tolomei del quale fà ricordanza l’Ariosto nel suo poema. Altre inscrizioni non o ritrovato. Sigismondo Tizio era da Castiglione Aretino, venne in Siena poco dopo il 1480 e nel 1530 era in vita assai vecchio. Ne gl’ambasciadori sanesi non credo che vi sia errore. Certamente quei nomi in quella famiglia vi sono. Come vado a Siena, che sarà verso la fine di novembre, me ne chiarirò. E per fine tutto ossequio devotamente mi sottoscrivo.

Siena, di villa, 17 novembre 1728»

25 - A Anton Francesco Gori - Siena, 13 dicembre 1728

«[c. 464r] Signore Signore Padrone Colendissimo

Mentre io era in villa, di dove tornai il primo di dicembre scrissi a Lei che averei, ritornato che fussi à Siena, ricercato dell’inscrizzione greca che è à Bagni di Vignone fatta da Lattanzio Tolomei supposta da Lei che la sia fatta da altri, mà trovai che chi forsi la poteva avere era di fuora che è il conte Francesco Piccolomini, quale è in villa dice per riaversi in salute, e vi resterà infino à tutte le feste di Natale. Io ho fatto scrivere al medesimo per vedere se questa scrittura si può avere in casa sua senza di lui. N’o fatto anco scrivere à S. Quirico, mà di quello che accaderà non me ne posso compromettere. Frà tanto dirò quello che di Lattanzio si legge al tit. 28 delle Pompe Sanesi del p. Isidoro Ugurgieri e sono «Lattanzio Tolomei de’ Grandi di Siena tra gl’Accademici Intronati detto lo Svogliato. Fù non meno dalla Repubblica adoperato ne pubblici affari, ch’egli si adoperasse nelli studij delle lettere humane. Andò ambasciatore per i Sanesi à Clemente VII pontefice romano; di cui si guadagnò la gratia in grado particolare. Tenne stretta amicizia e corrispondenza (come ne fà fede il Piloni e molti [c. 464v] altri) il quale dedico con acconcia lettera il X libro de Geroglifici. Di lui parla Lodovico Ariosto acconpiandolo con monsignor Claudio Tolomei, quando dice parlando de maggiori intellettuali di quel secolo: “Con lor Lattanzio e Claudio Tolomei”. Ebbe pienissima cognizione della lingua latina, greca, ebraica e caldaica e per usarle familiarmente ritenne sempre appresso di se à sue spese alcuno che le sapesse et in particolare un certo arabo che nelle tre ultime era saputissimo con il quale, se non grecamente mai favellava. Fece una galleria di ricchissimi intagli, stozzi, e gessi di varie figure in marmo, bronzo, ed altri piu preziosi metalli, per lo che in un tal marmo intagliato lasciò un delicatissimo epigramma greco da esso dettato nel ponte del Bagno à Vignore dirizzando con somma grazia le parole alle non men vezzose che gravi Ninfe di quell’acque salubri cotanto celebrate da gli scrittori e piu dalle maraviglie che fanno». Quest’inscrizzione fù mandata dal dottor Gia. Pirro Maria Gabbrielli al padre Montfaucon, della quale forsi come modestia egli non se ne servi nel suo Viaggio. Di questa bella raccolta del Tolomei oggi non v’è più nulla. E per fine tutto ossequio mi confermo di V.S. molto illustre Siena 13 dicembre 1728 Devotissimo Obligatissimo Servitore Uberto Benvoglienti»

26 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 2 marzo 1729

«[c. 120r] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Ricevei giorni sono la copia dell’epigramma greco del Tolomei, di cui si è compiaciuta V.S. illustrissima di favorirmene. Ma essendomi pervenuto troppo tardi, cioé quando erano già stampate le inscrizioni antiche senesi, non ho avuto la sorte di pubblicarlo. Spero che vedrò se lo posso far cadere in una appendice; e mi onorerà di far diligenza se altra inscrizione antica romana vi fosse che io non avessi avuto; che allora [c. 120v] ne averò qualche [...]. Io adunque ratifico a V.S. illustrissima le mie somme obbligazioni, e la supplico a onorarmi dei suoi stimatissimi comandi e a riconoscermi qual sono di V.S. illustrissima Firenze, 2 marzo 1728/9

Devotissimo ed Obbligatissimo Servitore Vostro Anton Francesco Gori»

27 - A Anton Francesco Gori - Siena, 4 aprile 1729

«[c. 465r] Signore Signore Padrone mio Colendissimo

Presentemente hò ricevuta l'infrascritta inscrizzione; mi vien scritto che la piastra è assai longa, perciò non si sono potute arrivare à pieno tutte le lettere; ma ella che n'à tutta la pratica, potrà molto bene disciffrarle: tale quale l'ho ricevuta la mando e con tutto l'ossequio mi sottoscrivo

di V.S. molto illustre Siena, 4 aprile 1729 Devotissimo Obligatissimo Servitore Uberto Benvoglienti»

28 - A Uberto Benvoglienti - Firenze, 26 aprile 1729

«[c. 93r] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Sono stato impedito dal risponder prima alla cortesissima di V. S. illustrissima da una flussione d’occhi, onde la supplico a perdonarmi. Io le rendo umilissime grazie della copia dell’inscrizione antica trovata poco fa in Portoferraio, la quale mi fu comunicata qui dal signore abate Andreini per il quale ne feci un poca di spiegazione che egli mando a suo amico a Portoferraio chiesto dal signore canonico Mozzi, da cui non l’ho ancora riavuta. [c. 93v] Aspetto di esser confermato se dica veramente CASTRA PRAETORIA perche se così ha veramente il marmo mi par che sia singolare e raro non trovando in altra lapida edita fatta mai menzione dei castri pretorj di Ravenna; onde crederei più che fosse scritto nel marmo EX CLASSE PRAETORIA RAVENN. Questa sarà a suo luogo da me riportata ed illustrata. Torno adunque a renderle grazie [c. 94r] e del [...] comunicarmi, e della memoria che conserva di me, e supplicandola dei suoi stimatissimi comandi mi confermo di V.S. illustrissima Firenze, 26 aprile 1729

Umilissimo ed Obbligatissimo Servitore Vostro Anton Francesco Gori»

Appendice al carteggio[modifica wikitesto]

1 - Niccolò Centini a Uberto Benvoglienti - Isola d’Elba, Rio, 19 marzo 1729

«[p. 85] Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Annessa alla presente V. S. illustrissima troverà una copia fedelmente disegnata d’un’antica lapida con sua inscrizione, assai consunta dal tempo, secondo le misure seguenti, scoperta per accidente in Portoferraio il di 9 marzo andante, braccia 4 sotto la superficie del terreno, in occasione di far lo sterro per una nuova cisterna, in luogo detto il Ponticello, che torna nelle fortificazioni esteriori di detto Portoferraio. L’ho giudicata cosa degna d’esser sottoposta al di lei purgatissimo giudizio, e perciò mi son fatto ardito trasmettergliela. Goderò, ch’ella con suo comodo me ne dia qualche ragguaglio, per sincerarmi, se sia cosa da tenersi in pregio, e se in fatti già d’attinenza all’antichissima romana famiglia de’ Valerj, come alcuni novelli antiquarj di quest’isola, che non han veduto altro, che questa pietra, se la figuran. Condoni il tedio, che le reco, mi onori de’ suoi comandi, e creda, ch’io sono, e sarò sempre con tutto l’ossequio di V.S. illustrissima Isola d’Elba/Rio, 19 marzo 1729

Devotissimo ed Obbligatissimo Servitore Niccolò Centini Signore Uberto Benvoglienti, Siena»

2 - Natalgiuseppe Bichi a Niccolò Centini - Portoferraio, 24 maggio 1729

«[p. 3] Signore Dottor Centini mio Signore e Padrone Colendissimo e amico sopra tutti gl’amici

Le trasmetto di nuovo altra copia del monumento funerario ritrovato in Portoferraio il di 9 marzo passato, in luogo detto la Ridotta del Ponticello, vicino alla chiesa delle Anime del Purgatorio. Questa copia è da me fedelmente colle sue giuste misure delineata, e scritta per appunto conforme sta nel marmo originale, che già si è spedito a Firenze. Circa il dubbio, che ella hà, se veramente dica castra praetoria ò ex Classe praetoria, se n’acquieti, e stia sulla iscrizione del Bichi, che dice castra, e poi in detta lapida non v’apparisce segno, né spazio alcuno per la preposizione ex ne vi si scorgono aste di lettere, che possino rilevare Classe; e qui con tutto il cuore salutandola, resto al solito di V.S. Portoferraio, 24 maggio 1729

Mi compatirà se mi sono avanzato all’interpretazione di quest’epitafio, e sopratutto amico carissimo, si ricordi, che io non ho mai fatto, ne pretendo di far da Grutero, a Dio.

Devotissimo ed Obbligatissimo Servitore e amico vero Natalgiuseppe Bichi

ALLEGATO

DIIS. MANIBVS. SACRVM
I. VALERIVS
MAXIMVS CAS
TRA PRAETORIA
RAVENN. MILITA
VIT ANNIS XXII.
VIXIT ANNIS LX.
HELVIVS IMR CV
RIVS AM. SANTIS

Interpretazione ad verbus di Natalgiuseppe Bichi»

3 - Anton Francesco Gori a Giovanni Antonio Pecci - Siena, 1 giugno 1734

«[c. 247r] N. 2 All'Illustrissimo Signore Signore Padrone Colendissimo

Sabato passato subito che giunsi in questa nobilissima città, che è stata l'ultima per facilità del mio ritorno a Firenze dopo l'aver veduto molte città della Toscana ad oggetto di far disegnare dal sig.re Franceschini ottimo delineatore, ed intagliatore, che meco ho condotto, le antichità più insigni etrusche, e specialmente le urne, e vasi figurati, avendo io risoluto di fare un'opera consimile a quella del Dempstero e darla alla luce, io subito ricercai V. S. illustrissima già a me nota per i nostri familiari ragionamenti col chiarissimo signor senatore Buonarroti, affinché si degnasse di aiutarmi, e additarmi dove si trovano quegli rari monumenti; ma essendo stato privo di sì bella sorte (assistito però dalli signori Falconetti [c. 247 v] ai quali son grandemente tenuto) mi dispiacque moltissimo di esser privo di questa fortuna e consolazione di ossequiare un cavaliere sì erudito, ed amante di queste antiche memorie. Ora quello che averei gradito di fare in voce, mi permetta V. S. illustrissima di farlo con queste righe, supplicandola a volermi comunicare quei monumenti etruschi, che averà rintracciati; eccettuati però i vasi, e urne etrusche de' signori Tommasi, che io ho fatti disegnare, e copiare dal suo bel libro; ed una patena, un idoletto etrusco di donna, e 4 urne che son nel museo dell'illustrissimo signore Alessandro Borghesi, che si son presi. Da queste [c. 248r] cose in poi tutto quello che mi comunicherà lo riceverò per favore singolarissimo, e si assicuri che nel mio libro farò della sua virtù, e di questo suo studio quella onorata lode, e menzione, che se le deve. Non ricerco da V.S. illustrissima né pure le inscrizioni antiche romane, che già io ho stampate, le quali ebbi dal signore Uberto Benvoglienti di onorabile ricordanza; la morte del qual letterato insigne, mio buon padrone, ed amico, sarà da me sempre compianta. Conosco di troppo ardire, ma tutto spero dalla singolar gentilezza, e cortesia di V.S. illustrissima cui supplico a degnarsi di accettarmi, e riconoscermi per sempre con tutto l'ossequio

di V.S. illustrissima

Siena, primo giugno 1734

Devotissimo ed Obbligatissimo Sevo Umilissimo Anton Francesco Gori»