Vespillone

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

Nell'antica Roma, con vespillone (in latino: vispillo, -nis) si indicava il becchino delle classi sociali più umili.[1] Il termine è storicamente usato a Roma anche in epoca moderna, attestato anche in forma scritta, oltre che nel dialetto romanesco.

Lo stesso termine è usato in Italiano dallo scrittore e pittore Dino Buzzati per indicare delle creature fantastiche del suo immaginario (presenti in uno dei racconti de I miracoli di Val Morel), definiti come "calabroni giganteschi".[1] Buzzati ha rappresentato i suoi vespilloni anche in dipinti.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Elisabetta Convento , "resenze entomologiche perturbanti nella narrazione di Buzzati di un'esitazione", ne "Epifanie entomologiche nella cultura italiana", numero monografico di "Filoloski pregled", XLVI 2019 1. (2019). (n.p.):Jelena Novaković.: p. 165.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Vespillone, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 10 marzo 2024.
  • Vespillone, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 10 marzo 2024.