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Il Museo d'arte "Costantino Barbella", dedicato allo scultore teatino, è un museo di Chieti, ubicato nel Palazzo Martinetti Bianchi[1], edificio seicentesco, già convento dei Gesuiti[2].

Ospita collezioni di opere d'arte che vanno dal XIV secolo ai giorni nostri, tra le quali numerose sculture di Costantino Barbella e un gruppo di antiche maioliche castellane appartenute al Professore Raffaele Paparella Treccia, discendente dell'antica famiglia patrizia Martinetti Bianchi[3], e alla sua consorte Margherita Devlet.

Portico interno di Palazzo Martinetti Bianchi
Ingresso

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Il convento gesuita fu fondato grazie al lascito testamentario del nobile teatino Donato Alucci, insieme ad un oratorio (poi divenuto il Teatro Marrucino). Nel 1767, in seguito alla cacciata dei Gesuiti dal Regno di Napoli per volontà dei Borbone, il convento fu acquistato nel 1786 da Pietro Franchi che lo trasformò in abitazione privata e vi ricavò botteghe e abitazioni. Nel 1850 il Palazzo fu acquistato dalla nobile famiglia Martinetti Bianchi[1] che ancora oggi conserva e amministra gran parte della proprietà.

Palazzo Martinetti Bianchi, d’impronta neoclassica (secolo XVIII), ha una maestosa facciata e un grande cortile interno, denominato Corte Martinetti Bianchi, dove si conservano tracce della pavimentazione viaria romana[4]. Di particolare importanza è l’accesso del Palazzo, che “presenta un fornice estremamente alto, ed è il portale più ampio dei palazzi della città. Può inoltre vantare delle monumentali ante in legno e una rosta sempre dello stesso materiale che reca il monogramma dell'ultima famiglia proprietaria.”[5]. Alcuni locali al piano terra del Palazzo immettono in un intricato percorso sotterraneo che conduce fino alla terme[4]. Il palazzo conserva nei sotterranei una cisterna d’epoca romana[6][7]. Amplia è la bibliografia a riguardo[8].

Nel 1934 il palazzo ha ricevuto dal Ministero della Educazione Nazionale (oggi Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell'Abruzzo il vincolo ministeriale di "Bene Culturale di importante interesse", che ancora oggi conserva.

Nel 1962 il marchese Raffaele Martinetti Bianchi lascia in eredità il Palazzo ai nipoti: le sorelle Ruscitti, le sorelle Pasquale e d’Ettorre. Dal 2014, particolarmente attenti alla conservazione e al progetto di restauro dell'antico Palazzo sono i giovani nipoti: Elisabetta Ruscitti, il marito, l'artista Sergio Sarra[9] e gli altri discendenti Martinetti Bianchi (Curi, Di Gregorio Anderson, Ruscitti).

Il Museo venne fondato nel 1930, ed è stato arricchito negli anni da preziose donazioni. Dal 1976 il piano nobile del Palazzo ospita il Museo.

Affreschi e tavole[modifica | modifica wikitesto]

Nella prima sala del museo sono ospitati svariati affreschi di soggetto religioso del XIV-XVI secolo provenienti dalla chiesa di San Domenico, demolita per far posto all'edificazione del palazzo della Provincia. Tra questi sono comprese opere di Antonio Martini di Atri, di Andrea De Litio e del Maestro di Offida. Nella sala sono inoltre ospitate tavole datate tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo, attribuite a Francesco da Montereale e al Maestro dei Polittici Crivelleschi, quest'ultimo autore della rara iconografia della Madonna del Suffragio.

Il museo ospita anche tele del XVII e XVIII, alcune delle quali della scuola napoletana, tra cui i dipinti di Michele Pagano e Leonardo Coccorante. Sono presenti alcune tele del tardo-manierista Donato Teodoro e dipinti di Nicola De Laurentis. La tela intitolata Ritratto di Francesco Angeloni, è copia del celebre ritratto degli Uffizi eseguito dal Domenichino attribuita ad Antonino Barbalonga. Sono presenti anche testimonianze di pittura su vetro del XVIII secolo, con dipinti per lo più a soggetto mitologico. Di notevole importanza è l'affresco datato 1796 dal titolo Apoteosi di Psiche del pittore napoletano Giacinto Diano che occupa la parte centrale del soffitto del Museo[10].

Per l'Ottocento sono presenti opere di artisti di varia provenienza, dal romano Enrico Coleman al napoletano Salvatore Postiglione (Ritratto della Baronessa Guevara-Suardo), e dei maggiori pittori abruzzesi dell'epoca, come studi e bozzetti di Francesco Paolo Michetti e opere Filippo Palizzi (Ritratto del senatore De Riseis).

L'arte contemporanea è rappresentata in due sale del museo che contengono numerose opere di artisti provenienti per lo più dall'annuale Premio nazionale di pittura F.P. Michetti di Francavilla al Mare (come Domenico Cantatore o Fiorenzo Tomea), aggiunte a quelle di artisti locali come Federico Spoltore. A partire del 2004 due prestigiose donazioni da parte di privati hanno notevolmente arricchito il museo: di notevole rilevanza il famoso dipinto I ciclisti di Aligi Sassu (1931) dalla donazione del mecenate di origine abruzzese Alfredo Paglione, oltre ad opere di artisti spagnoli come Joan Miró e Carlos Mensa. Notevole il dipinto di grandi dimensioni dell'artista Morena Antonucci (Majella National Park).

Sculture[modifica | modifica wikitesto]

La scultura è rappresentata da opere di Basilio Cascella, capostipite della nota famiglia di artisti, e dalla cospicua raccolta di Costantino Barbella, al quale il museo è dedicato. Le opere sono tutte di proprietà comunale o provinciale e comprendono una serie di bozzetti, figure e gruppi scultorei, busti raffiguranti personaggi del mondo contadino o personaggi celebri come Pietro Mascagni, sculture in terracotta o in bronzo con scene di vita quotidiana (Risveglio, Onomastico del nonno, Triste storia) e il gruppo scultoreo intitolato La morte, originariamente dedicato alla tomba di un patriota locale.

Sala delle carte[modifica | modifica wikitesto]

Particolare è la sezione espositiva destinata alle opere su carta costituita da acquerelli di Michetti, litografie di Cascella, disegni di scenografie teatrali di Ferdinando Galli da Bibbiena, uno studio di Luca Giordano, e una collezione di acquerelli e tempere che raffigurano costumi abruzzesi del Settecento e dell'Ottocento.

Sala delle maioliche "Antonetta Martinetti Bianchi e Giustino Paparella"[modifica | modifica wikitesto]

La sala espone dal 1992 una raccolta di antiche maioliche di Castelli (Italia) d'Abruzzo grazie alla munifica donazione del Professore Raffaele Paparella Treccia, discendente della famiglia Martinetti Bianchi, e della sua consorte Margherita Devlet. La sala è intitolata ai genitori del Professore, Antonetta Martinetti Bianchi e Giustino Paparella. Il professor Raffaele Paparella Treccia è stato un noto collezionista e studioso di antiche maioliche castellane[11]. Le maioliche costituiscono un'importante raccolta, rappresentativa dei più celebri ceramisti di Castelli, da Orazio Pompei a Francesco Grue[12], alle famiglie Cappelletti e Gentili. Piatti, vasi, tavole, mattonelle, brocche con temi mitologici, religiosi e di caccia sono esposte nella sala a testimonianza della grande tradizione ceramista del noto centro in provincia di Teramo.

Nel 1997 il Professore ha costituito a Pescara la Fondazione Raffaele Paparella Treccia e Margherita Devlet - Museo Villa Urania - che ha lo scopo di svolgere attività di tutela, promozione, valorizzazione e studio della maiolica abbruzzese e in particolare della maiolica di Castelli. La Fondazione ha la proprietà di oltre 130 maioliche castellane dei secoli XVII, XVIII e XIV donate dallo stesso Professore.

Bibliografia selezionata[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Luciana d'Annunzio, Note storiche sulla famiglia Martinetti e Martinetti-Bianchi
  2. ^ Girolamo Nicolino, Della Chiesa de’ RR. Padri della Compagnia di Giesù, e degli huomini insigni di questa religione, ornati d’infinite virtù, in Girolamo Nicolino, Historia della citta di Chieti, Napoli, Forni, 1657, riprodotto nell’ed. Bologna, Forni Editore, 1967, pp. 251-254,OPAC IT\ICCU\SBL\0072440.
  3. ^ Mauro Rosati di Monteprandone De Filippis Delfico, Genealogia delle famiglie Martinetti e Martinetti-Bianchi
  4. ^ a b Gabriele Obletter, Maria Teresa Piccioli, Arturo De Martiis, Il patrimonio archeologico della città di Chieti : sintesi delle conoscenze, Chieti, Marino Solfanelli Editore, 1985, pp. 59, ISBN 88-7497-137-0, OPAC IT\ICCU\SBL\0110640 IT\ICCU\CFI\0245497.
  5. ^ Architetture di Chieti
  6. ^ La Provincia di Chieti: Musei, borghi, natura tradizioni e gastronomia, Milano, Touring Club Italiano, 2005, p. 33.
  7. ^ Quartiere di Porta Monacisca
  8. ^ Giacomo De Chiara, Origini e monumenti della città di Chieti, Chieti, 1857, OPAC IT\ICCU\LO1\0507260; Desiderato Scenna, Archeologica Teatina. Esperienze, delusioni, soddisfazioni di R. Ispettore Onorario dei Monumenti e Scavi, Chieti, Officine grafiche V. Bonanni, Estr. da Annuario del R. Liceo-Ginnasio "G. B. Vico" per gli anni 1934-35 e 35-36, 1937, OPAC IT\ICCU\PUV\0757646; In particolare: Girolamo Nicolino, Historia della Città di Chieti, Bologna, Forni, 1967 [Ripr. facs. dell'ed.: Napoli, Forni, 1657], OPAC IT\ICCU\SBL\0072440.
  9. ^ Cfr. Lorenzo Colantonio, Il profeta in patria. Mosca, l’artista essenziale, su ilcentro.it, 13-07-2014.
  10. ^ Vedi: Mario Alberto Pavone, DIANO, Giacinto, detto il Pozzolano, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 39 (1991), su treccani.it
  11. ^ Cfr. sez. Bibliografia selezionata
  12. ^ GRUE - Treccani

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]