Utente:Suetonius/Sandbox

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{{[[Template:Unità militare

|Unità militare

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La legione romana (dal latino legio, derivato del verbo legere, "raccogliere assieme") era l'unità militare di base dell'esercito romano.

Era assimilabile ad una grande unità complessa odierna, di rango variabile tra una brigata ed una divisione, ma soprattutto riuniva in sé, attorno ai reparti dell'arma base, la fanteria, altri reparti specializzati come cavalleria, esploratori e genieri ed era relativamente autonoma sul piano logistico. Normalmente era stanziata in una provincia, di cui aveva la responsabilità della sicurezza e della difesa militare. Nella storia di Roma, l'esercito poté contare su oltre 60 legioni al termine della guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio,[1] e su un minimo di 25 agli inizi del principato. Nel passaggio dalla Repubblica all'Impero l'esercito, e con esso la struttura della legione, venne ristrutturato profondamente.

Grazie al grande successo militare della Repubblica e, in seguito, dell'Impero, la legione è stata a lungo considerata un modello da seguire in efficienza militare e potenzialità tattica.

Primo periodo regio (753-616 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Età regia di Roma e Romolo.
Tipico elmo villanoviano risalente al primo periodo regio di Roma, proveniente dal museo etrusco Guarnacci di Volterra.

Secondo la tradizione fu Romolo a creare, sull'esempio della falange greca,[2] la legione romana. Egli iniziò a dividere la popolazione che era adatta alle armi, nei primi contingenti militari.

Gerarchia e uomini[modifica | modifica wikitesto]

Ogni contingente militare era formato da 3.000 fanti e 300 cavalieri, scelti tra la popolazione, e che chiamò legione.[3] Ogni fila di 1.000 armati era comandata da un tribunus militum, mentre gli squadroni di cavalleria erano alle dipendenze dei tribuni celerum, mentre il Rex assumeva il comando dell'intero esercito ed a cui spettava, inoltre, il compito di scioglierlo al termine della campagna dell'anno.[4]

Si dice però che Romolo, quando la città di Roma si ingrandì e i Romani si unirono ai Sabini, abbia deciso di raddoppiare le sue truppe in 6000 fanti e 600 cavalieri[5].

Arruolamento[modifica | modifica wikitesto]

I 3.000 fanti (pedites) e 300 cavalieri (equites) erano arruolati dalle tre tribù (1.000 fanti e 100 cavalieri ciascuna) che formavano la primitiva popolazione di Roma: i Tities, i Ramnes ed i Luceres. In epoca regia era formata da cittadini compresi tra i 17 ed i 46 anni, in grado di potersi permettere il costo dell'armamento.[6]

Tattica[modifica | modifica wikitesto]

Battaglia[modifica | modifica wikitesto]

La legione si disponeva su tre file, nella tipica formazione a falange,[7] con la cavalleria ai lati. Ora sulla base dei recenti ritrovamenti archeologici si è potuto notare che il primo esercito romano, quello di epoca romulea, era costituito da fanti che avevano preso il modo di combattere e l'armamento dalla civiltà villanoviana della vicina Etruria. I guerrieri combattevano prevalentemente a piedi con lance, giavellotti, spade (con lame normalmente in bronzo, ed in rari casi in ferro, della lunghezza variabile tra i 33 ed i 56 cm[8]), pugnali (con lame di lunghezza compresa tra i 25 ed i 41 cm[9]) ed asce, mentre solo i più ricchi potevano permettersi un'armatura composta da elmo e corazza, gli altri una piccola protezione rettangolare sul petto, davanti al cuore, delle dimensioni di circa 15 x 22 cm.[10] Gli scudi avevano dimensioni variabili (comprese tra i 50 ed i 97 cm[11]) e di forma prevalentemente rotonda (i cosiddetti clipeus, abbandonati secondo Tito Livio attorno alla fine del V secolo a.C.[7]) atti ad una miglior maneggevolezza.[8] Plutarco racconta, inoltre, che una volta uniti tra loro, Romani e Sabini, Romolo introdusse gli scudi di tipo sabino, abbandonando il precedente di tipo argivo e modificando le precedenti armature.[12]

Ordine di marcia[modifica | modifica wikitesto]

Assedio[modifica | modifica wikitesto]

Difficile stabilire quali fossero le prime tecniche di assedio romane. Plutarco racconta, ad esempio che, durante la battaglia di Fidene, i Romani riuscirono a catturare la città, facendola assalire all'improvviso da un gruppo di cavalieri, a cui aveva dato ordine di tagliare i cardini delle porte di accesso della città, e poi presentandosi Romolo con l'intero esercito inaspettatamente.[13] Secondo un'altra versione Romolo, era deciso ad attirare i Fidenati fuori delle loro mura, adottando una tattica spericolata, secondo la quale i cavalieri romani scorrazzavano fin sotto le porte della città. Si trattava in sostanza di un assalto simulato, dove la cavalleria al momento opportuno doveva ripiegare attirando il nemico nella trappola tesa dal re romano.[14]

L'imboscata ebbe successo.[13] Una volta aperte le porte della città, tale fu la foga dei Fidenati nel gettarsi sul nemico che, se in un primo momento riuscirono a travolgere le prime linee romane, spintisi fino a ridosso della boscaglia, dove era nascosto il grosso dell'esercito romano, furono respinti dalle armate romane ed incalzati fin all'interno della loro città. La guerra era vinta.[13][14]

Dalle riforme di Tarquinio Prisco e Servio Tullio alla prima Repubblica (616 - 350 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquini.

La riforma di Tarquinio Prisco, quinto re di Roma, riguardò solo la classe dei cavalieri in quanto il re decise di raddoppiare il numero dei cavalieri aggiungendo, oltre a Ramnes, Tities e Luceres, altre centurie a cui diede un nome differente[15]. Queste nuove 3 centurie si chiamarono posteriores[16] o sex suffragia[17], perciò in tutto gli equites all'epoca di Tarquinio Prisco erano costituite complessivamente da 1800 cavalieri[16]. Oltre ciò la riforma stabilì anche l'abbigliamento che dovevano avere i figli dei cavalieri per contraddistinguerli dalla gente normale: fu loro concesso di indossare la toga praetexta[18]. Con questa riforma Tarquinio Prisco voleva ricreare i Celeres a cui si oppose Attio Nevio perciò invece di creare un corpo speciale di cavalieri come al tempo di Romolo decise di aumentare semplicemente gli equites per aggirare l'opposizione di Nevio[19].

Successivamente fu eseguita, secondo la tradizione da Servio Tullio, sesto re di Roma, una riforma timocratica che divise tutta la popolazione romana in cinque classi (secondo altre fonti 6 classi[20]) divisa a sua volta in tre categorie[21]:seniores (maggiori di 46 anni: anziani), iuniores (tra 17 e 46 anni, ovvero i più adatti a combattere: giovani) e pueri (di età inferiore ai 17 anni: ragazzi). Servio Tullio oltre a creare una nuova legione decise che questa doveva dire la sua sulle decisioni politiche e mise da parte le curie[22].

Gerarchia e uomini[modifica | modifica wikitesto]

Gli uomini che si erano distinti in battaglia diventavano centurioni[23].

Arruolamento[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Comitia centuriata.

Individuate appunto in base al censo, e in cui la prima classe, la più facoltosa, poteva permettersi l'equipaggiamento (il costo del tributo per gli armamenti veniva stabilito in base al censo[24]) da legionario, mentre quelle inferiori avevano armamenti via via più leggeri. L'esercito serviano era formato da due legioni (una a difesa dell'Urbe e l'altra utilizzata per campagne militari esterne[25]), in totale pari a 193 centurie[24]:

  1. la prima classe con 80 centurie di fanteria, disponeva di un reddito di più di 100.000 assi: era costituita da 40 centurie di seniores e 40 di iuniores. I seniores avevano il compito di controllare che nessuno attaccasse la città e nel caso difenderla (quando i iuniores erano in esplorazione[26]). I iuniores invece dovevano fare le spedizioni esplorative[26] o combattere[27] all'infuori della città.Nel caso di una guerra la prima classe era più avanzata rispetto alle altre.[27][28] Questa classe era munita di armamento pesante costituito di: elmo, scudo rotondo (scudo argolico), schinieri, corazza tutte di bronzo. Come armi avevano il giavellotto, l'asta e la spada[26][27]. Alla prima classe Servio Tullio decise di aggiungere 18 centurie di equites costituita sempre come la stessa classe da centurioni illustri e costituita all'inizio da 12 centurie a cui aggiunse altre 6 centurie (ci sono due tendenze una ritiene che le costituisse Servio Tullio[29], l'altra che queste erano riconducibili ai sex suffragia già creata da Tarquinio Prisco[30]). Queste centurie erano a cavallo il cui costo fu di 10.000 assi all'erario e le vedove per il mantenimento degli equites dovevano pagare 2000 assi per ciascuna centuria annualmente, il costo fu poi passato alle classi più ricche.[29] La prima classe aveva da ausilio due 2 centurie(1 di iuniores e 1 di seniores che ognuna si occupava delle rispettive categorie della classe) senza armi e erano fabbri, armaioli e operai addetti per la guerra alcune col compito di trasportare le macchine da guerra (secondo altre fonti invece erano schierate insieme alla seconda classe[20][28]).
  2. la seconda con 20 centurie ed un reddito tra i 100.000 ed i 75.000 assi: 10 di iuniores e 10 di seniores. I seniores avevano il compito di difendere le mura della città mentre gli iuniores combattere fuori dalla città. Durante una battaglia era posizionata dietro la prim classe[26].Questa classe era equipaggiata con: l'elmo, scudo rettagonlare o scudo lungo (scudo oblungo) a maggior protezione per la mancanza delle corazze, schinieri tutto in bronzo; Come armi: giavellotto, hasta e spada.[26][27]
  3. la terza con altre 20 centurie di fanteria leggera ed un reddito tra i 75.000 ed i 50.000 assi divisi in: 10 seniores e 10 iuniores.Era posizionata dietro la seconda classe e era equipaggiata con: elmo, scudo oblungo in bronzo; Armi: giavellotto, hasta e spada[26][27].
  4. la quarta composta da altre 20 centurie di fanteria leggera ed un reddito tra i 50.000 ed i 25.000 assi: 10 seniores e 10 iuniores. Erano disposti dietro la terza classe e costituivano l'ultima fila. Come difesa avevano solo lo scudo oblungo; Come armi ci sono due descrizioni: la prima afferma che erano armati solo di lancia e giavellotto[27], la seconda parla di spade e lance.[28] A questa erano affiancati due centurie di suonatori di tromba e suonatori di corno o altri strumenti (questo squadrone era chiamato accensi[27]) che avevano il compito di esortare l'esercito alla battaglia[20][28] (Secondo altre fonti le due centurie dei suonatori erano nella quinta classe[27]).
  5. la quinta formata da 30 centurie di fanteria leggera ed un reddito di appena 25.000-11.000 assi:formata da 15 iuniores e 15 seniores. Questa classe era disposta fuori dallo schieramento armati con giavellotti e fionde e pietre da scagliare.[27][28]
  6. la sesta formata da 1 centuria senza mezzi, esonerata dalla tassazione e con un reddito inferiore alle 11.000 assi. Questa era dispensata dall'assolvere agli obblighi militari (i cui membri erano chiamati proletarii, quelli che avevano un reddito inferiore alle 1500 assi poiché si diceva destinati a far prole[31], o capite censi),[27][32][33] tranne nel caso in cui non vi fossero particolari pericoli per la città di Roma. In quest'ultimo caso erano anch'essi armati a spese dello Stato, servendo in formazioni speciali estranee all'ordinamento legionario.[34]

Tattica[modifica | modifica wikitesto]

Battaglia[modifica | modifica wikitesto]

Ordine di marcia[modifica | modifica wikitesto]

Assedio[modifica | modifica wikitesto]

Periodo medio repubblicano (350-107 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Roma repubblicana.

Legione liviana durante la guerra latina (340-338 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

La legione manipolare liviana al tempo della guerra latina (340-338 a.C.).[35]
Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra latina e Guerre sannitiche.

Sappiamo da Tito Livio che prima della guerra latina, l'esercito romano abbandonò lo schieramento di tipo falangitico per assumere la formazione di battaglia manipolare.[2] La legione risultava così divisa in tre gruppi principali più altri tre secondari: i principali erano gli hastati, i principes e i triarii mentre i secondari si chiamavano rorarii, leves e accensi (questi ultimi da non confondere con l'incarico ufficiale civile). Successivamente i velites sostituirono leves e rorarii. Ogni legione era composta, inoltre, da 30 manipoli: 10 di hastati 10 di principes e 10 di triarii mentre i leves e i velites erano divisi tra ogni manipolo.

Questa differenziazione esisteva, oltre che sulla base dell'esperienza dei soldati, anche per nature economiche. Nella Roma repubblicana l'arruolamento era basato sul censo e ogni soldato era tenuto, inizialmente, a provvedere autonomamente all'equipaggiamento. Fra la fanteria, i più "benestanti" erano i triarii, che potevano permettersi l'equipaggiamento più completo e pesante, mentre gli accensi erano i più poveri, presi dalla quinta classe di cittadini, secondo l'ordinamento censitario di Servio Tullio.

In formazione da combattimento i leves (sostituiti in seguito dai velites), elementi della quarta classe, erano armati alla leggera con armi prevalentemente da lancio come archi, piccoli giavellotti e fionde. Essendo poveri non potevano permettersi un equipaggiamento particolarmente raffinato ed agivano così più che altro come schermagliatori, spesso senza neanche una minima protezione. Essi si disponevano davanti alla legione e venivano impiegati come fanteria di disturbo. In genere nell'esercito ve ne erano 300, integrati in ogni manipolo piuttosto che a formare unità proprie.

Normalmente, assieme ai triarii, erano disposti anche i rorarii e gli accensi: i primi erano truppe giovani ed inesperte, mal equipaggiate anche perché non potevano permettersi armamenti di buona qualità, ed erano impiegati più che altro come riserve con cui riempire eventuali vuoti sul campo di battaglia. Gli accensi erano ancora più poveri e solitamente, se combattevano, fungevano da supporto con fionde e sassi, ma spesso erano impiegati più che altro come legati e portamessaggi fra gli ufficiali. Questi ultimi due ordini rappresentavano un retaggio della quarta e della quinta fila dell'ormai scomparsa falange oplitica. Triarii, rorarii ed accensi erano articolati in 3 manipoli di 180 uomini l'uno.

La legione secondo Polibio, prima della seconda guerra punica (218 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

La legione manipolare polibiana al principio della seconda guerra punica (218 a.C.).[36]
Lo stesso argomento in dettaglio: Terza guerra sannitica, Guerre pirriche e Seconda guerra punica.

L'organizzazione interna dell'esercito romano descritta da Polibio nel suo VI libro delle Storie, è da datarsi al principio della seconda guerra punica (218-202 a.C.). Non possiamo escludere, però, che tale riorganizzazione (rispetto a quella proposta da Tito Livio nel paragrafo precedente), non possa appartenere ad un'epoca antecedente e databile addirittura alla stessa guerra latina (340-338 a.C.),[37] o alla terza guerra sannitica (298-290 a.C.) oppure alla guerra condotta contro Pirro e parte della Magna Grecia (280-272 a.C.).

Ogni legione era formata da 4.200 fanti (portati fino a 5.000, in caso di massimo pericolo) e da 300 cavalieri.[38] Le unità alleate di socii (ovvero le Alae, poiché erano poste alle "ali" dello schieramento) erano costituite, invece di un numero pari di fanti, ma superiori di tre volte nei cavalieri (900 per unità).[39] I fanti erano poi suddivisi in quattro differenti categorie, sulla base della classe

sociale/equipaggiamento ed età:[40]

  1. primi ad essere arruolati erano i Velites, in numero di 1.200[41] (tra i più poveri ed i più giovani);[42]
  1. seguono gli Hastati, il cui censo ed età erano ovviamente superiori,[42] in numero di 1.200.[41] Erano armati di hasta, termine che indica sia la Lancea da urto, sostituito in seguito da un giavellotto (chiamato Pilum), equipaggiati con corazze leggere (spesso di cuoio o composte di piastroni di metallo sul petto), con uno scudo che copriva lo spazio tra il piede e la cintola, con una spada corta e con un pugnale;[43]
  1. poi vengono i Principes, di età più matura,[42] sempre in numero di 1.200.[41] Erano armati con corazze più pesanti (solitamente cotte di maglia lunghe fino al bacino) con uno scudo simile a quello degli hastati, con due giavellotti, con una lancia, con una spada corta e un pugnale. Questi soldati formavano la seconda linea;[44]
  1. ed infine i Triarii, i più anziani,.[42] in numero di 600,[41] non aumentabile nel caso in cui la legione fosse incrementata nel suo numero complessivo (da 4.200 fanti a 5.000), a differenza di tutte le altre precedenti classi, che potevano passare da 1.200 a 1.500 fanti ciascuna.[45] Erano i guerrieri più esperti e temprati dalle battaglie, che venivano scelti dai migliori della prima classe e dai veterani delle altre, in grado di permettersi una corazza pesante. Erano inoltre armati con una lunga lancia, con uno scudo molto alto, con la spada corta e con il pugnale. Oltre all'armamento i triarii avevano il tipico elmo con i lunghi paraguance, uniti sotto il mento da un cinghia e due asticelle con una lunga piuma sopra la fronte, simili a due piccole corna.[46]

Gerarchia e uomini[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Cursus honorum.

{{S sezione|antica Roma|guerra}}

Ogni manipolo era comandato da un centurione, scelto tra la sua unità e distinguibile per gli schinieri, cioè i gambali o "parastinchi", nonché dall'elmo con la cresta trasversale ed il bastone di vite, simbolo del comando. Il più importante dei centurioni era il primus pilus, comandante di triarii, il quale era uno dei pochi a servirsi del cavallo durante la marcia. Il primus pilus veniva scelto tra i soldati più coraggiosi ed esperti. Il comando era affidato ad un tribunoesperto, tribuno laticlavio (tribunus laticlavius) coadiuvato da 5 altri tribuni, tuttavia il comando generale era affidato al legatus. In assenza di quest'ultimo e del tribuno laticlavio, il comando era affidato al prefetto degli accampamenti (praefectus castrorum).

Altre figure presenti nella gerarchia in ragione di uno per centuria erano l'optio, che prendeva il posto del centurione in caso di sua inabilità al comando, iltesserario, il vessillifero, il signifero, che portava l'insegna della legione, e il cornicem, che trasmetteva col corno gli ordini ai sottoreparti[47].

Arruolamento[modifica | modifica wikitesto]

Tattica[modifica | modifica wikitesto]

Battaglia[modifica | modifica wikitesto]

La formazione manipolare della legione romana, introdotta da Scipione l'Africano.
Lo stesso argomento in dettaglio: Tattiche della fanteria romana.

La svolta fondamentale nelle tattiche di combattimento legionarie fu la suddivisione della legione in sottounità tattiche, le centurie, che possono essere assimilate alle attuali compagnie (pur avendo una dimensione minore). Per dare una maggior capacità di urto, le centurie venivano abbinate a formare i manipoli. Il centurione più anziano tra i due era anche comandante del manipolo[48], ed il manipolo diventava quindi l'unità di minima forza che veniva messa in movimento.

Ciascun manipolo era chiamato ordo. Tutta la legione in epoca repubblicana era suddivisa in manipoli e non in coorti come invece avvenne in epoca imperiale. La disposizione in battaglia era a scacchiera.

In battaglia i punti di forza erano costituiti dalla disciplina ferrea e dalla solidità dei soldati. Essi erano inquadrati in uno schieramento poggiante su tre linee: la prima linea, formata dagli hastati, che doveva sopportare il primo impatto del nemico; la seconda linea, dei princeps; e la terza linea più esperta e militarmente potente, dei triarii, che entrava in azione solo nel momento cruciale della battaglia o per respingere la cavalleria nemica. La cavalleria romana era invece schierata sulle ali per accerchiare lo schieramento nemico o tentare l'inseguimento del nemico in rotta. I leves o i velites compivano azioni di disturbo all'inizio della battaglia per saggiare le capacità del nemico e per costringerlo alla mischia.

La battaglia di Zama

In sintesi i velites, che costituivano la prima fila dello schieramento, facilitati dall'assenza di armatura, avevano il compito di provocare il nemico con armi da lancio come dardi e piccoli pila. Una volta lanciate le armi, i velites si ritiravano passando attraverso i varchi degli hastati: potevano quindi schierarsi nello spazio tra i principes e i triarii oppure potevano fornire aiuto alla cavalleria.

Una volta compiuta questa operazione, subentravano gli hastati muovendo nei varchi lasciati liberi dai velites. Essi erano armati con uno o due pila che venivano lanciati quando il nemico si trovava a una distanza compresa tra i 10 e i 30 metri, prima di ingaggiare l'eventuale corpo a corpo. Se non bastava l'urto degli hastati, avveniva la stessa manovra fatta precedentemente (ritirata degli hastati attraverso i varchi tra i principes e contemporanea avanzata di questi ultimi). I principes (armati allo stesso modo degli hastati) adottavano la stessa tattica, cioè lancio dei pila e combattimento corpo a corpo. Se anche questo urto non bastava a sconfiggere il nemico, entravano in azione (ma avveniva in casi eccezionali) i triarii, i quali erano armati con una lancia da urto lunga più di 3 metri e operavano a ranghi serrati, quasi disposti a falange.

Da qui il detto latino Res ad Triarios rediit, "la cosa è affidata ai triarii", per indicare che il gioco si è fatto duro e si gioca l'ultima possibilità di riuscita.

Come in altri casi della storia militare però, l'evoluzione delle tattiche fu spesso funzione delle situazioni contingenti e degli schieramenti avversari. Nella battaglia di Zama, Publio Cornelio Scipione si trovò per la prima volta durante le guerre puniche in netta superiorità numerica come forza di cavalleria, dei quali 4000 forniti dall'alleato numida Massinissa[49]; tradizionalmente i romani non erano mai stati utilizzatori della mobilità tattica offerta dalla cavalleria, che normalmente veniva usata solo per inseguire l'avversario in rotta; in questo caso invece, venne usata come forza di rottura contro la cavalleria e la fanteria avversaria sui fianchi. Questo perché gli 80 elefanti in forza all'esercito cartaginese sarebbero stati usati come massa di rottura al centro dello schieramento. Per ovviare a questo, Scipione pose i triarii come riserva tattica, non schierati ma pronti ad essere inviati verso una qualunque zona del campo di battaglia; inoltre lasciò i velites inframezzati ai principes ed agli hastati disposti in formazione più allargata, in modo da permettere la creazione di corridoi tra le centurie nei quali si sarebbe sfogata la carica degli elefanti senza fare troppi danni. Esaurito l'impeto della prima carica cartaginese, i legionari si trovarono a fronteggiare i veterani di Annibale schierati dietro le prime file ormai disperse e, a questo punto, Scipione ridispose le truppe in formazione serrata, pronte a sopportare l'urto della fanteria pesante cartaginese avvalendosi della disposizione in ordine chiuso mentre la cavalleria procedeva all'accerchiamento. Quindi la disposizione tattica dei reparti acquisì una flessibilità rispetto alle precedenti modalità di impiego e alla dottrina, contribuendo alla vittoria sul campo.

Ordine di marcia[modifica | modifica wikitesto]

Assedio[modifica | modifica wikitesto]

Sulla nave[modifica | modifica wikitesto]

Periodo tardo repubblicano (107-31 a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Busto in marmo di Gaio Mario.
Struttura della legione imperiale dopo la riforma mariana.
Lo stesso argomento in dettaglio: Gaio Mario e Gaio Giulio Cesare.

Gaio Mario aprì il reclutamento a tutti i cittadini volontari romani ed italici senza limitazioni di classe o censo, anche se erano nullatenenti, sfruttando al massimo gli alleati italici e ottenendo una grande superiorità numerica rispetto a quella di tanti altri eserciti dell'epoca. Ma il numero non fu il solo punto di forza delle legioni di Roma: il loro addestramento e la loro incrollabile disciplina erano l'invidia del mondo civilizzato.

Egli standardizzò l'equipaggiamento che veniva fornito dallo Stato, ne ampliò il numero a 4800 uomini e ne cambiò la divisione in coorti. Dopo la riforma le divisioni tra hastati, principi e triarii divennero solo nominali e in breve tempo sparirono. A quel punto tutti i legionari erano equipaggiati con la stessa lorica a maglia di ferro, due pilum ciascuno (i giavellotti che, penetrando negli scudi avversari e piegandosi, ne rendevano impossibile il riuso da parte del nemico), il corto gladius (spada lunga circa 70 cm con una punta affilata, realizzata per penetrare a fondo nel corpo del nemico) portato a destra per non intralciare la mano con lo scutum (uno scudo alto, ovale, dalle caviglie al mento, leggermente arcuato ai lati verso il centro) ed il tradizionale pugnale.

Scomparvero, pertanto, le divisioni interne velites, hastati, principes e triarii. Altra grande innovazione di Gaio Mario fu la suddivisione della legione in 10 coorti di 6 centurie ciascuna, che a sua volta, costituiva un'unità più solida del manipolo e più maneggevole della legione.

Mario era riuscito a rendere la figura del legionario una figura professionale e completamente indipendente nell'approvvigionamento, poiché ogni legionario fu equipaggiato a spese della Repubblica romana, di tutto l'occorrente per provvedere alla propria autonomia durante le lunghe marce. Ogni singolo legionario era dotato, infatti, al fine di rendere più veloce l'avanzata (riducendo i reparti delle salmerie), di una sacca di pelle tenuta sulle spalle contenente le razioni per alcuni giorni di viaggio, oltre a due lunghi pali appuntiti per formare il campo, strumenti agricoli e da scavo, mentre la tenda di pelle (una ogni otto legionari) era portata da un singolo mulo. È vero che, se da un lato il legionario era si più autonomo nell'approvvigionamento, era però anche meno agile nei movimenti di marcia, considerando che fu costretto a trasportare diverse decine di chilogrammi di equipaggiamento. Non a caso i legionari di Mario furono chiamati: "I muli di Mario".

Gerarchia e uomini[modifica | modifica wikitesto]

Arruolamento[modifica | modifica wikitesto]

Tattica[modifica | modifica wikitesto]

Battaglia[modifica | modifica wikitesto]

La battaglia di Pidna; in blu le forze macedoni, in rosso quelle romane

Lo schieramento in campo aperto della legione era tale da combinare flessibilità e robustezza; questo venne dimostrato anche durante la battaglia di Pidna, dove le forze congiunte di Scipione Nasica e Lucio Emilio Paolo sconfissero la falange macedone, facendo sopportare il primo urto della fanteria pesante avversaria alle coorti di alleati, (Paeligni in particolare) e contenendo le perdite al minimo pur essendo arretrati durante lo scontro fino ad un quarto di miglio dal campo romano[50]; alla fine dello scontro i morti da parte romana furono un centinaio, contro 20000 macedoni[51]; questo a testimonianza dell'efficienza della legione anche nell'arretrare sotto la spinta di una forte massa avversaria senza sbandarsi sfruttando la manovra dei singoli reparti, rispetto alla monoliticità dello schieramento della falange (al centro della cartina), che andò invece in crisi dopo essere penetrata nel fronte romano; il motivo fu una avanzata troppo rapida che non permise di mantenere i contatti con le unità di fanteria leggera al suo fianco, prestando così i fianchi scoperti all'attacco dei più mobili legionari.

Ordine di marcia[modifica | modifica wikitesto]

Assedio[modifica | modifica wikitesto]

Sulla nave[modifica | modifica wikitesto]

Età Alto imperiale[modifica | modifica wikitesto]

La grande riforma augustea (fine I secolo a.C.)[modifica | modifica wikitesto]

Busto di Augusto con indosso la corona civica; Monaco, Gliptoteca
Lo stesso argomento in dettaglio: Riforma augustea dell'esercito romano.

Con Ottaviano Augusto la legione cambiò struttura, aumentando i suoi effettivi fino a 5.500 soldati, essenzialmente fanti ma anche cavalieri (120 per legione). La legione imperiale era divisa in 10 coorti (di cui nove di 480 armati ciascuna), che al loro interno contavano 3 manipoli oppure 6 centurie. La prima coorte era una coorte miliare, vale a dire di dimensioni doppie rispetto alle altre nove coorti (pari a 960 legionari) e portava l'aquila della legione.

Le novità a livello di esercito romano furono anche l'introduzione di 9 coorti di cittadini votati alla protezione dell'imperatore e della sua famiglia, la famosa guardia pretoriana, oltre alla creazione di reparti permanenti di cavalleria e fanteria specializzate ausiliarie reclutate nelle province.

Riforma di Gallieno[modifica | modifica wikitesto]

Sembra che l'imperatore Gallieno abbia aumentato il contingente di cavalleria interno alla legione stessa, portandolo da soli 120 cavalieri a 726, dove la prima coorte era composta da 132 cavalieri, mentre le altre nove di 66 ciascuna. Questo incremento fu dovuto proprio alla necessità di avere un esercito sempre più "mobile" nel corso del III secolo,[52][53] a causa delle continue invasioni, non solo dei barbari lungo i confini settentrionali, ma anche dei Persiani che in Oriente avevano sostituito i Parti dopo il 224 ca.

Gerarchia e uomini[modifica | modifica wikitesto]

Le gerarchie di comando rimasero identiche a quelle dell'epoca di Gaio Mario e Gaio Giulio Cesare, anche se ora ogni coorte disponeva di un vessillifero, vestito con pelle di leone o d'orso, e che serviva per riconoscere le proprie insegne. Gli ufficiali della legione imperiale erano, pertanto, dal grado inferiore:

Arruolamento[modifica | modifica wikitesto]

Tattica[modifica | modifica wikitesto]

Battaglia[modifica | modifica wikitesto]

Ordine di marcia[modifica | modifica wikitesto]

Assedio[modifica | modifica wikitesto]

Sulla nave[modifica | modifica wikitesto]

Strategia[modifica | modifica wikitesto]

Età Tardo imperiale[modifica | modifica wikitesto]

Armamento tipico di legionario operante nelle province settentrionali intorno al 275 circa.

Gli sviluppi successivi furono vari: col passare degli anni sempre più cittadini delle province divennero legionari (mentre al principio i legionari provenivano essenzialmente dall'Italia) e molti di essi divennero anche ufficiali; con Settimio Severo i legionari ebbero il permesso di sposarsi; con Gallieno i cavalieri da 120 per legione aumentarono fino a 750 e la legione non venne più comandata da legati di rango senatorio, ma da prefetti di rango equestre.

Nel periodo finale dell'Impero il modo di fare la guerra era radicalmente cambiato e ciò era dovuto essenzialmente alla minaccia militare dei germani. I romani erano entrati in contatto con le popolazioni germaniche fin dalla fine del II secolo a.C., quando Mario sconfisse i Cimbri e i Teutoni mentre Cesare a metà del I secolo a.C. aveva affrontato gli uomini di Ariovisto. che avevano passato il Reno per penetrare in Gallia. In questi periodi le armate dei Germani erano prevalentemente di fanteria e compivano grandi spostamenti, spesso di intere piccole tribù guerriere, ma nei secoli successivi mutarono approccio, passando invece a brevi e veloci scorribande effettuate soprattutto grazie all'utilizzo della cavalleria. Le legioni romane non potevano rispondere con tempestività ad un'aggressione di una torma di cavalieri che attaccava un luogo, razziava il razziabile e poi si ritirava al sicuro oltre il confine, pertanto si resero necessarie ulteriori riforme che rendessero l'esercito più veloce nel far fronte a queste minacce.

Dopo la riforma iniziata dallo stesso Gallieno e giunta al culmine con Costantino I, l'esercito romano venne diviso in domestici, scholae, vexillationes, auxilia, legiones (legioni): questi ultimi tre corpi, inoltre, furono divisi in palatina e comitatensis. L'organico delle legioni si ridusse a 1 500 (millecinquecento) uomini, indebolendone così la struttura ma garantendo maggiore elasticità e velocità.

Essenzialmente lo zoccolo duro dell'esercito, il comitatus, veniva stanziato nel cuore delle province, come riserva mobile pronta ad intervenire in caso di bisogno, intercettando i nemici che avevano sfondato la frontiera. Sul confine invece erano stanziati i limitanei: truppe leggere che avevano il compito di rallentare il nemico fino a quando non fossero giunti i rinforzi.

La legione non era più l'unità armata d'élite che aveva reso grande l'Impero romano, ma la situazione contingente richiese queste riforme per adattare l'esercito alle mutate condizioni belliche.[senza fonte]

Da un punto di vista strettamente militare, comunque, l'esercito tardo imperiale non era affatto debole, come dimostrato dalla battaglia di Argentoratum, accaduta in Francia nel 357 d.C., dove le truppe di Giuliano, nonostante la notevole inferiorità numerica, ottennero una grande vittoria contro i barbari. Nonostante l'inserimento di contingenti germanici sempre più numerosi, che peraltro diedero prova di grande fedeltà e combattività, l'esercito romano rimase fino alla fine dell'Impero una struttura forte e ben organizzata, con una mobilità notevolmente accresciuta rispetto ai primi secoli dell'Impero.

Gerarchia e uomini[modifica | modifica wikitesto]

Arruolamento[modifica | modifica wikitesto]

Tattica[modifica | modifica wikitesto]

Battaglia[modifica | modifica wikitesto]

Ordine di marcia[modifica | modifica wikitesto]

Assedio[modifica | modifica wikitesto]

Strategia[modifica | modifica wikitesto]

Armi ed equipaggiamento[modifica | modifica wikitesto]

Equipaggiamento del legionario romano in età imperiale
Resti di un elmo legionario (British Museum, Londra)
Lo stesso argomento in dettaglio: Legionario romano.

Armi da difesa[modifica | modifica wikitesto]

Tutte le armi dei legionari romani hanno subito negli anni delle storia di Roma antica una evoluzione.

Le armi da difesa del legionario romano comprendevano:

Armi di offesa[modifica | modifica wikitesto]

I legionari romani in assetto da battaglia disponevano di tre tipi diversi di armi per offendere:

  • Il gladius o gladio una spada con una lama lunga circa 65-70 cm, l'arma per eccellenza del legionario romano, portato alla destra della cintura.
  • Il pilum ovvero il giavellotto, che aveva il compito dopo il lancio di conficcarsi nello scudo dell'avversario che era costretto a privarsene e rendere quindi vantaggioso il corpo a corpo per il legionario.
  • Il pugio pugnale che veniva portato agganciato al balteus.
Reperti archeologici dell'armamento individuale di un legionario (British Museum).

Armi collettive: artiglieria e macchine da guerra per gli assedi[modifica | modifica wikitesto]

I genieri in forza alle legioni erano in grado di costruire e schierare potenti armi collettive, in funzione sia offensiva che difensiva, come catapulte, onagri (10 per legione, ovvero 1 per coorte[54]), scorpioni e carrobaliste (55 per legione[54]), con una funzione tattica analoga quella della attuale artiglieria campale; inoltre vi erano altre macchine usate esclusivamente per l'assedio, come baliste, arieti, torri d'assedio, vinee[55].

Addetti alle armi da lancio erano in primo luogo i ballistarii, i quali grazie ad un'elevata specializzazione, appartenenvano a quel gruppo di legionari privilegiati, chiamati immunes. Erano alle dipendenze di un Magister ballistarius (attestato fin dal II secolo), che a sua volta era coadiuvato da un optio ballistariorum (attendente alla cura del comandante) ed un certo numero di doctores ballistariorum (sott-ufficiali).[56][57]

Altre attività[modifica | modifica wikitesto]

Ruolo materiale[modifica | modifica wikitesto]

Ruolo culturale[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ H.Parker, Roman legions, pp.70-71.
  2. ^ a b Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 8, 3.
  3. ^ Plutarco, Vita di Romolo, 13, 1.Zonara, Epitome Historiarum, 7,3.
  4. ^ Smith, William A Dictionary of Greek and Roman Antiquities, John Murray, London, 1875 - voce Tribunus
  5. ^ Plutarco, De vite Parallele, Romolo 20, 1-3.
  6. ^ Scheidel, W., 1996, "Measuring Sex, Age and Death in the Roman Empire" Journal of Roman Archaeology Supplementary series no. 21, Chapter 3
  7. ^ a b Livio, Ab Urbe condita libri, IV, 59-60; e VIII, 8, 3.
  8. ^ a b P.Connolly, Greece and Rome at war, Londra 1998, p.91.
  9. ^ P.Connolly, Greece and Rome at war, Londra 1998, p. 92.
  10. ^ P.Connolly, Greece and Rome at war, Londra 1998, p.93.
  11. ^ P.Connolly, Greece and Rome at war, Londra 1998, p. 94.
  12. ^ Plutarco, Vita di Romolo, 21, 1.
  13. ^ a b c Plutarco, Vita di Romolo, 23, 6.
  14. ^ a b Livio, Ab Urbe condita libri, I, 14.
  15. ^ Livio, Ab urbe condita libri, I, 36, 2.
  16. ^ a b Livio, Ab urbe condita libri, I, 36, 6-8
  17. ^ Festo, De verborum significatu, sex suffragia(452).
  18. ^ Macrobio, Saturnalia 1, 6, 11-12
  19. ^ Lineamenti di storia di diritto romano pag 61-63
  20. ^ a b c Dionigi d'Alicarnasso, Antiquitates Romanae, 4, 18, 1-3.
  21. ^ Gellio, Noctes Atticae, 10, 28, 1.
  22. ^ Cicerone, De re publica, II, 22, 39-40.Dionigi d'Alicarnasso, Antichità romane, IV, 20, 3-5.
  23. ^ Dionigi d'Alicarnasso, Antichità romane, IV, 17, 1-4.
  24. ^ a b Dionigi d'Alicarnasso, Antiquitates Romanae, 4, 19, 1-2.
  25. ^ P.Connolly, Greece and Rome at war, p.95.
  26. ^ a b c d e f Dionigi d'Alicarnasso, Antiquitates Romanae, 4, 16, 2-5.
  27. ^ a b c d e f g h i j Livio, Ab urbe condita libri I, 43, 1-7.
  28. ^ a b c d e Dionigi d'Alicarnasso, Antiquitates Romanae, 4, 17, 1-4
  29. ^ a b Livio, Ab urbe condita libri, I, 43, 8-10.
  30. ^ Festo, De verborum significatu, sex suffragia(452).Cicerone, De re pubblica, 2, 22, 39-40.
  31. ^ Cicerone, De re pubblica, 2, 22, 39-40.
  32. ^ Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane, IV, 18.
  33. ^ Aulo Gellio, Noctes atticae, XVI, 10, 10-11.
  34. ^ Emilio Gabba, Esercito e società nella tarda Repubblica romana, p. 3.
  35. ^ P.Connolly, Greece and Rome at war, pp.126-128.
  36. ^ P. Connolly, Greece and Rome at war, pp. 129-130.
  37. ^ P. Connolly, Greece and Rome at war, p. 130.
  38. ^ Polibio, Storie, VI, 20, 8-9.
  39. ^ Polibio, Storie, VI, 26, 7.
  40. ^ Polibio, Storie, VI, 21, 8.
  41. ^ a b c d Polibio, Storie, VI, 21, 9.
  42. ^ a b c d Polibio, Storie, VI, 21, 7.
  43. ^ William Smith, A Dictionary of Greek and Roman Antiquities, Little, Brown, and Co., pp. 172, ISBN 0-89341-166-3.
  44. ^ In realtà, come suggeriva il nome, in origine i principes (di età media) erano schierati in prima linea e solo successivamente venne deciso di proteggerli collocando in avanti i più giovani hastati. Ai veterani (triarii) era comunque riservata l'ultima fila. Cfr. Tito Livio, Storie, a cura di P. Ramondetti, Torino, UTET, 1989, vol. 3 (libri XXI-XXV, p. 238, nota 1).
  45. ^ Polibio, Storie, VI, 21, 10.
  46. ^ Pat Southern, The Roman Army: A Social and Institutional History, Oxford university press, 2007, p. 90, ISBN 0-19-532878-7. URL consultato il 21 settembre 2008.
  47. ^ tattiche - la legione romana camillana
  48. ^ rivistamilitare.it, URL consultato il 28 aprile 2009, http://www.rivistamilitare.it/index.php?option=com_content&task=view&id=793&Itemid=55.
  49. ^ Storia del mondo antico vol. VI, pag. 308
  50. ^ Storia del mondo antico vol. VI, pagg. 473-474
  51. ^ Tito Livio - XLIV,  42, 7
  52. ^ Vegezio, Epitoma rei militaris, II, 6.
  53. ^ K. Dixon & P. Southern, The roman cavalry, pp. 27-28.
  54. ^ a b Vegezio, Epitoma rei militaris, II, 25.
  55. ^ Vegezio Epitoma rei militaris, IV, 15.
  56. ^ Y.Le Bohec, L'esercito romano. Le armi imperiali da Augusto alla fine del III secolo, Roma 2008, p.85.
  57. ^ G.Cascarino, L'esercito romano. Armamento e organizzazione, Vol. II - Da Augusto ai Severi, pp. 288-289.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Fonti primarie[modifica | modifica wikitesto]

Fonti storiografiche moderne[modifica | modifica wikitesto]

  • Adrian Keith Goldsworthy, The Complete Roman Army, Thames & Hudson, 2003 ISBN 0-500-05124-0, 9780500051245
  • S.A. Cook, F.E. Adcock, M. P. Charlesworth, Storia del mondo antico Vol.VI, London, Cambridge University Press - ed. italiana de Il Saggiatore, 1975, ISBN.

In letteratura[modifica | modifica wikitesto]

Diversi romanzi storici sono stati ispirati alle legioni romane in quanto unità combattenti organizzate. Tra questi:

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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