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Lo stesso argomento in dettaglio: Pontevico.
Il Castello di Pontevico, parte molto importante della storia del paese a causa della sua antica importanza strategica. Attualmente, è parte dell'Istituto neuropsichiatrico Bassano Cremonesini-Onlus, che si estende anche in altri edifici posti a lato del castello.

La storia di Pontevico, comune italiano situato nella Bassa Bresciana centrale posizionato sul confine con la Provincia di Cremona, può essere fatta iniziare già nel I millennio a.C.; non si conosce molto sulla fondazione del paese: malgrado secondo la maggior parte degli studiosi essa fosse stata per mano degli antichi romani, secondo altri potrebbe risalire ai Cenomani. Fin dall'antichità, il porto che sorgeva lungo l'Oglio rese il paese un importante centro di scambio delle merci, al punto che Pontevico guadagnò l'appellativo di Portus Brixianus. A partire dal Basso Medioevo la storia del paese fu strettamente legata a quella del proprio castello, che fu teatro di numerosi scontri e azioni belliche fino al XVI secolo. Il paese visse il suo apogeo sotto la Repubblica di Venezia (1426-1797), nel quale visse una grande crescita economica e, in virtù della sua funzione strategica sia dal punto di vista commerciale sia da quello militare, ottenne numerosi privilegi. Con la caduta della Serenissima e il declino del commercio fluviale, nell'Ottocento il paese visse una fase di decadenza prima di riprendersi nel corso del secolo successivo grazie all'industrializzazione del centro, che è tuttora un importante polo per l'industria tessile e metalmeccanica.

Un tratto pontevichese della Via Brixiana ai giorni nostri, sul quale passa la Via Brescia, che mette in collegamento Brescia e Cremona.

Nel corso del I Millennio a.C., il territorio era abitato dai Galli Cenomani. Fu con la conquista romana della Gallia Cisalpina che, secondo la maggior parte degli storici, avvenne la fondazione di Pontevico, come si evince dalla centuriazione facilmente visibile osservando dall'alto le vie del centro del paese.

In epoca romana da Pontevico passava la via Brixiana, strada romana consolare che metteva in comunicazione il porto fluviale di Cremona (lat. Cremona), che si trovava lungo il fiume Po (lat. Padus), con Brescia (lat. Brixia), da cui passavano diverse strade romane che si diramavano verso l'intera Gallia Cisalpina (lat. Gallia Cisalpina), tanto che il ponte sul fiume diede il nome al paese. Si ritiene che Pontevico fosse il portus brixianus e cioè il punto di arrivo delle merci provenienti dal fiume Po e successivamente dirette a Brescia.[1][2]

L'Alto Medioevo

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Dal VI secolo l'importanza della navigazione era molto elevata, Teodorico aveva imposto di togliere le attrezzature da pesca lungo l'Oglio affinché non impedissero il passaggio dei natanti. Così, presso il porto di Pontevico iniziarono a salpare i dromoni, gli antenati delle galee.[3]

Le tre torri del Castello di Pontevico ai giorni nostri.

A causa delle invasioni degli Ungàri, tra la fine del IX e l'inizio del X secolo avvenne la costruzione del Castello di Pontevico,[4] denominato dai documenti dell'epoca munitissimum castrum a causa delle sue imponenti dimensioni. La rocca era circondata da un ampio fossato e si reputa possibile la presenza di un'antica via sotterranea che collegasse il castello alla vicina Robecco d'Oglio.[5]

Il Basso Medioevo

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Il castello, che fino ad allora apparteneva ai nobili Martinengo, il 26 luglio 1127 venne concesso al vescovo di Brescia Villano e ai consoli del libero comune di Brescia.[6]

Nel corso del XII secolo, nacquero gli ospizi per pellegrini e ammalati presso le Chiese di San Bartolomeo e la Madonnina di Ripa d'Oglio, mentre nel 1170 nella parte alta del paese nacque l'Hospitale, che tuttora da il nome alla via nella quale si trovava.[7][8]

Sembra che nel 1191, il castello di Pontevico fosse stato, per mano dell'Imperatore Enrico VI, ceduto ai cremonesi. Tuttavia, si sa per certo che. nel gennaio dell'anno successivo, tornò subito in mano bresciana, tanto che insieme ad esso passarono sotto il controllo di Pontevico non solo le acque del fiume Oglio, ma anche i 100 trabucchi (170 metri) a partire dalla riva destra dell'Oglio, in territorio cremonese, e con essi piantagioni, pascoli e ogni costruzione situata in quell'area.[7][9]

Con una sortita, nel 1208 i fuoriusciti bresciani tentarono di impossessarsi della rocca per poi consegnarla ai cremonesi, riuscendo ad espugnare la fortezza. Tuttavia, fu decisivo l'intervento podestà di Brescia Obizone Pusterla, che la notte riuscì a penetrare nel castello con i soldati guelfi, scacciando l'armata nemica.[10][11][12]

Pontevico durante il Basso Medioevo si allineò fin da subito con i Guelfi e nel 1237, nei giorni precedenti alla celebre Battaglia di Cortenuova (27-28 Novembre), ospitò l'esercito della Lega Lombarda, il quale poi commise l'errore di spostarsi verso nord-ovest. Di conseguenza, l'Imperatore Federico II riuscì a passare l'Oglio a Pontevico e penetrò nel centro abitato, dando vita a una parata nella quale sfilarono pure degli elefanti da guerra, utilizzati in battaglia dai suoi mercenari saraceni, prima di incendiare il paese.[13][14][15] L'anno successivo, a seguito della sconfitta patita nell'Assedio di Brescia, l'Esercito Imperiale si ritirò dal Bresciano e il paese tornò sotto il controllo bresciano fino al 1242, quando i Malessardi (fuoriusciti bresciani) si impossessarono della rocca e la consegnarono ai cremonesi.[11][16] Fu grazie alla decisiva vittoria della Lega nella Battaglia di Parma (18 Febbraio 1248) che il Portus Brixianus tornò nuovamente in mano bresciana.[11]

Per ricostruire l'aspetto di Pontevico nel Basso Medioevo, fu molto importante la documentazione fatta da Orico Occanono nel 1255. Tra il XII e il XIII secolo l'abitato di Pontevico era diviso in due aree circondate da mura, il Borgo Superiore o Nuovo e il Borgo Inferiore o Vecchio, quest'ultimo viene tuttora chiamato Borgo e, anche oggi, la sua struttura resta simile a quella medievale, con case molto vicine tra loro e vie strette. Entrambi i borghi erano in possesso di un proprio castello e di una propria chiesa. Il Borgo Nuovo, edificato nella parte alta del paese, aveva come principale luogo di culto la Chiesa di San Tommaso, costruita in tempi non molto lontani dalla documentazione, mentre il Borgo Vecchio aveva la Chiesa di Sant'Andrea, di costruzione altomedievale e della quale quella intitolata a San Tommaso era succursale. Oltre ad aver fatto una documentazione sull'aspetto del paese, il notaio Occanono raccolse dettagliatamente tutte le proprietà poste all'interno del comune all'interno del Liber Poteris.[17][18]

A seguito dell'Assedio di Brescia del 1311, Pontevico passò sotto la Signoria di Milano e la rocca venne data in potere a Giberto III da Correggio, signore ghibellino.[22]

La rinascita agricola della Bassa Bresciana del XIV secolo portò la formazione, all'interno del territorio pontevichese, dei piccoli borghi di Chiesuola,Torchiera e Bettegno, precedentemente ridotti a poche case sparse. In quest'ultima nacque la curazia di Santa Maria Maddalena, che con decreto vescovile del 23 marzo 1356 venne distaccata dalla parrocchia di Pontevico.[23][24][25]

Nel 1362, la Lega Antiviscontea, formata dai signori di Verona, Ferrara, Mantova e Carrara, si impossessò del borgo ma non della rocca, che rimase sotto il controllo del castellano. Prese così vita un assedio, nel quale gli eserciti della Lega, supportati dai pontevichesi, impiegarono ventotto compagnie di cavalieri e un gran numero di fanti. Tuttavia, intervenne presto il Signore di Milano Bernabò Visconti, che partì con una squadra di cavalleria, informato dal castellano della scarsa motivazione degli assedianti guelfi. Come raccontato nelle Historie di Matteo Villani:

(Volgare)

«I Collegati havieno nel Castello messe XXVIII bandiere di cavalieri, e soldati a pie' assai. [...] Havendo i Collegati preso il Castello del Ponte a Vico in sù l'Oglio, quelli della Rocca si patteggiarono d'arrendersi se fra certi giorni non fossono soccorsi. I Collegati havieno nel Castello messi soldati assai, i quali non pensando che soccorso potesse venire, stavano sciolti et con poco ordinamento. Il Castellano intendente, compreso loro cattivo reggimento lo significò a M. Bernabò.»

(IT)

«I Collegati hanno posto di fronte al castello ventotto insegne di cavalieri, oltre a un grande numero di fanti. [...] Avendo i Collegati preso la parte bassa del Castello, quelli della Rocca si patteggiarono d'arrendersi nel caso in cui nel giro di alcuni giorni non fossero giunti soccorsi. I Collegati hanno piazzato nel Castello molti soldati, i quali non essendo a corrente della quantità dei rinforzi in arrivo, erano piazzati disordinatamente. L'accortissimo Castellano, comprese la loro scarsa vigilanza e lo riferì a M. Bernabò.»

Fu così che, una notte, Bernabò riuscì a penetrare di nascosto nel castello con l'armata, per poi fuoriuscire la mattina seguente e, a seguito di uno scontro nel quale i pontevichesi supportarono i Collegati con lance e sassi, riuscirono a sconfiggere i guelfi. Come punizione, Pontevico venne saccheggiata, i pontevichesi vennero massacrati o fatti prigionieri mentre le mura cittadine incendiate.[26]

Nel 1404, viene ricordato lo stanziamento all'interno della Fortezza di Pontevico di un'ingente armata di 7.000 uomini e 200 cavalli da parte di Ugolino Cavalcabò.[27][28] Questo secolo, il Quattrocento, è ricordato come il secolo dei Capitani di Ventura, che mossi dai sovrani italiani guidarono gli eserciti degli stati italici nelle numerose guerre che si susseguirono nel Nord Italia fino al Cinquecento. In questo arco di tempo, la Rocca di Pontevico ospitò numerosi condottieri e fu teatro di altrettanti scontri. Durante la Signoria su Brescia del Malatesta (1404-1421), il rinnovato Castello divenne base per le operazioni militari di Pandolfo III, che vi firmò una tregua con scambio di prigionieri con il Signore di Cremona Cabrino Fondulo.[29]

Le Guerre di Lombardia

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Nel 1426, l'esercito veneziano condotto dal Carmagnola occupò pacificamente il Bresciano e prese il controllo di Pontevico, dopo che la città di Brescia si era data alla Serenissima (24 Novembre). La Repubblica di Venezia rinnovò le fortezze di Orzinuovi, Asola e appunto Pontevico, i castelli più importanti eretti lungo il corso dell'Oglio, affidandone la cura a un Provveditore e a un Castellano. Secondo una descrizione di questo periodo, il castello era circondato da mura e dotato di baluardi e torri di vedetta. Invece, il centro abitato era posto attorno al castello, con il fulcro attorno alla strada provinciale e alla pieve intitolata a Sant'Andrea. Per gran parte delle Guerre di Lombardia, Pontevico, malgrado venisse usato da molti generali come base per le operazioni militari, non venne interessato da grandi scontri. Ciò in quanto le dimensioni e l'armamento della Rocca scoraggiavano i condottieri, che esitavano ad assediare il paese e, soprattutto, il castello.[30][31]

Al contrario, con l'ultima fase delle guerre Pontevico divenne più volte campo di battaglia. L'8 giugno 1452, a seguito di un assedio durato due giorni, Francesco Sforza riportò la fortezza sotto il controllo del Ducato di Milano: giocò un ruolo particolarmente importante l'impiego delle bombarde.[32]

Jacopo Piccinino, a comando dell'Esercito Veneziano durante l'ultima fase delle Guerre di Lombardia. Precedentemente, servì anche il Ducato di Milano e il Regno di Napoli.

Nel maggio 1453, il generale veneto Jacopo Piccinino cinse d'assedio la Rocca valendosi dell'effetto-sorpresa impiegato dallo Sforza l'anno precedente, ma dopo tre giorni di assedio la fortezza era ancora nelle mani dei cinquecento uomini di guarnigione. Così, il Piccinino la mattina del 29 incitò le genti all'impresa, le quali, spostando tutte le armi in direzione di un singolo torrione, riuscirono ad aprirvi una breccia e a penetrare nel castello.[33] Successivamente, nel mese di giugno nei boschi nei pressi di Pontevico si consumarono numerosi scontri minori tra il Piccinino e lo Sforza, quando il generale veneziano provò ad attaccare i milanesi posti a Robecco, incitando cos i propri uomini:

«Ormai è tempo, o capitani, ormai è tempo, che coll'aiuto del Cielo si ponga termine a questa guerra, dando alfine l'assalto ai nostri nemici, mentre gli incauti non se l'aspettano. Nulla ci può impedire di avanzarci contro di essi, penetrare nei loro alloggiamenti, abbatterli e incendiarli: non v'ha dubbio che tutti e soldati e capitani diverranno nostri prigionieri: che più! Sforza istesso, se fortuna ci arride, sarà nostro; e tornando vittoriosi alle nostre tende le riempiremo tutte delle spoglie nemiche, e di abbondantissima preda. So bene, che se il Duca prevedesse quale è la determinazione che abbiamo preso, e il nostro arrivo colà presso il suo campo, si disporrebbe a riceverci coll'armi: ma noi non siamo forse ben più valorosi dei suoi? Tarderemmo noi per questo a irrompere ardimentosi contro le sue genti? Facendo noi impeto tutti insieme contro di esse, sappiamo pure che rimarranno indubbiamente conquise, e pressochè schiacciate.»

Presero parte all'attacco 36 coorti, le quali la notte passarono l'Oglio e penetrarono nel contado cremonese. A seguito del passaggio del grosso dell'armata, il Piccinino stesso passò il fiume con un esercito composto da 5000 fanti, 1000 arcieri e 500 tra schioppettieri, frombolieri e altri artiglieri. Malgrado la consistenza degli attaccanti, l'assalto si rivelò fallimentare e i veneziani vennero per due volte respinti dai milanesi posti a Robecco, ritrovandosi costretti a rientrare a Pontevico.[34]

Pontevico divenne presto la base operativa di Jacopo Piccinino, dalla quale in agosto il generale si mosse verso il nemico per combattere la Battaglia di Ghedi, terminata in una pesante sconfitta per l'esercito veneziano.

In autunno, Francesco Sforza ricevette rinforzi da Firenze, mentre si congiunse con l'alleato Renato d'Angiò, a comando dell'esercito francese. L'armata dei franco-milanese ammontava a un totale di circa ventimila fanti e tremilacinquecento cavalieri. Partendo da Seniga, forti di una schiacciante superiorità numerica, gli uomini guidati dal Duca di Milano e dal Conte d'Angiò in breve tempo accerchiarono e, il 16 ottobre, cinsero d'assedio Pontevico. Il castello cadde in mano franco-milanese alle ore 22 del 19 ottobre, dopo una resistenza di tre giorni condotta da poche centinaia di soldati e dai pontevichesi, corsi a supporto degli uomini della Serenissima. I vincitori, in particolare i francesi, furono particolarmente spietati verso i vinti: compiuto il saccheggio, contraddistinto da brutali crudeltà contro i civili, il centro abitato e il castello vennero incendiati e rasi al suolo. Proprio a causa delle atrocità compiute a Pontevico, la voce che si diffuse presto in tutto il territorio indusse molti comuni ad arrendersi all'armata franco-milanese senza combattere.[30][35]

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Pontevico ritratta nella Galleria delle carte geografiche, realizzata tra il 1581 e il 1583 nei Musei Vaticani). Oltre a Pontevico, sono segnate anche le frazioni di Bettegno e Campazzo.

Con la Pace di Lodi, Pontevico tornò nelle mani della Repubblica di Venezia che ricostruì il paese e il castello negli anni successivi,[36] avviando la costruzione di due nuovi torrioni il 18 maggio 1457.[37] Al contrario, per la ricostruzione del ponte sull'Oglio si dovette attendere il 1499.[38] In virtù della fedeltà mostrata dai pontevichesi alla Serenissima già durante l'assedio dell'ottobre 1453, il paese più volte venne soprannominato Castello. Nel porto ebbe vita una stazione di scambio molto importante, dove venivano lasciati i prodotti coloniali e venivano importati biada, lino, ferro e legname, tanto che la città della Bassa Bresciana divenne un importante porto fluviale anche per la Serenissima, dopo che nell'antichità lo era stato per i romani. Proprio nei sotterranei del Castello, vi era un importante magazzino dove sostavano le ingentissime quantità di prodotti derivanti dal commercio fluviale.[39][40]

La popolazione pontevichese tra il 1478 e il 1479 visse una grave epidemia di peste che ridusse drasticamente la popolazione. Nel 1493, nel primo storico censimento degli abitanti di Pontevico, la popolazione residente ammontava a 1700 abitanti, che si pensa fossero molti di più prima della pestilenza del 1478-1479; si sa di per certo che nel periodo successivo i pontevichesi tornarono a crescere, superando le 5000 unità nella metà del Cinquecento.[41]

Nel 1499, a causa del comportamento oppressivo del governo milanese verso i cremonesi, più volte questi ultimi si recarono a Pontevico per parlare con il Castellano o il Cappellano di un'ipotetica Impresa di Cremona, per il passaggio di quest'ultima sotto la Serenissima. L'invasione avvenne, tuttavia non partendo da Pontevico ma bensì da Soncino, e abbastanza agevolmente l'intero Contado di Cremona divenne parte della Serenissima, al punto che il 10 settembre 1499 si ricorda l'innalzamento del Gonfalone di San Marco in città. Il momento favorevole durò poco e, nel gennaio 1500, il Duca Ludovico il Moro dichiarò esplicitamente di voler riprendere Cremona, di pronta risposta i Rettori di Brescia fecero tuttavia arrivare 22.000 soldati a Pontevico, pronti a marciare verso la città in caso di necessità. Più di diecimila tra fanti, arcieri, balestrieri, schioppettieri e bombardieri si mossero verso Cremona, facendovi ingresso e riportando la calma in città.

Consci del fatto che l'espansione veneziana nella penisola italiana fosse un problema per le loro mire espansionistiche, il Re di Francia Ludovico XII, il Re di Spagna Ferdinando II e l'Imperatore Massimiliano I, con il supporto del Papa Giulio II, il 10 dicembre 1508 si riunirono nella Lega di Cambrai, volta a sconfiggere la Serenissima. Conscio di ciò che stava per succedere, il Senato Veneziano nell'aprile 1509 ordinò di radunare l'esercito veneziano proprio a Pontevico: si trattava di un'imponente armata tra le 40.000 e le 60.000 unità, che si accampò fuori dalla rocca, mentre al suo interno ci fu la riunione dei capi d'armata della Serenissima, tra i quali si ricordano Nicolò Orsini, Bartolomeo di Alviano e Andrea Gritti. Il 2 maggio, l'armata lasciò Pontevico, andando incontro al nemico.

Dopo la sconfitta nella Battaglia di Agnadello (14 Maggio), gli uomini della Serenissima furono costretti a ritirarsi dalla Lombardia e Pontevico venne occupata dai francesi nel mese di giugno. I pontevichesi l'anno successivo organizzarono, con il supporto del castellano, una rivolta che mise in fuga gli occupanti, i quali riuscirono a catturare 14 rivoltosi. Il paese venne riconquistato il 19 febbraio 1512 per mano di Gian Giacomo Trivulzio, lo stesso giorno in cui si consumò il Sacco di Brescia. Tuttavia, nel giro di poco tempo la Serenissima riuscì a reimpadronirsi del castello senza combattere: infatti, con la formazione della Lega Santa (Venezia, Stato Pontificio, Spagna e Cantoni Svizzeri), l'esercito francese si ritrovò inseguito da una grande armata, ritrovandosi costretto ad abbandonare Pontevico e a distruggere il ponte sull'Oglio. Il castello venne impiegato dall'esercito veneto come base operativa per la riconquista di Brescia e riuscì a eludere un tentativo di conquista da parte dei milanesi e dei mercenari svizzeri.[42]

Dopo la firma dell'alleanza tra Francia e Venezia, sempre a Pontevico si riunì l'armata franco-veneziana volta alla conquista di Cremona (27 Maggio 1513). Malgrado i successi veneziani, i francesi subirono una pesante sconfitta nella Battaglia di Novara (6 Giugno), che costrinse l'esercito veneto a ripiegare dalla Lombardia. Tuttavia, il castello di Pontevico non si arrese agli spagnoli comandati da Antonio de Leyva: i 300 uomini all'interno della rocca resistettero agli assedianti, ai quali successivamente si aggiunsero anche tedeschi e milanesi, da giugno fino a metà agosto. A costringere il Castellano a trattare la resa furono l'isolamento, la mancanza di viveri e la peste.

Il paese visse quasi tre anni di dominio spagnolo, nei quali i pontevichesi, oltre a dover pagare elevatissime imposte, dovettero cedere la metà del proprio raccolto agli spagnoli. Proprio per questo, in molti preferirono vivere in esilio piuttosto che vivere sotto la Corona Spagnola. Nel Maggio 1516, l'intero territorio venne liberato dai franco-veneziani e, da allora, Pontevico non venne più interessato da alcuna battaglia fino alla firma della Pace di Cambrai (2 agosto 1529), che pose fine agli scontri nel territorio. Tuttavia, in quell'anno i Lanzichenecchi saccheggiarono la Bassa Bresciana, Pontevico e il suo castello non fecero eccezione.[43][44]

Durante la seconda metà del Cinquecento, la famiglia Ugoni si stabilì nella frazione di Campazzo, che all'epoca vantava la presenza di un cappellano, arrivando a fare istanza purchè il piccolo borgo divenisse rettoria autonoma da Pontevico.[47]

Tra il 1486 e il 1584, venne edificata la Chiesa dei Santi Tommaso e Andrea Apostoli, costituita a parrocchia.[48] Continuò l'opera di assistenza sociale, nel 1630 Francesco Capparino fondò il Pio Istituto Elemosiniero mentre nel 1726 Ottavio Pontevico fondò il Pio Luogo Poveri.[49]

Nella seconda metà del Settecento, in quello che nel Medioevo era denominato Borgo inferiore nacquero numerose fonderie. A testimoniare la loro presenza, la presenza della Via Fonderia, chiamata così perchè probabilmente in passato vi si trovava un'officina dedicata alla lavorazione del ferro.[40]

Età contemporanea

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Pontevico raffigurato in una xilografia dell'Ottocento, posta sulla copertina della Storia di Pontevico pubblicata da Angelo Berenzi nel 1888.

Con la caduta della Sereniissima a seguito della Campagna d'Italia condotta da Napoleone Bonaparte e i conseguenti mutamenti di confine, il paese perse definitivamente la propria importanza strategica. Fu proprio nel 1797 che terminò la funzione strategica del Castello di Pontevico, che non veniva tuttavia coinvolto in battaglia da quasi tre secoli, acquistato nel 1803 dall'imprenditore cremonese Gaetano Pietro Cadolini. L'industriale trasformò il castello in fonderia, la prima in Italia dalla conquista Napoleonica della Penisola italiana. A proposito di Napoleone, per il giorno della sua incoronazione (5 Maggio 1805) nella fonderia di Pontevico venne fabbricata una lastra di pietro sormontata da una medaglia rappresentante l'Imperatore con il capo cinto d'alloro e con attorno la scritta Napoleone Imperatore dei Francesi e Re d'Italia. Ai lati della medaglia, sono raffigurati una figura di un lanciere posante il piede destro sul globo e una donna paludata che tiene tra le mani una cornucopia rivolta a terra. Un'aquila imperiale trattenente tra gli artigli un fascio di fulmini sormonta la medaglia, mentre sulla piastra di ferro vi è l'iscrizione:

«ALL'INVITTO ET IMMORTALE NAPOLEONE P.F.A - IMPERATORE DE' FRANCESI - RE D'ITALIA - NUME DELL'INDIPENDENZA ET ARTEFICE - G.P. CADOLINO CREMONESE - PRIMO CHE OSO' RIFONDERE IL FERRO IN ITALIA - PER LA DIFESA DEL REGNO - QUESTO SAGGIO UNICO - DEDICA E CONSACRA»

Attualmente, la lastra è riposta nel Museo del Castello Sforzesco.[50]

Successivamente, con la nascita delle ferrovie si ebbe il venir meno del commercio fluviale, il motore dell'economia di Pontevico, al punto che il paese passò dall'essere un importante porto fluviale all'essere un paesotto agricolo.[20] L'inaugurazione della Stazione Ferroviaria di Pontevico-Robecco d'Oglio, posta a Robecco lungo la tratta Brescia-Cremona, avvenne nel corso del 1867, dopo tre anni di lavori nei quali, oltre alla costruzione di un ponte ferroviario sull'Oglio e di quattro cavalcavia, avvenne anche una grande opera di trasporto di terra.[51]

L'Ottocento fu, di conseguenza, un periodo molto difficile per l'economia pontevichese, nel quale erano molto diffuse povertà e pellagra. Nacquero, durante questo periodo, numerosi istituti di carità: l'Ospedale Civile Gorno Ruffoni (1842), l'Orfanotrofio femminile Angelini (1867), l'Asilo Infantile Ugoni (1873) e la Casa di Riposo Giroldi-Forcella.[20] Il 18 marzo 1901 l'Abate Cremonesini trasformò il castello, passato alla storia per stragi e battaglie, nell'attuale Istituto Neuropsichiatrico Bassano Cremonesini.[52]

L'industrializzazione del centro fu abbastanza lenta e il primo vero stabilimento industriale venne inaugurato nel 1908, il linificio della Società di Filatura Lombarda di Lino e Canape, con 6148 fusi di filatura. A seguito della apertura dello stabilimento, Pontevico divenne un importante polo industriale per la filatura, e nel giro di poco tempo, l'industria diede lavoro a più di 600 dipendenti, per la stragrande maggioranza donne.[53]

L'Obelisco del Cimitero.

Durante il ventennio fascista, si ricordano diverse opere sorte nel comune. Prima nel 1923 il centro sportivo per la neonata Pontevichese, poi venne inaugurata la colonia fluviale (1925, poi ampliata nel 1938), il 23 novembre 1930 venne inaugurato il monumento ai caduti ad opera di Giovanni Asti e nel 1933-1934 e nel 1937 avvenne l'ampliamento del cimitero.

Nel corso del 1935, mentre il comune acquistava il teatro e sistemava Piazza Mazzini, venivano inaugurati il Dopolavoro e il primo acquedotto, sul quale venne posta l'iscrizione:

«Signore per sora acqua la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta»

Nel 1938 l'ospedale si dotò di un laboratorio di analisi cliniche.[7]

Nel 1956, il centro chiuse ma successivamente l'area dell'ex linificio divenne un insediamento artigianale,[54] inoltre a partire dagli anni 1960 si ebbe un discreto sviluppo industriale basato principalmente su attività legate all'agricoltura.

Tra gli anni 1960 e gli anni 1970, iniziò l'ampliamento del centro abitato con un notevole sviluppo residenziale verso nord, con la nascita di quartieri come Ceserole Nere, Acli, Servolta, Vigne e IACP. Nel corso degli anni Settanta avvenne l'estensione della rete del metano a tutto il territorio comunale, frazioni comprese, mentre il paese si dotò di un casello autostradale lungo l'Autostrada A21 (1971), collegandosi alla Rete autostradale italiana che in quegli anni stava vivendo un'impetuosa crescita.

Nello stesso periodo, il paese vide inaugurare al suo interno numerose opere pubbliche: la Biblioteca comunale (1970), la scuola materna, le scuole elementari (ultimate nel 1983), l'acquedotto degli IACP, al quale venne successivamente aggiunto un depuratore fognario (1986), e il centro sportivo con palestra (1980); mentre il castello veniva completamente restaurato nella forma medievale con le tre torri, ma in stile ghibellino, come si evince dalla merlatura. Tuttavia, bisogna ricordare nel 1977 la chiusura dell'Ospedale Civile Gorno Ruffoni e la caduta del ponte sul Fiume Oglio, ricostruito l'anno successivo. Nel 1984 la Casa di Riposo Giroldi Forcella viene spostata da Chiesuola a Pontevico. Nel 1989 avvenne invece la ristrutturazione del Palazzo Ottonelli, municipio del paese. Infine, tra il 1985 e il 1990, venne costruito un nuovo oratorio, posto a lato della Chiesa Abbaziale.[7][55]

L'11 novembre 2021 è stata inaugurata un'importante opera pubblica, la tangenziale Pontevico-Robecco d'Oglio (con annesso un ponte sul fiume Oglio) per migliorare la viabilità del paese. Infatti, fino ad allora la Via XX Settembre, nel centro del paese, era sempre molto trafficata dai camion che la percorrevano nel tratto Brescia-Cremona; oggi, invece, il traffico si è spostato sulla tangenziale situata al di fuori del centro abitato.[56]

  1. ^ Milanesi, 1980, p. 15
  2. ^ Berenzi, 1888, pp. 1-3
  3. ^ Milanesi, 1980, p. 16
  4. ^ Berenzi, 1888, pp. 30-31
  5. ^ Milanesi, 1980, pp. 20-21
  6. ^ Berenzi, 1888, pp. 42-43
  7. ^ a b c d PONTEVICO, su enciclopediabresciana.it.
  8. ^ Milanesi, 1980, p. 103
  9. ^ Berenzi, 1888, p. 58
  10. ^ Milanesi, 1980, pp. 13-14
  11. ^ a b c Milanesi, 1980, p. 58
  12. ^ Berenzi, 1888, pp. 66-71
  13. ^ Berenzi, 1888, pp. 113-117
  14. ^ Milanesi, 1980, p. 25
  15. ^ CORTENUOVA, BATTAGLIA DI, su treccani.it.
  16. ^ Berenzi, 1888, pp. 120-123
  17. ^ Milanesi, 1980, p. 21
  18. ^ Berenzi, 1888, pp. 130-136
  19. ^ Berenzi, 1888, p. 160
  20. ^ a b c Ziletti-Marini, 2008, pp. 25-26
  21. ^ Milanesi, 1980, p. 26
  22. ^ Milanesi, 1980, p. 27
  23. ^ CHIESUOLA, su enciclopediabresciana.it.
  24. ^ TORCHIERA, su enciclopediabresciana.it.
  25. ^ BETTEGNO, su enciclopediabresciana.it.
  26. ^ Berenzi, 1888, pp. 193-199
  27. ^ Berenzi, 1888, p. 208
  28. ^ Fusari, 1999, p. 19
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Collegamenti esterni

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  • Antonio Fappani, PONTEVICO, su enciclopediabresciana.it.