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L'oca selvatica
Titolo originale
Gan
AutoreMori Ōgai
1ª ed. originale1911-13
Genereromanzo
Lingua originalegiapponese

L'oca selvatica (?, Gan) è un romanzo dello scrittore giapponese Mori Ōgai, pubblicato a puntate tra il 1911 e 1913 nella rivista Le pleiadi (?, Subaru) e completato nel 1915.[1]

Il romanzo narra la storia dell'amore incompiuto fra lo studente Otama e la giovane Okada, ed è ambientato nella Tokyo del 1880, di cui fornisce uno spaccato storico mettendo in luce le trasformazioni avvenute nel passaggio tra il periodo Edo e il periodo Meiji.[2]

Nel 1953 è stato trasposto nel film omonimo di Shirō Toyoda. Nel 1994 il romanzo è stato tradotto in italiano per Marsilio editore.

Nella parte iniziale del libro la voce narrante è un «io» maschile («boku»), di cui non viene mai riportato il nome, che racconta le vicende del coetaneo Okada. Il narratore e Okada sono entrambi studenti di medicina presso l'università di Tokyo; condividono l'appartenenza ad una fascia sociale colta e istruita e la passione per la narrativa cinese. L'ambientazione si svolge perlopiù intorno all'Università di Tokyo, nel quartiere di Hongō, che corrisponde anche al luogo nel quale Ōgai visse durante i suoi studi. La pensione Kamijō in cui il narratore e Okada alloggiano, è la stessa in cui Ōgai risiedette per un periodo.[3][2]

Durante le sue passeggiate quotidiane, Okada si imbatte spesso in una giovane affacciata alla finestra di una casa. La ragazza è Otama, figlia unica di un mercante vedovo ridotto in povertà, che per provvedere al padre è divenuta l'amante dell'usuraio Suezō. Parte di capitoli del libro sono dedicati a quest'ultimo personaggio, al suo rapporto con la moglie e alle dinamiche che hanno portato Otama a diventarne l'amante.[4]

Lo studente e la ragazza non andranno mai oltre a un rapporto basato su sorrisi e saluti. In un solo episodio i due avranno uno scambio concreto: quando Okada salverà uno degli uccelli di Otama, uccidendo un serpente che si era introdotto nella gabbietta.[5]

In uno degli ultimi episodi del romanzo, quando Otama deciderà di confessare i suoi sentimenti ad Okada, lo vedrà passare sotto le sue finestre in compagnia di un amico, e per questo desisterà.[6]

La storia si conclude con la passeggiata di Okada con altri studenti (tra cui il narratore) nel parco di Ueno, durante la quale, passando davanti alla casa della giovane, fingerà di non vederla. In prossimità dello stagno, Okada lancia un sasso e accidentalmente uccide un'oca selvatica. Il gesto è la metafora dell'impossibilità di instaurare un rapporto con "la ragazza alla finestra".[2]

Okada è l'anti-eroe, avrebbe il potenziale per essere il tradizionale eroe, in quanto intelligente, bello ed educato.[6] E' un personaggio che avendo nutrito la sua fantasia di letture cinesi romantiche, dedicando loro un’attenzione solo superficiale, si ritrova ad essere irrimediabilmente incapace di intraprendere una relazione con una donna vera.[3]

Affronta la realtà decifrandola secondo schemi astratti, piuttosto che farne esperienza ed usa l’ironia e i riferimenti letterari (soprattutto confuciani) come scudo. Legge il mondo come intrico di segni, rivestendo anche l’evento più banale di significati letterari. Incarna quindi la figura del bōkansha, l’osservatore lucido e distante che rifiuta le passioni e integra la morale fino al parossismo.

E' caratterizzato da una morale premoderna e feudale (in che senso?), anche se alla fine questo atteggiamento cambia con la sua decisione di andarsene in Germania (non capisco il senso, spiega meglio. Devi inoltre citare anche nella trama l'idea di questo futuro viaggio in Germania).[7]

Otama è una ragazza innocente che per ripagare i debiti del padre diventa l'amante dell'usuraio Suezō, che inizialmente lei pensa essere un mercante.[8] La prima parte del romanzo è caratterizzata da un'idea di rassegnazione (teinen)[7] e di rinuncia all'affermazione di sé stessa.[3] (questa affermazione è un po' gratuita, stai spiegando chi sono i personaggi)

Quando un pescivendolo si rifiuta di vendere del pesce alla sua domestica, viene a scoprire la vera professione di Suezō e dalla vergogna decide di allontanarsi da lui. Prenderà anche la decisione di allontanarsi dal padre, anch'egli all'oscuro di tutto, per paura che venga a conoscenza del fatto che Suezō è un usuraio (o forse che la figlia si faceva mantenere...).[8]

Compie, quindi, un percorso verso l’acquisizione di una nuova percezione di sé, sebbene la conclusione sia drammatica (perchè? dove sta il dramma?).[3] Questo suo sviluppo di una certa indipendenza fa di lei il vero personaggio attivo, dinamico, a discapito invece del protagonista maschile Okada, che agisce passivamente per tutto il romanzo.[6]

Suezō incarna nel suo personaggio il mutamento dei tempi, che trasforma in un anti-valore il concetto di onore che costituiva l’etica del bushi (termine giapponese sinonimo di samurai) ancora all’inizio del periodo Meiji. Allo stesso tempo egli prende le distanze dai quei mercanti avidi ed incapaci di innamorarsi di qualcosa che non siano i soldi. Lo suggerisce il fatto che Suezō non si accontenta della propria moglie, non di bell'aspetto ma ligia al suo dovere, e ricerca nella relazione con Otama l’incarnazione del connubio ideale. L’ideale di Suezō emerge ad esempio quando egli rimane amareggiato dal comportamento della moglie alla scoperta del suo tradimento[3]: (questa frase sotto non ha relazione con la scoperta della moglie per il suo tradimento, è inutile associarlo)

«E io, invece? Finché sono riuscito a fare soldi, non mi è mai importato niente di quello che la gente diceva. Persino di fronte agli sbarbatelli che sanno ancora di latte m’inchinavo fino a terra e li chiamavo signori. Mi calpestassero, mi prendessero anche a calci se volevano, purché non perdessi un centesimo del mio denaro: così ho sempre vissuto. Ogni giorno, dovunque andassi, con chiunque avessi a che fare, strisciavo e mi appiattivo come un ragno davanti agli altri. Nel frequentare la società, si osserva che chi è umile con i superiori diventa duro con gli inferiori, tiranneggia i più deboli di lui, e quando è ubriaco picchia moglie e figli. Ma per me non esistono superiori o inferiori. Basta che qualcuno mi faccia guadagnare del denaro e io sono pronto a inchinarmi e a strisciare davanti a lui. Quanto a tutti gli altri, mi sono indifferenti; non li prendo in considerazione, li lascio da parte. Non mi prendo neppure il disturbo di picchiarli: piuttosto che sobbarcarmi una fatica inutile, preferisco calcolare gli interessi sui prestiti.»

Secondo alcuni critici, Gan è il più riuscito tentativo di elaborare un testo di fiction, con stile e tematiche vicine al romanzo occidentale (???). Ōgai aveva sperimentato in diverse opere le tecniche del romanzo di formazione, ma la "traduzione" e la resa in lingua giapponese avevano presentato alcune difficoltà: il problema della mancanza di un "soggetto" e di una concezione di libertà individuale in un contesto storico e sociale ben diverso da quello occidentale.[2]

Gan è definibile come un esperimento stilistico in cui Ōgai tenta di dar voce alla propria riflessione sociale e artistica, offrendo, grazie al tratteggio incrociato dei vari personaggi, soprattutto di quello femminile, una prospettiva rivoluzionaria (in che senso?).[3]

La voce narrante nel romanzo compare solamente come «boku» («io» maschile), ed inizia a raccontare in pochi paragrafi i cambiamenti che sono stati apportati alla città di Tokyo per poi lasciar posto gradualmente ad una voce onnisciente e impersonale.[3][9] Diventa cosi palese che la voce iniziale che ha introdotto la storia e la voce che sta parlando dopo i primi capitoli non è più la stessa. Questo diventa via via più chiaro al lettore quando la narrazione inizia a rivelare i pensieri e le motivazioni dell'usuraio Suezō, informazioni che nessuno avrebbe potuto riferire al narratore. [9]

La narrazione è quindi in prima persona, ma, a differenza dello shizenshugi (naturalismo giapponese) che si proponeva di mettere a nudo in modo diretto e impietoso le motivazioni e gli istinti alla base dell’agire individuale, non è una confessione. Nella storia domina quello che Ōgai stesso, richiamandosi a Nietzsche, definisce l’“apollineo” e il “dionisiaco”, ovvero la forza oscura dell’inconscio, che non viene rappresentata in modo diretto e impudico, ma viene filtrata da uno stile razionale e asciutto che fa uso di reticenza e mezzo tono.[7] (dove hai copiato 'sta schifezza?)

Traduzioni in italiano

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Opere derivate

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Dal libro è stato tratto il film omonimo del 1953, diretto da Shirō Toyoda, con Hideko Takamine nella parte della protagonista Otama.

  1. ^ (EN) James Allan Wren, Differences without distinction: Ideology and the performative contexts of fictional self-representation in modern Japanese literature, University of Washington, 1997, OCLC 38078880.
  2. ^ a b c d Luisa Bienati, Letteratura giapponese. Dalla fine dell'Ottocento all'inizio del terzo millennio, Einaudi, 2005, pp. 299-300, OCLC 885862899.
  3. ^ a b c d e f g Luca Milasi, Gli scrittori Meiji e la Cina : suggestioni letterarie nella produzione di Mori Ōgai, Natsume Sōseki e Kōda Rohan, Padova : Libreriauniversitaria.it, 2011, OCLC 929804027.
  4. ^ Lorenzo Costantini, L'oca selvatica, Marsilio, 1994, OCLC 951086356.
  5. ^ Luisa Bienati e Paola Scrolavezza, La narrativa giapponese moderna e contemporanea, Marsilio, 2009, OCLC 635930439.
  6. ^ a b c (EN) Dennis Washburn, Discontinuity and the dilemma of the modern in Japanese literature, Yale University, 1991, OCLC 31045031.
  7. ^ a b c Kato Shuichi, Letteratura giapponese : disegno storico, a cura di Adriana Boscaro, Marsilio, 2000, OCLC 778660178.
  8. ^ a b (EN) David Blaylock, Industrialization and images of the merchant in Meiji Japan, Ohio State University, 1992, OCLC 32421157.
  9. ^ a b (EN) Stephen Snyder, Ogai and the Problem of Fiction. Gan and Its Antecedents, vol. 49, Monumenta Nipponica, 1994, p. 353-373, OCLC 729051356.
  • Bienati Luisa, Letteratura giapponese. Dalla fine dell'Ottocento all'inizio del terzo millennio, 2005, ISBN 88-06-17822-9.
  • Bienati Luisa e Scrolavezza Paola, La narrativa giapponese moderna e contemporanea, 2009, ISBN 88-31-7977-43.
  • (EN) Blaylock David, Industrialization and images of the merchant in Meiji Japan, Ohio State University, 1992.
  • Milasi Luca, Gli scrittori Meiji e la Cina : suggestioni letterarie nella produzione di Mori Ōgai, Natsume Sōseki e Kōda Rohan, Padova : Libreriauniversitaria.it, 2011, ISBN 88-62-9211-28.
  • Shuichi Kato, Letteratura giapponese : disegno storico, Marsilio, 2000, ISBN 9788831772075.
  • (EN) Snyder Stephen, Ôgai and the problem of fiction : 'gan' and its antecedents., Monumenta Nipponica, 1994, pp. 353-373.
  • (EN) Washburn Dennis, Discontinuity and the dilemma of the modern in Japanese literature, Yale University, 1991, ISBN 9780300059977.
  • (EN) Wren James, Differences without distinction: Ideology and the performative contexts of fictional self-representation in modern Japanese literature, University of Washington, 1997, ISBN 9780591394337.