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La Nuova Hollywood[1] (New Hollywood) indica un periodo di grande rinnovamento del cinema statunitense, avvenuto tra gli anni sessanta ed i primi anni ottanta del Novecento.

Il termine, nel tempo, è stato utilizzato in maniera non sempre univoca: inizialmente, servì a designare quell'ondata di film e di cineasti che, attorno alla metà degli anni sessanta, ebbe la capacità di attirare su di sé l'attenzione di molta critica, poiché in grado di rinnovare profondamente il linguaggio cinematografico del panorama hollywoodiano di quegli anni (tale fenomeno è conosciuto anche come Hollywood Renaissance[2]); successivamente, invece, venne accostato alla fase immediatamente conseguente gli anni ottanta, quando Hollywood ormai aveva cominciato la produzione dei suoi grandi blockbuster.

La definizione di Nuova Hollywood, ad ogni modo, vuole porre una distanza rispetto al periodo che l'ha preceduta, prendendo quindi in carico tutta una serie di aspetti, dallo stile dei nuovi prodotti cinematografici destinati alle sale, all'aspetto sociale e industriale dell'America di quegli anni, che risultano essere in netta contrapposizione con la Hollywood classica. Forse la nuova generazione di cineasti non è riuscita a sradicare e a rinnovare in toto il sistema produttivo che si era abituati a conoscere, ma di certo è riuscita a creare un corpus di lavori che ancora oggi rappresenta un' epoca dorata nella storia del cinema americano.[3]

Le origini[modifica | modifica wikitesto]

La Hollywood Renaissance, diversamente dalle più famose correnti cinematografiche nate in Europa qualche anno prima (la Nouvelle Vague in Francia e il Free Cinema in Inghilterra), non venne a costituirsi come un vero e proprio movimento: non vi erano infatti manifesti, dichiarazioni o programmi che delineassero le sue linee guida. Per questa ragione risulta difficile stabilire una data che segni inequivocabilmente l'inizio di questo rinnovamento del cinema americano.[4] Certo è che, pur senza un progetto strutturato, attorno alla metà degli anni sessanta venne alla luce una serie di lavori caratterizzati da uno stile cinematorgrafico nuovo. Si trattava di lavori capaci di mettere in scena quel senso di disillusione e alienazione che era la diretta conseguenza degli avvenimenti storici che stavano attraversando il paese: dalla guerra in Vietnam fino allo scandalo Watergate, dalla controcultura ai movimenti di protesta giovanili, tutto stava contribuendo alla profonda mutazione del tessuto sociale americano. I giovani, peraltro, erano diventati i principali fruitori delle sale. Servivano dei film che fossero in grado di mettere in scena i temi politici e sociali a loro cari.[5] Venne dunque a crearsi un terreno culturale propizio al cambiamento, pronto ad accogliere nuove narrazioni e nuovi modi di raccontare.

Il successo della New Wave coincise all'epoca con un progressivo e sistematico indebolirsi di tutto il sistema produttivo della vecchia Hollywood. La crisi dell'industria hollywoodiana ebbe inizio nel secondo dopoguerra, in particolare nel 1948, con l'approvazione di alcune normative antitrust che impedivano alle principali major di possedere e controllare le sale cinematografiche, per garantire anche alle piccole case indipendenti una fetta di mercato. Veniva così meno il potere centrale ed esclusivo che gli Studios esercitavano in tutti e tre i momenti fondamentali per la realizzazione di un film (produzione, distribuzione, proiezione nelle sale).[6] Ma la sfida più radicale allo studio system arrivava dalla televisione, il nuovo e sofisticato mezzo di comunicazione di massa che durante gli anni ’50 aveva determinato un vero e proprio svuotamento delle sale cinematografiche. Ad aggravare la situazione, inoltre, contribuirono un diffuso miglioramento economico della classe media americana, che fu in grado così di permettersi passatempi più costosi rispetto al cinema (i cui costi erano relativamente bassi), e un progressivo esodo della popolazione, che cominciò lentamente a spostarsi dal centro urbano, dove all'epoca vi era la maggior concentrazione di sale, verso la periferia.[2][7]

Per queste ragioni, si fecero strada nuove produzioni indipendenti, slegate dal vecchio sistema industriale, e con loro nuovi autori e nuovi interpreti, i quali facevano lentamente il loro ingresso nell'Olimpo del cinema, decisi a mantenere la loro libertà artistica portando in sala una nuova idea di cinema, con film molto più personali.[8]

Le innovazioni[modifica | modifica wikitesto]

La televisione, se da un lato fu una delle principali cause della crisi dello studio system, dall'altro si rivelò una fucina di nuovi talenti. Molti dei registi della New Hollywood, infatti, provenivano dall'ambiente televisivo, dove si erano formati come autori di fiction (tra questi, ricordiamo Sam Peckinpah, Sydney Pollack e Robert Altman): il loro modus operandi, basato sull'economia dei mezzi, la velocità e la dinamicità delle riprese e l'efficienza organizzativa, era ciò che i produttori cinematografici stavano cercando per poter far uscire gli Studios dalla crisi che li aveva investiti. Altri autori invece arrivavano direttamente dalle scuole di cinema, come Martin Scorsese e Francis Ford Coppola.[9] In tale fase di mutamento, per la prima volta questi registi furono in grado di esercitare un controllo artistico e creativo quasi totale sulle loro opere, che venivano vendute alle grandi case di produzione solo per essere distribuite.[4][10]

Il cinema promosso da questi nuovi autori era caratterizzato da uno stile visivo di rottura rispetto a quello che aveva contraddistinto l'epoca del cinema narrativo classico ed era particolarmente influenzato dalle tendenze del cinema europeo, che andavano di fatto a rompere i codici linguistici a cui il pubblico si era abituato fino a quel momento. Le modalità di rappresentazione classiche, infatti, servivano a restituire un' idea di mondo ordinato e comprensibile, rassicurante agli occhi dello spettatore, e tutto ciò si poteva ottenere attraverso una narrazione lineare e un montaggio continuo. Di conseguenza, l'abbattimento di queste convenzioni fu in grado di produrre un senso di disagio e di insicurezza più in linea con il nuovo sentire comune.[2]Tuttavia non ci fu mai un totale abbandono dello stile precedente, ma piuttosto un abile connubio tra vecchie e nuove istanze.

I temi[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Codice Hays.

Dal punto di vista delle tematiche la New Hollywood portò alla ribalta argomenti sino ad allora tabù: la solitudine e l'inquietudine giovanili (Cinque pezzi facili, Taxi Driver, Strada a doppia corsia), la sessualità femminile (Gangster Story), nuovi modi d'intendere i rapporti d'amore (Harold e Maude), la condizione difficile della donna nella società americana (Una moglie, Una donna tutta sola, Non torno a casa stasera), la riflessione critica sulla storia delle minoranze etniche (Piccolo Grande Uomo, Soldato blu), e sulla guerra (M*A*S*H, Tornando a casa, Il Cacciatore, Apocalypse Now), e un uso molto fitto del turpiloquio (Conoscenza carnale).

Tutto ciò fu possibile grazie all'eliminazione del Codice Hays che, dagli anni trenta, stabiliva cosa fosse o non fosse moralmente accettabile in un film. Il codice prende il nome da Will H. Hays, direttore generale delle poste degli Stati Uniti, che venne nominato dalla Motion Picture Producers and Distributors Association of America (oggi Motion Picture Association of America) come suo presidente nel 1922. Hays dettò una serie di linee-guida per il grande schermo che prevedevano la censura di scene di nudo, di stupro, di perversioni sessuali e di profanità. Inizialmente si trattava di un accordo solamente verbale ma nel 1930 Daniel Lord, un prete gesuita, e Martin Quigley, un editore di giornali, fecero un passo ulteriore, ricavando dai dettami di Hays un vero e proprio documento.[11] Nel 1966 il codice venne abbandonato definitivamente in favore di un nuovo sistema di classificazione dei film, approvato nel 1968.[8]

Il rinnovamento dei generi[modifica | modifica wikitesto]

Nell'ambito della New Hollywood i generi cinematografici furono rinnovati e contaminati. Sam Peckinpah portò nel western una violenza mai vista prima, grazie a William Friedkin e a Don Siegel il poliziesco si fece più realistico (Il braccio violento della legge, Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo), il dramma urbano rispecchiava la realtà delle metropoli americane (Taxi Driver, Mean Streets, Un uomo da marciapiede), il film di guerra si mischiò alla commedia (M*A*S*H), il musical divenne più cupo e senza lieto fine (New York, New York)[2] mentre la fantascienza, prima cupa e scientista, scoprì l'epico e il meraviglioso (Guerre stellari).

La fine[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1975 Lo squalo di Steven Spielberg ottenne un grande successo di pubblico e di critica e mostrò come anche la New Hollywood potesse incassare cifre importanti. Il film di Spielberg, infatti, rappresentava un'eccezione nel panorama hollywoodiano di allora: a fronte di un budget iniziale di circa 7 milioni di dollari, Lo Squalo riuscì a incassarne complessivamente quasi 500 milioni.[12] Oltre a ciò, il film beneficiò di una campagna di marketing particolarmente efficace, che vide, nei giorni precedenti l'uscita in sala, la messa in onda televisiva di 30 secondi del suo trailer, e la sua prima proiezione in oltre 400 cinema del paese, numeri davvero straordinari per quegli anni.[13] Ma il film segnò anche l'inizio della fine di quell'era. Infatti Lo squalo diede il via ai blockbuster, con i quali i produttori tornarono alla carica, riprendendo a produrre film kolossal molto costosi.[2]

Nel 1980 uscì Toro scatenato, considerato l'ultimo capolavoro della New Hollywood. Nel 1981, infine, il gigantesco flop de I cancelli del cielo, diretto da Michael Cimino, segnò la fine del potere dei registi, che si videro tolto il final cut e dovettero nuovamente lottare con i produttori per raggiungere il controllo completo dei loro film.[2]

Filmografia parziale[modifica | modifica wikitesto]

Registi[modifica | modifica wikitesto]

Documentari sulla New Hollywood[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ La Nuova Hollywood. Dalla rinascita degli anni Sessanta all'era del blockbuster, su drammaturgia.it. URL consultato il 25 febbraio 2019 (archiviato dall'url originale il 28 luglio 2012).
  2. ^ a b c d e f Geoff King, La Nuova Hollywood. Dalla rinascita degli anni Sessanta all'era del blockbuster, Torino, Einaudi, 2002, ISBN 88-06-17190-9.
  3. ^ (EN) A History of American New Wave Cinema, su www.newwavefilm.com. URL consultato il 20 Giugno 2019 (archiviato il 20 Giugno 2019).
  4. ^ a b Gli anni d'oro della "New Hollywood": il cinema dei belli e perdenti, su http://www.rivistamilena.it/. URL consultato il 6 Agosto 2019 (archiviato dall'url originale il 6 Agosto 2019).
  5. ^ Il Cinema Usa negli Anni '60-'70, su https://www.cinescuola.it/. URL consultato il 28 Dicembre 2019 (archiviato dall'url originale il 28 Dicembre 2019).
  6. ^ Il cinema degli Stati Uniti d’America/ 3 - Gli eterni protagonisti dell’industria hollywoodiana: gli studios, su http://www.fondocinema.it/. URL consultato il 10 Dicembre 2019 (archiviato dall'url originale il 10 Dicembre 2019).
  7. ^ Hollywood, su http://www.treccani.it/. URL consultato il 18 Dicembre 2019 (archiviato dall'url originale il 18 Dicembre 2019).
  8. ^ a b (EN) Michalis Kokonis, Hollywood’s Major Crisis and the American Film “Renaissance”, in Gramma: Journal of Theory and Criticism, Revisiting Crisis/Reflecting on Conflict: American Literary Interpretations from World War II to Ground Zero, n. 16, 2008, pp. 169-206, DOI:https://doi.org/10.26262/gramma.v16i0.6435.
  9. ^ Approfondimenti: Viaggio nella New Hollywood, su lultimospettacolo.wordpress.com. URL consultato il 30 Dicembre 2019 (archiviato dall'url originale il 30 Dicembre 2019).
  10. ^ La New Hollywood: la storia e i film principali, su https://auralcrave.com/. URL consultato il 1º Gennaio 2020 (archiviato dall'url originale il 1º Gennaio 2020).
  11. ^ (EN) David Denby, Sex and Sexier: the Hays Code wasn't all bad, in The New Yorker, 25 Aprile 2016.
  12. ^ Jaws, su https://www.boxofficemojo.com/?ref_=bo_nb_rl_mojologo. URL consultato il 5 Gennaio 2020 (archiviato dall'url originale il 5 Gennaio 2020).
  13. ^ (EN) Jaws-The Monster that ate Hollywood, su https://www.pbs.org/. URL consultato il 5 Gennaio 2020 (archiviato dall'url originale il 5 Gennaio 2020).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Geoff King, La Nuova Hollywood. Dalla rinascita degli anni Sessanta all'era del blockbuster, Torino, Einaudi, 2002, ISBN 88-06-17190-9.
  • Franco La Polla, Il nuovo cinema americano, Torino, Lindau, 1996, ISBN 88-7180-118-0.
  • Gian Piero Brunetta (a cura di), Il cinema americano II, Torino, Einaudi, 2006, ISBN 88-06-18097-5.
  • Callisto Cosulich, Hollywood settanta. Il nuovo volto del cinema americano, Firenze, Vallecchi, 1978.
  • Peter Biskind, Easy Riders, Raging Bulls. Come la generazione sesso-droga-rock'n'roll ha salvato Hollywood, Roma, Editoria & Spettacolo, 2007, ISBN 978-88-89036-59-4.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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