Utente:Luciano G. Calì/Sandbox/PSDI2

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La storia del Partito Socialista Democratico Italiano, dalla sua fondazione alla conclusione della Prima Repubblica.

1947: la Scissione dal PSI e le elezioni del 1948[modifica | modifica wikitesto]

Il partito fu fondato, con la denominazione di Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), l'11 gennaio 1947 con la scissione dal PSI dell'ala democratico-riformista (situata all'estrema destra del partito) guidata da Giuseppe Saragat al termine di una riunione a Palazzo Barberini a Roma. La scissione costa al PSIUP la trasmigrazione della metà dei parlamentari socialisti nel nuovo partito, ma anche una folta schiera di dirigenti. Intanto nel 1948 ci furono le elezioni politiche decisive per il futuro del Paese. Il PSLI, si presentò dunque alle elezioni del 18 aprile come forza "autenticamente socialista e democratica", schierata su un terreno di centrosinistra rispetto alla scena politica italiana, ma aperta anche al contributo di altre forze laico-riformiste di centro e di centrosinistra. L'apertura del partito ai laico-riformisti nonché naturalmente a qualunque spezzone socialista che avversasse il PCI e l'URSS, ebbe successo e tra gli altri adrì alla proposta anche il gruppo fuoriuscito dal PSI guidato da Ivan Matteo Lombardo. Tale operazione portò così alla costituzione della lista "Unità Socialista", che con il suo 7,1% fu fondamentale per impedire in Italia la vittoria delle sinistre e la formazione di un governo marxista e filo-sovietico. L'ottimo piazzamento del PSLI, situato al terzo posto dopo DC e Fronte Democratico Popolare (la lista unica social-comunista), consentì ai socialdemocratici di costituire in Parlamento un gruppo consistente, formato da una cinquantina di deputati ed una diecina di senatori.

Il centrismo[modifica | modifica wikitesto]

La vittoria dei settori moderati del Paese (in particolare DC ed appunto Unità Socialista), favorì così la collocazione dell'Italia in area occidentale e permise la costituzione di governi fondati sull'alleanza dei partiti di centro da quelli più moderati a quelli più riformisti (PLI, DC, PRI e PSLI, poi PSDI).

Nell'arco di due anni però, tra il 1948 e il 1950, il PSLI tenne quattro congressi nei quali vi fu una continua uscita di militanti e dirigenti tra cui Giuseppe Faravelli, Ugo Guido Mondolfo, Mario Zagari.

Questi confluiscono, con Giuseppe Romita ed altri piccoli gruppi laico-socialisti, nel Partito Socialista Unitario (PSU), che tenne il suo primo congresso nel dicembre 1949. In quel tempo il PSLI contava ufficialmente 80.000 iscritti e il PSU circa 170.000, ma in realtà le continue fuoriuscite nonché le pressioni del PSI, che con l'aiuto del PCI e sotto la direzione di Rodolfo Morandi riorganizzava la sua presenza sociale, ridussero gli iscritti complessivamente al di sotto dei 50.000.

Dopo breve tempo però, nel PSU si fecero sentire le sue simpatie nei confronti del PSLI di G.Saragat e così al II Congresso del PSU venne trattata la tematica dell'unificazione PSU-PSLI. Su tale proposito si scontrarono due correnti: una guidata da Romita favorevole all'unificazione, la seconda guidata dalla sinistra di Mondolfo e Codignola contrari. Prevalse la prima e il 1º maggio 1951 i due partiti si unificarono dando vita al Partito Socialista - Sezione Italiana dell'Internazionale Socialista (PS-SIIS). L'unificazione venne poi sancita il 7 gennaio 1952 nel VII Congresso del partito, che assunse la denominazione di Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI) ed elesse segretario Giuseppe Saragat.

Nelle elezioni del 1953 intanto il PSDI scese al 4,5%. Tuttavia l'esistenza del sindacato UIL, a forte carattere socialdemocratico, e l'azione di governo consentirono di portare avanti anche in Italia gli ideali della socialdemocrazia. Il PSDI si identificava nel suo leader indiscusso, nonché fondatore Giuseppe Saragat.

Gli anni del centrismo andarono dal 1948-1960 e la coalizione di governo fu comunque sempre guidata dalla DC, partito di "centro che guarda a sinistra" come disse lo stesso Alcide De Gasperi, ruolo primario ebbe anche il PSDI, mentre PLI e PRI furono penalizzati a causa degli scarsi risultati elettorali. Gli anni del "centrismo" furono segnati dalla ricostruzione e da una maggioranza politicamente forte in cui l'azione politica era accompagnata da una forte ripresa economica e benessere sociale. Gli anni del centrismi furono quelli della ricostruzione, che negli anni '60 porterà poi al cosiddetto boom economico.

Il Centro-sinistra[modifica | modifica wikitesto]

A partire dagli inizi degli anni '60, la Democrazia Cristiana (guidata da Amintore Fanfani ed Aldo Moro), stava maturando l'apertura verso il Partito Socialista Italiano di Pietro Nenni, il quale proprio all'ora stava affrancando il suo partito dal patto di unità d'azione che fino a quel momento aveva unito socialisti e comunisti. Il Partito Socialista Democratico Italiano dunque (da sempre alleato leale ed ascoltato della DC), dopo un iniziale periodo di titubanza, approva la svolta di centro-sinistra accelerandone il processo e conducendo un formidabile lavoro di mediazione tra socialisti e democristiani, per mezzo del suo fondatore e leader indiscusso Giuseppe Saragat.

L'apertura ai socialisti causò la fuoriuscita dalla compagine governativa del PLI, ma diede inizio ad una forte fase riformatrice nel Paese e migliorò anche la performance elettorale del partito socialdemocratico, che raggiunge il 6% alle elezioni politiche. L'esperienza governativa nel centro-sinistra nel frattempo, facilita il nuovo incontro tra socialdemocratici e socialisti e così il 30 ottobre 1966, il PSDI si riunificò con il PSI, dando vita al PSI-PSDI Unificati.

Il 5 luglio 1969 però -in seguito a scarsi risultati eletorali-, nel PSU le strade della componente socialista e di quella socialdemocratica si dividono nuovamente: la prima ritornò al PSI, mentre la seconda ricostituì un soggetto socialdemocratico chiamato Partito Socialista Unitario (PSU), che il 10 febbraio 1971 riprese la denominazione di Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI).

Nel frattempo, a metà degli anni '70, Francesco De Martino mise per la prima volta -dopo oltre un decennio- in discussione la compatibilità politica tra socialisti e democristiani. In questa fase, se da un lato il PSDI rese più forti i suoi legami con la DC, dall'altro incoraggiò la corrente degli "autonomisti" di Bettino Craxi a mettere in discussione la segreteria di De Martino; quando questi venne eletto alla segreteria del PSI, ribadì la disponibilità dei socialisti ad entrare in nuovi esecutivi di centro-sinistra e riprese i contatti con i fratelli socialdemocratici del PSDI, chiudendo nuovamente le prospettive politiche dei socialdemocratici.

Il Pentapartito[modifica | modifica wikitesto]

Successivamente, la maggioranza di governo si estese al PLI, rappresentante tradizionale della borghesia moderata e per questo escluso dai precedenti "governi riformatori"; iniziò così la fase del cosiddetto "Pentapartito".

Nel corso degli anni incominciarono però a riscontrarsi nel PSDI i primi dissapori: il 15 febbraio 1989 una "miniscissione", capeggiata da Pietro Longo e Pier Luigi Romita, porta infatti alla costituzione del movimento di Unità e Democrazia Socialista (UDS). Questo movimento aveva come obiettivo esplicito facilitare il riavvicinamento tra PSDI e PSI, riavvicinamento che avrebbe dovuto inserirsi nel più ampio progetto del leader socialista Bettino Craxi di creare in Italia una grande famiglia ispirata al riformismo socialdemocratico europeo, comprendente anche i nuovi riformisti del neonato PDS. Questo obiettivo di Longo e Romita si risolse però in un fallimento e il 13 ottobre 1989 l'UDS finì per confluire nel PSI.

La Parabola discendente[modifica | modifica wikitesto]

La popolarità del partito subisce un grave tracollo in seguito alle inchieste di "Tangentopoli", che vedono implicati diversi esponenti di primo piano del Psdi. L'ex segretario nazionale Pietro Longo viene arrestato il 30 aprile del 1992 per aver ricevuto una tangente di un miliardo e mezzo di lire dalla ditta milanese Icomec in relazione all’appalto di costruzione della centrale idroelettrica di Edolo, in provincia di Brescia, nel periodo in cui egli ricopriva anche l’incarico di consigliere di amministrazione dell’ENEL, e viene successivamente condannato per concussione a quattro anni e sei mesi di reclusione. L'11 giugno del 1992 Lamberto Mancini, assessore della Provincia di Roma ed ex Presidente della stessa Provincia, viene sorpreso dal Carabinieri nell'atto di intascare una tangente di 28 milioni di lire, ed arrestato in flagranza di reato. Questi furono i primi di una serie di arresti e di clamorosi rinvii a giudizio che contribuirono a screditare presso l'opinione pubblica l'immagine del PSDI.

Tra il 1992 e il 1994 il Partito Socialista Democratico Italiano, condivide la sorte degli altri partiti della coalizione "Pentapartito" (Dc, Psi, Pli e Pri) di governo, vivendo un progressivo tracollo elettorale che porta allo scardinarsi dell'apparato del partito ed al moltiplicarsi di fenomeni scissionisti.

Alle elezioni politiche del 1994 arrivò così un PSDI praticamente ridotto a brandelli, che scelse di non presentare una lista autonoma. Alcuni esponenti del partito scelsero di candidarsi autonomamente sotto diversi simboli.

  • Un parte consistente diede vita a una lista (insieme con una parte craxiana e ribelle del PSI) denominata "Socialdemocrazia per le Libertà" che presentò candidati autonomi dagli schieramenti principali in alcuni collegi uninominali soprattutto in Molise, Puglia, Campania, Calabria e Sicilia. Tra questi si candida anche il segretario Enrico Ferri che nel collegio di Carrara alla Camera raccoglie da solo il 23,7% ma non viene eletto.
  • Alcuni esponenti aderiscono alla coalizione centrista del Patto per l'Italia facendo riferimento all'area riformista di Giuliano Amato (tra questi Gian Franco Schietroma candidato nel collegio di Frosinone).
  • Pochi altri scelgono di schierarsi a sinistra con i Progressisti (tra questi viene eletta alla Camera in un collegio della Basilicata la deputata Magda Cornacchione Milella).

Ciò che rimane del PSDI continua nonostante tutto a sforzarsi di rimanere in vita e così, alle elezioni europee del 1994, il partito si ripresenta raccogliendo lo 0,7% a livello nazionale e riuscendo ad eleggere il segretario Enrico Ferri al Parlamento europeo. Successivamente però proprio il segretario Ferri si candida alla presidenza della provincia di Massa-Carrara schierando l'ormai decimato PSDI con il centro-destra di Silvio Berlusconi (al quale aderisce anche Alleanza Nazionale). Ciò comporta ulteriori fratture dentro il partito, che portano a scissioni organizzate di interi gruppi dirigenti verso i partiti moderati della coalizione di centro-sinistra. A ciò si aggiunge un richiamo ufficiale da parte dell'Internazionale Socialista e del Partito del Socialismo Europeo al quale il PSDI e lo stesso Ferri aderivano. Anche per questo il 10 dicembre 1994 Enrico Ferri insieme con Luigi Preti, fonda nel PSDI la corrente Socialdemocrazia Liberale Europea (SOLE).

Nel gennaio 1995, però, un regolare congresso mette in minoranza la corrente di Ferri e Preti, nominando segretario del partito Gian Franco Schietroma: la corrente di Ferri e Preti (SOLE) esce così dal PSDI e diviene partito autonomo. Il SOLE si avvicina così all'area di centro-destra, stringendo una collaborazione privilegiata prima con il Centro Cristiano Democratico e poi con Forza Italia. In realtà però, dopo poco tempo, molti e lo stesso E. Ferri lasceranno la CDL, avvicinandosi al centro-sinistra. Un altro gruppo invece si unirà ad una discreta pattuglia di ex-craxiani guidati da Enrico Manca e Fabrizio Cicchitto fondando il Partito Socialista Riformista, il quale avrà però vita breve. I seguaci di Manca aderiranno poi a La Margherita, mentre i seguaci di Fabrizio Cicchitto confluiranno invece in Forza Italia. La maggior parte dei vecchi socialdemocratici però, in seguito alla scomparsa del Patto per l'Italia (dove erano confluiti in massima parte fin dal 1993) aderirano poi all' Unione democratica (successivamente confluito ne i Democratici) oppure a Rinnovamento Italiano, se non addirittura al Partito popolare italiano, che comunque assorbì parte dell'elettorato ex-psdi. Nel 2001 però i Democratici, Rinnovamento Italiano e Ppi si fonderanno in un nuovo soggetto politico centrista e moderatamente riformista: La Margherita.

La lunga storia di un PSDI che oramai esisteva solo in teoria si trascina stancamente fino a quando, sotto la guida di Gian Franco Schietroma, dà vita - insieme ai Socialisti Italiani, ad una parte del Partito Socialista e della Federazione Laburista - al nuovo partito dei Socialisti Democratici Italiani (SDI).

La Diaspora Socialdemocratica[modifica | modifica wikitesto]

Già dal 1989 erano iniziate in seno al PSDI i primi fenomeni di scissione e le prime fratture, tale fenomeno divenne però insostenibile a partire dal 1993. Da allora infatti il PSDI non fu più presente unitariamente su tutto il territorio nazionale e ciò favorì il distacco dal partito di interi gruppi e di numerosi dirigenti sia locali che nazionali. Così, in uno scenario in cui i "nuovi partiti" erano ideologicamente trasversali, numerosi ex-socialdemocratici hanno portato la loro cultura di matrice sostanzialmente centrista e laico-riformista in altri soggetti politici. Oggi elementi di cultura socialdemocratica, oltre ad essere rappresentati dallo stesso PSDI, sono presenti nei seguenti partiti:

Collegamenti interni[modifica | modifica wikitesto]