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Gestione dei rifiuti

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La gestione dei rifiuti, nell'ingegneria ambientale, s'intende l'insieme delle politiche, procedure o metodologie volte a gestire l'intero processo dei rifiuti, dalla loro produzione fino alla loro destinazione finale coinvolgendo quindi la fase di raccolta, trasporto, trattamento (smaltimento o riciclaggio) fino al riutilizzo dei materiali di scarto, solitamente prodotti dall'attività umana, nel tentativo di ridurre i loro effetti sulla salute umana e l'impatto sull'ambiente naturale.

Un interesse particolare negli ultimi decenni riguarda la riduzione degli effetti dei rifiuti sulla natura e sull'ambiente grazie alla possibilità di risparmiare e recuperare risorse naturali da essi e ridurre la produzione di rifiuti stessi attraverso l'ottimizzazione del loro ciclo di gestione

Programma nazionale per la gestione dei rifiuti

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Una corretta gestione dei rifiuti è fondamentale sia dal punto di vista politico-economico, sia dal punto di vista ambientale, in quanto implica la tutela di beni costituzionalmente protetti quali il diritto alla salute (art. 32 Cost.) e la tutela dell’ambiente (art. 9 Cost.). In conseguenza del recepimento delle Direttive dell’Unione Europea in materia ambientale, i numerosi cambiamenti apportati al sistema della gestione dei rifiuti hanno comportato la necessità di una radicale riorganizzazione delle competenze statali e territoriali, tra cui l’assegnazione alle Regioni della funzione di individuazione, sulla base di criteri ambientali oggettivi, delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero. Inoltre, si è avvertita anche l’esigenza di definire criteri e linee strategiche nazionali.

A tale proposito, in attuazione delle Direttive UE 2018/851 e 2018/852, il nuovo d.lgs. n. 116 del 3 settembre 2020, art. 198-bis, ha istituito il Programma Nazionale per la Gestione dei Rifiuti, a cura del Ministero dell’Ambiente e con il supporto tecnico dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Il fine di tale Programma è quello di definire le strategie, i criteri e gli obiettivi ai quali le Regioni e le Province devono attenersi nell’elaborazione dei Piani regionali di gestione dei rifiuti, che devono essere coerenti con quello nazionale. Quest’ultimo sarà poi assoggettato a VAS (Valutazione Ambientale Strategica), in perfetta coerenza con quanto statuito dalla CGUE (C 305-2018) [N 1] [1].

Obiettivi di riciclaggio

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Il d.lgs. 116/2020 è chiaro nel definire le regole per il calcolo degli obiettivi di riciclaggio [2]. In particolare, la normativa prevede che il peso dei rifiuti urbani riciclati sia calcolato come il peso dei rifiuti che, dopo essere stati sottoposti alle varie operazioni di controllo volte a garantire un riciclaggio di alta qualità, vengono avviati alla fase vera e propria di riciclaggio, durante la quale questi rifiuti sono trattati al fine di ottenere nuovi prodotti, materiali o sostanze. In poche parole, quale regola generale, il peso dei rifiuti urbani riciclati viene misurato nel momento dell’immissione al riciclaggio effettivo. In deroga a tale previsione, il peso dei rifiuti urbani riciclati può essere misurato anche in uscita, dopo le operazioni di selezione, a due condizioni:

  1. che tali rifiuti in uscita siano successivamente riciclati;
  2. che il peso dei materiali o delle sostanze che vengono rimossi con successive operazioni, preliminari a quella effettiva di riciclaggio, non sia compreso nel peso dei rifiuti definiti come riciclati.

A proposito di obiettivi di riciclaggio, il 24 settembre 2020 il Ministro dell’Ambiente ha firmato il decreto ministeriale che regolamenta l’EoW (End of Waste, fine del rifiuto) per la carta e il cartone [3]. Si tratta di una disciplina giuridica riguardante la cessazione della qualifica di rifiuto al termine di un processo di recupero. Pertanto, con EoW si intende il processo che concretamente permette ad un rifiuto di tornare a svolgere un ruolo utile come prodotto. L’EoW non si riferisce al risultato finale, bensì al percorso che porterà a tale conclusione secondo i criteri regolamentati dall’art. 6 della Direttiva 2000/98/CE e recepiti dal d.lgs. 152/2006 (TUA o Codice dell’Ambiente), ora modificato dal nuovo d.lgs. 116/2020. L’art. 205-bis di quest’ultimo provvedimento chiarisce che è proprio al momento dell’immissione nel ciclo industriale che verrà misurato l’obiettivo di riciclaggio, in quanto è in questa circostanza che si dimostra la sussistenza di un mercato per tale EoW. Solo in Italia, tale mercato rappresenta circa 7 tonnellate di materiale raccolto ogni anno, urbano e industriale [4].

Per l’Italia, in realtà, l’EoW non rappresenta un’innovazione assoluta, in quanto nell’ordinamento italiano esisteva già una logica simile: il sistema delle Materie Prime Seconde (MPS), istituito con D.M. del 5 febbraio 1998. L’EoW per la carta e il cartone, dunque, si pone in un’ottica di continuità con la disciplina del MPS, aggiornandola alla disciplina comunitaria. In particolare, un rifiuto cessa di essere tale quando viene sottoposto ad operazioni di recupero e soddisfa i seguenti requisiti:

  1. la sostanza o l’oggetto sono destinati ad essere utilizzati per scopi specifici;
  2. esiste un mercato o una domanda per tale sostanza o oggetto;
  3. la sostanza o l’oggetto soddisfano i requisiti tecnici e rispettano la normativa e gli standard applicabili ai prodotti;
  4. l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto avrà impatti negativi sull’ambiente o sulla salute umana.

Responsabilità

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Il d.lgs. 152/2006 annovera significative innovazioni anche in tema di responsabilità nella gestione dei rifiuti. L’art. 188, rubricato “Responsabilità della gestione dei rifiuti”, prevede che il produttore iniziale o altro detentore di rifiuti, qualora non provveda personalmente al loro trattamento, sia tenuto a consegnarli ad un intermediario o ad un commerciante, oppure ad un ente o ad un’impresa, che effettui le operazioni di trattamento dei rifiuti o, ancora, ad un soggetto addetto alla raccolta dei rifiuti, il quale può essere pubblico o privato. In questo caso, i costi della gestione dei rifiuti sono sostenuti dal produttore iniziale dei rifiuti, dai detentori del momento o dai detentori precedenti. La responsabilità del detentore per il corretto recupero o smaltimento è esclusa in caso di conferimento dei rifiuti al servizio pubblico di raccolta e, altresì, in caso di conferimento dei rifiuti a soggetti autorizzati ai fini del recupero o dello smaltimento, a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di identificazione dei rifiuti. Inoltre, nel caso di conferimento di rifiuti a soggetti autorizzati alle operazioni di raggruppamento, ricondizionamento e deposito preliminare, la responsabilità dei produttori dei rifiuti per il corretto smaltimento è esclusa a condizione che questi ultimi, oltre al formulario di trasporto, abbiano ricevuto l’attestazione di avvenuto smaltimento rilasciata, in conformità con il modello definito con decreto del Ministero dell’Ambiente, dal titolare dell’impianto che effettua le operazioni [5].  

Tracciabilità

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Con l’abrogazione del SISTRI (Sistema di controllo della Tracciabilità dei Rifiuti) ad opera dell’art. 6 del d.l. 135/2018, l’Italia ha rivoluzionato anche il sistema di tracciabilità dei rifiuti. A sostituire il SISTRI è intervenuto l’art. 188-bis del d.lgs. 152/2006, che, in tema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, stabilisce che esso debba essere garantito in tutte le fasi, dalla loro produzione fino alla loro destinazione finale. Al fine di assicurare la raccolta e l’elaborazione dei dati ambientali inerenti ai rifiuti, il Ministero dell’Ambiente, con il supporto tecnico-operativo dell'Albo Nazionale dei gestori, gestisce il Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti, articolato in [6]:

  • una sezione Anagrafica, comprensiva dei dati anagrafici degli operatori e delle informazioni relative alle specifiche autorizzazioni rilasciate agli stessi per l’esercizio di attività inerenti alla gestione dei rifiuti;
  • una sezione Tracciabilità, comprensiva dei dati ambientali e dei dati afferenti ai percorsi rilevati da sistemi di geolocalizzazione.

A queste novità, si affianca la conferma del Catasto dei rifiuti di cui all’articolo 189 del TUA, ai sensi del quale “chiunque effettua a titolo professionale attività di raccolta e trasporto di rifiuti, i commercianti e gli intermediari di rifiuti senza detenzione, le imprese e gli enti che effettuano operazioni di recupero e di smaltimento di rifiuti, i Consorzi istituiti per il recupero ed il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti, nonché le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti pericolosi e le imprese e gli enti produttori iniziali di rifiuti non pericolosi, comunicano annualmente alle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura territorialmente competenti le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle predette attività, dei materiali prodotti all’esito delle attività di recupero, nonché i dati relativi alle autorizzazioni e alle comunicazioni inerenti le attività di gestione dei rifiuti. Sono esonerati da tale obbligo gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile con un volume di affari annuo non superiore a euro ottomila, le imprese che raccolgono e trasportano i propri rifiuti non pericolosi, di cui all’articolo 212, comma 8, nonché, per i soli rifiuti non pericolosi, le imprese e gli enti produttori iniziali che non hanno più di dieci dipendenti” [7]. Il Catasto è volto ad assicurare un quadro conoscitivo completo e costantemente aggiornato, anche ai fini della pianificazione delle attività di gestione dei rifiuti, dei dati raccolti mediante gli strumenti di tracciabilità ed è articolato in una Sezione nazionale, che ha sede a Roma presso l’ISPRA, e in Sezioni regionali o delle Province autonome di Trento e di Bolzano, che sono situate presso le corrispondenti Agenzie regionali e delle Province autonome per la protezione dell’ambiente.

Registri di carico e scarico e trasporto

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Un’altra conferma riguarda gli adempimenti in ordine alla tenuta dei Registri di carico e scarico dei rifiuti di cui all’art. 190 del d.lgs. 152/2006, mentre qualche modifica è intervenuta sul tema del trasporto dei rifiuti di cui all’art. 193. In particolare, il trasporto dei rifiuti deve essere accompagnato da un formulario di identificazione e i registri relativi al trasporto, integrati di tali formulari, devono essere conservati per tre anni (invece che cinque) dalla data dell'ultima registrazione [8].  Infine, ai sensi del comma 7, “il formulario è sostituito, per i rifiuti oggetto di spedizioni transfrontaliere, dai documenti previsti dalla normativa comunitaria di cui all'articolo 194, anche con riguardo alla tratta percorsa sul territorio nazionale" [9]. La normativa italiana in materia di spedizioni transfrontaliere di rifiuti deve ritenersi integrata da quella adottata dalle istituzioni europee mediante regolamenti aventi efficacia esecutiva e accordi bilaterali, come recentemente affermato dalla Cassazione penale nella sentenza n. 1429 del 15 gennaio 2020.

Trattamento dei rifiuti

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Il trattamento dei rifiuti consiste nell'insieme di tecniche volte ad assicurare che i rifiuti, qualunque sia la loro sorte, abbiano il minimo impatto sull'ambiente. Può riguardare sostanze solide, liquide o gassose, con metodi e campi di ricerca diversi per ciascuno.

Le pratiche di trattamento dei rifiuti sono diverse tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, tra città e campagna e a seconda che i produttori siano residenziali, industriali o commerciali. Il trattamento dei rifiuti per gli utenti residenti e istituzionali nelle aree metropolitane è solitamente responsabilità delle autorità di governo locale, mentre il suo trattamento per utenti commerciali e industriali è solitamente responsabilità di colui che ha prodotto i rifiuti.

Lo schema seguente riassume le modalità e le filiere per il trattamento dei rifiuti solidi urbani secondo le attuali politiche di gestione in Italia.


- immagine presente nella pagina -


Naturalmente, si tratta di uno schema teorico che non sempre, non completamente e non dappertutto, è attuato allo stesso modo e soprattutto è solo una delle possibili modalità di gestione dei rifiuti. Evoluzioni tecniche e/o differenti indirizzi e priorità di gestione dei rifiuti possono comportare modifiche sostanziali allo schema, ma esso fornisce comunque uno schema di massima e le corrette terminologie riguardanti l'argomento [10].

  • contributo collega Cappuccetto Rosa

Deposito in discarica

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  • contributo collega Cappuccetto Rosa

Il ciclo della raccolta differenziata

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I rifiuti raccolti in maniera differenziata possono sostanzialmente essere trattati, a seconda del tipo, mediante due procedure:

  1. riciclaggio, per le frazioni secche;
  2. compostaggio, per la frazione umida.

Riciclaggio dei rifiuti

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Il riciclaggio comprende tutte le strategie organizzative e tecnologiche per riutilizzare come materie prime materiali di scarto altrimenti destinati allo smaltimento in discarica o distruttivo.

In Italia, il tasso di raccolta differenziata sta gradualmente crescendo (è oggi intorno al 22,7%), ma è ancora inferiore alle potenzialità. Soluzioni particolarmente efficienti come la raccolta differenziata porta a porta, ove adottate, permettono di incrementare notevolmente la percentuale di rifiuti riciclati.

A titolo di confronto, si consideri che in Germania il tasso di raccolta differenziata raggiungeva nel 2004 ben il 56% a livello nazionale.

Numerosi sono i materiali che possono essere riciclati: metalli, carta, vetro e plastiche sono alcuni esempi; vi sono tuttavia complessità associate ai materiali cosiddetti "poliaccoppiati" (cioè costituiti da più materiali differenti) come ad esempio flaconi di succhi di frutta o latte, nonché per oggetti complessi (per esempio automobili, elettrodomestici ecc): non sono tuttavia problemi insormontabili e possono essere risolti con tecnologie particolari, in parte già adottate anche in Italia.

Particolare è il caso della plastica, che come noto esiste in molte tipologie differenti e può essere costituita da molti materiali differenti (PET, PVC, polietilene ecc.). Tali diversi materiali vanno gestiti separatamente e quindi separati fra loro: questa maggior complicazione in passato ha reso l'incenerimento economicamente più vantaggioso del riciclo. Oggi tuttavia appositi macchinari possono automaticamente e velocemente separare i diversi tipi di plastica anche se raccolti con un unico cassonetto, pertanto l'adozione di queste tecnologie avanzate permette un vantaggioso riciclo.

Purtroppo in alcuni casi la plastica (in genere quella di qualità inferiore) viene comunque avviata all'incenerimento.

Compostaggio della frazione umida

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Il compostaggio è una tecnologia biologica usata per trattare la frazione organica dei rifiuti raccolta differenziatamente (anche detta umido) sfruttando un processo di bio-ossidazione, trasformandola in ammendante agricolo di qualità da utilizzare quale concime naturale: da 100 kg di frazione organica si ricava una resa in compost compresa nell'intervallo di 30–40 kg [11]. Tramite digestione anaerobica viene ottenuto anche del biogas che può essere bruciato per produrre energia elettrica e calore; in tal modo è possibile diminuire il livello di emissioni inquinanti della discarica e migliorarne la gestione approfittando anche della conseguente diminuzione dei volumi legata al riciclo dell'umido.

Il compostaggio, come si vede dal grafico, si differenzia dal TMB per il fatto di trattare esclusivamente l'umido e non il rifiuto indifferenziato, anche se il TMB può comprendere un processo simile al compostaggio (si veda sotto).

Il ciclo della raccolta indifferenziata

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I rifiuti raccolti indifferenziatamente sono naturalmente molto più difficili da trattare di quelli raccolti in modo differenziato. Possono essere seguite tre strade principali:

  1. trattamenti a freddo, ovvero separazione e parziale recupero di materiali, biostabilizzazione e conferimento in discarica;
  2. trattamenti a caldo, ovvero incenerimento tal quale o a valle di separazione e produzione di CDR e conferimento in discarica;
  3. conferimento diretto in discarica (oggi molto usato, ma certamente da evitarsi).

In ogni caso, è evidente che gli inevitabili residui di tali processi finiranno giocoforza in discarica.

Trattamento a freddo dei rifiuti

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Scopo dei processi di trattamento a freddo dei rifiuti indifferenziati o residui - ossia i rifiuti che rimangono dopo la raccolta differenziata - è recuperare un'ulteriore parte di materiali riciclabili, ridurre il volume del materiale in vista dello smaltimento finale e stabilizzare i rifiuti in modo tale che venga minimizzata la formazione dei gas di decomposizione ed il percolato. Da questi processi, fra i quali annoveriamo anche il compostaggio, si ricavano in genere sia materiali riciclabili sia biogas, cioè, in altre parole, metano.

Il principale tipo di trattamento a freddo è il trattamento meccanico-biologico (TMB). Esso separa la frazione organica ed i materiali riciclabili: permette quindi un'ulteriore riduzione dell'uso delle discariche e degli inceneritori, il tutto con emissioni inquinanti nettamente inferiori rispetto a tali impianti. Infatti tratta i rifiuti indifferenziati a valle della raccolta differenziata, incrementando il recupero di materiali. In Germania, ad esempio, impianti TMB sono diffusi da circa una decina d'anni.

Il TMB può essere utilizzato anche per produrre CDR (combustibile derivato dai rifiuti): è questa l'applicazione principale che ufficialmente ne viene fatta in Italia, soprattutto al sud. In questo caso dovrebbe essere rimosso solamente l'umido ed i materiali non combustibili (vetro e metalli), mentre carta e plastica sarebbero confezionati in "ecoballe" da incenerire: in questo modo il trattamento a freddo si può intrecciare con quello termico.

Dati relativi al quantitativo di rifiuti trattati in Italia tramite TMB e riferiti al 2004 indicano un totale di 7.427.237 t di rifiuti, con un picco nelle regioni del sud 3.093.965 t. L'incidenza percentuale del dato relativo al 2004 indica un valore pari al 20,5% del totale di rifiuti smaltiti tramite biostabilizzazione e produzione di CDR [12]. Le inchieste giudiziarie per la crisi dei rifiuti in Campania stanno tuttavia evidenziando che le "ecoballe" prodotte non sono classificabili come CDR, per cui i quantitativi ufficiali sopra citati dovranno essere rivisti sulla base degli esiti di più approfondite verifiche.

Trattamento termico dei rifiuti

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Fra i processi di trattamento a caldo (o termico) dei rifiuti, si distinguono tre processi di base:

  1. Combustione (incenerimento)
  2. Pirolisi
  3. Gassificazione

Tutte queste tecnologie producono residui, a volte speciali, che richiedono smaltimento, generalmente in discarica. Sia in Italia che in Europa, gli impianti di trattamento termico di gran lunga più diffusi per i rifiuti urbani sono gli inceneritori.

Incenerimento e termovalorizzazione

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L'incenerimento è una tecnologia consolidata che permette di ottenere energia elettrica e fare del teleriscaldamento sfruttando i rifiuti indifferenziati o il CDR. Questi vengono bruciati in forni inceneritori e l'energia termica dei fumi viene usata per produrre vapore acqueo che, tramite una turbina, genera energia elettrica. La quantità di energia elettrica recuperata è piuttosto bassa (19-25%), mentre quella termica è molto maggiore. Tale energia recuperata è da confrontarsi con quella necessaria al riciclaggio, che a sua volta si compone di vari fattori: la separazione, il trasporto alle rispettive fonderie o industrie di base, la fusione o trattamento fino alla produzione del materiale base, uguale a quello vergine.

Gli inceneritori con recupero di energia sono chiamati termovalorizzatori. I rifiuti, prima di essere inviati all'inceneritore, devono subire alcuni trattamenti per eliminare i materiali non combustibili e la parte umida. Il Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR) è un combustibile solido triturato secco ottenuto dal trattamento dei rifiuti solidi urbani (RSU) raccolto generalmente in blocchi cilindrici denominati ecoballe.

Il funzionamento di un termovalorizzatore può essere schematizzato:

  • le ecoballe che arrivano dagli impianti di selezione sono conservate in un'area esterna dell'impianto.

Per mezzo di un carroponte, i materiali sono inseriti nel forno attraverso la tramoggia.

  • I forni più diffusi sono dotati di griglie mobili che consentono di muovere i rifiuti durante la combustione
  • il calore prodotto dalla combustione serve a far vaporizzare l'acqua di una caldaia per produrre vapore riscaldato.
  • Il vapore mette in rotazione una turbina accoppiata ad un alternatore: si trasforma così l'energia termica in energia elettrica.
  • L'acqua calda può anche essere utilizzata per il teleriscaldamento.
  • Le ceneri vengono raccolte e smaltite in speciali discariche.
  • I fumi sono filtrati allo scopo di eliminare gli agenti inquinanti, quindi vengono rilasciati nell'atmosfera attraverso il camino [13].

Pirolisi e gassificazione

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La pirolisi e la gassificazione sono dei trattamenti termici dei rifiuti che implicano la trasformazione della materia organica tramite riscaldamento a temperature variabili (a seconda del processo da 400 a 1200 °C), rispettivamente in condizioni di assenza di ossigeno o in presenza di una limitata quantità di questo elemento. Gli impianti che sfruttano tali tecnologie in pratica, piuttosto che fondarsi sulla combustione, attuano la dissociazione molecolare ottenendo in tal modo molecole in forma gassosa più piccole rispetto alla originarie (syngas) e scorie solide o liquide. In confronto agli odierni inceneritori i rendimenti energetici possono essere maggiori se il syngas ottenuto viene bruciato in impianti ad alto rendimento e/o ciclo combinato (dopo opportuni trattamenti per eliminare eventuali vari residui, fra cui polveri, catrami e metalli pesanti a seconda del rifiuto trattato), mentre l'impatto delle emissioni gassose risulta sensibilmente ridotto [14]. In particolare il rendimento in produzione elettrica può arrivare, a detta di alcuni produttori, a oltre il doppio del più moderno inceneritore (si veda gassificatore).

Nonostante la tipologia di rifiuti trattabili sia (per alcuni tipi di impianto) la stessa degli inceneritori, tuttavia sono pochi gli impianti di questo genere che trattano rifiuti urbani tal quali: molto spesso infatti riguardano frazioni merceologiche ben definite quali plastiche, pneumatici, scarti di cartiera, scarti legnosi o agricoli oppure biomasse in genere. Questi impianti più specifici sono maggiormente diffusi. Ciò nonostante vi è chi ritiene che gli impianti di pirolisi e di gassificazione siano destinati a sostituire in futuro gli attuali inceneritori anche per i rifiuti urbani, diffondendosi ulteriormente e divenendo i principali trattamenti termici di riferimento.

Va anche osservato che in genere gli impianti di pirolisi e/o gassificazione sono più piccoli degli inceneritori, cioè ciascun impianto tratta un minor quantitativo di rifiuti. Questo comporta alcuni vantaggi: anzitutto si evita il trasporto dei rifiuti per lunghe tratte, responsabilizzando ciascuna comunità locale in merito ai propri rifiuti (smaltiti in loco e non "scaricati" a qualcun altro). In secondo luogo la flessibilità e le minor taglia degli impianti permette facilmente di aumentare la raccolta differenziata e ridurre il quantitativo di rifiuti totali, politiche difficilmente attuabili con inceneritori da centinaia di migliaia di tonnellate annue che necessitano di alimentazione continua. Infine anche i costi di realizzazione ed i tempi di ammortamento dovrebbero essere inferiori.

Sistema integrato

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In Italia si parla per la prima volta di "gestione integrata dei rifiuti" nel d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ("Norme in materia ambientale"), conosciuto anche come Testo Unico Ambientale [15].

Precedentemente, il decreto Ronchi [16][17], emanato in attuazione delle direttive dell'Unione Europea in materia di rifiuti, aveva introdotto l'espressione similare “gestione unitaria dei rifiuti urbani”, con cui si riferiva, però, al superamento della frammentazione delle gestioni e al principio di autosufficienza territoriale e di prossimità.

La “gestione integrata” sta a indicare, invece, un sistema volto a gestire l'intero processo dei rifiuti (comprendente produzione, raccolta, trasporto, trattamento, destinazione finale) con le finalità di recupero energetico e delle materie prime, e, dunque, di minimizzare la frazione destinata alla discarica, e le cui attività, finanche la realizzazione e gestione degli impianti (art. 201, comma 4, lett. a; art. 202, comma 5 del Testo Unico Ambientale), sono affidate a un unico soggetto [18].

La materia è oggi raccolta nel già citato Testo Unico Ambientale e nelle sue successive modificazioni ed integrazioni in materia [19].

Esso affronta la questione dei rifiuti delineando una serie di priorità e azioni all'interno della logica di gestione integrata del problema (come descritto nella predetta parte IV negli articoli 180 e 181 nell'ordine di priorità definito dall'articolo 179). Nello specifico, si parla di:

  • Criteri di priorità (Art 179)
    • Sviluppo di tecnologie pulite
    • Ideazione e messa in commercio di prodotti che non contribuiscano o diano un contributo minimo alla produzione di rifiuti ed all'inquinamento
    • Miglioramenti tecnologici per eliminare la presenza di sostanze pericolose nei rifiuti
    • Ruolo attivo delle amministrazioni pubbliche nel riciclaggio dei rifiuti e loro utilizzo come fonte di energia
  • Prevenzione della produzione di rifiuti (Art. 180)
    • Corretta valutazione dell'impatto ambientale di ogni prodotto durante il suo intero ciclo vitale
    • Capitolati di appalto che considerino l'abilità nella prevenzione della produzione
    • Promuovere accordi e programmi sperimentali per prevenire e ridurre la quantità e pericolosità dei rifiuti
    • Attuare il DL 18 febbraio 2005 n. 59 e la direttiva 96/61/CE specifica per la riduzione e prevenzione integrate dell'inquinamento
  • Recupero dei rifiuti (Art 181)
    • il riutilizzo, il reimpiego ed il riciclaggio
    • Produzione di materia prima secondaria trattando i rifiuti stessi
    • Favorire tramite misure economiche e capitolati nelle gare d'appalto il mercato dei prodotti reimpiegati
    • Uso dei rifiuti per produrre energia (recupero energetico (ossidazione biologica a freddo, gassificazione, incenerimento)

Pertanto, se il primo livello di attenzione è rivolto alla necessità di prevenire la formazione dei rifiuti e di ridurne la pericolosità, il passaggio successivo riguarda l'esigenza di riutilizzare i prodotti (es. bottiglie, con il vuoto a rendere) e, se non è possibile il riuso, riciclare i materiali (es. riciclaggio della carta). Infine, solo per quanto riguarda il materiale che non è stato possibile riutilizzare e poi riciclare (come ad esempio i tovaglioli di carta) e il sottovaglio (ovvero la frazione in piccoli pezzi indistinguibili e quindi non riciclabili di rifiuti, che rappresenta circa il 15% del totale), si pongono le due soluzioni del recupero energetico tramite sistemi a freddo o a caldo, come la bio-ossidazione (aerobica o anaerobica), la gassificazione, la pirolisi e l'incenerimento oppure l'avvio allo smaltimento in discarica.

Dunque anche in una situazione ideale di completo riciclo e recupero vi sarà una percentuale di rifiuti residui da smaltire in discarica o da ossidare per eliminarli e recuperare l'energia. Da un punto di vista ideale il ricorso all'incenerimento ed alle discariche indifferenziate dovrebbe essere limitato al minimo indispensabile. La carenza di efficaci politiche integrate di riduzione, riciclo e riuso fanno dello smaltimento in discarica ancora la prima soluzione applicata in Italia ed in altri paesi europei [20]. Per quanto riguarda il recupero, esistono progetti ed associazioni che si occupano dello scambio di beni e prodotti usati (per esempio Freecycle).

Tra imprese e soggetti addetti alla gestione dei rifiuti, con il termine "prodotto" s'intende il rifiuto (materia prima, semilavorato prodotto finito, a seconda dello stadio di lavorazione).

Costi e ruoli

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È altresì rilevante la quota di esportazioni che impegna un paese povero a farsi carico delle fonti di inquinamento che i produttori non vogliono avere vicino a casa propria.

Al 2018, l'Italia era l'undicesimo esportatore di rifiuti plastici verso i Paesi del Terzo Mondo, spesso in deroga al Regolamento UE n. 1013 del 14 giugno 2013 che dispone ad applicare nei centri di destinazione regole di trattamento e di tutela della salute pubblica analoghe a quelle dell'Europa. La Cina ha vietato le importazioni di rifiuti, spostando le rotte del traffico lecito (e illecito) dall'Asia all'Africa [21].

In particolare, la norma non disciplina l'affondamento delle chiatte in acque internazionali, che sono considerate una "terra di nessuno". Tale soluzione preferenziale adottata ad esempio per lo smistamento dei rifiuti radioattivi durante il caso Necci-Duvia-Pacini Battaglia.

Inceneritori e biodigestori

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La combustione dei rifiuti non è di per sé contrapposta o alternativa alla pratica della raccolta differenziata finalizzata al riciclo, ma dovrebbe essere solo un eventuale anello finale della catena di smaltimento. Inoltre è ovvio che, se un inceneritore viene dimensionato per bruciare un certo quantitativo di rifiuti, dovrà essere alimentato per forza con quel quantitativo, richiedendo di fatto l'ulteriore apporto di massa di rifiuti in caso di un quantitativo inadeguato.

Per ragioni tecnico-economiche la tendenza è oggi quella di realizzare inceneritori sempre più grandi, con la conseguenza di alimentare il "turismo dei rifiuti" (cioè il trasporto di rifiuti anche da altre province se non da altre nazioni). In Italia questo fenomeno è stato accentuato dai forti incentivi statali che hanno favorito l'incenerimento a scapito di altre modalità di smaltimento più rispettose dell'ambiente.

Nei fatti, tuttavia, l'incenerimento può generare logiche speculative alternative alla raccolta differenziata: lo dimostrano pressioni politiche e tangenti scoperte a settembre 2010 in Abruzzo mediante intercettazioni telefoniche. Qui si è deciso di abbassare gli obblighi di raccolta differenziata per favorire l'incenerimento, come "richiesto" da imprenditori interessati alla costruzione di impianti di incenerimento e che non "gradivano" che la raccolta differenziata raggiungesse anche solo il 40% [22].

In Italia si sono inceneriti nel 2004 circa 3,5 milioni di t/anno su un totale di circa 32 milioni di tonnellate di RSU totale prodotto, cioè circa il 12% (per un confronto con altri paesi europei si veda Inceneritore); tale pratica specie al Nord è in aumento, e in Lombardia ad esempio raggiunge il 34%. Ciò che balza all'occhio è il grande ricorso allo smaltimento in discarica, che è in diminuzione (dal 2001 al 2004, al Nord -21%, al Sud -4% e al Centro -3%) ma che interessa attualmente in tutto circa il 56,9% dei rifiuti urbani prodotti (45% al Nord, 69,5% al Centro, 73,2% al Sud; si stima che sul totale nazionale il 76% sia rifiuto da raccolta indifferenziata e il 24% siano residui dai diversi processi di trattamento: biostabilizzazione, CDR, incenerimento, residui da selezione delle R.D.), con conseguenze ambientali che si vanno aggravando soprattutto nel Sud, dove i pochi impianti di trattamento finale sono ormai saturi e la raccolta differenziata stenta a decollare: gli inceneritori sarebbero perciò, secondo alcuni, da aumentare (soprattutto al Sud). Tuttavia, se si considera che nei comuni più virtuosi la raccolta differenziata supera già adesso l'80%, si deduce che persino al Nord essa è ancora molto meno sviluppata di quanto potrebbe e che in alcune aree del Nord gli impianti di incenerimento sarebbero perfino sovradimensionati. Pertanto, il timore di alcuni è che non si potrà sviluppare appieno la raccolta differenziata e il riciclo per consentire agli inceneritori di funzionare senza lavorare in perdita, oppure si dovranno importare rifiuti da altre regioni.

Una considerazione importante è infatti che gli investimenti necessari per realizzare i termovalorizzatori sono molto elevati (il costo di un impianto in grado di trattare 421.000 t/anno di rifiuti è valutabile in circa 375 milioni di euro, cioè circa 850-900 € per tonnellata di capacità trattatabile [23]), e il loro ammortamento richiede, tenendo anche conto del significativo recupero energetico, circa 20 anni; perciò costruire un impianto significa avere l'«obbligo» (sancito da veri e propri contratti) di incenerire una certa quantità minima di rifiuti per un tempo piuttosto lungo.

È emblematico a questo proposito il caso dell'inceneritore costruito recentemente dall'Amsa a Milano, Silla 2: inizialmente aveva avuto l'autorizzazione per bruciare 900 t/giorno di rifiuti, poi si è passati a 1250 e infine a 1450t/g. Se si guarda alla gestione dei rifiuti a Milano, ci si accorge che la raccolta differenziata raggiunge il 30% circa (dato sostanzialmente invariato da anni), e gran parte del rimanente viene incenerito da Silla 2. Si consideri che la media di riciclo della provincia di Milano è, escludendo il capoluogo, del 51,26% in costante miglioramento, e in particolare del 59,24% per i comuni con meno di 5 000 abitanti e del 55% per quelli fra i 5 e i 30 000, e che a Milano la raccolta dei rifiuti organici non è mai andata oltre la sperimentazione in piccole aree della città, nonostante il più che collaudato sistema di raccolta dei rifiuti porta a porta e la notevole sensibilizzazione della popolazione, che permetterebbero sicuramente di fare molto di più.

È interessante confrontare i costi dello smaltimento dei rifiuti di una città come Milano che fa ampio ricorso all'incenerimento con quelli di città che puntano sulla differenziata: a Milano nel 2005 si sono spesi 135,42 €/abitante contro una media provinciale di 110,16 e contro gli 83,67 di Aicurzio, paese più virtuoso di Lombardia nel 2005 col 70,52% di raccolta differenziata [24]. Il sindaco di Novara inoltre nel 2007 ha dichiarato che portando in due anni la raccolta differenziata nella città dal 35 al 68% si sono risparmiati due milioni di euro, mentre l'allora sindaco di Torino Chiamparino, per sostenere la necessità dell'inceneritore del Gerbido ha dichiarato che «in qualsiasi centro urbano superare il 50% è un miracolo, perché la gestione di questo tipo di raccolta ha dei costi non sostenibili per i cittadini»; eppure a San Francisco è oltre il 50% già dal 2001 [25].

Waste management

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  • contributo collega Cappuccetto Rosa

Scelte di gestione a fronte dell'emergenza Covid-19

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  • contributo collega Cappuccetto Rosa
  • contributo collega Cappuccetto Rosa

Note esplicative

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  1. ^ Sentenza su una domanda pregiudiziale relativa all’art. 35 del decreto Sblocca Italia, con cui la Corte ha affermato che “una normativa nazionale […] che determina in aumento la capacità degli impianti di incenerimento dei rifiuti esistenti e che prevede la realizzazione di nuovi impianti di tale natura, rientra nella nozione di «piani e programmi» qualora possa avere effetti significativi sull’ambiente e deve, di conseguenza, essere soggetta ad una valutazione ambientale preventiva”.

Note bibliografiche

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  1. ^ Medugno M., Programma nazionale per la gestione dei rifiuti e calcolo degli obiettivi di riutilizzo e riciclaggio. Novità introdotte nel TUA, in Ambiente e sviluppo, n. 10, 2020, p. 757.
  2. ^ Medugno M., Programma nazionale per la gestione dei rifiuti e calcolo degli obiettivi di riutilizzo e riciclaggio. Novità introdotte nel TUA, in Ambiente e sviluppo, n. 10, 2020, p. 757.
  3. ^ Medugno M., Programma nazionale per la gestione dei rifiuti e calcolo degli obiettivi di riutilizzo e riciclaggio. Novità introdotte nel TUA, in Ambiente e sviluppo, n. 10, 2020, p. 757.
  4. ^ Medugno M., Programma nazionale per la gestione dei rifiuti e calcolo degli obiettivi di riutilizzo e riciclaggio. Novità introdotte nel TUA, in Ambiente e sviluppo, n. 10, 2020, p. 757.
  5. ^ Ronchetti T., Il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, in Ambiente e sviluppo, n. 10, 2020, p. 763.
  6. ^ Ronchetti T., Il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, in Ambiente e sviluppo, n. 10, 2020, p. 763.
  7. ^ Ronchetti T. e Medugno M., La riforma del sistema di tracciabilità dei rifiuti, anche in materia di spedizione transfrontaliere, in Ambiente e sviluppo, n. 3, 2020, p. 198.
  8. ^ Ronchetti T., Il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, in Ambiente e sviluppo, n. 10, 2020, p. 763.
  9. ^ Ronchetti T. e Medugno M., La riforma del sistema di tracciabilità dei rifiuti, anche in materia di spedizione transfrontaliere, in Ambiente e sviluppo, n. 3, 2020, p. 198.
  10. ^ http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=env_waselvt&lang=en
  11. ^ Dati che si possono evincere dai numeri indice Archiviato il 29 settembre 2007 in Internet Archive. di questo documento, a pag. 8.
  12. ^ Rapporto Rifiuti 2005 dell'Osservatorio Nazionale dei Rifiuti Archiviato l'8 agosto 2007 in Internet Archive.,capitolo 2, vol. 1.Archiviato il 28 settembre 2007 in Internet Archive.
  13. ^ riferimento bibliografico: G. Paci e R. Paci, Progettare e fare Tecnologia, Zanichelli
  14. ^ Si veda il Rapporto conclusivo della commissione per le migliori tecnologie di gestione e smaltimento dei rifiuti (archiviato il 27 settembre 2007) e questo articolo (archiviato il 17 giugno 2009), entrambi del Ministero dell'Ambiente italiano
  15. ^ parlamento.it: Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, "Norme in materia ambientale"
  16. ^ parlamento.it: Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 "Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio"
  17. ^ Decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 ("Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio")
  18. ^ La gestione dei rifiuti urbani nel Codice ambientale. CARLO RAPICAVOLI, su www.ambientediritto.it. URL consultato il 4 maggio 2021.
  19. ^ Vedasi ad esempio il d.lgs 18 novembre 2010 n. 250, che recepisce la direttiva UE 2008/98/CE in materia di rifiuti.
  20. ^ Relazione di De Stefanis sul recupero energetico nel ciclo integrato di gestione dei rifiuti
  21. ^ Elisa Murgese, Altro che riciclo, ecco dove vanno a finire i nostri rifiuti di plastica, su greenpeace.org, 19 aprile 2020.
  22. ^ La Repubblica - Abruzzo, le trame in Regione - Fermiamo la differenziata 26 settembre 2010 - pagina 15
  23. ^ Copia archiviata (PDF), su trm.to.it. URL consultato il 19 giugno 2007(archiviato dall'url originale il 29 settembre 2007).
  24. ^ Dati riferiti al 2005 tratti da Produzione e raccolta differenziata dei rifiuti urbani – Anno 2005, Provincia di Milano – Direzione centrale risorse ambientali – Servizio rifiuti urbani e osservatorio.
  25. ^ Si veda Enrico Miceli, Raccolta differenziata: Torino vs Novara – 33 a 68, 23 aprile 2007.
  • Marcello Franco e Paolo Pipere, Codice dei rifiuti, Hyper Edizioni, Settembre 2011, pp. 592 pagine, ISBN 978-88-7577-127-0.
  • Medugno M., Programma nazionale per la gestione dei rifiuti e calcolo degli obiettivi di riutilizzo e riciclaggio. Novità introdotte nel TUA, in Ambiente e sviluppo, n. 10, 2020.
  • Paolo Pipere, Ecocentri, Hyper Edizioni, luglio 2011, ISBN 978-88-7577-124-9.
  • Robert Perry e Dow. W. Green, Perry's Chemical Engineers' Handbook, 8ª ed., McGraw-Hill, 2007, ISBN 0-07-142294-3.
  • Ronchetti T., Il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti, in Ambiente e sviluppo, n. 10, 2020.
  • Ronchetti T. e Medugno M., La riforma del sistema di tracciabilità dei rifiuti, anche in materia di spedizione transfrontaliere, in Ambiente e sviluppo, n. 3, 2020.

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