Utente:Interminatispazi/Sandbox6

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Casa D'Egidio[modifica | modifica wikitesto]

Stemma litico della Famiglia Melatino di Teramo, datato 1372, conservato presso Casa D'Egidio
Stemma litico della Famiglia Mezzucelli di Teramo con la data 1422, murato su una parete della corte di Casa D'Egidio.

La Casa è stata individuata nel corso dei secoli anche con le denominazioni dei cognomi di altri proprietari, quali: Melatino, Mezzucelli e Manetta. Ai nostri giorni è l'abitazione privata della famiglia D'Egidio.[1] Apre la sua facciata principale lungo via Niccola Palma, all'angolo con via Torre Bruciata, nel cuore del centro storico ed archeologico della città. Al suo interno sono conservate varie testimonianze di interesse epigrafico e araldico. Dal portale in pietra, del civico 32, con arco a tutto sesto contornato da cornice, montanti sagomati e rinquadrato da una seconda cornice [2] si accede alla scalinata in pietra che conduce ai piani superiori e alla graziosa corte da cui si vedono l'Antica cattedrale di Santa Maria Aprutiensis e il bastione romano della Torre Bruciata. All'interno del fabbricato sono custoditi reperti di particolare interesse e rilievo, quali: un architrave altomedievale sul quale corre scolpita, in bassorilievo, una lacunosa iscrizione che circonda il disegno di un'ascia, simbolo appartenuto forse ad una corporazione di arti e mestieri, e due stemmi litici delle famiglie Mezzucelli e Melatino. Lo stemma dei Melatino è stato dettagliatamente descritto dagli storici locali tra i quali: Muzio Muzii, Niccola Palma e Francesco Savini. Muzii lo ricorda nei suoi scritti, nel III Dialogo della Storia di Teramo, con queste parole: «un'altra di sottil lavoro in una gran pietra laterizia posta sopra la porta della casa, ora posseduta da Eugenia Consorti, moglie di Marino Montani, che discende per linea femminile dai Melatini[3] Palma ricorda lo stemma collocato sul muro della loggia della casa di Scipione Mezzucelli e scrive che Roberto Melatino, nell'anno 1372, ne avrebbe affidato l'esecuzione a Bartolomeo di mastro Giocondo del quale legge nitidamente il nome alla base della lastra, ne riporta anche il testo dell'iscrizione che ai nostri giorni è solo parzialmente visibile: «BARTOLOMEUS M(A)G(IST)RI IO(CUNDI)».[4] La complessa composizione araldica risulta essere una sintesi celebrativa della casata e propone il melo fruttato a cinque rami sradicato, affiancato da due angeli o geni alati che sostengono l'elmo coronato dotato di celata. Su quest'ultima compaiono di due croci ad incavo: una latina e l'altra indicata da cinque perline, forse a ricordo della partecipazione alle Crociate combattute in Terra Santa tra l'XI e il XIII secolo. Il cimiero riproduce la stessa impostazione stilistica di quello che compare nello nell'emblema di Berardo Melatino, Podestà e Capitano del Popolo di Firenze nel 1347, modellato a forma di una zampa di orso che artiglia una catena di sei anelli conclusa dalla lettera B. Sul cartiglio si legge il motto, scalpellato in alfabeto gotico, che recita: «IO SO BRA(N)CA D'(UR)SO P(ER) NATURA DE OFFENDERE AD CHI ME SDENGNA S(E) P(RO)CURA». Sulla sommità ci sono quattro scudi araldici che Palma ritiene stiano ad indicare le famiglie imparentate con i Melatino, mentre Savini li considera come «sopraeccellenze dei Melatino». Il primo è riferibile agli Angioini, famiglia regnante del Regno di Napoli, partito, con la Croce di Gerusalemme potenziata da quattro crocette a sinistra e cinque gigli di Francia a destra. Il secondo, anch'esso partito, con tre gigli di Francia a destra e crocette potenziate a sinistra, potrebbe essere appartenuto ai Cavalcanti di Firenze. Il terzo è poco leggibile, cimato da un cappello cardinalizio, e ne resta ignota l'appartenenza. Il quarto è stato attribuito da Savini alla famiglia romana degli Orsini e mostra la cimatura del cappello prelatizio con lo scudo bandato di tre e sormontato da una rosa a quattro petali. [5] La lastra litica è stata sottoposta ad analisi chimico-fisica, nell'anno 2004, presso il Dipartimento di Chimica - Ingegneria Chimica e Materiali dell'Università dell'Aquila per conoscerne l'esatta composizione. Da questa indagine è emerso che la pietra è costituita da quarzite e calcio escludendo che possa trattarsi di terracotta come sostenuto da alcuni. Lo stemma è stato restaurato nell'anno 2005 da Luciano di Giacomantonio che ha trovato i segni di un precedente intervento conservativo consistente nella stesura di una patina di colore nero ed alcuni disegni idonei a nascondere i martellamenti e i lanci di sassi di cui il manufatto è stato vittima nei secoli passati.[6]

Lo stemma dei Mezzucelli reca al centro l'emblema araldico del casato a cui è stata aggiunta una testa leonina di epoca romana. Nel cartiglio che conclude il decoro superiore si legge la data 1422.

info dalla pagina Palazzi di Teramo[modifica | modifica wikitesto]

La storicità dell'edificio è testimoniata dalla centralità del tessuto urbano della vecchia Teramo, e dai reperti d'epoca a prova della partecipazione attiva delle vicende cittadine di allora. La casa in questione è il civico 21 della piazza, con esterno in conci di pietra irregolari, con due aperture, una delle quali con ancora la trave di legno sopra l'arco.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il palazzo è annoverato tra le dimore storiche italiane censite dall'ADSI.
  2. ^ AA. VV., Documenti dell'Abruzzo Teramano, Teramo e la Valle del Tordino, VIII, II voll, Poligrafica Mancini, Sambuceto (CH), anno 2006, p. 739.
  3. ^ Muzio Muzii, Storia di Teramo, dalle origini fino alla metà del secolo XVI, Dialoghi Sette, Tipografia del Corriere Abruzzese, Teramo, anno 1839, p. 105.
  4. ^ Niccola Palma, Storia ecclesiastica e civile della regione più settentrionale del Regno di Napoli, Volume II, Presso Ubaldo Angeletti Stampatore dell'Intendenza, Teramo, 1832, p. 76.
  5. ^ Francesco Savini, I Signori di Melatino, notizie storico-critiche sulla più illustre famiglia teramana del medioevo, corredate d'inediti ed originali documenti, Tipografia di M. Ricci, via San Gallo, n. 31, Firenze, anno 1881, pp. 130-133.
  6. ^ AA. VV., Casa D'Egidio, già Melatino, Mezzucelli, Manetta, Imago Comunicazione, Teramo, anno 2018, pp.8-10.