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Villa Scopoli

Villa Scopoli si trova ad Avesa, nella provincia di Verona. Il relativo parco, adagiato a ridosso di una collina, offre elementi interessanti non solo dal punto di vista architettonico e artistico, ma anche naturalistico. Si tratta di una tenuta dalle origini molto lontane: proprietà dei frati camaldolesi già nel XIII secolo, venne poi rimaneggiata dai successivi proprietari, ovvero i Del Bene (XVII secolo) e i Nogarola (XVIII secolo), assumendo l'aspetto attuale.

I frati camaldolesi furono proprietari del fondo su cui poi sorse la Villa e il Parco Scopoli dal 1202. La proprietà passò poi, nel corso del tempo, a diverse famiglie nobili:

  • 1598: famiglia del Bene di S. Eufemia
  • 1647: famiglia Bevilacqua
  • 1680: famiglia Nogarola (dalla quale prese il nome originariamente la tenuta stessa)
  • 1806: famiglia Calabi
  • 1845: famiglia Zeiner
  • 1849: ingegnere Ippolito Scopoli (dal quale prese l'attuale nome la tenuta stessa)
  • dal 1994 ad oggi: Pia Società Don Nicola Mazza.

Quando Ippolito Scopoli acquistò la Villa Nogarola di Avesa, era ancora molto legato al ricordo del poeta veronese Ippolito Pindemonte (suo padrino e assiduo frequentatore del salotto letterario della nonna materna dello Scopoli Elisabetta Mosconi Cantarini). Il Pindemonte, durante un soggiorno estivo alla Villa nel 1875, scrisse “Le prose e poesie campestri”, esprimendo una concezione dei giardini innovativa : una coniugazione tra la razionalità degli spazi all'italiana e la spontaneità della natura nel paesaggio collinare. Ippolito Scopoli, immerso in un'atmosfera culturale vicina al gusto del Pindemonte, sfruttò dunque le tracce rinascimentali del giardino della Villa e l'incontaminato paesaggio collinare del borgo, rimodellando il parco (in particolare si occupò dei giochi d'acqua nella Peschiera e della Passeggiata romantica). L'ultima erede della famiglia Scopoli fu Laura Scopoli (1906-1994), la quale trascorse lunga parte della sua vita nella villa insieme alle sorelle Fiorenze e Rosa. Alla sua morte, in mancanza di eredi diretti, la proprietà venne lasciata alla Pia Società Don Nicola Mazza.

Nel 1810 venne compiuto un rifacimento della Villa, la quale assunse le caratteristiche odierne: pianta rettangolare, articolazione dell'edificio su due piani con sovrastante mezzanino, facciata neoclassica con finestre inserite in cornici e un ingresso sobrio. All'interno della villa vi erano due sale di rappresentanza (una per piano) accerchiate da stanze per usi diversi; con l'ultimo restauro del 1998, la Pia Società Don Nicola Mazza ha adibito questi spazi ad uso comunitario e religioso. Di fronte alla villa si nota la casa del “gastaldo”, con un porticato rustico in pietra di tufo.

Il giardino brolo

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Superando la residenza ci si dirige verso il giardino brolo, che misura misura prima più di mezzo ettaro. Per accedere al brolo, bisogna attraversare un ponticello in tufo (che per la fattura si ritiene originale) sotto il quale scorrono le acque del Lorì, il piccolo corso d'acqua di Avesa. Quando, all'inizio del '600, la famiglia Del Bene ereditò la proprietà, decise di creare un giardino fuori scala rispetto all'edificio di residenza, con lo scopo di dare vita ad una vera e propria opera d'arte manierista. Non sono pervenute testimonianze che accertino quale fosse la forma originaria del giardino, ma si possono ancora osservare gli assi ortogonali che suddividevano lo spazio in quattro aree e che conducevano a diverse pertinenze (secondo il tipico schema del giardino rinascimentale all'italiana). Un'altra testimonianza di ciò è un muro al confine con la chiesa della Camaldola, sul quale si notano due nicchie (che originariamente dovevano contenere delle statue) e i resti di un canale di irrigazione progettato da Ippolito Scopoli nell'800, che sfruttava le acque del Lorì. Lo spazio descritto era un'area dedicata alla coltivazione di alberi da frutta (in particolare del melo e del pero), delimitata e racchiusa entro una cinta muraria secondo le caratteristiche tipiche del giardino brolo (il quale si diffuse in molte ville veronesi a partire dal '700). Successivamente vennero coltivati anche ortaggi ed altre piante.

L'ingresso allo spazio della Peschiera è costituito da un portale di ordine tuscanico, incorniciato da due semicolonne su piedistallo che sorreggono un timpano triangolare, il tutto concluso da paraste sempre su piedistallo e decorato a bugnato rustico. Tra le semicolonne e le paraste vi sono due nicchie con piedistalli che accoglievano due statue (andate perdute); i piedistalli sono ornati da mascheroni , dai quali in passasto probabilmente zampillava dell'acqua. Il portale risulta oggi proporzionato grazie ad un restauro che ne ha scoperto il basamento, il quale era stato nascosto da un metro di terra portata dalle numerose e documentate esondazioni del progno. Varcato questo portale si accede alla Peschiera: essa è ovoidale, con una circonferenza di 80 metri e balaustrata con vasi di fiori e piante in corrispondenza dei pilastrini; ognuno di questi pilastrini è decorato da mascheroni differenti tra loro, dai quali zampillava dell'acqua che andava a finire nei sovrastanti vasi. Nella acque della Peschiera nuotano alcuni esemplari di carpe sicuramente da molti anni: durante il secondo conflitto mondiale questo pesce veniva appositamente allevato nella vasca di Villa Scopoli per fare fronte a carenze alimentari. Inoltre, durante la pulizia della vasca eseguita nell'autunno del 2000, sono stati trovati degli esemplari di Lamellibranchi, della famiglia degli Unionidi, genere Anodonta cygnea (comunemente detti “cozze”). La vasca della Peschiera è racchiusa da un muro di cinta che presenta nicchie decorate con conchiglie, concrezioni marmoree, mosaici colorati e fontane volte a creare continui giochi d'acqua. Sempre sul muro di cinta, in corrispondenza dell'asse minore della peschiera, si trovano due edicole doriche sorrette da due coppie di telamoni e cariatidi: le figure sono vestite di pelli di capra, hanno morbidi copricapi e sono volutamente ritratte come statue antiche (sono state cioè create con braccia mozzate per richiamare epoche remote). Per creare i giochi d'acqua nella zona della Peschiera, l'acqua doveva essere portata in alto per poi scendere con forza e creare spuzi e zampilli: infatti, sulla sommità del muro di cinta, corre una tubatura dalla quale partono tracce di scomparse tubature che discendevano verso le nicchie intorno. La costruzione della Peschiera fu seguita da Giovanni del Bene (nipote e unico erede di Agostino Del Bene, primo proprietario della villa appartenente alla famiglia). Sono documentati infatti lavori nella zona della Peschiera nel periodo 1629-1633, soprattutto per quanto riguarda il muro di cinta e la vasca. Giovanni del Bene però morì nel 1629, dunque egli vide la nascita del sito, ma non la sua conclusione. Sul lato opposto a quello del portale d'ingresso alla Peschiera, si aprono delle grotte: esse sono state aggiunte successivamente (compaioni infatti solo in una stima della tenuta effettuata nel 1648). Furono dunque costruite da Paola Del Bene, figlia e unica erede di Giovanni del Bene, sposata a Giovan Francesco Bevilacqua (che ereditò la proprietà alla morte della moglie). Il complesso delle grotte è in muratura e costituito da una stanza centrale e due stanze laterali minori. La stanza centrale è decorata con finte concrezioni marmoree, conchiglie, [[stalattiti] e di fronte all'ingresso si nota una nicchia decorata con una grande conchiglia aperta recante due gigli incrociati (lo stemma fiorentino dei Del Bene, che ancora conservavano al loro arrivo a Verona nel '300). Le due stanze più piccole sono a pianta circolare: sono decorate, nella parte inferiore, da nicchie in cui sono raffigurati paesaggi e città, mentre, nella parte superiore, da stucchi baroccheggianti di scene mitologiche. La tecnica utilizzata per la decorazione delle grotte è la tecnica a graniglia, che consiste nell'accostamento di graniglie naturali di diversi colori su intonaco fresco (molto rara nel panorama artistico veronese). Il complesso era sicuramente caratterizzato da giochi d'acqua, dato che si possono ancora scorgere i punti dai quali l'acqua entrava e usciva e dato che se ne fa cenno anche in due documenti risalenti al 1696. Si suppone che la progettazione delle grotte sia stata fatta da Pompeo Frassinelli: questo perchè, nella parte superiore della grotta di destra, si nota una scena a graniglia con l'iscrizione “POMP. FRASN. ROM.”. Si suppone che l'iscrizione corrisponda a “Pompeo Frassinelli Romano” e che sia, dunque, la firma camuffata dell'autore, considerano che egli faceva spesso uso dell'auto-appellativo “romano”.

Al di là del muro di cinta del brolo si apre uno spazio pianeggiante dedicato alle coltivazioni. Già i camaldolesi probabilmente avevano organizzato un hortus salutis, nel quale coltivavano piante officinali, e i vari proprietari del fondo che si susseguirono continuarono ad occuparsene con una produzione ortofrutticola. Fino all'inizio del XX secolo, infatti, gli avesani si recavano ancora presso il parco Scopoli per acquistare frutta, verdura e fiori (in particolare carote, radicchio rosso, insalata, zucchine, fagioli, piselli, melanzane e carciofi). Per un periodo, l'area fu abbandonata, ma nel 1992 orto e frutteto vennero ripristinati: ora l'orto misura 3.000 mq ed è suddiviso in due parti, coltivate a rotazione per mantenere la fertilità. Le produzioni sono destinate all'istituto Don Nicola Mazza e donate ad amici e conoscenti. Vi è anche una fattoria in cui sono presenti animali per produrre carne, latte, uova e sostanza organica concimante. Se si osserva sopra agli orti si nota uno spazio caratterizzato da strutture in pietra: queste strutture sono i muretti a secco. I muretti a secco sono stati sistemati sul pendio della collina, nel corso dei secoli passati fino a poco dopo la seconda guerra mondiale, per ricavare degli spazi coltivabili (adibiti in particolare ad olivi, viti, ciliegi e frumento). I massi che costituiscono i muretti venivano scaiati (ovvero smussati e regolarizzati) e portati dal cantiere in loco. Sopra ai gradoni ricavati dalla disposizione di questi massi, venivano depositati 30-40 centimetri di terra nella quale veniva piantato l'albero che si desiderava far crescere. È bene sottolineare la presenza di queste opere in quanto è stato proprio grazie ai suoi artefici che la collina in questione non è degradata nel corso del tempo.

Il Belvedere è un balcone costruito sulla iniziale pendenza della collina per permettere di ammirare il paesaggio sottostante. Al Belvedere si giunge percorrendo il viale dei Cipressi , che si snoda dopo il brolo. Questo viale misura circa 90 metri e conta 10 Cipressi (alcuni dei quali di notevoli dimensioni). Il Belvedere poggia su una struttura definita el cesòn: nessun documento ufficiale attesta la funzione originaria di questa struttura, ma si suppone fosse stato un luogo di culto. Questa supposizione è data dal fatto che la muratura della struttura (costituita alternativamente da pietra tufacea e cotto) è quella che tipicamente si ritrova negli edifici religiosi risalenti al periodo comunale. Il cèson è a pianta centrale, con i tre bracci liberi che accolgono tre nicchie e sovrastati da una copertura a mezza cupola; il corpo centrale, invece, è coperto da una volta a crocera in laterizio. Al cesòn vi si accede da un grande portale bugnato e l'interno sopra descritto è, oramai, degradato e privo di pavimentazione. Il Belvedere era ed è un punto di sosta prima di procedere con la passeggiata romantica, come suggerito da una vicina pachina in pietra posizionata tra alcuni cespugli. La costruzione del Belvedere risale ad una data anteriore al 1649, dato che viene già menzionata nell'inventario di Villa e Parco Scopoli effettuato in quell'anno. Dietro la terrazza si può notare un'area circolare, in passato occupata un giardino fiorito; nel tempo, intorno a questo spiazzo, si sono naturalizzate alcune specie di piante (come il Pungitopo, il Sambuco e la Roverella) e alcune specie animali (come lo scoiattolo), le quali insieme formano un vero e proprio ecosistema.

La passeggiata romantica

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Superato il balcone del Belvedere e seguendo la segnaletica si percorre la cosiddetta passeggiata romantica, la quale si snoda nel bosco per circa un chilometro. La denominazione di questo percorso rimanda al gusto che si diffuse in tutta Europa tra il '700 e l'800 del giardino all'inglese che, in contrasto con quello che era il modello di giardino formale adottato usualmente in Italia fin dal Rinascimento, dava spazio ad una natura apparentemente libera e spontanea. Il bel pesaggio che si scorgeva dalla collina del parco spinse Ippolito Scopoli a progettare una romantica passeggiata che si snodasse tra un ricco insieme di vegetazione, profumi e visioni suggestive, proprio secondo lo stile del giardino all'inglese. Soprattutto nella prima metà di questo percorso, si nota come Ippolito Scopoli abbia reso il sentiero più facilmente percorribile con alcuni interventi di ingegneria, ovvero superando un primo dislivello di circa 20 metri con 8 tornanti e un altro dislivello di 15 metri (successivo ad un tratto pianeggiante/in discesa) con altri 4 tornanti. Superata questa serie di tornanti, si raggiunge il punto più elevato (180 metri sul livello del mare): il sentiero procede da qui in poi in modo pianeggiante e sul lato sinistro si nota il muro del terrazzamento soprastante. Dopo una gradinata di pietra che consente di raggiungere i prati superiori e una dolina ricoperta da abbondante vegetazione, il sentiero inizia a discendere costeggiando il muro di cinta della proprietà e quello delle cedrare.

Sistema idraulico della proprietà

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Per il sistema idraulico della proprietà vengono sfruttate le acque del Lorì, prelevate nel punto in cui il piccolo corso d'acqua si avvicina al muro di cinta e fatte scorrere in un canale che misura circa un metro di larghezza. Il Lorì poi, poco più a nord della villa, si divide in due rami: il primo scorre in un alveo sagomato da piastrelle e va ad alimentare il brolo, diramandosi poi a sua volta in un canalino interrato che va ad alimentare la Peschiera; il secondo segue il muro di cinta del brolo e confluisce di nuovo nel Lorì all'esterno della tenuta.

  • L'irrigazione della parte pianeggiante. Per irrigare la parte inferiore della tenuta, l'acqua del Lorì arriva ad un piccolo pozzo lungo un canalino in cemento che attraversa il viale dei Cipressi e che torna poi verso valle lungo il muro a sud, riconfluendo infine nel Lorì.

Con un sistema di canalizzazione che circonda praticamente tutta questa parte pianeggiante e con l'acqua appositamente indirizzata, viene tutt'oggi irrigata la zona in questione, dove si trovano gli orti-giardino.

  • L'alimentazione della peschiera e del brolo. Da nord della villa, come già detto, entra il Lorì. Una rete di piccoli canali in cemento, poco profondi, circondava lo spazio adibito a frutteto. Questa rete di canali serviva in passato ad irrigare piante e siepi e a garantire un continuo ricambio d'acqua alla Peschiera.

Dalla Peschiera, l'acqua in eccesso usciva a sud e si ricongiungeva al Lorì.

  • L'acqua per il pozzo della villa. Nello stesso punto in cui viene prelevata l'acqua per l'irrigazione del brolo, veniva prelevata in passato anche dell'altra acqua che, procedendo davanti alla chiesa del Camaldolino, andava ad alimentare un pozzo dietro alla villa.

Per irrigare la collina, era stato ideato un sistema secondo il quale l'acqua piovana era convogliata in vasche pensili dalla quali vi si attingeva.

Flora e Fauna

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Fauna

Volpe, Faina, Donnola, Riccio, Topolino delle case, Pipistrello, Scoiattolo.

Lucertola muraiola, Orbettino, Biacco (una sottospecie è il cosiddetto Carbonasso).

Carpa, Pesce Rosso, Gobbo, Tinca, Cozza. La Trota è stata reintrodotta nel Lorì, vicino alla Villa.

  • Animali nella “fattoria” per la produzione di carne, latte e uova:

Coniglio, Pecora, Gallina ovaiola.

Flora

Rosa rampicante, Pittosporo, Alloro, Cipresso, Lillà, Abete di Spagna, Abete rosso, Bulbose, Rosmarino, Cedro dell'Himalaia.

  • Nella zona della Peschiera:

Cipresso, Tasso, Fico, Sambuco, Edera, Thuja orientale, Aspidistra, Capelvenere, Cimbalaria.

  • Sul perimetro degli orti:

Melo, Noce, Caco, Melograno, Nespolo, Cotogno, Fico, Vite.

Giaggiolo (Iris germanica).

  • In prossimità del Belvedere:

Ligustro, Bagolaro, Tiglio, Nocciolo, Sambuco.

  • Sul retro della terrazza del Belvedere:

Albero di Photinia, Magnolia stellata, Carpino nero, Roverella, Bagolaro, Pungitopo, Sambuco, Tasso, Agrifoglio, Bosso.

  • Lungo la passeggiata romantica:

Vite, Ulivo, Bosso, Laurotino, Lauroceraso, Albero di Giuda, Acero campestre, Carpino nero, Roverella, Orniello, Bagolaro, Pungitopo, Asparago Selvatico, Peonia Selvatica, Abete greco, Orchidea selvatica.

Bibliografia e sitografia

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  • Associazione “Villa Scopoli”, Invito al Parco Villa Scopoli, 2002.
  • Totolo, Alberto, “I Del Bene e un giardino rinascimentale ad Avesa”, estratto da Magna Verona Vale': Studi in onore di Pierpaolo Brugnoli, La Grafica, Verona, 2008.
  • www.associazionevillascopoli.it