Utente:Eugeniansn/Sandbox

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La robot tax, o tassa sui robot, è un tributo sull'automazione industriale che ha l’obiettivo di compensare il minore di gettito fiscale derivante dalla sostituzione del lavoro umano con quello delle macchine e di istituire percorsi di tutela per i lavoratori a rischio di esclusione dal mondo del lavoro.

Origini della proposta

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Chi (Federica)

Effetti per lo Stato

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(Martina e Chiara)

Effetti per i lavoratori

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Marco Magnani, nella sua opera Fatti non foste a vivere come Robot [1] afferma che lo sviluppo dell'automazione intelligente ha messo in discussione i modelli tradizionali di occupazione e di valorizzazione del lavoro[1]. Secondo l'opinione dell'economista italiano[1], l'impiego di robot incide sull'occupazione in due diverse direzioni: da un lato, provoca una riduzione dei posti di lavoro a causa della sostituzione del lavoro umano con quello più efficiente delle macchine; dall'altro genera nuovi mestieri[2] per cui è necessaria la formazione degli individui[1]. La robot tax è uno strumento utile per sostenere la spesa pubblica, derivante dall'offerta di programmi di formazione ai lavoratori che, sostituiti dalle macchine, devono acquisire nuove competenze ai fini della loro ricollocazione lavorativa. Questi programmi di formazione sono erogati dallo Stato che, grazie a quanto percepito dalla tassazione sui robot, dispone delle risorse economiche necessarie[3]. La tassazione dei robot impiegati risponde, inoltre, anche ad esigenze di riqualificazione del lavoro umano. Robert Shiller giustifica la tassazione sui robot affermando che l'automazione genera delle esternalità negative di natura sociale[1]. In Rewarding Work, il Premio Nobel Edmund Phelps sostiene che il lavoro è più di un semplice impiego: esso infatti è un posto nella società, per mezzo del quale ogni individuo risponde ad una propria vocazione[1]. L'impiego di robot al posto di persone determina una perdita notevole di posti di lavoro e questo incide sull'assetto della società e sul suo andamento perché, se tanti individui dovessero cessare l'attività lavorativa, questi, non avendo più i mezzi sufficienti, non riuscirebbero a provvedere alle proprie esigenze e ciò comprometterebbe il funzionamento della comunità[1]. Zygmunt Bauman nel suo scritto Lavoro, consumismo e nuove povertà[1] muove nella stessa direzione, sottolineando che il lavoro gratificante, capace di sviluppare la personalità di ogni individuo e di dare un senso alla vita è ormai diventato un privilegio di pochi. La diretta conseguenza di ciò è un senso di smarrimento e ansia degli individui che mina al buon andamento della società[1]. La tassa sui robot permetterebbe di sostenere i costi di formazione sull'uso delle nuove tecnologie: questo consentirebbe di trovare il denaro utile a garantire ai lavoratori la possibilità di formarsi ed evitare di conseguenza lo smarrimento di questi, preservando infine il funzionamento di ogni comunità. La riduzione del numero di lavoratori dipendenti incide sulla sostenibilità del sistema tributario se non vengono adottate in tempo misure idonee a garantire l'equilibrio economico e finanziario[4]. Conseguentemente all'impiego di robot, sorgono rischi di desertificazione dell'impresa tradizionale e si realizza una riduzione dei posti di lavoro non compensabili con unità di lavoro con competenze tecnologiche. A fronte di questi rischi è necessario che lo Stato intervenga con politiche attive finalizzate a sostenere la formazione e la riqualificazione del capitale umano e ponendo in essere misure fiscali utili ad incentivare nuove assunzioni[5]. Diventano necessarie queste misure fiscali di tassazione delle nuove manifestazioni di ricchezza tipiche dell'economia del futuro per far fronte al minor gettito fiscale che deriverebbe dalla riduzione del numero di lavoratori[6].

Jobless future

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(Viviana)