Utente:Emanuele Saiu/Terminologia relativa alla posizione dell'accento

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A proposito dell'italiano e di molte altre lingue, è utile disporre d'una specifica terminologia per indicare la posizione dell'accento di parola contando le sillabe a partire dall'ultima. L'accento delle parole italiane di due o più sillabe può infatti cadere sull'ultima sillaba (sarò, sarai, ecc.), nel qual caso l'ortografia italiana richiede obbligatoriamente la segnalazione grafica dell'accento stesso se la vocale accentata costituisce l'ultimo fonema — e, graficamente, l'ultima lettera — della parola; oppure, può cadere sulla penultima (càne, paése), ed è questo il caso più frequente; altrimenti, può cadere sulla terzultima (tàvolo, ùmile) o, molto raramente, ancora più indietro (pòrgimelo, vàlicano). Si noti che quest'ultimo caso si può verificare solo in presenza di particelle enclitiche (-mi, -ti, -lo, -gli, -ci, -ne ecc.) o della terminazione -no propria delle desinenze verbali di terza persona plurale (hanno, dormono, facevano, ecc.), che ha un comportamento prosodico uguale a quello delle particelle enclitiche stesse.

Le terminologie possibili sono molteplici. Menzioneremo innanzitutto i termini d'origine greca: ossitono, parossitono, proparossitono. Essi, risalenti in parte all'antichità classica, sono diffusi internazionalmente (inglese oxyton(e), francese oxyton, spagnolo oxítono, portoghese oxítono, tedesco oxytonisch e das Oxytonon, ecc.); tuttavia, vengono usati solo a livello specialistico e una loro più larga diffusione è sfavorita, rispetto ad altre terminologie, dalla loro pesantezza e dalla loro opacità semantica.

In secondo luogo, ricorderemo i termini tronco, piano, sdrucciolo, d'uso estremamente ampio in Italia ma privi di respiro internazionale, nonostante l'esistenza di terminologie parzialmente simili in alcune altre lingue (spagnolo agudo, grave, esdrújulo, portoghese agudo, grave, esdrúxulo). Si tratta d'un sistema basato in parte su suggestioni impressionistiche, in parte su tendenze e fatti linguistici specifici dell'italiano. La ragione di quest'impiego di tronco, infatti, risiede nella constatazione che gran parte delle parole italiane (e romanze) con l'accento sull'ultima sillaba derivano storicamente da un processo d'apocope o troncamento (mercé da mercede, ecc.). Il termine sdrucciolo, d'altra parte, è piuttosto suggestivo ma carente in consistenza scientifica; il suo uso nel senso prosodico risale molto indietro nel tempo (14º secolo, Gidino da Sommacampagna), e possiamo rammentare l'uso della variante sdruccioloso da parte di Pietro Bembo nelle Prose della volgar lingua.

Vale infine la pena di conoscere la terminologia sviluppata dal fonetista italiano Luciano Canepari: ultimale, penultimale, terzultimale ecc. Questi termini si segnalano per la loro praticità e limpidezza semantica, ma hanno una diffusione estremamente ridotta.

Presentiamo le diverse possibilità nella seguente tavola sinottica, chiarendo il significato e le reciproche corrispondenze dei singoli termini.

Terminologia relativa alla posizione dell'accento
sillaba accentata termine grecizzante termine italiano tradizionale termine di Canepari esempi italiani
ultima ossitono tronco ultimale però, fabbricò
penultima parossitono piano penultimale péro, fabbricàvo
terzultima proparossitono sdrucciolo terzultimale dìtelo, dìcono, fàbbrico
quartultima (proproparossitono) bisdrucciolo quartultimale dìtemelo, fàbbricano, fàbbricaci
quintultima trisdrucciolo quintultimale fàbbricamelo
sestultima quadrisdrucciolo sestultimale fàbbricamicelo
(settultima) (settultimale) (fàbbricanomicelo, arcaico per "mi ce lo fàbbricano")

Le stesse terminologie possono essere adottate nella descrizione formale dei versi della poesia, in relazione con la posizione dell'accento dell'ultima parola: è infatti frequente, nel campo della metrica poetica, parlare di versi sdruccioli, di settenari tronchi ecc. I versi italiani, al pari delle parole italiane, sono prevalentemente piani, ed è per questo che la denominazione delle varie misure metriche corrisponde al numero di sillabe (o posizioni metriche) dei relativi versi piani. Ad esempio, in metrica italiana l'endecasillabo è un verso che conta undici sillabe qualora sia piano, ma dieci se è tronco e dodici se è sdrucciolo; la questione è analoga per tutte le altre misure dei versi della metrica italiana.

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