Utente:Dello/Sandbox/Storia di Israele

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Le prime tracce di insediamenti risalgono al Paleolitico medio (Uomo di Neandertal, sede anche delle più antiche civiltà agricole e urbane che si conoscano (Neolitico, 8000-6000 a.C.).

L'arrivo dei popoli semiti comincia nel 3000 a.C. . Gli Ebrei, sovrappostisi ai Cananei, giunsero alla metà del secondo millennio a.C., in un periodo di aridità, che spingeva molte popolazioni a cercare nuovi territori per vivere. Fondarono centri di vita urbana e religiosa.

Gli Ebrei considerano da lunghissimo tempo Israele come loro patria — è per essi Terra sacra e promessa. È il luogo dove sono nati sia l'ebraismo che la cristianità, e contiene molti luoghi di grande importanza spirituale per ebrei, cristiani e islamici. Una serie di regni e stati ebraici ebbero vita nella regione, conosciuta col nome di Palestina, per oltre un millennio, fino al fallimento della grande rivolta ebraica contro l'Impero Romano, che risultò nella massiccia espulsione degli Ebrei dalla loro patria e dalla loro amata capitale, Gerusalemme (circa il 25% della popolazione ebraica, si veda Distruzione di Gerusalemme e "Propyläen der Weltgeschichte", ed. Golo Mann). Dopo aver soffocato la rivolta di Bar Kokhba nel 135, l'imperatore Adriano ribattezzò la Provincia Judaea in Provincia Syria Palaestina, un termine greco derivato da Philistine (in ebraico פלשת Pəléšeṯ). [1]

Califfati, Crociate e Impero Ottomano[modifica | modifica wikitesto]

I Califfati musulmani strapparono la regione all'Impero Romano d'Oriente nel VII secolo e vi attrassero dei coloni arabi. La lingua locale, l'aramaico, scomparve gradualmente. Le Crociate segnarono una lunga lotta tra i cristiani europei e i musulmani del Medio Oriente, per il controllo della regione. Attraverso i secoli le dimensioni della popolazione ebraica nella regione fluttuò. All'inizio del XIX secolo, circa 10.000 ebrei vivevano nell'area dell'odierna Israele, a fianco di diverse centinaia di migliaia di arabi. Verso la fine dello stesso secolo, questo numero iniziò ad aumentare, anche se gli ebrei rimanevano una minoranza.

Il Sionismo moderno e il mandato britannico[modifica | modifica wikitesto]

Dopo secoli di Diaspora, il XIX secolo vide una significatica immigrazione e il sorgere del Sionismo, il movimento nazionale ebraico, un desiderio di vedere la creazione di un entità politica ebraica in Palestina. Le prime ondate di immigrazione ebraica in quella che all'epoca era una provincia turca, ebbe inizio alla fine dell'ottocento, grazie agli ebrei che sfuggivano alle persecuzioni in Russia. Già nel 1870, a nord di Jaffa, venne fondata la scuola agricola Mikve' Israel da cui poi germogliò la moderna Tel Aviv. stato ebraico l'unica soluzione al problema dell'antisemitismo che da secoli martoriava il popolo ebraico. L'anno successivo, a Basilea, si tiene il Primo Congresso Sionistico durante cui viene fondata l' Organizzazione Sionistica.

Nel 1901, in occasione del quinto congresso sionistico, viene creato il Fondo Nazionale Ebraico (Keren Kayemet LeIsrael) a cui viene attribuito il compito di acquistare terreni in terra d'israele.

Nel 1902 durante il sesto congresso, viene discussa l'offerta Inglese di creare uno stato ebraico in Uganda. Alla proposta, pur approvata, non viene dato seguito.

Comincia nel 1904 la seconda ondata immigratoria, proveniente nuovamente da Russia e paesi dell'est europeo, come conseguenza dei continui Pogrom che colpiscono i cittadini di religione ebraica.

Nel 1909 viene fondata Tel Aviv ed il primo kibbutz sulle rive del lago di Tiberiade.

Nel 1917, nel pieno della prima guerra mondiale l'impero ottomano crolla sotto l'invasione inglese e la terra e, nello stesso anno, con la Dichiarazione di Balfur, il governo inglese si impegna ad supportare la costituzione di uno stato ebraico in Palestina.

Nel 1920, nel corso delle trattative post-belliche, alla Gran Bretagna viene assegnato il mandato sulla Palestina, leggittimando, quindi, la presenza inglese. In questo stesso anno viene fondata la Hagana, una forza paramilitare clandestina con il compito di difendere gli insediamenti ebraici in palestina. Viene fondata anche il Keren HaYesod, il fondo che raccoglie i contributi in tutto il mondo per la costituzione dello stato ebraico. Pur non esistendo ancora lo stato ebraico, viene deciso che la lingua ebraica, codificata da Eliezer Ben Yehuda nel 1890, ne sarà la lingua uffuciale.

Una nuova legittimazione alle aspirazioni ebraiche per uno stato proprio arriva nel 1922 quando la Società delle Nazioni conferma il mandato alla Gran Bretagna citando la dichiarazione di Balfour ma escludendo i territori ad Est del fiume Giordano dove sorgerà, invece, la Giordania. La Gran Bretagna impone limitazioni all'immigrazione ebraica in palestina.

Una nuova immigrazione, proveniente dalla Polonia, si sviluppra tra il 1924 ed il 1932. Questa immigrazione, diversamente da quelle precedenti, si caratterizza per il livello sociale più elevato rispetto.

Nel 1929, su richiesta della Gran Bretagna, viene costituita l'autorità ebraica, con funzioni di rappresentanza diplomatica. Cominciano a manifestarsi azioni antiebraiche da parte araba a cui si oppongono i gruppi della Hagana.

Dal 1933 inizia un'ondata immigratoria proveniente dalla Germania come conseguenza delle leggi razziste emanate dal regime nazista. Il livello sociale di questi immigranti è particolarmente alta e porta con se un grande afflusso di capitali, professionisti ed accademici.

Dal 1938 inizia l'Aliyà Bet, l'immigrazione clandestina che fa entrare nel corso di un decennio circa 100mila ebrei.

La nascita dello stato[modifica | modifica wikitesto]

La parte più drammatica della nascita dello stato ebraico inizia nel 1939 con la pubblicazione del Libro bianco con la quale l'amministrazione britannica pone fortissime limitazioni all'immigrazione e alla vendita di terreni ad ebrei. Da questo punto i poi le navi di immigranti ebrei vengono respinte pur se in piena seconda guerra mondiale. Molte navi colano a picco conducendo alla morte i passeggeri. La gran parte degli affondamenti sono causati dai movimenti ebraici per costringere gli inglesi ad affrontare pubblicamente la vergogna del rifiuto all'immigrazione. Nascono anche gruppi terroristici ebraici che opereranno fino alla dichiarazione dello stato di Israele con azioni contro gli arabi e le istituzioni britanniche, esplodendo bombe in luoghi pubblici e assassinando perfino il mediatore ONU, il conte svedese Folke Bernadotte.

Nel 1947 la nave Exodus con 4500 ebrei tedeschi, sopravvissuti dai campi di concentramento, viene respinta e costretta a tornare in Europa. Nello stesso anno, l'assemblea delle Nazioni Unite, stabilisce la creazione di uno stato ebraico e di uno stato arabo in Palestina con la città di Gerusalemme sotto l'amministrazione diretta dell'ONU. Mentre la dichiarazione venne accolta con favore dagli ebrei, gli stati arabi proposero la creazione di uno stato unico con due governi con una costituzione simile a quella Statunitense.
Tra il dicembre del '47 e la prima metà di maggio del '48 vi saranno cruente azioni di guerra civile di cui si macchieranno ambe le parti (massacri di Deir Yassin e Hadassah). I disordini vedevano contrapposti i sionisti (nazionalisti ebrei) ed i palestinesi. I primi ebbero la meglio e, nel maggio del 1948, all'atto della fondazione ufficiale dello stato di israele, questo controllava un territorio più ampio di quello che doveva essere lo stato ebraico proposto dalle Nazioni Unite e trecentomila palestinesi erano ridotti alla condizione di profughi perchè fuggiti dalla guerra o espulsi dalle loro case.

La guerra d'indipendenza[modifica | modifica wikitesto]

Il 15 maggio, le truppe inglesi si ritirarono definitivamente dai territori del mandato lasciando campo libero alle forze ebraiche ed arabe. Lo stesso giorno gli eserciti di Egitto, Siria, Libano e Iraq, attaccarono il neonato stato di Israele. Il segretario della Lega Araba Azzam Pascia' annunciò "una guerra di sterminio e di massacro della quale si parlera' come dei massacri dei mongoli e delle crociate". Gli stati della Lega Araba temevano infatti un alleanza tra Israele e re Absullah di Transgiordania (l'attuale Giordania). Questi era infatti un sovrano filo-britannico tale da essere considerato dalla Lega Araba un "fantoccio di Londra", in più aveva delle mire espansioniste in quella che doveva essere la Palestina ed in Siria tale da far temere agli stati della lega un tentativo dei britannici di reinsediarsi nella regione con l'alleanza di Israele. L'offensiva venne bloccata dal neonato esercito Israeliano (Tzahal) e le forze arabe vennero costrette ad arretrare sino ad occupare la gran parte del mandato britannico. La guerra, che terminò con la sconfitta araba nel maggio del 1949 creò quello che resterà la causa degli scontri successivi: circa 700mila profughi arabi. A questi ultimi, talvolta invitati a fuggire dalla stessa propaganda araba, talvolta espulsi dalle forze ebraiche, prevalentemente in fuga dalla guerra, non venne permesso l'ingresso negli stati confinanti creando così una sorta di cuscinetto umano di profughi.

L'armistizio di Rodi, non sottoscritto dall'Iraq, pur rappresentando una tregua, non rappresentò una soluzione del problema. Nel testo dell'armistizio si legge infatti che la linea di cessate il fuoco (la cosiddettà Linea Verde) "è una linea d'armistizio che non deve in alcun modo essere considerata un confine di stato in senso politico o territoriale e non pregiudica i diritti, le aspirazioni e le posizioni delle parti riguardo all'assetto futuro del contenzioso". Con questa dichiarazione gli stati arabi rendono palese il rifiuto a riconoscere l'esistenza di Israele.

In seguito all'armistizio ed al ritiro delle truppe ebraiche l'Egitto occupò la striscia di Gaza mentre la Transgiordania occupò la Cisgiordania. Nessuno dei due stati si adoperò per la creazione dello stato di Palestina. Gerusalemme città sacra per entrambe le religioni viene interdetta agli Ebrei mentre sinagoghe e luoghi di culto vengono profanati e saccheggiati. Israele annette la Galilea e altri territori a maggioranza araba conquistati nella guerra, corrispondenti a un ulteriore 26% dell'originale mandato britannico per la Palestina. Consequentemente 160mila arabi prendono la cittadinanza Israeliana per restare nelle loro case, conquistando anche il diritto di voto e pieni diritti civili, mentre altri 700mila erano fuggiti o erano stati cacciati durante la guerra. Non accade altrettanto nei territori sotto il controllo Giordano ed Egiziano. Diciassettemila ebrei venono cacciati dalle loro case e dal quartiere ebraico di Gerusalemme vecchia.

Negli anni immediatamente successivi, dopo che il 5 luglio 1950, la Knesset votò la Legge del ritorno, che garantì il diritto a tutti gli ebrei di immigrare in Israele abolendo tutte le limitazioni imposte dal Libro bianco britannico, una massa di circa 850mila ebrei fugge dai paesi arabi che li cacciano e circa 600mila arrivano in terra d'Israele. Nell'arco di 3 anni la popolazione che in un primo censimento contava circa 850mila persone, raddoppia costringendo il governo ad imporre un regime di forte austerità e di razionamento dei generi di prima necessità. Nello stesso anno, il regno di Giordania annette ufficialmente la Cisgiordania e, unico tra gli stati arabi, concede la cittadinanza ai palestinesi li residenti.

Gli anni che vanno dal 1948 al 1954 vedono vari tentativi di porre fine al problema dei profughi, alcuni israeliani, ed altri a cui Israele si oppose. Ad esempio Israele propone il ritorno di circa 100mila palestinesi cercando di concordare l'assorbimento dei restati da parte dei paesi arabi confinanti. Oppure, nel dicembre del 1948, Israele di rifiuta di mettere in pratica la richiesta dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite di concedere il dirtto di ritorno ai profughi palestinesi fuggiti in seguito ai disordini del 1947. Tutti i tentativi di accordo si arenano per un motivo o per l'altro. Israele, comunque, per motivi di ricongiungimento familiare concede circa 70mila permessi di rientro.

Dopo l'assassinio nel 1951 di Re Abdallah di Giordania da parte di un fanatico palestinese che si opponeva alle sue aperture verso Israele, il ministro israeliano David Ben Gurion nel 1955 dichiarò: "Se vi e' un qualunque statista arabo disposto a parlare con me per migliorare le nostre relazioni, sono pronto a incontrarlo in qualunque luogo e momento".

La guerra per il Canale di Suez[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1952 in Egitto un golpe porta al potere i Liberi Ufficiali del generale Nasser. Nel 1954, sotto la protezione egiziana, nascono i gruppi terroristici dei fedayin che portano a compimento centinaia di incursioni in territorio israeliano. Nel 1956 l’Egitto blocca il Golfo di Aqaba e nazionalizza il Canale di Suez impedendone il passaggio alle navi israeliane. Francia e Gran Bretagna, che ne avevano il controllo, raggiunsero accordi segreti con Israele per riprenderne il controllo. L'esercito israeliano attaccò le forze egiziane e raggiunse il canale di Suez. Sotto le pressioni dell'ONU, con il consenso di Francia e Gran Bretagna, nel 1957 Israele si ritirò dal Sinai a patto che l'ONU inviasse una forza di interposizione a difesa del confine con l'Egitto.

Gli anni successivi vedono la popolazione israeliana raggiungere i 2 milioni di persone (1958) mentre un colpo di stato in Iraq porta alla morte di Re Feisal e ad una svolta filo Russa nella politica del paese. Nel 1959 l'URSS vieta l'emigrazione ai cittadini ebrei. Nello stesso anno nasce il gruppo armato palestinese Al Fatah che nel proprio statuto riporta: "qualunque trattativa che non si basi sul diritto di annientare Israele sara' considerata alla stregua di un tradimento".

Nel 1962 gli ebrei possono emigrare dal Marocco permettendo a circa 80mila persone di emigrare in Israele.

Nel maggio del 1964 viene fondata l' OLP con il benestare dei paesi arabi. Lo statuto proclama la necessità di distruggere Israele con la lotta armata come obiettivo strategico della nazione araba nel suo complesso.

La guerra dei sei giorni[modifica | modifica wikitesto]

Il 22 maggio del 1967, quando le truppe ONU hanno completato il ritiro dall'Egitto, il generale Nasser dichiara che la questione per i paesi arabi non riguarda la chiusura del porto di Eilat, ma il totale annientamento dello stato di Israele.

Il 5 giugno del 1967 scoppia la Guerra dei Sei Giorni: le forze israeliane (con aiuti militari statunitensi) iniziano le ostilità attaccando simultaneamente quelle egiziane, giordane e siriane distruggendo a terra l'intera aviazione dei tre paesi. Israele offre al governo Giordano la possibilità di non essere coinvolto, ma i cannoneggiamenti su Gerusalemme decretano il rifiuto giordano.

In sei giorni di guerra Israele occupa le alture di Sinai e Golan, Cisgiordania e striscia di Gaza. Gerusalemme viene riunificata quando conta 250mila abitanti (180mila ebrei).

Il primo ministro israeliano Eshkol dichiara che i territori della Cisgiordania resteranno sotto il controllo Israeliano sino a quando i paesi arabi continueranno a progettare la distruzione dello stato di Israele. Il primo settembre la Lega Araba riunita in Sudan esprime 3 no: "no al riconoscimento di Israele, no al negoziato con Israele, no alla pace con Israele".

La guerra dei sei giorni fu anche l'evento grazie al quale Israele attiro l'attenzione degli Stati Uniti tanto da farlo diventare beneficiario del 50% degli aiuti economici degli USA alle nazioni estere oltre che di tecnologie e mezzi militari. In molte note del Consigli di Sicurezza USA, si individua come il principale pericolo per gli Stati Uniti in Medio Oriente il nazionalismo radicale arabo cioè delle possibili tendenza autonome ed antioccidentali degli stati della regione che avrebbero portato conseguenze sull'economia mondiale. La sconfitta che Israele inflisse a Nasser fa si che Israele diventi, in quanto fedele alleato, un ottimo avamposto statunitense nella regione medioorientale.

Il 22 novembre 1967 il Consiglio di Sicurezza adotta la risoluzione 242 per ristabilire la pace nei territori e per il ritorno ai confini di prima della guerra. Ma Israele annette Gerusalemme Est in violazione della risoluzione e proclama la città riunificata capitale. Nonostante il prodigarsi dell'inviato ONU Gunnar Jarring, non è possibile intavolare trattative per il rifiuto posto dai paesi arabi a trattative dirette con il governo Israeliano.

Nel 1968 iniziano gli attentati terroristici palestinesi al di fuori di Israele. Nel 1970 in reazione al dirottamento di 4 aerei che verranno fatti esplodere in Giordania, Il re di Giordania scatena un' azione militare contro le organizzazioni terroristiche palestinesi (Settembre nero) che sino ad allora avevano prosperato in Giordania come stati nello stato.

Nel 1972 un gruppo di Settembre Nero stermina la squadra israeliana che doveva partecipare alle olimpiadi di Monaco.

La guerra dello Yom Kippur[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1973, il 6 ottobre, giorno in cui si celebrava la cerimonia più sacra del calendario ebraico, lo Yom Kippur, gli eserciti di Siria ed Egitto, con l'appoggio di unità Saudite, Irachene, kuwaitiane, Libiche, Marocchine, Algerine e Giordane, attaccano i confini Israeliani. L'esercito israeliano e la popolazione civile è colta di sopresa ma dopo una resistenza di 8 giorni durante il quale si organizza il contrattacco, l'esercito sfonda le linee egiziane. Quando l'11 novembre l'esercito Israeliano è a 100 kilometri dal Cairo e a 30 da Damasco, i paesi arabi accettano il cessate il fuoco.

La conferenza di pace che si tenne a Ginevra, sotto l'egida dell' ONU, ed in forza della risoluzione 338 che invitava ad applicare la precedente risoluzione 242, viene aperta ed aggiornata sine die per il nuovo rifiuto dei rappresentanti arabi a trattare direttamente con quelli israeliani.

Nel frattempo gli stati arabi produttori di petrolio dichiarano l'embrago verso i paesi che si dimostreranno troppo tiepidi nei confronti di Israele. La crisi economica che deriva dall'impennarsi dei prezzi del petrolio spinge numerose organizzazioni sovranazzinali, tra cui la Comunità Economica Europea ad adottare mozioni anti-israeliane e di condanna del sionismo.

Gli attentati delle formazioni terroristiche arabe non cessano. Il 31 dicembre 1973 un azione all'aeroporto di Fiumicino (Roma) provoca 31 morti.

Nel 1974 l'opera dell'allora Segretario di Stato americano Henry Kissinger porta al ritiro di Israele dai territori egiziani e siriani conquistati durante la guerra del Kippur.

Il 14 ottobre l'Onu attribuisce all'Olp lo status di rappresentante del popolo palestinese. L'Olp ribadisce la volontà dell'Olp di cancellare Israele. Il 22 novembre l'Assemblea dell'Onu riconosce ai palestinesi il diritto a far valere la sovranità sulla Palestina con ogni mezzo. Sotto la schiacciante maggioranza rappresentata dai paesi arabi, dai paesi non allineati e da quelli del Patto di Varsavia, inizia lo stillicisio delle risoluzioni anti-israeliane. Tra le varie l'esclusione da parte dell'UNESCO di Israele da qualsiasi piano di aiuti e collaborazione. il 10 ottobre 1975 la risoluzione ONU 3379 equipara il sionismo al razzismo. Questa risoluzione verrà abrograta solo nel 1991.

Nel 1976 si consuma uno dei due eventi che segneranno la reputazione di Israele negli anni a seguire. Il 27 giugno viene dirottato su Entebbe (Uganda) un aereo francese. I servizi segreti Israeliani compiono un blitz non concordato e liberano tutti gli ostaggi.

Il disgelo con l'Egitto e l'instabilità del Libano[modifica | modifica wikitesto]

Nel novembre 1977, il presidente egiziano Anwar Sadat ruppe 30 anni di ostilità visitando Gerusalemme su invito del primo ministro israeliano Menachem Begin. Iniziarono così reali politiche di pace. Sadat riconobbe ad Israele il diritto di esistere come stato ed iniziarono i negoziati tra Egitto e Israele. Nel settembre 1978 il presidente Jimmy Carter invitò Sadat e Begin per un meeting a Camp David. La pace viene firma i 26 marzo 1979 tra i due a Camp David. Come da accordi, che l'assemblea dell'ONU non mancherà di condannare e dichiarere non validi, Israele ritornò il Sinai all’Egitto nell’aprile 1982. Nel 1989, i due governi, si accordano per lo status di Taba, nel Golfo di Aqaba.

Nel 1976 le truppe siriane invadono il Libano per pacificarlo. In questo paese si erano rifugiate le cellule terroristiche palestinesi dopo la cacciata dalla Giordania e nel 1981, l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) lanciò attacchi contro postazioni militari settentrionali israeliane, al confine con il Libano. Simultaneamente si scontrano contro le forze cristiane libanesi. La risposta di Israele si ebbe 1982, con l’invasione del Libano. L'esercito israeliano occupò tutta la parte meridionale del Libano, per poi ritirarsi entro una fascia di sicurezza di 10 miglia lungo il confine, all’interno del territorio libanese, che mantenne fino al 2000.

È in questo contensto che si compie il secondo evento funesto per la reputazione di Israele: non fermati dall'esercito Israeliano, gruppi di Cristiani libanesi vendicano l'assassinio del presidente Libanese Amin Jemayel che aveva firmato un accordo di pace con Israele massacrando indisturbati la popolazione dei campi di Sabra e Chatila, sotto il controllo Israeliano. Una inchiesta giudiziaria israeliana inchioderà alle proprie responsabilità i comandanti militari, ma la reputazione dello stato ne resterà macchiata indelebilmente.

La prima intifada[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1988 Re Hussein di Giordania rinuncia a tutte le rivendicazioni sul territorio Cisgiordano. Nell' agosto, il movimento terrorista Hamas dichiara la Jihad contro Israele dando inizio a quella che verrà chiamata la prima Intifada.

Gli attentati in Israele ed all'estero non si placano. Nel frattempo crolla il regime comunista dell' URSS, termina la guerra tra Iraq e Iran, si svolge la prima guerra del golfo contro l'Iraq. Il libano firma un accordo di pace con la Siria e procede al disarmo di tutti i gruppi armati ad eccezine degli Hezbollah anti israeliani.

Nel settembre del 1993 l'imprevedibile accade: Arafat a nome del popolo palestinese riconosce lo stato di Israele e accetta il metodo del negoziato, rinunciando all'uso della violenza e impegnandosi a modificare in questo senso la propria Carta Nazionale. Rabin a nome di Israele riconosce l'Olp come rappresentante del popolo palestinese.

Il 13 settembre, dopo mesi di trattative, Rabin e Arafat firmano alla Casa Bianca, davanti al presidente Clinton, una Dichiarazione di Principi in cui si delinea il quadro per una soluzione graduale del conflitto. Dovrebbe essere questo il punto finale della prima intifada, ma lo stillicidio di attentati non si ferma.

il 30 settembre del 1994 la Lega Araba pone fine all'embargo contro Israele e contro i paesi che fanno affari con essa. Il 26 ottobre viene firmato l'accordo di pace tra Israele e Giordania.

Il 1995 vede la firma della seconda parte degli accordi di Oslo, con la nascita dell' Autorità Palestinese e della polizia palestinese. Dopo più di un mese, il 4 novembre viene assassinato da un estremista israeliano il primo ministro Ytzchak Rabin. Ai suoi funerali prenderanno parte anche i leader dei paesi arabi. Il posto di primo ministro viene preso da Shimon Peres

Gli scontri e gli attentati continuano, nel frattempo viene eletto primo ministro Benjamin Netanyahu. Nel 1997, in attuazione degli accordi, l'esercito si ritira dai territori occupati. Il 95% della popolazione palestinese passa sotto il controllo dell'Autorità Palestinese. Tuttavia, Netanyahu non rispetta gli accordi per quanto riguarda la politica di insediamento di coloni israeliani nei Territori Occupati, che favoriscono il perdurare di uno stato di continua tensione.

Nel 1999, Ehud Barak venne eletto primo ministro, con una coalizione guidata da laburisti, e nuovo impulso viene dato al processo di pace con Palestina e Siria.

Nel maggio del 2000, le forze israeliane si ritirano dalla zona di sicurezza del Libano meridionale.

La seconda intifada[modifica | modifica wikitesto]

Il discusso muro costruito da Israele per difendersi dagli attacchi suicidi

Nel luglio dello stesso anno (2000), a Camp David, con la mediazione del presidente americano Bill Clinton, Barak ed Arafat si incontrano per far ulteriormente avanzare le trattative, ma il leader palestinese rifiuta quella che sino ad allora era stata l'offerta più vantaggiosa sottopostagli, per l'impossibilità di trovare un accordo sullo status di Gerusalemme e sul diritto al ritorno dei profughi palestinesi.

A settembre, il leader del partito di desta Likud Ariel Sharon, in quel momento all'opposizione, compie una "passeggiata" pubblica e preannunciata, alla spianata delle moschee di Gerusalemme massicciamente scortato da un migliaio di militari israeliani. La "passeggiata" viene presa come una provocazione e causa veementi proteste palestinesi. Sharon infatti proclamò Gerusalemme Est come territorio eternamente parte d'Israele, mentre di fatto si tratta di territorio illegalmente occupato. Le proteste vennero duramente represse, infatti durante la prima settimana 61 Palestinesi furono uccisi e 2,657 feriti.

Inizia quella che verrà chiamata la seconda intifada.

Alle dimissioni del primo ministro Barak seguono elezioni che eleggono primo ministro Ariel Sharon.

Nonostante i numerosi tentativi di cessate il fuoco, gli attentati non si fermano e mai il leader palestinese darà l'impressione di essere in grado di controllare i gruppi terroristici palestinesi. Nel Dicembre del 2001 il primo ministro Sharon dichiara di non voler più sostenere alcuna trattativa con Yasser Arafat essendo ormai quest'ultimo non più in grado di esercitare alcun controllo.

Nel 2004, la scomparsa del presidente palestinese apre la strada ad una nuova trattativa di pace. Le elezioni che si tengono in palestina eleggono primo ministro Abu Mazen.

Collegamenti[modifica | modifica wikitesto]

Avviso: a causa della delicatezza degli argomenti trattati,
alcuni dei collegamenti indicati di seguito potrebbero non essere 
totalmente imparziali nell'analisi e nel racconto dei fatti.

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