Utente:Cruifer/Sandbox/1

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 Battaglia di Peta
Data16 luglio 1822 (4 luglio nel calendario giuliano)
Luogo Peta nei pressi di Arta in Epiro
Causa 
Esito Vittoria ottomana
Modifiche territoriali 
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
 Tra i 7 000 e gli 8 000 uomini 2 100 greci e 93 filelleni
Perdite
 Circa 1 000 morti Bilancio totale sconosciuto:

68 filelleni e 200 soldati greci regolari morti

il numero dei soldati irregolari deceduti è sconosciuto
 
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La battaglia di Peta fu uno scontro armato della guerra d'indipendenza greca iniziato il 16 luglio 1822 (4 luglio nel calendario giuliano) nell'Epiro, qualche chilometro ad est di Arta, con un primo incontro il 22 giugno (10 giugno nel calendario giuliano). La battaglia ha visto opporsi le truppe greche ed un battaglione di filelleni comandati da Alessandro Mavrocordato, Markos Botsaris e Karl von Normann-Ehrenfels alle truppe ottomane comandate da Omer Vrioni e Reshid Mehmed Pascià.

Le truppe greche consistevano in Clefti (combattenti irregolari) ma anche in un primo tentativo d'esercito organizzato e in un battaglione di un centinaio di filelleni che rinforzarono le truppe greche (regolari ed irregolari). L'idea era quella di, dopo la sconfitta di Alì Pascià di Tepeleni di fronte alle truppe ottomane, portare soccorso ai Sulioti contro i quali si erano rivoltati e dunque mantenerli il più lontano possibile dal Peloponneso. Tuttavia, Mavrocordato non aveva a disposizione abbastanza truppe. Inoltre, i suoi alleati sul campo di battaglia non erano sicuri.

A causa della inferiorità numerica greca, venne decisa una strategia difensiva. Le truppe vennero disposte sulle alture che circondano il paese di Peta che domina la pianura ad est di Arta. I filelleni, più esperti, vennero collocati nella posizione più esposta. L'uso dell'ordinata tattica militare occidentale diede buoni risultati nelle prime due ore di combattimento resistendo alle cariche disordinate, e suicide, ottomane. La posizione venne poi attaccata da dietro, dando luogo ad una controversia di allora. Il battaglione filelleno cedrà all'ultimo minuto. La sconfitta greca fu totale, Il battaglione filelleno ed il reggimento greco regolare furono massacrati.

Contesto[modifica | modifica wikitesto]

Guerra d'indipendenza greca[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra d'indipendenza greca.
Germanos benedice gli insorti greci

La guerra d'indipendenza greca fu una guerra di liberazione contro l’occupazione ottomana. I combattimenti principali hanno avuto luogo nel Peloponneso intorno ad Atene e nell'Epiro.

Alì Pascià di Tepeleni, il governatore ottomano della regione dell'Epiro, che ha cercato di assicurare definitivamente l'indipendenza dei propri possedimenti, si era rivoltato contro il sultano Mahmud II nel 1820. La Porta (nome dato talvolta al governo dell’Impero ottomano) ha dovuto mobilitare un esercito intorno alla Giannina[1]. Per i patrioti greci organizzati nella Filikí Etería che preparavano la rivolta nazionale dalla fine del diciottesimo secolo[2], questa ribellione rese il momento favorevole, infatti ci sarebbero stati meno soldati turchi disponibili a sopprimere la loro rivolta. L'insurrezione è stata sollevata nel Peloponneso. È iniziata tra il 15 e il 20 marzo 1821 sotto la doppia guida di Theodoros Kolokotronis, uno dei capi dell'insurrezione, e dell'arcivescovo di Patrasso, Germanos, che proclama la guerra di liberazione nazionale il 25 marzo. Allo stesso tempo, Alessandro Ypsilanti entra in Moldavia ed in Valacchia, seconda meta prevista per l'insurrezione, a capo di una banda composta da membri della Filikí Etería formatasi in Russia. L'Impero ottomano ha ridotto l'insurrezione nelle province danubiane in nove mesi[3].

Ribellione di Alì Pascià[modifica | modifica wikitesto]

Ritratto di Alì Pascià di Tepeleni di Louis Dupré (1825)

Ali Pascià era un potentato locale di origini albanesi nato nel 1742[4]. Era riuscito a ritagliarsi uno spazio più o meno autonomo a nord-ovest dell'Impero Ottomano, intorno a Berat, Delvina, Prevesa e Giannina. Molti greci e stranieri erano al suo servizio, tra cui armatoli come Odysseas Androutsos. Voleva essere completamente indipendente dalla sovranità del Sultano. Ha poi cercato alleati per distaccarsi dalla Sublime porta. Ha quindi affrontato la Filikí Etería e sperava di ottenere l'amicizia della Russia, dal momento che l'Eteria è stata supportata dall'impero zarista. Infatti su consiglio di Germanos, l'impero decise di avvicinarsi al Pascià di Telepeni[1].

La rottura tra Ali Pascià e la Porta ha avuto luogo nel marzo del 1820. Per gaudagnarsi degli alleati, ha poi annunciato di essere il liberatore dei greci e ha ricevuto in cambio una sorta di garanzia di sostegno dall'Eteria[1]. Il Sultano ha inviato prima Ismail Pascià, poi Khursit Pascià, il governatore del Peloponneso, davanti a migliaia di uomini delle diverse provincie dell'Impero ottomano per schiacciare il suo soggetto ribelle. Questa mobilitazione di truppe ottomane nell'Epiro vale anche per l'Eteria: le altre provincie restano scoperte, dunque qui i combattimenti per la liberazione potranno essere più semplici[5]. Tuttavia, nel gennaio 1821, Alì Pascià, tentando una rimonta al sultano, denuncia la Filikí Etería e i suoi membri nelle lettere che inviava a Costantinopoli. Questo tradimento è stato uno dei tanti elementi che informarono la Porta di ciò che stava succedendo, costringendo l'Eteria ad accelerare il corso degli eventi[6]. Malgrado tutto, le truppe ottomane restarono concentrate intorno a Giannina lasciando campo libero nelle altre provincie. L'esercito di Khursit Pascià, il governatore del Peloponneso, assediò la Giannina, e il palazzo di Alì Pascià nel gennaio del 1822[5].

Situazione della Grecia a inizio 1822[modifica | modifica wikitesto]

La Grecia centrale nel 1820

La sconfitta delle truppe di Ali Pascià (Greci e Albanesi coalizzati) ad Arta nell'ottobre del 1821 seguita dalla defezione dei suoi vassalli albanesi lo pose in una situazione disperata[7]. Finì per essere ucciso nel gennaio del 1822. La sua morte e la presentazione dei leader musulmani albanesi hanno lasciato la libertà ad Hurshid Pascià di rivoltarsi contro i Sulioti, un popolo di origine albanese, che si trova a sud-ovest di Giannina, molto autonomista e, per questa ragione, alleato di Ali Pascià e degli insorti greci. Dal 1821 Hurshid Pascià si rivoltò anche contro i greci che occuparono l'Etolia-Acarnania. La principale via di comunicazione tra il sud dell'Epiro (la piana di Arta) e l'Acarnania conduce verso il Missolungi, il Golfo di Corinto[8] ed il Golfo di Arta. Gli armatori greci che occupavano questi luoghi avevano spinto diversi tentativi di riconquista ottomana[9]. Il Golfo di Arta era in parte controllato anche dai greci, grazie alla vecchia flotta di Alì Pascià, il cui leader, Passano, si era unito agli insorti[10].

Guerrieri Sulioti

Khursit Pascià non passò immediatamente all'offensiva: infatti il suo harem e alcuni dei suoi funzionari erano stati catturati durante l'assedio di Tripolizza nell'ottobre del 1821, ed erano in corso delle trattative per liberarli. Le gouvernement grec demandait une forte rançon et la libération des otages grecs d'Ali tombés aux mains des Ottomans à la chute de Ioannina, dont une partie de la famille de Markos Botsaris. Les négociations aboutirent et le harem débarqua à Prévéza le 2 mai ; Khursit put alors reprendre les opérations, tandis que les Souliotes demandaient au gouvernement grec des secours. Une puissante armée ottomane se lança à l'assaut du Souli fin mai, mais fut finalement repoussée le 13 juin[11]. Khursit Pacha laissa alors le commandement des opérations en Épire à Omer Vrioni, et rejoignit la Thessalie où se rassemblait une nouvelle armée ottomane. Vryonis ne renouvela pas d'attaque frontale mais organisa le blocus du Souli afin de le faire céder par la faim[12] · [13].

Des troupes grecques, commandées par Alessandro Mavrocordato, furent donc organisées en mai et envoyées pour secourir les Souliotes et relancer la guerre d'indépendance en Épire[14].

« Régiment Baleste » et bataillon philhellène[modifica | modifica wikitesto]

Lo stesso argomento in dettaglio: Filellenismo.
Karl von Normann-Ehrenfels.

L'enthousiasme romantique, la frustration vis-à-vis de la politique de la Sainte-Alliance et pour certains anciens militaires des guerres napoléoniennes le désœuvrement, avaient poussé un certain nombre de jeunes gens à venir aider la Grèce insurgée. Le principal port d'embarquement de ces premiers volontaires venus de France, de Suisse, des régions polonaises ou germaniques et de la péninsule italienne fut Marseille. En 1821-1822, avant que le gouvernement français de Louis XVIII ne l'interdît, onze navires partirent à destination de la Grèce, emportant autour de 360 philhellènes. Parmi eux, se trouvaient le colonel[Nota 1] Template:Lien, un Corse, ancien des armées napoléoniennes, qui s'était installé en Crète. Il fut chargé par Dimítrios Ypsilántis d'organiser une armée grecque régulière. Le comte et général originaire du Wurtemberg, Karl von Normann-Ehrenfels qui avait combattu pour et contre la France lors des guerres napoléoniennes (et donc dont plus aucune armée ne voulait), embarqua de Marseille le 24 janvier 1822 sur La Vierge-du-Rosaire avec un petit contingent hétéroclite. Les anciens officiers italiens des armées napoléoniennes, Dania (né à Gênes puis naturalisé français) et Tarella, avaient quant à eux dû quitter la péninsule pour des raisons politiques[15] · [16] · [17].

À leur arrivée en Grèce, leur enthousiasme se refroidissait. Le mode de combat des insurgés grecs, le klephtopolémos, impliquait des petites troupes soudées autour d'un capitaine, souvent organisées autour d'un clan familial, dans des actions ponctuelles de guérilla. Un étranger ne pouvait y trouver sa place. Il fut alors décidé de créer un corps particulier pour les philhellènes. Ce corps serait lié au « régiment Baleste », l'armée régulière grecque, mais en resterait indépendant. Les plus hauts gradés occidentaux serviraient de liaison entre les deux corps auxquels ils fourniraient les officiers. En mai 1822, cette troupe était à Corinthe où était installé le pouvoir exécutif grec. Elle y reçut ses étendards[18].

Fragment du drapeau du premier régiment d'infanterie (Α' ΣΥΝΤΑΓΜΑ ΠΕΖΙΚΟΝ)

Dès son arrivée en Grèce, à Kalamata, en mai 1821, le colonel Baleste entreprit de mettre sur pied une armée régulière grecque, ainsi que le lui avait demandé Dimítrios Ypsilántis avec qui il avait fait le voyage depuis Marseille. Après les guerres napoléoniennes où il avait gagné ses galons et son expérience, Baleste avait vécu en Crète où son père était installé comme marchand. Avec d'autres anciens officiers occidentaux, il organisa le « régiment Baleste » sur le modèle militaire français, avec un uniforme noir. Ce « régiment Baleste » eut un succès limité. Il attira peu de Grecs qui préféraient le système du klephtopolémos, moins rigide car organisé autour du clan familial et permettant d'envisager du butin plutôt qu'une solde. En fait, il n'était constitué que de volontaires grecs « étrangers », originaires d'Asie mineure, de Constantinople ou des îles Ioniennes (où ils avaient parfois servi dans les troupes françaises puis britanniques). Il n'y eut jamais plus de six cents soldats dans ce « régiment ». Son premier engagement fut l'attaque du fort Palamède de Nauplie en décembre 1821. L'échec de cet assaut fit naître des doutes dans les esprits des Grecs insurgés sur l'utilité réelle d'une armée régulière. Baleste quitta le régiment qui portait son nom pour aller se battre (et mourir) en Crète[18].

Vue du fort Palamède depuis Nauplie.

Le « régiment Baleste » fut réorganisé au printemps 1822, en deux bataillons de 300 hommes environ chacun. Il fut placé sous le commandement de Pietro Tarella, assisté de Gubernatis, un autre Italien, ancien officier de l'armée d'Ali Pacha. Le 24 maggio 1822, les deux troupes régulières reçurent leurs drapeaux au cours d'une cérémonie organisée au pied de l'Acrocorinthe : « régiment Baleste » et bataillon philhellène furent donc liés. Le chef du pouvoir exécutif, Aléxandros Mavrokordátos, fut placé à la tête de l'ensemble avec Normann comme chef d'état-major. Dania commanda les cent vingt volontaires du bataillon philhellène, divisé en deux compagnies : l'une composée majoritairement d'Allemands et de Polonais commandés par un Polonais et l'autre de Français et d'Italiens surtout commandés par un Suisse. Cette armée disposait aussi de deux canons[18].

Alessandro Mavrocordato voulait une victoire des troupes régulières pour en prouver l'efficacité[18]. Il espérait rassembler une armée d'environ 8 000 hommes afin d'empêcher la chute du Souli, voire de prendre pied en Épire.

À Corinthe, la troupe régulière, environ sept-cents hommes, se réunit avec une troupe de combattants « irréguliers » qui étaient près du double. Ces hommes étaient des Souliotes commandés par Markos Botsaris, une compagnie d'habitants des îles Ioniennes commandés par Spyros Pannas, et plusieurs centaines de Péloponnésiens. L'armée rejoignit le camp des Grecs qui assiégeaient Patras sous le commandement de Kolokotrónis. Celui-ci devait fournir d'importants renforts. Au lieu des 2 000 hommes espérés, Mavrokordátos n'obtint que 500 ou 600 Maniotes commandés par Kyriakoulis Mavromichalis, et 250 Péloponnésiens commandés par un des fils de Kolokotrónis, Gennaios. Les troupes appareillèrent pour traverser le golfe de Corinthe le 2 juin[19].

Bataille[modifica | modifica wikitesto]

Approche grecque[modifica | modifica wikitesto]

La troupe débarqua le 3 juin à Missolonghi où elle bivouaqua une dizaine de jours, le temps de se ravitailler. Là, les troupes régulières poursuivirent leur entraînement. Il était très difficile de réussir à faire manœuvrer ensemble les philhellènes, issus de nombreuses traditions militaires différentes, voire concurrentes. Ainsi, une dispute entre deux philhellènes dégénéra en duel où un Allemand tua un Français[20].

Malgré la faiblesse de ses effectifs, Mavrokordátos détacha Mavromichalis et 500 Péloponnésiens (surtout des Maniotes), qui furent chargés d'aller soutenir les Souliotes en débarquant près de Parga. Le 13 juin, la petite armée grecque quitta Missolonghi pour gagner le sud-est d'Arta où elle voulait faire sa jonction avec les hommes des armatoles Georgios Varnakiótis, basé à Kombóti, et Gógos Bakólas, basé à Péta. Ce dernier, âgé de soixante-dix ans, était un chef de bande qui, alternativement, avait été klephte ou armatole. Au début de l'été 1822, il s'était rapproché des Ottomans qu'il avait combattus et défaits l'année précédente. Il prétextait qu'il jouait double jeu afin d'obtenir d'eux du ravitaillement avant de recommencer à les combattre. Par ailleurs, Botzaris et Bakólas étaient ennemis (Bakólas était soupçonné d'avoir tué le père de Botzaris sur ordre d'Ali Pacha). Il n'était alors pas considéré comme un allié sûr par les Grecs[20]. L'armée grecque s'installa le 21 juin à Kombóti[21], où elle resta une dizaine de jours.

Premières escarmouches[modifica | modifica wikitesto]

Plan de l'escarmouche de Komboti pour les Raybaud, 1825

Le 22 juin (10 juin julien), une rencontre entre les troupes grecques (autour de 4 000 hommes) et un détachement de cavalerie ottomane (autour de 500 cavaliers), près de Komboti, se solda par une victoire grecque[22] · [23].

Avec 2 000 hommes, Mavrokordátos ne pouvait pas espérer mener une attaque frontale contre les troupes ottomanes quatre fois plus nombreuses. Dans les jours qui suivirent, aucune action n'eut lieu, les Grecs étant trop faibles pour attaquer et les Ottomans ne renouvelant pas leur tentative, surestimant peut-être les forces grecques ou attendant le résultat de leurs négociations avec Bakolas[24].

La situation des Souliotes allant en empirant, Markos Botsaris décida de tenter de leur porter directement secours[20] et quitta avec ses partisans le camp de Komboti le 3 juillet, accompagné des capétani Varnakiotis et Vlachopoulos et de leurs troupes, soit environ 800 hommes[25] · [26], ce qui affaiblit encore l'armée grecque.

Occupation de Péta[modifica | modifica wikitesto]

Mavrokordátos décida donc de s'installer sur une position défensive et de laisser les Ottomans attaquer[20]. Il envoya la plus grande partie des troupes restantes à Péta, déjà occupée par Bakolas et ses hommes. La présence des troupes régulières devait aussi permettre de mieux surveiller les agissements de celui-ci[27]. Le village, situé sur une petite colline qui domine la plaine d'Arta, était défendu à l'ouest par une petite crête, et dominé à l'est par une autre crête plus longue. En septembre 1821, 350 Grecs, dont Yánnis Makriyánnis, commandés par Gogos Bakólas, y avaient tenu tête à 9 000 soldats ottomans[28].

Le régiment régulier, les philhellènes et les Ioniens, s'installèrent donc le 4 juillet à Péta sous le commandement de Normann ; ils étaient soutenus par 800 ou 900 irréguliers[29]. Une centaine d'hommes furent laissés à Komboti. Le général en chef, Mavrokordátos, quant à lui, s'installa à Langada un petit village à une quinzaine de kilomètres au sud de Péta[12] · [20], avec les troupes péloponnésiennes. Le jour même de l'installation à Péta, la flottille grecque qui contrôlait le golfe Ambracique fut détruite par la flotte ottomane[30].

Malgré les ordres de rester sur la défensive, une partie des philhellènes et en particulier leur chef Dania était impatiente de passer à l'action. Le 7 juillet, malgré l'opposition de Normann, le bataillon philhellène accompagné des Ioniens quitta Péta pour attaquer les Ottomans et essayer de venir en aide à Botzaris. La petite troupe se dirigea vers le nord, suivant la vallée de l'Arachthos, et participa à quelques escarmouches avant d'être rappelée à Péta le 15 juillet devant les nouvelles d'une attaque imminente[31]. Par chance pour les Grecs, les bandes irrégulières, qui avaient échoué dans leur tentative de dégager les Souliotes, rejoignirent le gros de la troupe le même jour[20].

Les troupes basées à Langada avec Mavrokordátos furent cependant affaiblies par le départ de Gennaios Kolokotronis, rappelé par son père suite aux troubles ayant provoqué la dispersion de l'armée grecque qui assiégeait Patras[32].

Positions des troupes[modifica | modifica wikitesto]

Les troupes furent donc mises en position dans l'urgence, car les informateurs grecs annonçaient que les Ottomans attaqueraient le lendemain[20].

Un conseil de guerre eut lieu le 15 juillet, entre les chefs des différents corps, réguliers et irréguliers, présidés par Normann en l'absence de Mavrokordátos. Tarella, le lieutenant-colonel Stietz et Botzaris voulaient ranger les troupes régulières sur la crête la plus élevée, derrière les irréguliers qui seraient disséminés dans le village et sur les crêtes avoisinantes. Cependant, Dania était réticent à abandonner l'honneur d'être en première ligne, et Normann pensait que déplacer les réguliers grecs en seconde ligne aurait un mauvais effet sur leur moral ; la disposition resta donc globalement la même que lors de l'arrivée à Péta 10 jours plus tôt[33].

Sur la plus haute crête, longue d'environ trois kilomètres, derrière des tamboúria (redoutes improvisées en terre) furent placées les bandes irrégulières, environ 1 200 hommes, sous les ordres de leur capitaine, en prenant soin de séparer les ennemis Bakólas au nord et Botzaris au sud avec, entre eux, les hommes de Varnakiotis et Vlachopoulos. Sur la crête à l'ouest, les cinq cents hommes de l'armée régulière prirent leurs positions : au centre les Grecs ; à droite, les deux canons et leurs desservants philhellènes et un bataillon d'irréguliers (les « Ioniens »), venus des îles Ioniennes et ayant servi dans les troupes régulières sur ces îles ; à gauche, dans la position considérée la plus exposée, les philhellènes[20] · [34] · [35].

Les troupes ottomanes, commandées par Reshid Mehmed Pascià, arrivaient quant à elles d'Arta. Elles étaient principalement composées de mercenaires albanais à pied[36]. L'aile droite comprenait six cents ou huit cents cavaliers[20] · [34]. L'aile gauche était commandée par Ismaël Pliassa[37].

Combat[modifica | modifica wikitesto]

Plan de la bataille à partir de la description proposée dans Gordon, 1832.

Les Ottomans, dont une grande partie d'Albanais habillés de blanc, tiraient en avançant. Cependant, contrairement à ce à quoi les avait habitués le klephtopolémos, leurs adversaires ne retournèrent pas le feu. Les troupes régulières grecques, celles le plus en avant, obéissaient en effet à l'organisation à l'occidentale. Elles attendirent donc que les troupes ottomanes soient à une centaine de pas pour tirer et être sûres de toucher leur cible ; l'aile gauche ottomane, qui avait attaqué le centre des irréguliers postés sur la crête supérieure, fut elle aussi repoussée. Durant les deux premières heures, les assauts ottomans se brisèrent ainsi sur les défenses des crêtes[34] · [38] · [39].

Cependant, une colonne d'Albanais tenta de contourner la droite des Grecs par l'ouest ; les soldats de Bakolas, postés en embuscade, en laissèrent passer une cinquantaine avant de décharger une volée meurtrière qui dispersa le gros de la troupe. Mais les quelques dizaines d'Albanais de l'avant-garde, voyant leur retraite coupée, tentèrent de fuir en escaladant un pic, à l'ouest de la crête, où Bakolas n'avait posté que quelques paysans alors qu'il avait prétendu l'avoir fait garder par son fils et une centaine de soldats d'élite. Une fois arrivés sur la crête, les Albanais déployèrent leurs étendards, ce qui provoqua un mouvement de panique dans le camp grec : les troupes de Bakólas commencèrent à se replier, entraînant avec elles celles du centre des irréguliers puis les Souliotes de Botzaris[40]. Les bandes irrégulières se réfugièrent dans les montagnes à l'est du champ de bataille[34] · [38] · [41].

Les troupes ottomanes étaient maîtresses de la crête supérieure, derrière l'armée régulière sur laquelle elles fondirent, en coordination avec celles restées dans la plaine. Prise en tenaille, l'armée régulière ne tint pas longtemps. Les « Ioniens » cédèrent les premiers et le soutien de l'artillerie fut perdu. Le centre grec fut écrasé. Les philhellènes tentèrent d'abord de résister en se formant en carré. Ils finirent par être obligés de se replier vers une petite éminence au sud, au pied de laquelle ils furent taillés en pièces, leur retraite étant coupée par la cavalerie ottomane. Les vingt-cinq survivants ne durent leur salut qu'à un tir de barrage des troupes de Bakólas qui leur fournit une protection bienvenue[12] · [34] · [38] · [41].

L'armée en fuite se replia vers Langada, mais dut effectuer un détour par les montagnes pour éviter Komboti, qui avait été occupé le jour même par les Ottomans[42] · [43].

Bilan[modifica | modifica wikitesto]

Le résultat de la bataille fut catastrophique pour l'embryon d'armée régulière : selon les historiens de l'armée grecque, un tiers du régiment régulier fut tué et la moitié des « Ioniens », ainsi que soixante-huit des quatre-vingt-treize philhellènes. Il y eut de nombreux prisonniers, pour la plupart ensuite exécutés. Le nombre de tués chez les irréguliers n'est pas donné, mais avoisinerait un tiers de pertes[22] · [34]. Selon Olivier Voutier qui aurait participé à la bataille à la tête d'une troupe d'irréguliers[Nota 2], il y aurait eu 159 morts (dans sa troupe ou en tout ?) et surtout aucun prisonnier et aucun drapeau perdu[44]. Vlachopoulos réussit à s'échapper en se faisant passer pour un Albanais, grâce à sa connaissance de la langue et à la similitude des costumes[37]. Les Ottomans auraient eu un millier de tués[22] · [34].

Les philhellènes furent littéralement massacrés. Pratiquement tous les officiers occidentaux de l'armée régulière grecque furent tués, hormis Gubernatis[Nota 3]. Les nationalités représentées parmi les morts étaient les suivantes : trente-quatre « Allemands », douze « Italiens », neuf « Polonais », sept Français (de souche ou naturalisés), trois Suisses, un Néerlandais et un « Hongrois »[Nota 4] · [45].

Rôle de Bakolas[modifica | modifica wikitesto]

L'attitude de Bakólas et son rôle dans la défaite sont controversés. Gordon indique que les philhellènes survivants étaient tous persuadés qu'il avait trahi les Grecs et volontairement provoqué le désastre (bien qu'ils n'aient pas pu observer ce qui se passait sur leur droite), tandis que les capitaines grecs et Mavrokordátos attribuaient au contraire l'issue de la bataille à un concours de circonstances ; il conclut qu'il s'était agi, « soit d'un de ces hasards qui ont tant d'influence sur le sort des batailles, soit de la trahison la plus noire »[42] · [37].

Selon ceux qui le considéraient comme un traître responsable de la défaite, il aurait sciemment laissé sans surveillance un point sensible, connu d'avance des Ottomans. Les preuves seraient ses bonnes relations avec les Turcs, avant la bataille et après celle-ci puisqu'il passa de leur côté trois jours plus tard et qu'il y resta un an[38] · [42].

Selon une conception plus favorable, il n'aurait pas été un traître au moment de la bataille et n'aurait fait qu'une erreur tactique, aux énormes répercussions. Il ne serait réellement passé du côté ottoman qu'en raison de la façon dont il aurait été traité après la bataille par Mavrokordátos, et parce qu'il jugeait alors la partie perdue pour le camp grec. Pour Denis Kohler, la défaite serait donc en réalité due à l'absence totale de coordination entre les irréguliers et les philhellènes, et à l'incapacité de Mavrokordátos en tant que général[46]. Le tir de barrage en soutien aux philhellènes en fuite, et surtout le fait qu'il se soit présenté dans le camp grec après la bataille, font partie des arguments en faveur de Bakólas. Par ailleurs, présenter Bakólas comme un traître responsable de la défaite permettait au général en chef de diminuer l'ampleur du désastre[12] · [38] · [42].

Conséquences[modifica | modifica wikitesto]

Liste honorifique des philhellènes ayant participé à la guerre. Les trois premiers noms sont ceux de Baleste, Tarellas et Dania.

La bataille de Péta fut la première tentative d'utilisation de troupes régulières grecques. Leur défaite dans une bataille rangée tandis que les troupes irrégulières de pallikares accumulaient les victoires dans le Péloponnèse dans le cadre du klephtopolémos de type guérilla ne joua pas en leur faveur[14]. Le bataillon philhellène fut officiellement dissout à Missolonghi fin juillet. Les valides repartirent dans leurs pays d'origine[Nota 5]. Les blessés restèrent dans la ville portuaire et périrent presque tous, comme Normann, au cours de l'hiver suivant. Le prestige de Mavrokordátos fut aussi atteint : il lui était notamment reproché d'avoir installé son poste de commandement trop loin du théâtre des opérations pour agir efficacement. Une partie des armatoles de Roumélie occidentale se soumit provisoirement et passa au moins nominalement dans le camp ottoman[12] · [38].

L'expédition maritime commandée par Kyriakoulis Mavromichalis, qui devait secourir directement les Souliotes, fut elle aussi un échec. Les 500 hommes (250 Maniotes et 250 Arcadiens « prêtés » par K. Deliyannis) avaient débarqué en juin à Splanga (aujourd'hui Ammoudia, dans la commune de Fanari), mais avaient été bloqués sur la côte par les forces ottomanes. Le jour même de la bataille de Péta, Mavromichalis fut tué lors d'une escarmouche, et ses troupes évacuèrent alors la région ; lors de ce même combat périt aussi son ancien adversaire de la bataille de Valtetsi, le Kehaya bey Mustafa[47].

Les Souliotes furent soumis par la faim et se rendirent en septembre 1822. Ils durent à nouveau quitter leurs montagnes pour les îles Ioniennes avant de revenir en Grèce centrale pour participer aux combats du siège de Missolonghi. Cette ville était en effet le dernier verrou qui empêchait un passage des troupes d'Épire dans le Péloponnèse. Les passes montagneuses n'étant plus défendues et la situation en Épire étant stabilisée, Omer Vrioni put conduire son armée vers le sud, traversant l'Étolie-Acarnanie, évacuée par les Grecs, en direction de Missolonghi qu'il assiégea à partir de la fin octobre[12] · [14] · [38].

Le régiment régulier ne fut pas dissout : réduit à 200 soldats, il fut placé sous le commandement du second de Tarella, Gubernatis, qui avait réussi à s'évader du camp ottoman ; la petite troupe rejoignit à la fin de l'été les troupes d'Ypsilantis et Nikétaras qui occupaient l'isthme de Corinthe après la défaite de Dramali Pacha[48].

Commémoration[modifica | modifica wikitesto]

La municipalité de Péta organise chaque année en juillet un festival appelé Philhellinia en l'honneur des philhellènes[49].

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il semble qu'il n'ait été que lieutenant de grenadiers dans les armées napoléoniennes, mais qu'il ait gagné ses galons de colonel en créant le régiment grec.
  2. ^ Il le dit dans ses Mémoires (Voutier, 1823) mais Maxime Raybaud, qui avait été alors envoyé à Missolonghi, affirme le contraire dans les siennes, disant que Voutier était avec Mavrokordátos (Raybaud, 1825).
  3. ^ Capturé, il réussit à s'évader probablement grâce aux amis qu'il avait gardés de l'époque où il appartenait à l'armée d'Ali Pacha.
  4. ^ Diverses nationalités sont mises entre guillemets car les pays n'existaient pas alors. Il s'agit autant d'appellation géographique pour faciliter la compréhension que du sentiment national de ces philhellènes.
  5. ^ L'un d'entre eux, un Français, se mit par la suite au service du pacha d'Égypte, Méhémet Ali, et participa à la campagne de Morée d'Ibrahim Pacha contre les Grecs ; il sauva ainsi son ancien compagnon d'armes de Péta, le capitaine des Ioniens Spyros Pannas, grièvement blessé et fait prisonnier par les Égyptiens au cours du siège de Navarin en mai 1825 (Gordon, T2, p198). Gubernatis, privé de son commandement en 1824, entra alors lui aussi au service de Méhémet, à condition de ne pas avoir à se battre contre les Grecs.

Riferimenti[modifica | modifica wikitesto]

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  49. ^ Site de la municipalité

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