Utente:Chiaraden/Psicologia e alchimia

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Psicologia e alchimia
Titolo originalePsychologie und Alchemie
1ª ed. originale1944
Generesaggio
Sottogenerepsicologico, filosofico
Lingua originaletedesco

Psicologia e alchimia, pubblicato a Zurigo dopo 15 anni di studi, è un'opera di tipo psicologico/filosofico dello psicoanalista Carl Gustav Jung. Con quest’opera l’autore intese sottolineare la forte correlazione tra il mondo alchemico e la sua psicologia analitica, fondata sulla convinzione dell'esistenza di archetipi associabili ai simboli alchemici[1]. Oltre che uno studio di tipo scientifico, la stesura stessa dell'opera fu, per Jung, la dimostrazione della sete di conoscenza umana e di un'attitudine inconscia a rifulgere dall'ignoranza, poiché frutto di un intenso interesse dell'analista nell'approcciarsi ad una nuova materia[2]. Come in molte altre opere dell'autore, al testo sono affiancate numerose immagini iconografiche che non hanno solo un mero fine estetico ma anche esplicativo[3][4][5].

Studi precedenti

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Psicologia e Alchimia è il risultato dell’unione e maturazione di due saggi presentati da Jung ai colloqui di Eranos ad Ascona.[6]. Si tratta di ''Simboli onirici del processo d'individuazione'', pubblicato nel 1936[7], e Le rappresentazioni di liberazione nell’ alchimia, pubblicato nel 937[7]; in entrambi Jung mirò a dimostrare e sottolineare l’esistenza oggettiva di un inconscio comune a tutto il genere umano. I due componimenti segnarono, quindi, anche una forte rottura con la scuola Freudiana che negava, invece, la possibilità di un’esperienza psichica collettiva. Sarà solo dopo la stesura dei due studi che Jung inizierà seriamente ad interessarsi ai simboli e alla materia alchemica[7].

Simboli onirici del processo d'individuazione

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Il primo dei due saggi si concentra, in particolar modo, sull’esistenza di un’attitudine tesa alla conoscenza presente nella psiche umana. Attraverso l’analisi di sogni e visioni di un paziente di una sua allieva (quindi a lui praticamente sconosciuto), Jung ricollegò questa pulsione al linguaggio alchemico e allo studio dei mandala come prova dell’esistenza di un inconscio collettivo[2].

Le rappresentazioni di liberazione nell'alchimia

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Il secondo saggio è, invece, incentrato sull’importanza della solitudine durante i processi alchemici e lo studio della materia. La solitudine è, secondo Jung, anche uno degli elementi che avvicina psicologia e alchimia[8].

Inizio dell'interesse per l’alchimia

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Jung iniziò ad interessarsi di alchimia subito dopo la rottura con Freud, in un periodo, quindi, di disorientamento e incertezza interiore. È anche per questo che il suo interesse per la materia fu particolarmente profondo e totalizzante, tanto da portarlo a vivere anche brevi periodi di isolamento[9].

Il simbolismo dei mandala

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I mandala furono i primi elementi che spinsero Jung ad interessarsi all’alchimia.

«Il vero mandala è sempre un’ immagine interiore che viene gradatamente costruita dall’ immaginazione (attiva), e precisamente quando è presente un disturbo dell’ equilibrio psichico, o quando non si può ritrovare un pensiero e bisogna quindi cercarlo perché non è contenuto nella sacra dottrina»

Egli si dedicò allo studio e all’ analisi dei mandala per 14 anni (più o meno dal 1918 al 1927) prima di pubblicare le sue osservazioni, sollecitate dalla richiesta di un commento di un'opera taoista, Segreto del Fiore d’Oro, da parte di un suo collega sinologo, Richard Wilhelm[11]. Jung utilizzò i sogni di cui parla in Simboli onirici del processo d'individuazione a sostegno della sua tesi, ricordando i simboli ritrovati nel Sogno 17 (Fiore Azzurro)[12], nel sogno 18 (Uomo con monete d’oro in mano)[13],nel sogno 19 (sfera rossa)[14].

A questo punto, lo psicanalista svizzero iniziò a dedicarsi sistematicamente alla lettura di testi alchemici, perlopiù medievali. Le prime opere con cui si confrontò furono i due volumi Artis auriferae quam chemiam vocant. Pubblicati a Basilea nel 1593, i due volumi medievali sono considerati fondamentali per la comprensione dell’intera materia e contengono i pilastri della scienza alchemica[6]. Grazie alle sue nuove letture, Jung attinse anche a nuove conoscenze nell'ambito dell'interpretazione onirica, riuscendo a decifrare un suo sogno. Egli raccontò di aver sognato di trovarsi in guerra e di essere di ritorno da una battaglia su un carro di un contadino. In seguito, il carro si addentrò in un castello comparso all'improvviso senza riuscire più ad uscirne ed il contadino, spaventato, gli spiegò che erano rimasti prigionieri del XVII secolo[15]. Egli interpretò l'evento come prova evidente di una predisposizione personale allo studio alchemico.

L’alchimia per Jung

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Bisogna premettere che Jung non si approcciò allo studio del'alchimia come era stato fatto in precedenza. Se con il positivismo questa fu ridotta a mera pseudo-scienza, a Jung sembrò finalmente di aver trovato un linguaggio adatto e più antico per spiegare alcuni contenuti psicologici ed interpretò questa nuova materia più come connessa a una componente religiosa[16]. Egli riportò sotto i riflettori della scena psicologica e filosofica novecentesca molti nomi e opere alchemiche che sarebbero state altrimenti dimenticati. Inoltre, la scienza alchemica condivide molto con gli studi gnostici, che ebbero sempre un certo peso nella carriera junghiana, ma che egli lasciò poi da parte perché troppo distanti dalla mentalità a lui contemporanea[17]. Jung descrisse l'alchimia come una metafora della realizzazione del Sè e dell'esplorazione dei meandri dell'inconscio[18]. La trasmutazione stessa del metallo in oro ricordava il principio di individuazione junghiano: il metallo non è altro che l'Io che deve raggiungere un nuovo stato di trasmutazione, ovvero l'oro come metafora del Sè[19].

Nel secondo capitolo della prima parte dell’opera, Jung passò in rassegna una serie di sogni di un paziente di una sua allieva,attingendo da uno dei due saggi che compongono Psicologia e Alchimia, Simboli onirici del processo d'individuazione. Egli si concentrò su tutti quei simboli onirici che ricordano un processo di auto centratura, ovvero di costruzione di un proprio centro[20]. Tra i simboli elencati ritroviamo, ad esempio, un cappello[21], come elemento in grado di ricoprire l’intera personalità; un viaggiatore accerchiato da un serpente[22]; un teschio di forma sferica[23]

Rapporto tra psicologia e alchimia

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Nel secondo capitolo della parte terza dell’opera, Jung analizzò la natura psichica dell'opera alchimistica. Per dimostrare il fine comune di Psicologia e Alchimia, quello di ascendere ad un livello di realtà superiore, egli sottolineò come nell'alchimia ci fosse ben poco di chimico. Infatti, è confermato in più opere alchemiche medievali, che l’oro che gli alchimisti miravano ad ottenere tramite la trasmutazione, non era semplicemente un metallo ma un oro filosofico[24]. Gli alchimisti, infatti, avevano meno conoscenze scientifiche di quanto si credesse e, di sicuro,era loro ignota la vera natura della materia. Si servivano dell’inconscio per illuminarne l’oscurità, attraverso visioni e allucinazioni, che non potevano essere altro che proiezioni inconsce[25]. Con la scoperta dell'alchimia, Jung trovò un complementare alla scienza psicologica che le conferisse maggiore storicità e la collegasse a numerosi simboli anche molto arcaici. D'altra parte, la psicologia è una perfetta chiave di lettura per numerose tematiche alchemiche che coinvolgono, appunto, sogni o simboli.

L’opus (opera)[26] era un concetto fondamentale per l'Alchimia. Esso è definibile come tutta quella serie di processi pratici e chimici effettuati dagli alchimisti in ordine variabile. In questi processi erano coinvolti diversi e ambigui materiali e sostanze di cui non si conosceva quasi mai il significato, come l'argento vivo o lo zolfo. Alla base dell'opus c’era la Materia prima[27], una sostanza sconosciuta in cui veniva proiettato il contenuto psichico dell’alchimista. Si trattava, quindi, non di una materia unica ma di una sostanza individuale di cui esistevano infinite definizioni; spaziano da quelle di tipo chimico (metallo, ferro, oro), mitologico ( il drago, la luna, il caos) a quelle filosofiche, alludendo a significati più profondi.

Il metodo dell'alchimia

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Jung chiamò il metodo utilizzato dagli alchimisti amplificatio[28]. Esso consisteva, appunto, nell'arricchire le proprie definizioni alchemiche con altri elementi più o meno personali carpiti da altre discipline, come la filosofia. Infatti, furono scritti anche dei trattati specifici per fornire agli alchimisti nuovo materiale analogico. Era una tecnica necessaria, in quanto il carattere oscuro e misterioso della materia spesso non permetteva nemmeno agli stessi artefici delle trasmutazioni di essere a conoscenza di abbastanza elementi. L’aplificatio ricorda, così, la tecnica utilizzata per l’interpretazione dei sogni: il sogno è un contenuto troppo difficile per essere compreso, se non affiancandolo a concetti esterni che ne arricchiscano il significato.

Alchimia e Cristianesimo

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Nel quinto capitolo della terza parte di Psicologia e Alchimia, Jung mise in rilievo affinità e divergenze tra il mondo cristiano e quello alchemico. Egli giunse alla conclusione che il Cristianesimo, in quanto religione fondata su un sistema patriarcale-maschile, si trova in opposizione (anche semplicemente di tipo sessuale) con la Natura, che presenta, invece, una struttura matriarcale-femminile. Il fine ultimo del Cristianesimo è quello di rimuovere il male, insito nella componente naturale del mondo, che viene quindi allontanata e ripudiata. L'alchimia, in quanto scienza che intrattiene un rapporto forte con la natura stessa, si proponeva di risanare quest'opposizione. L'alchimista aveva quindi il compito di far sì che la componente maschile si riavvicinasse a quella femminile e la recuperasse dentro di sè, in un processo di unione e non di avversione. Egli concluse che vi è un'antica correlazione tra alchimia e Cristianesimo che prevede però la constatazione di una preponderanza quantomeno cronologica della prima sulla religione. Basti pensare al parallelo di cui è oggetto il quinto capitolo di Psicologia e alchimia tra Cristo e il lapis philosophorum,una pietra leggendaria che gli alchimisti cercavano di produrre nei loro laboratori[29]. La figura di Cristo viene identificata come salvator microcosmi, ovvero come Redentore individuale, mentre il lapis è il salvator macrocosmi, cioè salvatore dell'intera natura[30]. Ciò sottolinea nuovamente come quantomeno esista un'autonomia alchemica rispetto alla religione cristiana.[31]. Secondo lo psicanalaista svizzero, la differenza principale tra il Cristianesimo e la scienza alchemica è poi, in effetti, il fine. Mentre il pilastro del cristianesimo è l'operare nel mondo in onore di Dio, nel mondo alchemico l'uomo era agente della liberazione della componente naturale dalla materia, assumendo quindi lui stesso il carattere di Redentore e redimendosi attraverso questo processo di trasmutazione.

«L’uomo attribuisce a sè stesso il bisogno di essere redento, e trasferisce sulla figura divina autonoma l’opera di redenzione, il vero e proprio opus; nel secondo caso egli si assume il dovere di compiere l’opus liberatore, attribuendo lo stato di sofferenza, e dunque il bisogno di redenzione, all’anima mundi imprigionata nella materia»

Zosimo di Panopoli

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Ampiamente citata all’interno di Psicologia e Alchimia è la figura di Zosimo di Panopoli, un alchimista egizio di epoca romana (III-IV d. C.). Zosimo è l'autore dello scritto Dell’ arte e dell’ interpretazione, in cui egli raccontò il contenuto di una serie di sogni intervallati da brevi risvegli. Le visioni di Zosimo rispecchiano e rimandano a un tema preponderante per tutti gli alchimisti: le proiezioni inconsce sulla materia come canale comunicativo con l’inconscio. Infatti, la tesi principale di Zosimo è l’esistenza di una proiezione della sua filosofia gnostica sulla materia. Quindi, per asserire una tale correlazione, Zosimo deve aver ritrovato nella materia un collegamento con la sua psiche e la sua filosofia[32].

Jung osservò che gli antichi alchimisti non arrivarono mai ad una definizione concreta di lapis poiché avrebbero dovuto conoscere i contenuti inconsci proiettati su di esso. Nell'epilogo dell’opera[33], asserì che l'alchimia di epoca classica fu sostanzialmente un processo chimico a cui furono mescolati contenuti psichici per via del carattere sperimentale della scienza. Per quanto riguarda il materiale simbolico, il simbolismo alchimistico dimostrò come, per quanto ogni processo psichico sia singolare e individuale, esistono sempre degli elementi comuni e ricorrenti che egli ritrovò nelle sue letture alchemiche[34].

Sviluppi nella modernità

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Gli studi junghiani sull'alchimia vennero ripresi successivamente principalmente da due autori: Marie-Louise von Franz e Robert Grinell. La prima si concentrò principalmente sul simbolismo e ripercorse la strada del maestro nella ricerca di tracce di affinità tra il mondo alchemico e psicanalitico[35]; Grinnell, invece, utilizzò come base gli studi di Jung per poi concentrarsi sui processi psicoidi in chiave alchemica, ovvero quei processi che non avvengono né al livello dello spirito né al livello della materia, ma in uno stato di unione imprescindibile dei due[36].

  1. ^ Carl Gustav Jung, p.XIV, presentazione di Luigi Auriemma
  2. ^ a b Carl Gustav Jung, p.XI, presentazione di Luigi Auriemma
  3. ^ Carl GUstav Jung, p.33,tavola 1
  4. ^ Carl Gustav Jung, p.97,tavola 3
  5. ^ Carl Gustav Jung, p.305,tavola 10
  6. ^ a b Carl Gustav Jung, p.VII, presentazione di Luigi Auriemma
  7. ^ a b c Carl Gustav Jung, p.VII, presentazione di Luigi Auriemma
  8. ^ Carl Gustav Jung, p.XII, presentazione di Luigi Auriemma
  9. ^ Carl Gustav Jung, p.103
  10. ^ Carl Gustav Jung, p.103
  11. ^ Carl Gustav Jung, p.VIII, presentazione di Luigi Auriemma
  12. ^ Carl Gustav Jung, p.83
  13. ^ Carl Gustav Jung, p.86
  14. ^ Carl Gustav Jung, p.89
  15. ^ Carl Gustav Jung., Sogni, ricordi, riflessioni
  16. ^ Carl Gustav Jung, p.IX, presentazione di Luigi Auriemma
  17. ^ Carl Gustav Jung, p.36
  18. ^ Carl Gustav Jung, p.XII, presentazione di Luigi Auriemma
  19. ^ Carl Gustav Jung, p.XIV, presentazione di Luigi Auriemma
  20. ^ Carl Gustav Jung, p.47
  21. ^ Carl Gustav Jung, p.55, sogno numero 1
  22. ^ Carl Gustav Jung, p.59, sogno numero cinque
  23. ^ Carl Gustav Jung, p.93, sogno numero ventuno
  24. ^ Carl Gustav Jung, p.254
  25. ^ Carl Gustav Jung, p.257
  26. ^ Carl Gustav Jung, p.297
  27. ^ Carl Gustav Jung, p.325
  28. ^ {{Cita|Carl Gustav Jung|p.300|Jung}
  29. ^ Carl Gustav Jung, p.352
  30. ^ a b Carl Gustav Jung, p.312
  31. ^ Carl Gustav Jung, p.352
  32. ^ Carl Gustav Jung, p.307
  33. ^ Carl Gustav Jung, p.485
  34. ^ Carl Gustav Jung, p.491
  35. ^ https://www.academia.edu/4723649/MARIE-LOUISE_VON_FRANZ_Alchimia
  36. ^ http://www.rivistapsicologianalitica.it/v2/PDF/17-1977-Oggi_Jung/17-18_cap12.pdf

Voci correlate

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Carl Gustav Jung, "Psicologia e alchimia", Boringhieri, 1981.

Collegamenti esterni

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