Messa tridentina: differenze tra le versioni

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m nuova chiave d'ordine per Categoria:Riti e forme liturgiche: "tridentina" usando HotCat
Theodoxa (discussione | contributi)
Come da discussione
Etichetta: Annullato
Riga 2: Riga 2:
[[File:J D Schubert Abendmahl.jpg|thumb|Stampa (ca. 1800) raffigurante la comunione dei fedeli durante la messa, che allora si faceva raramente.<ref>{{fr}} Bernard Botte, O.S.B., [https://excerpts.numilog.com/books/9782402294874.pdf ''Le mouvement liturgique: Témoignage et souvenirs''], Desclée 1973, pp. 10–11</ref><ref>{{en}} Rita Ferrone, ''[https://books.google.com/books?id=1xjyGS5J4uQC&pg=PA3 Liturgy: Sacrosanctum Concilium]'', Paulist Press, 2007, p. 3</ref>]]
[[File:J D Schubert Abendmahl.jpg|thumb|Stampa (ca. 1800) raffigurante la comunione dei fedeli durante la messa, che allora si faceva raramente.<ref>{{fr}} Bernard Botte, O.S.B., [https://excerpts.numilog.com/books/9782402294874.pdf ''Le mouvement liturgique: Témoignage et souvenirs''], Desclée 1973, pp. 10–11</ref><ref>{{en}} Rita Ferrone, ''[https://books.google.com/books?id=1xjyGS5J4uQC&pg=PA3 Liturgy: Sacrosanctum Concilium]'', Paulist Press, 2007, p. 3</ref>]]
[[File:Pietro Antonio Novelli Sakramente Eucharistie.jpg|miniatura|L{{'}}''Eucaristia'', da una serie sui Sette Sacramenti (1779), di [[Pietro Antonio Novelli]] (1729–1804)]]
[[File:Pietro Antonio Novelli Sakramente Eucharistie.jpg|miniatura|L{{'}}''Eucaristia'', da una serie sui Sette Sacramenti (1779), di [[Pietro Antonio Novelli]] (1729–1804)]]
Nella [[Liturgia (religione)|liturgia]] [[Chiesa cattolica|cattolica]], la '''messa tridentina''' è quella forma della [[Eucaristia|celebrazione eucaristica]] del [[rito romano]] che segue il [[Messale Romano]] promulgato da [[papa Pio V]] a richiesta del [[Concilio di Trento]] con la [[bolla pontificia|bolla]] ''[[Quo primum tempore]]'' del 14 luglio [[1570]], che ne impose l'uso in quasi tutta la [[Chiesa latina]]; questa forma trasmette la liturgia che era già in uso a Roma. L'origine del rito romano è oscura: i più antichi manoscritti esistenti suggeriscono che intorno al 270 (parallelamente alla stessa occorrenza nell'Africa settentrionale) la liturgia del rito romano fu gradualmente tradotta dal greco al latino.<ref>Francis A. Brunner, "[https://www.encyclopedia.com/religion/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/roman-rite Roman Rite] in ''New Catholic Encyclopedia''</ref> L'antica forma liturgica fu mantenuta, con modifiche minori, anche nelle edizioni successive del Messale Romano fino a quella promulgata da [[papa Giovanni XXIII]] nel 1962, precedente alla revisione ordinata dal [[Concilio Vaticano II]].<ref>Tutte le edizioni del Messale dal 1570 al 1962, pur introducendo alcune modifiche, contenevano il testo della [[Bolla pontificia|bolla]] ''[[Quo primum tempore]]'' con la quale Pio V promulgò la prima edizione e recavano come titolo ''Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Concilii Tridentini restitutum'', mentre le edizioni successive al 1969 hanno per titolo ''Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum''.</ref><ref name="HDC">William J. Collinge, [https://books.google.it/books?id=GAo0EAAAQBAJ&pg=PA450&lpg=PA450&dq#v=onepage&q&f=false ''Historical Dictionary of Catholicism''], Rowman & Littlefield, 2021, p. 450</ref>
Nella [[Liturgia (religione)|liturgia]] [[Chiesa cattolica|cattolica]], la '''messa tridentina''' è quella forma della [[Eucaristia|celebrazione eucaristica]] del [[rito romano]] che segue il [[Messale Romano]] promulgato da [[papa Pio V]] a richiesta del [[Concilio di Trento]] con la [[bolla pontificia|bolla]] ''[[Quo primum tempore]]'' del 14 luglio [[1570]], che ne impose l'uso in quasi tutta la [[Chiesa latina]]; questo messale trasmette con le modifiche raccomandate dal Concilio di Trento la liturgia in uso a Roma immediatamente prima.<ref> [https://books.google.it/books?id=GlINAwAAQBAJ&pg=PA90&dq#v=onepage&q&f=false F. X. Haberl, ''Magister Choralis: A Theoretical and Practical Manual of Gregorian Chant''] (Pustet 1892), p. 90]</ref>


Tutte le edizioni del Messale dal 1570 al 1962, pur introducendo alcune modifiche, contenevano il testo della [[Bolla pontificia|bolla]] ''[[Quo primum tempore]]'' con la quale Pio V promulgò la prima edizione e recavano come titolo ''Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Concilii Tridentini restitutum'', mentre le edizioni successive al 1969 hanno per titolo ''Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum''.<ref name="HDC">William J. Collinge, [https://books.google.it/books?id=GAo0EAAAQBAJ&pg=PA450&lpg=PA450&dq#v=onepage&q&f=false ''Historical Dictionary of Catholicism''], Rowman & Littlefield, 2021, p. 450</ref>
Considerato ''forma extraordinaria'' del rito romano dal motu proprio ''[[Summorum Pontificum]]'' di [[papa Benedetto XVI]] del [[2007]], l{{'}}''usus antiquior'' del rito romano ha avuto una nuova diffusione fino al [[2021]], quando il motu proprio ''[[Traditionis custodes]]'' di [[papa Francesco]] ha reso l'uso del Messale del [[1962]] soggetto alla supervisione del vescovo diocesano e ha sancito che il Messale riformato dopo il Concilio Vaticano II è «l'unica espressione della lex orandi del Rito romano».

Il motu proprio ''[[Summorum Pontificum]]'' del [[2007]], con il quale [[papa Benedetto XVI]] liberalizzò l'uso l'uso del Messale del [[1962]], denominò la messa tridentina "forma straordinaria del rito romano", e tale ''usus antiquior'' ha avuto una nuova diffusione, passando, per esempio, ad avere in tutto 657 messe tridentine celebrate quotidianamente negli Stati Uniti, dove le chiese parrocchiali cattoliche erano 18.256.<ref>John L. Allen, "[https://cruxnow.com/news-analysis/2021/07/both-on-communion-and-latin-mass-weaponization-may-be-popes-target Both on communion and Latin Mass, 'weaponization' may be Pope's target]" in ''Crux'', 18 luglio 2021</ref> Un calo del numero seguì la pubblicazione nel [[2021]] del motu proprio ''[[Traditionis custodes]]'' di [[papa Francesco]], che ha reso tale uso soggetto di nuovo alla supervisione del vescovo diocesano e ha sancito che "i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici [[papa Paolo VI|Paolo VI]] e [[papa Giovanni Paolo II|Giovanni Paolo II]], in conformità ai decreti del [[Concilio Vaticano II]], sono l'unica espressione della ''lex orandi'' del Rito Romano".<ref>''[[Traditionis custodes]]'', articolo 1]</ref>


La Santa Sede permette ad alcuni istituti di adoperare all'interno delle proprie chiese e dei propri oratori il Messale, il [[Rituale Romanum|Rituale]], il [[Pontificale Romanum|Pontificale]] e il [[Breviarium Romanum|Breviario]] vigenti nel 1962, facoltà che possono usare in altre chiese solo con il consenso dell'Ordinario locale, eccetto nella celebrazione privata della messa.<ref>[https://www.fssp.org/en/decretum-2/ Decreto dell'11 febbraio 2022]</ref>
La Santa Sede permette ad alcuni istituti di adoperare all'interno delle proprie chiese e dei propri oratori il Messale, il [[Rituale Romanum|Rituale]], il [[Pontificale Romanum|Pontificale]] e il [[Breviarium Romanum|Breviario]] vigenti nel 1962, facoltà che possono usare in altre chiese solo con il consenso dell'Ordinario locale, eccetto nella celebrazione privata della messa.<ref>[https://www.fssp.org/en/decretum-2/ Decreto dell'11 febbraio 2022]</ref>


== Nomenclatura ==
== Nomenclatura ==

[[File:Santa Cecilia.jpg|thumb|Altare della [[basilica di Santa Cecilia in Trastevere]], una delle tante antiche chiese di Roma nelle quali il sacerdote celebrante all'altare nell'abside occidentale guardava verso oriente e allo stesso tempo verso il popolo]]
[[Papa Benedetto XVI]] dichiarò che le due forme del rito romano che si richiamano rispettivamente al Concilio Tridentino e al Concilio Vaticano II non sono riti distinti, ma due usi dell'unico rito, deprecando così le espressioni "rito antico" o "rito tradizionale" in relazione alla forma tridentina. La [[Pontificia commissione "Ecclesia Dei"]] nel parlare dell'[[#La messa tridentina del 1962|edizione 1962]] ha usato qualche volta l'espressione ''usus antiquior'' (l'uso più antico),<ref name="Istruzione">[https://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_commissions/ecclsdei/documents/rc_com_ecclsdei_doc_20110430_istr-universae-ecclesiae_it.html Pontificia Commissione ''Ecclesia Dei'', Istruzione sull’applicazione della Lettera Apostolica Motu Proprio data ''Summorum Pontificum'']</ref><ref>[https://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_commissions/ecclsdei/documents/rc_com_ecclsdei_doc_20110513_nota-universae-ecclesiae_en.html 13 maggio 2010]</ref><ref>[http://catholicheritage.blogspot.com/2010/02/from-pontifical-commission-ecclesia-dei.html 20 gennaio 2010]</ref> Anche la [[Congregazione per la dottrina della fede]] ha usato lo stesso termine.<ref>[https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20200222_decreto-quo-magis_it.html 22 febbraio 2020]</ref><ref>[https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20200222_decreto-cum-sanctissima_it.html 22 febbraio 2020]</ref> Alcuni, inglobando anche forme ancora più antiche (''antiquiores''), la chiamano la "messa romana classica" o "messa di san Pio V" o anche, ma inappropriatamente, "messa in [[lingua latina|latino]]": anche la liturgia rivista del [[1969]] può essere celebrata in tale lingua (le ''editiones typicae'', cioè quelle di riferimento, del Messale Romano rimangono in latino). Più raramente se ne parla come "''Vetus Ordo Missæ''" in contrapposizione al termine "''Novus Ordo Missæ''" con cui alcuni a volte indicano il rito romano riformato dopo il [[Concilio Vaticano II]]; propriamente parlando, però, l'''Ordo Missae'' non è la messa nella sua totalità, ma solo quella [[Ordinario (liturgia)|parte]] invariabile o quasi, che si chiama anche "Ordinario della messa").<ref>[https://books.google.it/books?id=1Dai7gkBUY4C&pg=PA3&lpg=PA3&dq=%22ordo+missae%22+%22ordinario+della+messa%22&source=bl&ots=DVS2S1GE1e&sig=HZ5PO4FqtSlBwSpTWeTApEDHr2M&hl=en&sa=X&ved=0CCcQ6AEwAjgKahUKEwiyqJjp99LHAhWDDCwKHQxFA8U#v=onepage&q=%22ordo%20missae%22%20%22ordinario%20della%20messa%22&f=false ''The Order of Mass in Nine Languages''], Liturgical Press, 2012 ISBN 9780814634561</ref><ref>{{Cita web |url=https://books.google.it/books?id=7fwYAQAAIAAJ&pg=PA567&lpg=PA567&dq=%22ordo+missae%22+%22ordinario+della+messa%22&source=bl&ots=tqCzFrD1yJ&sig=-XZLk40rpXgArWvkM6q7-OBtH5w&hl=en&sa=X&ved=0CB8Q6AEwADgKahUKEwiyqJjp99LHAhWDDCwKHQxFA8U#v=onepage&q=%22ordo%20missae%22%20%22ordinario%20della%20messa%22&f=false |autore= Jean Galot |titolo="Polemiche intorno al nuovo «Ordo Missae»" in ''Civiltà Cattolica'', anno 120 (1969), vol. 4, p. 567 |accesso=31 agosto 2015 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160128091650/https://books.google.it/books?id=7fwYAQAAIAAJ&pg=PA567&lpg=PA567&dq=%22ordo+missae%22+%22ordinario+della+messa%22&source=bl&ots=tqCzFrD1yJ&sig=-XZLk40rpXgArWvkM6q7-OBtH5w&hl=en&sa=X&ved=0CB8Q6AEwADgKahUKEwiyqJjp99LHAhWDDCwKHQxFA8U#v=onepage&q=%22ordo%20missae%22%20%22ordinario%20della%20messa%22&f=false |dataarchivio=28 gennaio 2016 |urlmorto=sì }}</ref>
[[Papa Benedetto XVI]] dichiarò che le due forme del rito romano che si richiamano rispettivamente al Concilio Tridentino e al Concilio Vaticano II non sono riti distinti, ma due usi dell'unico rito, deprecando così le espressioni "rito antico" o "rito tradizionale" in relazione alla forma tridentina. La [[Pontificia commissione "Ecclesia Dei"]] nel parlare dell'[[#La messa tridentina del 1962|edizione 1962]] ha usato qualche volta l'espressione ''usus antiquior'' (l'uso più antico),<ref name="Istruzione">[https://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_commissions/ecclsdei/documents/rc_com_ecclsdei_doc_20110430_istr-universae-ecclesiae_it.html Pontificia Commissione ''Ecclesia Dei'', Istruzione sull’applicazione della Lettera Apostolica Motu Proprio data ''Summorum Pontificum'']</ref><ref>[https://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_commissions/ecclsdei/documents/rc_com_ecclsdei_doc_20110513_nota-universae-ecclesiae_en.html 13 maggio 2010]</ref><ref>[http://catholicheritage.blogspot.com/2010/02/from-pontifical-commission-ecclesia-dei.html 20 gennaio 2010]</ref> Anche la [[Congregazione per la dottrina della fede]] ha usato lo stesso termine.<ref>[https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20200222_decreto-quo-magis_it.html 22 febbraio 2020]</ref><ref>[https://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20200222_decreto-cum-sanctissima_it.html 22 febbraio 2020]</ref> Alcuni, inglobando anche forme ancora più antiche (''antiquiores''), la chiamano la "messa romana classica" o "messa di san Pio V" o anche, ma inappropriatamente, "messa in [[lingua latina|latino]]": anche la liturgia rivista del [[1969]] può essere celebrata in tale lingua (le ''editiones typicae'', cioè quelle di riferimento, del Messale Romano rimangono in latino). Più raramente se ne parla come "''Vetus Ordo Missæ''" in contrapposizione al termine "''Novus Ordo Missæ''" con cui alcuni a volte indicano il rito romano riformato dopo il [[Concilio Vaticano II]]; propriamente parlando, però, l'''Ordo Missae'' non è la messa nella sua totalità, ma solo quella [[Ordinario (liturgia)|parte]] invariabile o quasi, che si chiama anche "Ordinario della messa").<ref>[https://books.google.it/books?id=1Dai7gkBUY4C&pg=PA3&lpg=PA3&dq=%22ordo+missae%22+%22ordinario+della+messa%22&source=bl&ots=DVS2S1GE1e&sig=HZ5PO4FqtSlBwSpTWeTApEDHr2M&hl=en&sa=X&ved=0CCcQ6AEwAjgKahUKEwiyqJjp99LHAhWDDCwKHQxFA8U#v=onepage&q=%22ordo%20missae%22%20%22ordinario%20della%20messa%22&f=false ''The Order of Mass in Nine Languages''], Liturgical Press, 2012 ISBN 9780814634561</ref><ref>{{Cita web |url=https://books.google.it/books?id=7fwYAQAAIAAJ&pg=PA567&lpg=PA567&dq=%22ordo+missae%22+%22ordinario+della+messa%22&source=bl&ots=tqCzFrD1yJ&sig=-XZLk40rpXgArWvkM6q7-OBtH5w&hl=en&sa=X&ved=0CB8Q6AEwADgKahUKEwiyqJjp99LHAhWDDCwKHQxFA8U#v=onepage&q=%22ordo%20missae%22%20%22ordinario%20della%20messa%22&f=false |autore= Jean Galot |titolo="Polemiche intorno al nuovo «Ordo Missae»" in ''Civiltà Cattolica'', anno 120 (1969), vol. 4, p. 567 |accesso=31 agosto 2015 |urlarchivio=https://web.archive.org/web/20160128091650/https://books.google.it/books?id=7fwYAQAAIAAJ&pg=PA567&lpg=PA567&dq=%22ordo+missae%22+%22ordinario+della+messa%22&source=bl&ots=tqCzFrD1yJ&sig=-XZLk40rpXgArWvkM6q7-OBtH5w&hl=en&sa=X&ved=0CB8Q6AEwADgKahUKEwiyqJjp99LHAhWDDCwKHQxFA8U#v=onepage&q=%22ordo%20missae%22%20%22ordinario%20della%20messa%22&f=false |dataarchivio=28 gennaio 2016 |urlmorto=sì }}</ref>


Riga 15: Riga 17:


== Storia ==
== Storia ==

=== Origini del rito romano ===
=== Origini del rito romano ===
Il Messale tridentino è stato lo «sbocco finale di una lunga evoluzione, che [...] si riannoda essenzialmente alla tradizione più antica della Chiesa romana».<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 154</ref>


L'origine del rito romano, che può essere fatta risalire al III secolo, è oscura: i più antichi manoscritti esistenti suggeriscono che intorno al 270 (parallelamente alla stessa occorrenza nell'Africa settentrionale) la liturgia del rito romano fu gradualmente tradotta dal greco al latino.<ref name="NCE">Francis A. Brunner, "[https://www.encyclopedia.com/religion/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/roman-rite Roman Rite] in ''New Catholic Encyclopedia''</ref> A questo secolo risale la ''[[Tradizione Apostolica]]'', un testo che presenta come apostolici tanti usi propri della liturgia romana e in realtà comuni anche ad [[rito antiocheno|Antiochia]] e ad [[rito alessandrino|Alessandria]].<ref name=Bux88>Nicola Bux, ''Come andare a Messa e non perdere la fede'', Piemme, 2010, p. 88</ref>
Le origini del rito romano possono essere fatte risalire al III secolo. A questo secolo risale la ''[[Traditio apostolica]]'', un testo che presenta come apostolici tanti usi propri della liturgia romana e in realtà comuni anche ad [[rito antiocheno|Antiochia]] e ad [[rito alessandrino|Alessandria]].<ref name=Bux88>Nicola Bux, ''Come andare a Messa e non perdere la fede'', Piemme, 2010, p. 88</ref> Almeno al IV secolo risale il [[canone romano]].<ref name=Bux88/> Fra il III e il V secolo a Roma furono inseriti nella liturgia nuovi elementi, che conferirono alla Messa un'impronta esteriore più decorativa e solenne.<ref name=R123>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 123</ref> [[Papa Damaso]] nella seconda metà del IV secolo favorisce il graduale passaggio dal greco al latino, non più traducendo, ma componendo nuove epigrafi, che formeranno raccolte di orazioni dette ''eucologie''.<ref name=Bux88/> In un lungo periodo di tempo che va dal III al IX secolo, furono introdotti formulari che differenziavano la Messa nei diversi giorni dell'anno, sia in relazione al tempo liturgico, con l'organizzazione della Quaresima e dell'Avvento compiuta nel V secolo, sia in relazione al culto liturgico dei martiri, che ha origine nel III secolo, con un numero di messe crescenti nei secoli successivi, ma anche con l'introduzione del ''Commune Sanctorum'' a partire dal VI-VII secolo, e la celebrazione di [[Messa votiva|messe votive]] a partire dal IV secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 99-106</ref>


=== Sviluppo dal II al VI secolo ===
I più antichi libri liturgici che si sono tramandati sono l{{'}}''Ordo romanus I'', redatto dopo il pontificato di [[papa Sergio I]] (687-701), ma che contiene parti di un ipotetico ''Ordo Missae'' del tempo di [[papa Gregorio I]] (590-604) successivamente rimaneggiate e il ''Capitulare ecclesiastici ordinis'', contemporaneo dell'Ordo romanus I, il cui autore sarebbe [[Giovanni arcicantore]], inviato in [[Inghilterra]] da [[papa Agatone]] nel 680.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 123-124</ref> Questi libri descrivono la [[Messa stazionale]] celebrata solennemente dal papa.<ref name=R123/> La [[Messa pontificale]] è essenzialmente l'antica Messa stazionale descritta nell{{'}}''Ordo Romanus I'', al di là di alcune specificità che riguardano strettamente la figura papale.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 108-109, 142</ref>

Abbiamo a disposizione due dati fissi e certi concernenti la celebrazione della liturgia eucaristica a Roma: la liturgia in [[lingua greca|greco]] descritta da san Giustino martire (morto ca. 165), che è quella della Chiesa di Roma nel II secolo, e, all'altro capo dello sviluppo, quella dei primi [[Sacramentario|sacramentari]] romani in [[lingua latina|latino]], intorno al VI secolo. La prima sarebbe oggi classificata come una liturgia di tipo orientale, la seconda era praticamente uguale a quella romana dell'inizio del XX secolo. Sono state proposte soluzioni e combinazioni di ogni tipo per spiegare come avvenne il trasmutamento, che è una delle difficoltà principali nella storia della liturgia.<ref name="CE">[[Adrian Fortescue]], "[https://www.newadvent.org/cathen/09790b.htm Liturgy of the Mass]" in ''[[Catholic Encyclopedia]]'' (New York, 1910)</ref>

Gran parte del notevole cambiamento tra il rito romano originario e la messa quale emerge nei primi sacramentari (sec. VI-VII) è dovuto, a giudizio di Fortescue alla tendenza romana ad accorciare. Le letture delle Scritture sono ridotte a due o raramente tre. È sparita l'antica preghiera dei fedeli.<ref name="CE"/><ref>Restaurata più recentemente per ordine del [[Concilio Vaticano II]] ([https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19631204_sacrosanctum-concilium_it.html ''Sacrosanctum Concilium'', 53]).</ref> Un retaggio di questa preghiera è rimasto nella messa tridentina, nella quale l{{'}}''Oremus'' detto dal sacerdote prima dell'Offertorio è un frammento di tale preghiera dei fedeli.<ref name="CE"/>

Il primo grande cambiamento che distingue il rito romano da tutti gli orientali è l'influsso dell'anno ecclesiastico. La messa romana è profondamente influenzata dal tempo o festa in cui viene recitata. La teoria che questo cambiamento fosse stato operato da [[papa Damaso]] (366-384), che consolidò il graduale passaggio dal greco al latino, non più traducendo, ma componendo nuove epigrafi, che formeranno raccolte di orazioni dette ''eucologie'',<ref name=Bux88/> è abbandonata: papa Vigilio (540-555) testimonia che nel VI secolo l'ordinario della messa era ancora poco influenzato dal calendario, influenza che deve essere sorta gradualmente.<ref name="CE"/>

In un lungo periodo di tempo che va dal III al IX secolo, furono introdotti formulari che differenziavano la Messa nei diversi giorni dell'anno, sia in relazione al tempo liturgico, con l'organizzazione della Quaresima e dell'Avvento compiuta nel V secolo, sia in relazione al culto liturgico dei martiri, che ha origine nel III secolo, con un numero di messe crescenti nei secoli successivi, ma anche con l'introduzione del ''Commune Sanctorum'' a partire dal VI-VII secolo, e la celebrazione di [[Messa votiva|messe votive]] a partire dal IV secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 99-106</ref>

Anche se elementi quali la riduzione del numero di letture e l'omissione della preghiera dei fedeli prima dell'Offertorio possono facilmente essere spiegate come conseguenza della caratteristica tendenza romana ad abbreviare il rito liturgico e tralasciare ciò che era diventato superfluo, resta la grande questione della disposizione del [[Canone della messa]].<ref name="CE"/> Almeno al IV secolo risale il [[canone romano]].<ref name=Bux88/> Fra il III e il V secolo a Roma furono inseriti nella liturgia nuovi elementi, che conferirono alla Messa un'impronta esteriore più decorativa e solenne.<ref name=R123>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 123</ref>

"A Roma la preghiera eucaristica è stata radicalmente modificata e riformulata in un periodo incerto tra il IV e il VI e il VII secolo, lo stesso tempo in cui sparivano le preghiere dei fedeli prima dell'Offertorio, il bacio della pace veniva trasferito dopo la Consacrazione e l'Epiclesi veniva omessa o mutilata nella preghiera eucaristica romana. ... Bisogna ammettere che tra gli anni 400 e 500 si ebbe una grande trasformazione nel Canone romano".<ref name="CE"/>

=== Rito romano nel Medioevo dal VII secolo in poi ===

I più antichi libri liturgici romani che si sono tramandati sono l{{'}}''Ordo romanus I'', redatto dopo il pontificato di [[papa Sergio I]] (687-701), ma che contiene parti di un ipotetico ''Ordo Missae'' del tempo di [[papa Gregorio I]] (590-604) successivamente rimaneggiate e il ''Capitulare ecclesiastici ordinis'', contemporaneo dell'Ordo romanus I, il cui autore sarebbe [[Giovanni arcicantore]], inviato in [[Inghilterra]] da [[papa Agatone]] nel 680.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 123-124</ref> Questi libri descrivono la [[Messa stazionale]] celebrata solennemente dal papa.<ref name=R123/> La [[Messa pontificale]] è essenzialmente l'antica Messa stazionale descritta nell{{'}}''Ordo Romanus I'', al di là di alcune specificità che riguardano strettamente la figura papale.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 108-109, 142</ref>

In questo periodo il rito romano adottò influssi orientali (come la preghiera ''[[Agnus Dei]]'' inserita da papa Sergio I nella messa romana)<ref>C. Kelly, "[https://www.encyclopedia.com/philosophy-and-religion/christianity/christianity-general/agnus-dei Agnus Dei]" in ''New Catholic Encyclopedia''</ref> e certe feste) e, intorno al 950, una forma [[Rito gallicano|gallicanizzata]].<ref name="NCE"/>


Dalla Messa del vescovo deriva la messa parrocchiale, la cui origine si deve alla diffusione della vita liturgica dalla città episcopale alle chiese rurali, a cui il vescovo inviava dei sacerdoti come suoi delegati. Più tardi furono istituite anche parrocchie urbane. Il popolo della parrocchia nel Medioevo era tenuto a partecipare alla Messa parrocchiale, finché [[papa Leone X]] nel 1517 con la costituzione ''Intelleximus'' stabilì che anche i fedeli che ascoltavano la Messa nelle chiese degli ordini mendicanti, che si erano notevolmente diffusi nei secoli precedenti, soddisfacevano al [[Precetti generali della Chiesa|precetto festivo]].<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 110-112</ref> La Messa celebrata da un presbitero poteva essere [[Messa cantata|cantata]], con la presenza di un [[diacono]] e di un lettore, a cui dopo l'[[XI secolo]] si aggiunge il [[suddiacono]]: da questo tempo in avanti la Messa cantata viene chiamata anche ''Missa solemnis''. La [[Canto gregoriano|parte musicale]] ebbe un grande sviluppo in epoca [[carolingi]]a.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 112-113</ref> Accanto alla messa cantata era celebrata pure la [[Messa letta]] o privata, in cui il celebrante recita tutte le parti che competono al diacono, al suddiacono e alla ''Schola cantorum'': sebbene questa prassi fosse già presente nei primi secoli, diviene comune nel VII secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 113-114, 145</ref> Dalla prassi della Messa letta viene l'uso, che è durato dal XII secolo fino al 1962, che il celebrante reciti privatamente le parti affidate ad altri anche nella Messa solenne, come l'[[introito]], il [[Kyrie eleison|Kyrie]], il [[Gloria in excelsis Deo|Gloria]], il [[Credo]], il [[Sanctus]], l'[[Agnus Dei]], l'[[Epistola]] e il [[Vangelo]].<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 115</ref>
Dalla Messa del vescovo deriva la messa parrocchiale, la cui origine si deve alla diffusione della vita liturgica dalla città episcopale alle chiese rurali, a cui il vescovo inviava dei sacerdoti come suoi delegati. Più tardi furono istituite anche parrocchie urbane. Il popolo della parrocchia nel Medioevo era tenuto a partecipare alla Messa parrocchiale, finché [[papa Leone X]] nel 1517 con la costituzione ''Intelleximus'' stabilì che anche i fedeli che ascoltavano la Messa nelle chiese degli ordini mendicanti, che si erano notevolmente diffusi nei secoli precedenti, soddisfacevano al [[Precetti generali della Chiesa|precetto festivo]].<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 110-112</ref> La Messa celebrata da un presbitero poteva essere [[Messa cantata|cantata]], con la presenza di un [[diacono]] e di un lettore, a cui dopo l'[[XI secolo]] si aggiunge il [[suddiacono]]: da questo tempo in avanti la Messa cantata viene chiamata anche ''Missa solemnis''. La [[Canto gregoriano|parte musicale]] ebbe un grande sviluppo in epoca [[carolingi]]a.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 112-113</ref> Accanto alla messa cantata era celebrata pure la [[Messa letta]] o privata, in cui il celebrante recita tutte le parti che competono al diacono, al suddiacono e alla ''Schola cantorum'': sebbene questa prassi fosse già presente nei primi secoli, diviene comune nel VII secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 113-114, 145</ref> Dalla prassi della Messa letta viene l'uso, che è durato dal XII secolo fino al 1962, che il celebrante reciti privatamente le parti affidate ad altri anche nella Messa solenne, come l'[[introito]], il [[Kyrie eleison|Kyrie]], il [[Gloria in excelsis Deo|Gloria]], il [[Credo]], il [[Sanctus]], l'[[Agnus Dei]], l'[[Epistola]] e il [[Vangelo]].<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 115</ref>


Lo sviluppo del rito romano nel Medioevo si concentra intorno a tre momenti: l'[[introito]], l'[[offertorio]] e la [[comunione]], attraverso l'aggiunta di nuove orazioni, che sono inserite dove terminano o incominciano le parti principali, rispettando l'integrità della Messa antica.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 144</ref> Queste orazioni sono l'espressione dei sentimenti personali del sacerdote, pertanto hanno un carattere privato, sono espresse al singolare e recitate a bassa voce, senza intervento dell'assemblea e per il loro contenuto sono collettivamente chiamate ''apologie''.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 144-145</ref> Le apologie si sviluppano a partire dall'VIII secolo fino alla prima metà del XII secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 147-152</ref> Sotto [[papa Innocenzo III]] (1198–1216) l'offertorio si faceva in silenzio, però le apologie sono inserite nel messale tridentino.<ref>E. J. Gratsch, "[https://www.encyclopedia.com/religion/encyclopedias-almanacs-transcripts-and-maps/apologies-liturgical Apologies, Liturgical]" in ''New Catholic Encyclopedia''</ref>
=== Rito romano nel Medioevo ===
Lo sviluppo del rito romano nel Medioevo si concentra intorno a tre momenti: l'[[introito]], l'[[offertorio]] e la [[comunione]], attraverso l'aggiunta di nuove orazioni, che sono inserite dove terminano o incominciano le parti principali, rispettando l'integrità della Messa antica.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 144</ref> Queste orazioni sono l'espressione dei sentimenti personali del sacerdote, pertanto hanno un carattere privato, sono espresse al singolare e recitate a bassa voce, senza intervento dell'assemblea e per il loro contenuto sono collettivamente chiamate ''apologie''.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 144-145</ref> Le apologie si sviluppano a partire dall'VIII secolo fino alla prima metà del XII secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 147-152</ref>


Le apologie dell'[[offertorio]], che contengono le dichiarazioni di offrire ''hanc immaculatam hostiam'' (ancora nient'altro che pane) e ''calicem salutaris'' (il cui contenuto è ancora vino) furono introdotte stabilmente nella Messa romana nel XIII secolo. Ancora sotto Innocenzo III, al principio del secolo, l'offertorio si svolgeva in silenzio. L'orazione ''Suscipe'' che contiene la frase ''hanc immaculatam hostiam'' è di origine gallicana e si trova per la prima volta nel libro di preghiere di [[Carlo il Calvo]] del IX secolo. Questa orazione e tutte le orazioni all'offertorio sono chiamate impropriamente ''Piccolo canone'', perché introducono i concetti che verranno espressi compiutamente nel canone eucaristico.<ref>Lucien Deiss, [https://books.google.it/books?id=lb6cD0uw0aIC&pg=PA50 ''The Mass''], Liturgical Press, 1992, p. 50</ref><ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 268-271</ref>
Nell'VIII e nel IX secolo si introdusse a Roma l'orientamento, per cui il sacerdote sta dalla stessa parte dell'altare dove sta anche il popolo.<ref>[https://books.google.it/books?id=fUqcAQAAQBAJ&pg=PA525e ''The Oxford Dictionary of the Christian Church''] a cura di Frank Leslie Cross e Elizabeth A. Livingstone, Oxford University Press, 2005, p. 525, s.v. "eastward position"</ref>


Nell'VIII e nel IX secolo si introdusse a Roma dall'[[Regno franco|Impero franco]] l'orientamento, per cui il sacerdote sta dalla stessa parte dell'altare dove sta anche il popolo. Fino allora il celebrante stava dall'altra parte dell'altare di fronte al popolo.<ref>[https://books.google.it/books?id=fUqcAQAAQBAJ&pg=PA525e ''The Oxford Dictionary of the Christian Church''] a cura di Frank Leslie Cross e Elizabeth A. Livingstone, Oxford University Press, 2005, p. 525, s.v. "eastward position"</ref>
Un importante momento per la liturgia romana si ebbe quando [[Carlo Magno]] richiese ad [[Alcuino]] di copiare i testi liturgici romani, per adottarli in tutto il [[Sacro Romano Impero]]. L'estensione della liturgia romana mista con elementi gallicani a buona parte del mondo latino fu favorita dai monaci dell'[[abbazia di Cluny]] nell'[[XI secolo]].<ref>Nicola Bux, ''Come andare a Messa e non perdere la fede'', Piemme, 2010, pp. 88-89</ref> e anche a Roma.<ref>Keith F. Pecklers, [https://books.google.it/books?id=FOEiFDGe00wC&pg=PA15 ''The Genius of the Roman Rite: On the Reception and Implementation of the New Missal''], Liturgical Press, 2009, p. 15</ref> Gli ''Ordines romani'' dal III al X, ma anche il XV e il XVII, presentano adattamenti delle liturgia eucaristica romana ad uso di cattedrali e chiese monastiche fuori Roma, integrandovi alcuni tradizioni [[Franchi|franche]] e [[germani]]che: la composizione del clero, l'orientamento delle chiese, la benedizione episcopale prima della comunione e certe vesti liturgiche. Nell{{'}}''Ordo Romanus V'' compaiono usanze franche: il canto della [[Sequenza (liturgia)|sequenza]]; del [[Credo]]; l'inserimento dell{{'}}''[[Orate fratres]].<ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 139</ref> I libri liturgici di origine romana subirono al di là delle Alpi adattamenti, rimaneggiamenti e completamenti. Infine da tali trasformazioni nacquero libri liturgici nuovi come il [[Sacramentario gelasiano]]. Infine nacque il ''Messale'', un libro unico per la celebrazione della Messa, che riuniva l'epistolario, l'evangeliario, l'antifonario e il sacramentario, presentando formulari di Messe completi.<ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 141</ref>

Un importante momento per la liturgia romana si ebbe quando [[Carlo Magno]] richiese ad [[Alcuino]] di copiare i testi liturgici romani, per adottarli in tutto il [[Sacro Romano Impero]]. L'estensione della liturgia romana mista con elementi gallicani a buona parte del mondo latino fu favorita dai monaci dell'[[abbazia di Cluny]] nell'[[XI secolo]].<ref>Nicola Bux, ''Come andare a Messa e non perdere la fede'', Piemme, 2010, pp. 88-89</ref> e anche a Roma.<ref>Keith F. Pecklers, [https://books.google.it/books?id=FOEiFDGe00wC&pg=PA15 ''The Genius of the Roman Rite: On the Reception and Implementation of the New Missal''], Liturgical Press, 2009, p. 15</ref> Gli ''Ordines romani'' dal III al X, ma anche il XV e il XVII, presentano adattamenti delle liturgia eucaristica romana ad uso di cattedrali e chiese monastiche fuori Roma, integrandovi alcuni tradizioni [[Franchi|franche]] e [[germani]]che: la composizione del clero, l'orientamento delle chiese, la benedizione episcopale prima della comunione e certe vesti liturgiche. Nell{{'}}''Ordo Romanus V'' compaiono usanze franche: il canto della [[Sequenza (liturgia)|sequenza]]; del [[Credo]]; l'inserimento dell{{'}}''[[Orate fratres]]''.<ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 139</ref> I libri liturgici di origine romana subirono al di là delle Alpi adattamenti, rimaneggiamenti e completamenti. Infine da tali trasformazioni nacquero libri liturgici nuovi come il [[Sacramentario gelasiano]]. Infine nacque il ''Messale'', un libro unico per la celebrazione della Messa, che riuniva l'epistolario, l'evangeliario, l'antifonario e il sacramentario, presentando formulari di Messe completi.<ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 141</ref>
Le preghiere ai piedi dell'altare furono introdotte nel X secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 158</ref>
Le preghiere ai piedi dell'altare furono introdotte nel X secolo.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 158</ref>


Nell'XI secolo si introduce anche a Roma l'uso di cantare il ''[[Credo]]'', già diffuso in molti luoghi anche in Italia.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 238-240</ref>
Nell'XI secolo si introduce anche a Roma l'uso di cantare il ''[[Credo]]'', già diffuso in molti luoghi anche in Italia.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 238-240</ref>

Le apologie dell'[[offertorio]], che contengono le dichiarazioni di offrire ''hanc immaculatam hostiam'' (ancora nient'altro che pane) e ''calicem salutaris'' (il cui contenuto è ancora vino) furono introdotte stabilmente nella Messa romana nel XIII secolo. Ancora sotto Innocenzo III, al principio del secolo, l'offertorio si svolgeva in silenzio. L'orazione ''Suscipe'' che contiene la frase ''hanc immaculatam hostiam'' è di origine gallicana e si trova per la prima volta nel libo di preghiere di [[Carlo il Calvo]] del IX secolo. Questa orazione e tutte le orazioni all'offertorio sono chiamate impropriamente ''Piccolo canone'', perché introducono i concetti che verranno espressi compiutamente nel canone eucaristico.<ref>Lucien Deiss, [https://books.google.it/books?id=lb6cD0uw0aIC&pg=PA50 ''The Mass''], Liturgical Press, 1992, p. 50</ref><ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 268-271</ref>


Nell'alto medioevo si eseguiva la frazione del pane al canto dell{{'}}''[[Agnus Dei]]''<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 404</ref> L{{'}}''Agnus Dei'' era stato introdotto da [[papa Sergio I]] nel VII secolo per accompagnare il rito della frazione del pane, che era complesso: vescovi, preti e diaconi si affaccendavano a dividere il pane consacrato in bocconi e a inserirlo in sacchetti di lino tenuti aperti dagli accoliti.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 404-411</ref><ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 136</ref>. Subito dopo si faceva la comunione e si metteva nel calice (azione chiamata "''commixtio''") un frammento del pane spezzato. Nella messa tridentina è invece durante l'[[Embolismo (liturgia)|embolismo]] che il sacerdote spezza l'ostia; poi con il frammento in mano fa il segno della croce tre volte sul calice dicendo "''Pax Domini sit semper vobiscum''"; poi esegue la ''commixtio'' e dice tre volte ''Agnus Dei'' battendosi ogni volta il petto.
Nell'alto medioevo si eseguiva la frazione del pane al canto dell{{'}}''[[Agnus Dei]]''<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 404</ref> L{{'}}''Agnus Dei'' era stato introdotto da [[papa Sergio I]] nel VII secolo per accompagnare il rito della frazione del pane, che era complesso: vescovi, preti e diaconi si affaccendavano a dividere il pane consacrato in bocconi e a inserirlo in sacchetti di lino tenuti aperti dagli accoliti.<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 404-411</ref><ref>Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in ''Scientia liturgica'', vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 136</ref>. Subito dopo si faceva la comunione e si metteva nel calice (azione chiamata "''commixtio''") un frammento del pane spezzato. Nella messa tridentina è invece durante l'[[Embolismo (liturgia)|embolismo]] che il sacerdote spezza l'ostia; poi con il frammento in mano fa il segno della croce tre volte sul calice dicendo "''Pax Domini sit semper vobiscum''"; poi esegue la ''commixtio'' e dice tre volte ''Agnus Dei'' battendosi ogni volta il petto.
Riga 52: Riga 71:
Nel primo capoverso di questa [[Bolla pontificia|bolla]], il papa dichiarò che "sommamente conviene che uno solo sia il rito per celebrare la Messa". Conseguentemente ordinò che in tutte le chiese locali, fatte salve le liturgie che avessero più di duecento anni, la messa "non potrà essere cantata o recitata in altro modo da quello prescritto dall'ordinamento del Messale da [lui] pubblicato".<ref>[http://www.unavox.it/doc15.htm ''Quo primum tempore'', IV]</ref> Questo decreto papale fu generalmente accettato senza difficoltà: erano poche le diocesi (e gli istituti religiosi) che potevano dedicare le necessarie risorse alla conservazione delle proprie tradizioni liturgiche, come le potenti sedi di [[Arcidiocesi di Braga|Braga]], [[Arcidiocesi di Toledo|Toledo]], [[Arcidiocesi di Milano|Milano]], [[Arcidiocesi di Lione|Lione]], [[Arcidiocesi di Colonia|Colonia]], [[Diocesi di Treviri|Treviri]].<ref name="Geldhof"/>
Nel primo capoverso di questa [[Bolla pontificia|bolla]], il papa dichiarò che "sommamente conviene che uno solo sia il rito per celebrare la Messa". Conseguentemente ordinò che in tutte le chiese locali, fatte salve le liturgie che avessero più di duecento anni, la messa "non potrà essere cantata o recitata in altro modo da quello prescritto dall'ordinamento del Messale da [lui] pubblicato".<ref>[http://www.unavox.it/doc15.htm ''Quo primum tempore'', IV]</ref> Questo decreto papale fu generalmente accettato senza difficoltà: erano poche le diocesi (e gli istituti religiosi) che potevano dedicare le necessarie risorse alla conservazione delle proprie tradizioni liturgiche, come le potenti sedi di [[Arcidiocesi di Braga|Braga]], [[Arcidiocesi di Toledo|Toledo]], [[Arcidiocesi di Milano|Milano]], [[Arcidiocesi di Lione|Lione]], [[Arcidiocesi di Colonia|Colonia]], [[Diocesi di Treviri|Treviri]].<ref name="Geldhof"/>


Il Messale tridentino è stato lo «sbocco finale di una lunga evoluzione, che [...] si riannoda essenzialmente alla tradizione più antica della Chiesa romana».<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 154</ref>
Nella stessa bolla Pio V dichiarò che i periti da lui incaricati avevano "infine restituito il Messale stesso nella sua antica forma secondo la norma e il rito dei santi Padri".<ref>[http://www.unavox.it/doc15.htm ''Quo primum tempore'', II]</ref> Dichiarò anche di avere "riveduto e corretto" le edizioni precedenti del Messale romano.<ref>[http://www.unavox.it/doc15.htm ''Quo primum tempore'', III]</ref> Si riconosce generalmente che il testo del messale di Pio V si basi essenzialmente su quello pubblicato quasi esattamente cento anni prima nel ''Missale Romano'' stampato a Milano nel 1474, 24 anni dopo l'invenzione della stampa,<ref>Łukasz Celiński, [https://www.academia.edu/31464425 "Per una rilettura della storia della formazione e dello sviluppo del Messale Romano. Il caso del Messale di Clemente V."] in ''Ecclesia Orans'', 33 (2016), pp. 383-404 (p. 15 dell'estratto)</ref><ref>Manlio Sodi, "Il ''Missale Romanum'' tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in ''Celebrare con il Messale di San Pio V'', Padova, Messaggero, 2008, pp. 57-64</ref> e che già contiene diverse testi, quali le preghiere ai piedi dell'altare, incorporati anche nel Messale Romano del 1570.<ref>{{en}} Michael Davies, ''[https://books.google.com/books?id=UDIqCgAAQBAJ&pg=PT18 A Short History of the Roman Mass]'', TAN Books, 1997, p. 18.</ref> Secondo il giudizio di [[Aimé-Pierre Frutaz]] non fu quindi un nuovo Messale, ma piuttosto un ritocco e un aggiornamento del Messale già in vigore.<ref>Aimé-Pierre Frutaz, "Messale" in ''Enciclopedia Cattolica'', vol. VIII, p. 836 cit. da Manlio Sodi, "Il ''Missale Romanum'' tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in ''Celebrare con il Messale di San Pio V'', Padova, Messaggero, 2008, p. 64</ref> Altra fonte utilizzata nel Messale 1570 nel comporre il ''Ritus servandus in celebratione Missarum'' (in edizioni più recenti chiamato ''Ritus servandus in celebratione Missae'') fu l{{'}}''Ordo Missae secundum ritum sanctae romanae ecclesiae'' di [[Johannes Burckardt]] (1498 e edizioni posteriori).<ref>{{de}} ''[https://books.google.com/books?id=OC3Cwdi9Zk8C&pg=PA209 Deutsche Biographische Enzyklopädie der Theologie und der Kirchen (DBETh)]'', Walter de Gruyter, 2011, p. 209.</ref><ref name="Geldhof">Joris Geldhof, [https://www.researchgate.net/publication/296236557_Did_the_Council_of_Trent_produce_a_liturgical_reform_The_case_of_the_Roman_Missal "Did the Council of Trent produce a liturgical reform? The case of the Roman Missal"] in QL 93 (2012), pp. 171-195</ref><ref>Manlio Sodi, "Il ''Missale Romanum'' tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in ''Celebrare con il Messale di San Pio V'', Padova, Messaggero, 2008, p. 64</ref>

=== Modifiche del Messale del 1570 ===

Nella bolla di promulgazione Pio V dichiarò che i periti da lui incaricati avevano "infine restituito il Messale stesso nella sua antica forma secondo la norma e il rito dei santi Padri".<ref>[http://www.unavox.it/doc15.htm ''Quo primum tempore'', II]</ref> Dichiarò anche di avere "riveduto e corretto" le edizioni precedenti del Messale romano.<ref>[http://www.unavox.it/doc15.htm ''Quo primum tempore'', III]</ref>

Si riconosce generalmente che il testo dell'[[Ordinario della messa]] nel Messale del 1570 si basi "sostanzialmente" su quello pubblicato quasi esattamente cento anni prima nel ''Missale Romano'' stampato a Milano nel 1474, 24 anni dopo l'invenzione della stampa,<ref>Łukasz Celiński, [https://www.academia.edu/31464425 "Per una rilettura della storia della formazione e dello sviluppo del Messale Romano. Il caso del Messale di Clemente V."] in ''Ecclesia Orans'', 33 (2016), pp. 383-404 (p. 15 dell'estratto)</ref><ref>Manlio Sodi, "Il ''Missale Romanum'' tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in ''Celebrare con il Messale di San Pio V'', Padova, Messaggero, 2008, pp. 57-64</ref> e che già contiene diversi testi, quali le preghiere ai piedi dell'altare, incorporati anche nel Messale Romano del 1570.<ref>{{en}} Michael Davies, ''[https://books.google.com/books?id=UDIqCgAAQBAJ&pg=PT18 A Short History of the Roman Mass]'', TAN Books, 1997, p. 18.</ref> Secondo il giudizio di [[Aimé-Pierre Frutaz]], i risultati della Commissione incaricata di attuare una revisione dei libri liturgici che si imponeva ed era postulata dalla situazione ecclesiale furono che essa «non creò un nuovo Messale ma ritoccò e aggiornò il Messale della Curia, più volte stampato dopo il 1474. In genere le parti essenziali del Messale di s. Pio V differiscono poco da quelle dell'ed. del 1474, anzi talvolta ci sono le identiche varianti nei testi scritturali».<ref>Aimé-Pierre Frutaz, "Messale" in ''Enciclopedia Cattolica'', vol. VIII, p. 836, cit. da Manlio Sodi, ''Missale Romanum. Editio Princeps (1570)'' (Libreria Editrice Vaticana, 1998), p. XVIII, e "Il ''Missale Romanum'' tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in ''Celebrare con il Messale di San Pio V'', Padova, Messaggero, 2008, p. 64</ref>


Un esempio delle revisioni e correzioni operate nel 1570 riguarda la frase ''Fiat commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi accipientibus nobis in vitam aeternam'', fino allora detta dal sacerdote nella messa romana almeno dalla fine del VII secolo.<ref>[[Jean Mabillon]], [https://books.google.it/books?id=B7lFAQAAMAAJ&printsec=frontcover&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false ''Museum italicum, seu Collectio veterum scriptorum ex bibliothecis italicis''], Parigi, 1689, vol. 2, p. 14</ref> Questa formula fu oggetto di vivaci obiezioni teologiche al Concilio di Trento perché, sebbene fosse sempre stata intesa nel senso corretto, poteva suggerire l'ambiguità che la transustanziazione (''consecratio'') non fosse avvenuta prima della commistione, per cui nel Messale tridentino fu cambiata in ''Haec commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi fiat accipientibus nobis in vitam aeternam.<ref>[[Josef Andreas Jungmann]], [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/314/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Solemnia)''], Benziger, 1951, pp. 315–316.</ref>
Un esempio delle revisioni e correzioni operate nel 1570 riguarda la frase ''Fiat commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi accipientibus nobis in vitam aeternam'', fino allora detta dal sacerdote nella messa romana almeno dalla fine del VII secolo.<ref>[[Jean Mabillon]], [https://books.google.it/books?id=B7lFAQAAMAAJ&printsec=frontcover&source=gbs_ge_summary_r&cad=0#v=onepage&q&f=false ''Museum italicum, seu Collectio veterum scriptorum ex bibliothecis italicis''], Parigi, 1689, vol. 2, p. 14</ref> Questa formula fu oggetto di vivaci obiezioni teologiche al Concilio di Trento perché, sebbene fosse sempre stata intesa nel senso corretto, poteva suggerire l'ambiguità che la transustanziazione (''consecratio'') non fosse avvenuta prima della commistione, per cui nel Messale tridentino fu cambiata in ''Haec commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi fiat accipientibus nobis in vitam aeternam.<ref>[[Josef Andreas Jungmann]], [https://archive.org/details/JungmannMassOfTheRomanRite/page/314/mode/2up ''The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Solemnia)''], Benziger, 1951, pp. 315–316.</ref>



Con il Messale del 1570 furono introdotti la giaculatoria ''Per evangelica dicta'' che il sacerdote dice dopo il Vangelo e l'[[Ultimo Vangelo]]<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 214, 446</ref>. La domanda del sacerdote ''Orate fratres ... apud Deum Patrem omnipotentem'' del Messale tridentino appare in quello del 1474 in una forma leggermente differente: ''Orate pro me fratres ... apud Deum omnipotentem''; e la risposta ''Suscipiat Dominus...'' può essere pronunciata dallo stesso sacerdote nel Messale tridentino, a differenza del Messale del 1474. Il testo della benedizione finale nel Messale del 1570 è ''Benedicat vos omnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Sanctus'', discostandosi dalla benedizione contenuta nel Messale del 1474, che è ''In unitate Sancti Spiritus, benedicat vos Pater et Filius'', ma la formula è simile a quella del Messale francescano del XIII secolo: ''Benedicat et custodiat nos omnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Sanctus''.<ref>Alcuin Reid, ''[https://books.google.it/books?id=msiBCgAAQBAJ&pg=PA115&dq#v=onepage&q&f=false T&T Clark Companion to Liturgy]'', Bloomsbury, 2015, p. 115</ref><ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 444-445</ref>
La domanda del sacerdote ''Orate fratres ... apud Deum Patrem omnipotentem'' del Messale tridentino appare in quello del 1474 in una forma leggermente differente: ''Orate pro me fratres ... apud Deum omnipotentem''; e la risposta ''Suscipiat Dominus ...'' può essere pronunciata dallo stesso sacerdote nel Messale tridentino, ma non nel Messale del 1474.

Con il Messale del 1570 furono introdotti la giaculatoria ''Per evangelica dicta'' che il sacerdote dice dopo il Vangelo e l'[[Ultimo Vangelo]],<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 214, 446</ref> Tale giaculatoria è menzionata nel Messale del 1570 solo como detta dal sacerdote al baciare il testo del Vangelo presentatogli dal suddiacono dopo la proclamazione da parte del diacono.<ref>''Editio princeps'', p. 236; Manlio Sodi e Achille Maria Triacca, ''Missale Romanum. Editio Princeps (1570)'' (Libreria Editrice Vaticana, 1998), p. 296/</ref><ref>[https://books.google.it/books?id=GAgi8iMs6-0C&printsec=frontcover&dq=missale+romanum&hl=en&sa#v=onepage&q=missale%20romanum&f=false ''Missale Romanum'' (Venezia 1974), p. 233]</ref> Solo a partire dall'edizione rivista di [[papa Clemente VIII]] il Messale tridentino afferma inoltre che il sacerdote la dice dopo aver letto egli stesso il Vangelo nella messa senza diacono.<ref>[https://books.google.it/books?id=aaPpAuHRY9IC&printsec=frontcover&dq=missale+romanum&hl=en&sa=X&ved=2ahUKEwiF5ajyh932AhUFi1wKHYqhCbIQ6AF6BAgLEAI#v=onepage&q=missale%20romanum&f=false ''Missale Romanum'' (Tipografia Vaticana, 1604). p. 218]</ref>

La domanda del sacerdote ''Orate fratres ... apud Deum Patrem omnipotentem'' del Messale tridentino appare in quello del 1474 in una forma leggermente differente: ''Orate pro me fratres ... apud Deum omnipotentem''; e la risposta ''Suscipiat Dominus...'' può essere pronunciata dallo stesso sacerdote nel Messale tridentino, a differenza del Messale del 1474.

Il testo della benedizione finale della messa fu cambiato da ''In unitate Sancti Spiritus, benedicat vos Pater et Filius'' (che è simile a quella contenuta in un Messale francescano del precedente XIII secolo: ''Benedicat et custodiat nos omnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Sanctus'')<ref>Mario Righetti, ''Storia liturgica'', vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 444-445</ref> fu cambiato in ''Benedicat vos omnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Sanctus'',<ref>Alcuin Reid, ''[https://books.google.it/books?id=msiBCgAAQBAJ&pg=PA115&dq#v=onepage&q&f=false T&T Clark Companion to Liturgy]'' (Bloomsbury, 2015), p. 115]</ref>

Erano novità in relazione al Messale 1474 le sezioni ''Ritus servandus in celebratione Missarum'' (in edizioni più recenti chiamato ''Ritus servandus in celebratione Missae'') basato sull{{'}}''Ordo Missae secundum ritum sanctae romanae ecclesiae'' di [[Johannes Burckardt]] (1498 e edizioni posteriori),<ref>{{de}} ''[https://books.google.com/books?id=OC3Cwdi9Zk8C&pg=PA209 Deutsche Biographische Enzyklopädie der Theologie und der Kirchen (DBETh)]'', Walter de Gruyter, 2011, p. 209.</ref><ref name="Geldhof">Joris Geldhof, [https://www.researchgate.net/publication/296236557_Did_the_Council_of_Trent_produce_a_liturgical_reform_The_case_of_the_Roman_Missal "Did the Council of Trent produce a liturgical reform? The case of the Roman Missal"] in QL 93 (2012), pp. 171-195</ref><ref>Manlio Sodi, "Il ''Missale Romanum'' tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in ''Celebrare con il Messale di San Pio V'', Padova, Messaggero, 2008, p. 64</ref> ''Rubricae generales Missalis'', e ''De defectibus Missae''.

Pio V nel 1568 sottopose l'esistente calendario liturgico romano ad una revisione più radicale che le abituali aggiunte di nuove feste. Infatti, dall'anno 800 fino a tale revisione, al calendario sono state aggiunte 290 nuove feste, ma Pio V ridusse il numero totale a 133.<ref>Giles Dimock, "[https://www.catholicculture.org/culture/library/view.cfm?recnum=6611 Revisiting the Baroque]" in ''Catholic Culture''</ref> Fra l'altro, rimosse dal titolo della festa dell'[[Immacolata Concezione|Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria]] l'aggettivo "Immacolata", ne abolì la messa propria (il cui Introito e Colletta sarebbero stati restaurati da [[papa Pio IX]]) e ordinò di usare al suo posto la messa della [[Natività della Beata Vergine Maria]], mettendo, quando usata l'8 dicembre, la parola "Concezione" (senza "Immacolata") invece di "Natività".


=== Modifiche successive ===
=== Modifiche successive ===
Riga 222: Riga 258:
Nessuna edizione del Messale tridentino mette l'altare in relazione con il [[tabernacolo]]. L'iniziativa di conservare il Santissimo Sacramento sopra un altare è attribuita a [[Gian Matteo Giberti]], vescovo di [[Diocesi di Verona|Verona]] dal 1524 al 1543.<ref>David N. Bell, ''[https://books.google.it/books?id=j0RvDwAAQBAJ&pg=PA74 Everyday Life at La Trappe under Armand-Jean de Rancé]'' (Liturgical Press, 2018), p. 74</ref> L'usanza si diffuse e fu promossa anche da san [[Carlo Borromeo]], arcivescovo di [[arcidiocesi di Milano|Milano]].<ref>Uwe Michael Lang,[https://www.sacredarchitecture.org/articles/tamquam_cor_in_pectore_the_eucharistic_tabernacle_before_and_after_the_coun "Tamquam Cor in Pectore: The Eucharistic Tabernacle Before and After the Council of Trent" in ''Sacred Architecture'', vol. 16 (primavera 2009)]</ref>
Nessuna edizione del Messale tridentino mette l'altare in relazione con il [[tabernacolo]]. L'iniziativa di conservare il Santissimo Sacramento sopra un altare è attribuita a [[Gian Matteo Giberti]], vescovo di [[Diocesi di Verona|Verona]] dal 1524 al 1543.<ref>David N. Bell, ''[https://books.google.it/books?id=j0RvDwAAQBAJ&pg=PA74 Everyday Life at La Trappe under Armand-Jean de Rancé]'' (Liturgical Press, 2018), p. 74</ref> L'usanza si diffuse e fu promossa anche da san [[Carlo Borromeo]], arcivescovo di [[arcidiocesi di Milano|Milano]].<ref>Uwe Michael Lang,[https://www.sacredarchitecture.org/articles/tamquam_cor_in_pectore_the_eucharistic_tabernacle_before_and_after_the_coun "Tamquam Cor in Pectore: The Eucharistic Tabernacle Before and After the Council of Trent" in ''Sacred Architecture'', vol. 16 (primavera 2009)]</ref>
[[File:Iglesia de El Sagrario, Quito, Ecuador, 2015-07-22, DD 103.JPG|thumb|Altare maggiore della chiesa di "El Sagrario", [[Quito]], [[Ecuador]]]]
[[File:Iglesia de El Sagrario, Quito, Ecuador, 2015-07-22, DD 103.JPG|thumb|Altare maggiore della chiesa di "El Sagrario", [[Quito]], [[Ecuador]]]]
L'[[architettura barocca]] fece del tabernacolo il centro dell'altare maggiore, fulcro visivo dell'intero edificio. Dal XVII secolo in poi anche gli altari laterali venivano a volte costruiti con un tabernacolo che in genere non veniva utilizzato.<ref>Paul F. Bradshaw, ''[https://books.google.it/books?idC=K2WmDwAAQBAJ&pg=PA405&lpg=#v=onepage&q&f=false New SCM Dictionary of Liturgy and Worship]'', SCM Press, 2013, pp. 404–406</ref>
L'[[architettura barocca]] fece del tabernacolo il centro di un [[retablo]] posto sopra l'altare maggiore, fulcro visivo dell'intero edificio. Dal XVII secolo in poi anche gli altari laterali venivano a volte costruiti con un tabernacolo che in genere non veniva mai utilizzato.<ref>Paul F. Bradshaw, ''[https://books.google.it/books?idC=K2WmDwAAQBAJ&pg=PA405&lpg=#v=onepage&q&f=false New SCM Dictionary of Liturgy and Worship]'', SCM Press, 2013, pp. 404–406</ref>


Nella legislazione canonica di [[papa Pio XII]], il tabernacolo non solo poteva, ma doveva essere sull'altare. Gli altari monolitici, che nel diritto canonico erano detti altari fissi, erano rari. Generalmente si usava un altare "mobile" o "portatile" di dimensioni contenute (grande abbastanza da contenere l'ostia e la maggior parte del calice).<ref>[http://www.intratext.com/IXT/LAT0813/_P3U.HTM Codice di diritto canonico del 1917, canone 1198 §3]</ref> Nelle chiese si inseriva tale "pietra sacra" nella mensa di ciò che comunemente si chiamava l'altare.<ref>''[https://books.google.it/books?id=Fi9OAQAAMAAJ&pg=PA215 Enciclopedia ecclesiastica]'', Venezia, 1864, p. 215</ref> Il decreto ''Sanctissimam Eucharistiam'' del 1º giugno 1957 ordinò che il tabernacolo fosse posto nel mezzo dell'altare (normalmente l'altare maggiore) e unito saldamente all'altare, in modo da non potere essere spostato. Dichiarò pure che, nelle chiese in cui non c'era che un solo altare, tale altare non poteva essere costruito per la celebrazione verso il popolo. Erano strettamente proibiti i tabernacoli fuori da un altare, per esempio nella parete, al lato dell'altare, dietro l'altare, in un'edicola o su una colonna separata dall'altare.<ref>[https://www.vatican.va/archive/aas/documents/AAS-49-1957-ocr.pdf Decreto ''Sanctissimam Eucharistiam''], AAS 49 (1957), pp. 425–426</ref>
Nella legislazione canonica di [[papa Pio XII]], il tabernacolo non solo poteva, ma doveva essere sull'altare. Gli altari allora detti fissi, composti da una monolitica mensa superiore con gli stipiti consacrati unitamente con essa<ref>[http://www.intratext.com/IXT/LAT0813/_P3U.HTM Codice di diritto canonico 1917, canone 1197 § 1]</ref> (ma non di aggiunte quali un tabernacolo, una [[pala d'altare]] o un retablo posto sull'altare), erano rari. Generalmente si usava un altare "mobile" o "portatile" di dimensioni contenute (grande abbastanza da contenere l'ostia e la maggior parte del calice).<ref>[http://www.intratext.com/IXT/LAT0813/_P3U.HTM Codice di diritto canonico del 1917, canone 1198 §3]</ref> Nelle chiese si inseriva tale "pietra sacra" nella mensa di ciò che comunemente si chiamava l'altare.<ref>''[https://books.google.it/books?id=Fi9OAQAAMAAJ&pg=PA215 Enciclopedia ecclesiastica]'', Venezia, 1864, p. 215</ref> Il decreto ''Sanctissimam Eucharistiam'' del 1º giugno 1957 ordinò che il tabernacolo fosse posto nel mezzo dell'altare (normalmente l'altare maggiore) e unito saldamente all'altare, in modo da non potere essere spostato. Dichiarò pure che, nelle chiese in cui non c'era che un solo altare, tale altare non poteva essere costruito per la celebrazione verso il popolo. Erano strettamente proibiti i tabernacoli fuori da un altare, per esempio nella parete, al lato dell'altare, dietro l'altare, in un'edicola o su una colonna separata dall'altare.<ref>[https://www.vatican.va/archive/aas/documents/AAS-49-1957-ocr.pdf Decreto ''Sanctissimam Eucharistiam''], AAS 49 (1957), pp. 425–426</ref>


== Orientamento del sacerdote ==
== Orientamento della chiesa e del sacerdote celebrante ==
[[File:Santa Cecilia.jpg|thumb|Altare della [[basilica di Santa Cecilia in Trastevere]], una delle tante antiche chiese di Roma nelle quali il sacerdote celebrante all'altare nell'abside occidentale guardava verso oriente e allo stesso tempo verso il popolo]]
L'uso per cui nell'Oriente l'altare delle chiese cristiane è messo nell'estremità est dell'edificio non è mai prevalso a Roma. I cristiani romani, appena liberi nel [[IV secolo]] dalle persecuzioni, costruirono collocando il santuario verso l'estremità occidentale dell'edificio a imitazione del santuario del Tempio di Gerusalemme, nel quale il sommo sacerdote, rivolto a est durante il sacrificio dello Yom Kippur, lo offriva stando nel santuario all'estremità occidentale.<ref>Helen Dietz, "[https://www.sacredarchitecture.org/articles/the_eschatological_dimension_of_church_architecture/ The Eschatological Dimension of Church Architecture : The Biblical Roots of Church Orientation]" in volume 10 del ''Sacred Architecture Journal dell'Institute for Sacred Architecture.</ref> Più tardi, delle 37 chiese romane menzionate individualmente nel Messale tridentina,<ref>Il Messale tridentino indica per 89 giorni dell'anno la chiesa romana assegnata per la celebrazione della [[messa stazionale]] del giorno: 37 chiese, di cui due sono state demolite. Alcune sono assegnate a parecchi giorni: per esempio, San Pietro in Vaticano 13 volte, Santa Maria Maggiore 12 volte, San Giovanni in Laterano 7 volte, San Paolo fuori le mura e San Lorenzo fuori le mura 4 volte, Sant'Anastasia e Santa Croce in Gerusalemme 3 volte.</ref> la maggioranza assoluta hanno l'abside ad ovest, solo 7 ad oriente.<ref>Delle 37 chiese nominate nel Messale tridentino, 19 hanno l'abside ad occidente e l'ingresso ad oriente: [[Basilica di Santa Maria Maggiore|Santa Maria Maggiore]], [[Basilica di San Pietro in Vaticano|San Pietro in Vaticano]], [[Basilica di Santa Maria in Trastevere|Santa Maria in Trastevere]], [[Basilica dei Santi Giovanni e Paolo|Santi Giovanni e Paolo]], [[Basilica di San Giovanni in Laterano|San Giovanni in Laterano]], [[Basilica di Santa Maria in Domnica|Santa Maria in Domnica]], [[Basilica di San Clemente al Laterano|San Clemente]], [[Basilica di Santa Balbina all'Aventino|Santa Balbina]], [[Basilica di Santa Cecilia in Trastevere|Santa Cecilia]], [[Basilica di San Vitale (Roma)|San Vitale]], [[Chiesa dei Santi Marcellino e Pietro al Laterano|San ti Marcellino e Pietro]], [[Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio|San Marco]], [[Basilica di Santa Pudenziana|Santa Pudenziana]], [[Basilica di San Sisto Vecchio|San Sisto]], [[Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano|Santa Susanna]], [[Basilica dei Santi Quattro Coronati|Santi Quattro Coronati]], [[Basilica di San Lorenzo in Damaso|San Lorenzo in Damaso]], [[Basilica dei Santi Silvestro e Martino ai Monti|Santi Silvestro e Martino ai Monti]], [[Basilica di San Pancrazio|San Pancrazio]].


7 hanno l'abside ad oriente: [[Basilica di Santa Croce in Gerusalemme|Santa Croce in Gerusalemme]], [[Basilica dei Santi XII Apostoli|Santi XII Apostoli]], [[Basilica di Sant'Anastasia al Palatino|Sant'Anastasia]], [[Basilica di San Paolo fuori le mura|San Paolo fuori le mura]] (originalmente con l'abside ad occidente), [[Basilica di San Lorenzo fuori le mura|San Lorenzo fuori le mura]], [[Basilica di San Pietro in Vincoli|San Pietro in Vincoli]], [[Chiesa di Santa Prisca|Santa Prisca]].
La stragrande maggioranza degli altari maggiori delle chiese costruite prima della riforma liturgica degli ultimi decenni del XX secolo era (prima dell'applicazione di tale riforma) rivolta verso l'[[abside]] o "''ad orientem''": l'altare era addossato al muro o in prossimità di esso.<ref>Se si prendono ad esempio le 35 chiese [[Messa stazionale|stazionali]] rimanenti, 19 hanno l'abside ad occidente e l'ingresso ad oriente: [[Basilica di Santa Maria Maggiore|Santa Maria Maggiore]], [[Basilica di San Pietro in Vaticano|San Pietro in Vaticano]], [[Basilica di Santa Maria in Trastevere|Santa Maria in Trastevere]], [[Basilica dei Santi Giovanni e Paolo|Santi Giovanni e Paolo]], [[Basilica di San Giovanni in Laterano|San Giovanni in Laterano]], [[Basilica di Santa Maria in Domnica|Santa Maria in Domnica]], [[Basilica di San Clemente al Laterano|San Clemente]], [[Basilica di Santa Balbina all'Aventino|Santa Balbina]], [[Basilica di Santa Cecilia in Trastevere|Santa Cecilia]], [[Basilica di San Vitale (Roma)|San Vitale]], [[Chiesa dei Santi Marcellino e Pietro al Laterano|San ti Marcellino e Pietro]], [[Basilica di San Marco Evangelista al Campidoglio|San Marco]], [[Basilica di Santa Pudenziana|Santa Pudenziana]], [[Basilica di San Sisto Vecchio|San Sisto]], [[Chiesa di Santa Susanna alle Terme di Diocleziano|Santa Susanna]], [[Basilica dei Santi Quattro Coronati|Santi Quattro Coronati]], [[Basilica di San Lorenzo in Damaso|San Lorenzo in Damaso]], [[Basilica dei Santi Silvestro e Martino ai Monti|Santi Silvestro e Martino ai Monti]], [[Basilica di San Pancrazio|San Pancrazio]]. 7 hanno l'abside ad oriente: [[Basilica di Santa Croce in Gerusalemme|Santa Croce in Gerusalemme]], [[Basilica dei Santi XII Apostoli|Santi XII Apostoli]], [[Basilica di Sant'Anastasia al Palatino|Sant'Anastasia]], [[Basilica di San Paolo fuori le mura|San Paolo fuori le mura]] (originalmente con l'abside ad occidente), [[Basilica di San Lorenzo fuori le mura|San Lorenzo fuori le mura]], [[Basilica di San Pietro in Vincoli|San Pietro in Vincoli]], [[Chiesa di Santa Prisca|Santa Prisca]]. 6 hanno l'abside a nord: [[Basilica di Santa Sabina|Santa Sabina]], [[Chiesa di San Giorgio in Velabro|San Giorgio in Velabro]], [[Chiesa di San Lorenzo in Panisperna|San Lorenzo in Panisperna]], [[Basilica dei Santi Cosma e Damiano|Santi Cosma e Damiano]], [[Chiesa di Sant'Eusebio (Roma)|Sant'Eusebio]], [[Basilica di Santa Prassede|Santa Prassede]]. Una sola ha l'abside a sud: [[Basilica di San Lorenzo in Lucina|San Lorenzo in Lucina]].</ref> Lo scopo del rivolgere la preghiera verso l'oriente era quello di essere sempre rivolti a Cristo, di cui la luce solare era vista come simbolo, soprattutto nei primi secoli del cristianesimo<ref>{{fr}} Mons. Klaus Gamber, ''Tournés vers le Seigneur!'', Le Barroux, Editions Sainte-Madeleine, pp. 19-55, di cui è presente un estratto tradotto in italiano: [http://www.unavox.it/ArtDiversi/div017.htm Mons. Klaus Gamber, L'altare rivolto verso il popolo]</ref>.


6 hanno l'abside al nord: [[Basilica di Santa Sabina|Santa Sabina]], [[Chiesa di San Giorgio in Velabro|San Giorgio in Velabro]], [[Chiesa di San Lorenzo in Panisperna|San Lorenzo in Panisperna]], [[Basilica dei Santi Cosma e Damiano|Santi Cosma e Damiano]], [[Chiesa di Sant'Eusebio (Roma)|Sant'Eusebio]], [[Basilica di Santa Prassede|Santa Prassede]].
Il Messale tridentino non prescrive al sacerdote celebrante alcun orientamento particolare nei riguardi dei fedeli assistenti, ma suppone generalmente che l'altare maggiore sia addossato al muro dell'[[abside]] o in prossimità di esso: l'illustrazione dell{{'}}''Ordo incensationis altaris quod commode circuire potest'' appare in aggiunta all'immagine ''Ordo incensationis altaris iuxtra rubricas Missalis Romani'' per la prima volta solo nell'edizione 1962.<ref>Fra le pagine XXXVI e XXXVII dell'edizione 1962.</ref> Ma prevede pure l'altro orientamento: "Se l'altare è ad oriente, verso il popolo, il celebrante rivolto al popolo, non gira le spalle all'altare, quando dice ''Dominus vobiscum'', ''Orate frates'', ''Ite missa est'' , o quando dà la benedizione; ma baciato l'altare in mezzo, lì, allargando e congiungendo le mani, come sopra, saluta il popolo e dà la benedizione".<ref>[https://www.messainlatinovicenza.it/wp-content/uploads/2017/01/RITUS-SERVANDUS-IN-CELEBRATIONE-MISSAE-1a-parte.pdf Ritus servandus in celebratione Missae. Missale Romanum, Typis Polyglottis Vaticanis, 1961 (in italiano)], V, 3</ref>

Una ha l'abside al sud: [[Basilica di San Lorenzo in Lucina|San Lorenzo in Lucina]].

Due sono rotonde: [[Basilica di Santo Stefano Rotondo al Celio|Santo Stefano]], [[Pantheon (Roma)|Santa Maria ad Martyres]].

Due sono state demolite: [[Chiesa di San Trifone in Posterula|San Trifone]] e San Ciriaco.</ref>

Il Messale tridentino non prescrive al sacerdote celebrante alcun orientamento particolare nei riguardi dei fedeli assistenti, ma suppone generalmente che l'altare maggiore sia addossato al muro dell'[[abside]] o in prossimità di esso: l'illustrazione dell{{'}}''Ordo incensationis altaris quod commode circuire potest'' appare in aggiunta all'immagine ''Ordo incensationis altaris iuxtra rubricas Missalis Romani'' per la prima volta solo nell'edizione 1962.<ref>Fra le pagine XXXVI e XXXVII dell'edizione 1962</ref> Ma prevede pure l'altro orientamento: "Se l'altare è ad oriente, verso il popolo, il celebrante rivolto al popolo, non gira le spalle all'altare, quando dice ''Dominus vobiscum'', ''Orate frates'', ''Ite missa est'', o quando dà la benedizione; ma baciato l'altare in mezzo, lì, allargando e congiungendo le mani, come sopra, saluta il popolo e dà la benedizione".<ref>[https://www.messainlatinovicenza.it/wp-content/uploads/2017/01/RITUS-SERVANDUS-IN-CELEBRATIONE-MISSAE-1a-parte.pdf Ritus servandus in celebratione Missae. Missale Romanum, Typis Polyglottis Vaticanis, 1961 (in italiano)], V, 3</ref>


Il sacerdote che celebra su un altare verso l'abside rimane rivolto verso l'altare per quasi tutta la messa e si volge invece al popolo solo in particolari circostanze:<ref name="Ritus servandus, V, 3">''Ritus servandus'', V, 3</ref>
Il sacerdote che celebra su un altare verso l'abside rimane rivolto verso l'altare per quasi tutta la messa e si volge invece al popolo solo in particolari circostanze:<ref name="Ritus servandus, V, 3">''Ritus servandus'', V, 3</ref>
[[File:IteMissaEst.jpg|thumb|Celebrante e diacono voltati all<nowiki>'</nowiki>''Ite missa est'' di una messa solenne celebrata ad un altare verso l'abside.<ref name="Ritus servandus, V, 3">''Ritus servandus'', V, 3</ref>]]
* per pronunciare, quando prevista, l'[[omelia]] (sempre nella lingua del popolo);
* per salutare i ministri e il popolo, dicendo ''Dominus vobiscum'', prima della colletta;<ref name="RSV1">''Ritus servandus'', V, 1</ref>
* per salutare i ministri e il popolo, dicendo ''Dominus vobiscum'', prima della colletta;<ref name="RSV1">''Ritus servandus'', V, 1</ref>
* per pronunciare, quando prevista, l'[[omelia]];
* per salutare i ministri e il popolo, dicendo ''Dominus vobiscum'' prima dell'offertorio;<ref>''Ritus servandus'', VII, 1</ref>
* per salutare i ministri e il popolo, dicendo ''Dominus vobiscum'' prima dell'offertorio;<ref>''Ritus servandus'', VII, 1</ref>
* per invitare a pregare, dicendo ''Orate, fratres...''<ref>''Ritus servandus'', VII, 7</ref>
* per invitare a pregare, dicendo ''Orate, fratres...''<ref>''Ritus servandus'', VII, 7</ref>
Riga 241: Riga 288:
* per dare il congedo "''Ite, missa est"'';<ref name="RSXI1"/>
* per dare il congedo "''Ite, missa est"'';<ref name="RSXI1"/>
* per impartire la benedizione;<ref>''Ritus servandus'', XII, 1</ref>
* per impartire la benedizione;<ref>''Ritus servandus'', XII, 1</ref>

Quando volge le spalle all'altare per dire ''Dominus vobiscum'', deve farlo tenendo lo sguardo diretto a terra.<ref name="RSV1"/>
Quando volge le spalle all'altare per dire ''Dominus vobiscum'', deve farlo tenendo lo sguardo diretto a terra.<ref name="RSV1"/>


Se invece l'altare è ad oriente, verso il popolo, il sacerdote non volge mai le spalle all'altare durante la messa.<ref name="Ritus servandus, V, 3"/>
Se invece l'altare è ad oriente, verso il popolo, il sacerdote non volge mai le spalle all'altare durante la messa.<ref name="Ritus servandus, V, 3"/>

La celebrazione ''versus absidem'', così come il mantenimento di un altare ''versus orientem'', non appartengono soltanto all{{'}}''usus antiquior'' del rito romano, ma sono ammessi anche nella forma rivista, come specificato dalla [[Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti|Congregazione per il culto divino]], che chiarisce che sebbene la collocazione dell'altare ''versus populum'' «sia qualcosa di desiderato dalla attuale legislazione liturgica», non sia una norma assoluta. In particolare aggiungere all'altare presente un secondo altare nel medesimo presbiterio, viola il «principio dell'unicità dell'altare», che è «teologicamente più importante che la prassi di celebrare rivolti al popolo».<ref>''Responsum Congregationis die 25 septembris 2000'', Prot. No. 2036/00/L in [http://notitiae.ipsissima-verba.org/pdf/communicationes-2000-171-173.pdf ''Communicationes'' del Pontificium Consilium de Legum Textibus, n. 2 (dicembre 2000), pp. 171–173]</ref><ref>''Notitiae'', vol. 29 (1993), n. 5 (maggio), p. 249</ref>


== Differenze con la messa introdotta nel 1969 ==
== Differenze con la messa introdotta nel 1969 ==
Riga 325: Riga 371:
[[Categoria:Cattolici tradizionalisti]]
[[Categoria:Cattolici tradizionalisti]]
[[Categoria:Controriforma]]
[[Categoria:Controriforma]]
[[Categoria:Riti e forme liturgiche|tridentina]]

Versione delle 22:56, 24 mar 2022

Altare nella chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini (Roma) già parzialmente allestito per la celebrazione della messa tridentina, come indicano le carteglorie. Non è obbligatorio che, per la messa tridentina, l'altare sia addossato alla parete né che sacerdote e fedeli siano rivolti versus absidem.[1]
Stampa (ca. 1800) raffigurante la comunione dei fedeli durante la messa, che allora si faceva raramente.[2][3]
L'Eucaristia, da una serie sui Sette Sacramenti (1779), di Pietro Antonio Novelli (1729–1804)

Nella liturgia cattolica, la messa tridentina è quella forma della celebrazione eucaristica del rito romano che segue il Messale Romano promulgato da papa Pio V a richiesta del Concilio di Trento con la bolla Quo primum tempore del 14 luglio 1570, che ne impose l'uso in quasi tutta la Chiesa latina; questo messale trasmette con le modifiche raccomandate dal Concilio di Trento la liturgia in uso a Roma immediatamente prima.[4]

Tutte le edizioni del Messale dal 1570 al 1962, pur introducendo alcune modifiche, contenevano il testo della bolla Quo primum tempore con la quale Pio V promulgò la prima edizione e recavano come titolo Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Concilii Tridentini restitutum, mentre le edizioni successive al 1969 hanno per titolo Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II instauratum.[5]

Il motu proprio Summorum Pontificum del 2007, con il quale papa Benedetto XVI liberalizzò l'uso l'uso del Messale del 1962, denominò la messa tridentina "forma straordinaria del rito romano", e tale usus antiquior ha avuto una nuova diffusione, passando, per esempio, ad avere in tutto 657 messe tridentine celebrate quotidianamente negli Stati Uniti, dove le chiese parrocchiali cattoliche erano 18.256.[6] Un calo del numero seguì la pubblicazione nel 2021 del motu proprio Traditionis custodes di papa Francesco, che ha reso tale uso soggetto di nuovo alla supervisione del vescovo diocesano e ha sancito che "i libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono l'unica espressione della lex orandi del Rito Romano".[7]

La Santa Sede permette ad alcuni istituti di adoperare all'interno delle proprie chiese e dei propri oratori il Messale, il Rituale, il Pontificale e il Breviario vigenti nel 1962, facoltà che possono usare in altre chiese solo con il consenso dell'Ordinario locale, eccetto nella celebrazione privata della messa.[8]

Nomenclatura

Papa Benedetto XVI dichiarò che le due forme del rito romano che si richiamano rispettivamente al Concilio Tridentino e al Concilio Vaticano II non sono riti distinti, ma due usi dell'unico rito, deprecando così le espressioni "rito antico" o "rito tradizionale" in relazione alla forma tridentina. La Pontificia commissione "Ecclesia Dei" nel parlare dell'edizione 1962 ha usato qualche volta l'espressione usus antiquior (l'uso più antico),[9][10][11] Anche la Congregazione per la dottrina della fede ha usato lo stesso termine.[12][13] Alcuni, inglobando anche forme ancora più antiche (antiquiores), la chiamano la "messa romana classica" o "messa di san Pio V" o anche, ma inappropriatamente, "messa in latino": anche la liturgia rivista del 1969 può essere celebrata in tale lingua (le editiones typicae, cioè quelle di riferimento, del Messale Romano rimangono in latino). Più raramente se ne parla come "Vetus Ordo Missæ" in contrapposizione al termine "Novus Ordo Missæ" con cui alcuni a volte indicano il rito romano riformato dopo il Concilio Vaticano II; propriamente parlando, però, l'Ordo Missae non è la messa nella sua totalità, ma solo quella parte invariabile o quasi, che si chiama anche "Ordinario della messa").[14][15]

Alcuni usano l'espressione "messa gregoriana" per indicare che la forma tridentina risale nelle linee essenziali alla liturgia di papa Gregorio I (e oltre). Questa espressione però si presta a essere confusa con le "messe gregoriane" o "ciclo gregoriano", la pia pratica della celebrazione ininterrotta di trenta messe per trenta giorni consecutivi in suffragio dell'anima dello stesso defunto.[16]

Storia

Origini del rito romano

L'origine del rito romano, che può essere fatta risalire al III secolo, è oscura: i più antichi manoscritti esistenti suggeriscono che intorno al 270 (parallelamente alla stessa occorrenza nell'Africa settentrionale) la liturgia del rito romano fu gradualmente tradotta dal greco al latino.[17] A questo secolo risale la Tradizione Apostolica, un testo che presenta come apostolici tanti usi propri della liturgia romana e in realtà comuni anche ad Antiochia e ad Alessandria.[18]

Sviluppo dal II al VI secolo

Abbiamo a disposizione due dati fissi e certi concernenti la celebrazione della liturgia eucaristica a Roma: la liturgia in greco descritta da san Giustino martire (morto ca. 165), che è quella della Chiesa di Roma nel II secolo, e, all'altro capo dello sviluppo, quella dei primi sacramentari romani in latino, intorno al VI secolo. La prima sarebbe oggi classificata come una liturgia di tipo orientale, la seconda era praticamente uguale a quella romana dell'inizio del XX secolo. Sono state proposte soluzioni e combinazioni di ogni tipo per spiegare come avvenne il trasmutamento, che è una delle difficoltà principali nella storia della liturgia.[19]

Gran parte del notevole cambiamento tra il rito romano originario e la messa quale emerge nei primi sacramentari (sec. VI-VII) è dovuto, a giudizio di Fortescue alla tendenza romana ad accorciare. Le letture delle Scritture sono ridotte a due o raramente tre. È sparita l'antica preghiera dei fedeli.[19][20] Un retaggio di questa preghiera è rimasto nella messa tridentina, nella quale l'Oremus detto dal sacerdote prima dell'Offertorio è un frammento di tale preghiera dei fedeli.[19]

Il primo grande cambiamento che distingue il rito romano da tutti gli orientali è l'influsso dell'anno ecclesiastico. La messa romana è profondamente influenzata dal tempo o festa in cui viene recitata. La teoria che questo cambiamento fosse stato operato da papa Damaso (366-384), che consolidò il graduale passaggio dal greco al latino, non più traducendo, ma componendo nuove epigrafi, che formeranno raccolte di orazioni dette eucologie,[18] è abbandonata: papa Vigilio (540-555) testimonia che nel VI secolo l'ordinario della messa era ancora poco influenzato dal calendario, influenza che deve essere sorta gradualmente.[19]

In un lungo periodo di tempo che va dal III al IX secolo, furono introdotti formulari che differenziavano la Messa nei diversi giorni dell'anno, sia in relazione al tempo liturgico, con l'organizzazione della Quaresima e dell'Avvento compiuta nel V secolo, sia in relazione al culto liturgico dei martiri, che ha origine nel III secolo, con un numero di messe crescenti nei secoli successivi, ma anche con l'introduzione del Commune Sanctorum a partire dal VI-VII secolo, e la celebrazione di messe votive a partire dal IV secolo.[21]

Anche se elementi quali la riduzione del numero di letture e l'omissione della preghiera dei fedeli prima dell'Offertorio possono facilmente essere spiegate come conseguenza della caratteristica tendenza romana ad abbreviare il rito liturgico e tralasciare ciò che era diventato superfluo, resta la grande questione della disposizione del Canone della messa.[19] Almeno al IV secolo risale il canone romano.[18] Fra il III e il V secolo a Roma furono inseriti nella liturgia nuovi elementi, che conferirono alla Messa un'impronta esteriore più decorativa e solenne.[22]

"A Roma la preghiera eucaristica è stata radicalmente modificata e riformulata in un periodo incerto tra il IV e il VI e il VII secolo, lo stesso tempo in cui sparivano le preghiere dei fedeli prima dell'Offertorio, il bacio della pace veniva trasferito dopo la Consacrazione e l'Epiclesi veniva omessa o mutilata nella preghiera eucaristica romana. ... Bisogna ammettere che tra gli anni 400 e 500 si ebbe una grande trasformazione nel Canone romano".[19]

Rito romano nel Medioevo dal VII secolo in poi

I più antichi libri liturgici romani che si sono tramandati sono l'Ordo romanus I, redatto dopo il pontificato di papa Sergio I (687-701), ma che contiene parti di un ipotetico Ordo Missae del tempo di papa Gregorio I (590-604) successivamente rimaneggiate e il Capitulare ecclesiastici ordinis, contemporaneo dell'Ordo romanus I, il cui autore sarebbe Giovanni arcicantore, inviato in Inghilterra da papa Agatone nel 680.[23] Questi libri descrivono la Messa stazionale celebrata solennemente dal papa.[22] La Messa pontificale è essenzialmente l'antica Messa stazionale descritta nell'Ordo Romanus I, al di là di alcune specificità che riguardano strettamente la figura papale.[24]

In questo periodo il rito romano adottò influssi orientali (come la preghiera Agnus Dei inserita da papa Sergio I nella messa romana)[25] e certe feste) e, intorno al 950, una forma gallicanizzata.[17]

Dalla Messa del vescovo deriva la messa parrocchiale, la cui origine si deve alla diffusione della vita liturgica dalla città episcopale alle chiese rurali, a cui il vescovo inviava dei sacerdoti come suoi delegati. Più tardi furono istituite anche parrocchie urbane. Il popolo della parrocchia nel Medioevo era tenuto a partecipare alla Messa parrocchiale, finché papa Leone X nel 1517 con la costituzione Intelleximus stabilì che anche i fedeli che ascoltavano la Messa nelle chiese degli ordini mendicanti, che si erano notevolmente diffusi nei secoli precedenti, soddisfacevano al precetto festivo.[26] La Messa celebrata da un presbitero poteva essere cantata, con la presenza di un diacono e di un lettore, a cui dopo l'XI secolo si aggiunge il suddiacono: da questo tempo in avanti la Messa cantata viene chiamata anche Missa solemnis. La parte musicale ebbe un grande sviluppo in epoca carolingia.[27] Accanto alla messa cantata era celebrata pure la Messa letta o privata, in cui il celebrante recita tutte le parti che competono al diacono, al suddiacono e alla Schola cantorum: sebbene questa prassi fosse già presente nei primi secoli, diviene comune nel VII secolo.[28] Dalla prassi della Messa letta viene l'uso, che è durato dal XII secolo fino al 1962, che il celebrante reciti privatamente le parti affidate ad altri anche nella Messa solenne, come l'introito, il Kyrie, il Gloria, il Credo, il Sanctus, l'Agnus Dei, l'Epistola e il Vangelo.[29]

Lo sviluppo del rito romano nel Medioevo si concentra intorno a tre momenti: l'introito, l'offertorio e la comunione, attraverso l'aggiunta di nuove orazioni, che sono inserite dove terminano o incominciano le parti principali, rispettando l'integrità della Messa antica.[30] Queste orazioni sono l'espressione dei sentimenti personali del sacerdote, pertanto hanno un carattere privato, sono espresse al singolare e recitate a bassa voce, senza intervento dell'assemblea e per il loro contenuto sono collettivamente chiamate apologie.[31] Le apologie si sviluppano a partire dall'VIII secolo fino alla prima metà del XII secolo.[32] Sotto papa Innocenzo III (1198–1216) l'offertorio si faceva in silenzio, però le apologie sono inserite nel messale tridentino.[33]

Le apologie dell'offertorio, che contengono le dichiarazioni di offrire hanc immaculatam hostiam (ancora nient'altro che pane) e calicem salutaris (il cui contenuto è ancora vino) furono introdotte stabilmente nella Messa romana nel XIII secolo. Ancora sotto Innocenzo III, al principio del secolo, l'offertorio si svolgeva in silenzio. L'orazione Suscipe che contiene la frase hanc immaculatam hostiam è di origine gallicana e si trova per la prima volta nel libro di preghiere di Carlo il Calvo del IX secolo. Questa orazione e tutte le orazioni all'offertorio sono chiamate impropriamente Piccolo canone, perché introducono i concetti che verranno espressi compiutamente nel canone eucaristico.[34][35]

Nell'VIII e nel IX secolo si introdusse a Roma dall'Impero franco l'orientamento, per cui il sacerdote sta dalla stessa parte dell'altare dove sta anche il popolo. Fino allora il celebrante stava dall'altra parte dell'altare di fronte al popolo.[36]

Un importante momento per la liturgia romana si ebbe quando Carlo Magno richiese ad Alcuino di copiare i testi liturgici romani, per adottarli in tutto il Sacro Romano Impero. L'estensione della liturgia romana mista con elementi gallicani a buona parte del mondo latino fu favorita dai monaci dell'abbazia di Cluny nell'XI secolo.[37] e anche a Roma.[38] Gli Ordines romani dal III al X, ma anche il XV e il XVII, presentano adattamenti delle liturgia eucaristica romana ad uso di cattedrali e chiese monastiche fuori Roma, integrandovi alcuni tradizioni franche e germaniche: la composizione del clero, l'orientamento delle chiese, la benedizione episcopale prima della comunione e certe vesti liturgiche. Nell'Ordo Romanus V compaiono usanze franche: il canto della sequenza; del Credo; l'inserimento dell'Orate fratres.[39] I libri liturgici di origine romana subirono al di là delle Alpi adattamenti, rimaneggiamenti e completamenti. Infine da tali trasformazioni nacquero libri liturgici nuovi come il Sacramentario gelasiano. Infine nacque il Messale, un libro unico per la celebrazione della Messa, che riuniva l'epistolario, l'evangeliario, l'antifonario e il sacramentario, presentando formulari di Messe completi.[40]

Le preghiere ai piedi dell'altare furono introdotte nel X secolo.[41]

Nell'XI secolo si introduce anche a Roma l'uso di cantare il Credo, già diffuso in molti luoghi anche in Italia.[42]

Nell'alto medioevo si eseguiva la frazione del pane al canto dell'Agnus Dei[43] L'Agnus Dei era stato introdotto da papa Sergio I nel VII secolo per accompagnare il rito della frazione del pane, che era complesso: vescovi, preti e diaconi si affaccendavano a dividere il pane consacrato in bocconi e a inserirlo in sacchetti di lino tenuti aperti dagli accoliti.[44][45]. Subito dopo si faceva la comunione e si metteva nel calice (azione chiamata "commixtio") un frammento del pane spezzato. Nella messa tridentina è invece durante l'embolismo che il sacerdote spezza l'ostia; poi con il frammento in mano fa il segno della croce tre volte sul calice dicendo "Pax Domini sit semper vobiscum"; poi esegue la commixtio e dice tre volte Agnus Dei battendosi ogni volta il petto.

Ancora all'inizio del XIII secolo a Roma all'Orate fratres non seguiva una risposta da parte dei fedeli, secondo quanto ancora si osserva nella Messa dei presantificati. Il Suscipiat fu introdotto con il Messale francescano nel corso del XIII secolo, ma la prima formula della risposta si trova già nel sacramentario d'Amiens del IX secolo.[46]

L'Ordo Missae originariamente elaborato per l'uso della Corte pontificia divenne la prassi ufficiale della Chiesa e finì per prevalere su tutti gli altri soprattutto per l'opera dei francescani, che vollero attenersi non al rito delle Chiese locali, ma, ovunque fossero, al rito della Chiesa romana, secondo quanto stabilito dal ministro generale Aimone di Faversham nel capitolo tenuto a Bologna nel 1243. Anche se l'uso francescano differiva in pochi punti dalla Messa romana, fu importante per l'omologazione delle liturgie locali alla liturgia romana.[47]

Il primo Missale Romanum a stampa fu pubblicato nel 1474, basandosi sul Codice ottoboniano[48] della seconda metà del XIII secolo.[49][50]

Primo Messale tridentino

Sessione del Concilio di Trento. Dipinto di Pasquale Cati nella Basilica di Santa Maria in Trastevere.
Papa Pio V

Il Concilio di Trento, nell'ultimo giorno della sua attività, 4 dicembre 1563, decretò che le conclusioni dei vescovi incaricati della censura dei libri, del catechismo, del messale e del breviario fossero presentate al papa, "perché secondo il suo giudizio e la sua autorità quello che essi avevano fatto fosse portato a termine e pubblicato". Papa Pio IV pubblicò il 24 marzo 1564 la revisione dell'Indice dei libri proibiti. Il suo successore papa Pio V pubblicò nel 1566 il Catechismo del Concilio di Trento, promulgò il 9 luglio 1568 il Breviario romano e finalmente, con la bolla Quo primum tempore del 14 luglio 1570, riferendosi a quello che aveva già fatto per il Catechismo e il Breviario, pubblicò il Missale Romanum ex decreto Sacrosancti Concilii Tridentini restitutum Pii V Pont. Max. iussu editum.[51]

Nel primo capoverso di questa bolla, il papa dichiarò che "sommamente conviene che uno solo sia il rito per celebrare la Messa". Conseguentemente ordinò che in tutte le chiese locali, fatte salve le liturgie che avessero più di duecento anni, la messa "non potrà essere cantata o recitata in altro modo da quello prescritto dall'ordinamento del Messale da [lui] pubblicato".[52] Questo decreto papale fu generalmente accettato senza difficoltà: erano poche le diocesi (e gli istituti religiosi) che potevano dedicare le necessarie risorse alla conservazione delle proprie tradizioni liturgiche, come le potenti sedi di Braga, Toledo, Milano, Lione, Colonia, Treviri.[53]

Il Messale tridentino è stato lo «sbocco finale di una lunga evoluzione, che [...] si riannoda essenzialmente alla tradizione più antica della Chiesa romana».[54]

Modifiche del Messale del 1570

Nella bolla di promulgazione Pio V dichiarò che i periti da lui incaricati avevano "infine restituito il Messale stesso nella sua antica forma secondo la norma e il rito dei santi Padri".[55] Dichiarò anche di avere "riveduto e corretto" le edizioni precedenti del Messale romano.[56]

Si riconosce generalmente che il testo dell'Ordinario della messa nel Messale del 1570 si basi "sostanzialmente" su quello pubblicato quasi esattamente cento anni prima nel Missale Romano stampato a Milano nel 1474, 24 anni dopo l'invenzione della stampa,[57][58] e che già contiene diversi testi, quali le preghiere ai piedi dell'altare, incorporati anche nel Messale Romano del 1570.[59] Secondo il giudizio di Aimé-Pierre Frutaz, i risultati della Commissione incaricata di attuare una revisione dei libri liturgici che si imponeva ed era postulata dalla situazione ecclesiale furono che essa «non creò un nuovo Messale ma ritoccò e aggiornò il Messale della Curia, più volte stampato dopo il 1474. In genere le parti essenziali del Messale di s. Pio V differiscono poco da quelle dell'ed. del 1474, anzi talvolta ci sono le identiche varianti nei testi scritturali».[60]

Un esempio delle revisioni e correzioni operate nel 1570 riguarda la frase Fiat commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi accipientibus nobis in vitam aeternam, fino allora detta dal sacerdote nella messa romana almeno dalla fine del VII secolo.[61] Questa formula fu oggetto di vivaci obiezioni teologiche al Concilio di Trento perché, sebbene fosse sempre stata intesa nel senso corretto, poteva suggerire l'ambiguità che la transustanziazione (consecratio) non fosse avvenuta prima della commistione, per cui nel Messale tridentino fu cambiata in Haec commixtio et consecratio corporis et sanguinis Domini nostri Iesu Christi fiat accipientibus nobis in vitam aeternam.[62]


La domanda del sacerdote Orate fratres ... apud Deum Patrem omnipotentem del Messale tridentino appare in quello del 1474 in una forma leggermente differente: Orate pro me fratres ... apud Deum omnipotentem; e la risposta Suscipiat Dominus ... può essere pronunciata dallo stesso sacerdote nel Messale tridentino, ma non nel Messale del 1474.

Con il Messale del 1570 furono introdotti la giaculatoria Per evangelica dicta che il sacerdote dice dopo il Vangelo e l'Ultimo Vangelo,[63] Tale giaculatoria è menzionata nel Messale del 1570 solo como detta dal sacerdote al baciare il testo del Vangelo presentatogli dal suddiacono dopo la proclamazione da parte del diacono.[64][65] Solo a partire dall'edizione rivista di papa Clemente VIII il Messale tridentino afferma inoltre che il sacerdote la dice dopo aver letto egli stesso il Vangelo nella messa senza diacono.[66]

La domanda del sacerdote Orate fratres ... apud Deum Patrem omnipotentem del Messale tridentino appare in quello del 1474 in una forma leggermente differente: Orate pro me fratres ... apud Deum omnipotentem; e la risposta Suscipiat Dominus... può essere pronunciata dallo stesso sacerdote nel Messale tridentino, a differenza del Messale del 1474.

Il testo della benedizione finale della messa fu cambiato da In unitate Sancti Spiritus, benedicat vos Pater et Filius (che è simile a quella contenuta in un Messale francescano del precedente XIII secolo: Benedicat et custodiat nos omnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Sanctus)[67] fu cambiato in Benedicat vos omnipotens Deus, Pater et Filius et Spiritus Sanctus,[68]

Erano novità in relazione al Messale 1474 le sezioni Ritus servandus in celebratione Missarum (in edizioni più recenti chiamato Ritus servandus in celebratione Missae) basato sull'Ordo Missae secundum ritum sanctae romanae ecclesiae di Johannes Burckardt (1498 e edizioni posteriori),[69][53][70] Rubricae generales Missalis, e De defectibus Missae.

Pio V nel 1568 sottopose l'esistente calendario liturgico romano ad una revisione più radicale che le abituali aggiunte di nuove feste. Infatti, dall'anno 800 fino a tale revisione, al calendario sono state aggiunte 290 nuove feste, ma Pio V ridusse il numero totale a 133.[71] Fra l'altro, rimosse dal titolo della festa dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria l'aggettivo "Immacolata", ne abolì la messa propria (il cui Introito e Colletta sarebbero stati restaurati da papa Pio IX) e ordinò di usare al suo posto la messa della Natività della Beata Vergine Maria, mettendo, quando usata l'8 dicembre, la parola "Concezione" (senza "Immacolata") invece di "Natività".

Modifiche successive

Papa Giovanni XXIII

Dal 1570 al 1969 il Messale Romano rimase in gran parte invariato. Vi furono ripetuti cambiamenti riguardanti la classifica delle messe e l'aggiunta di nuove celebrazioni nel calendario: solo di rado furono cambiate le parti dell'Ordinario della messa.

L'edizione di papa Clemente VIII nel 1604, a 34 anni dalla prima edizione, rivide il lezionario per adeguarlo all'edizione della Vulgata da lui pubblicata nel 1592. Abolì alcune preghiere che il Messale del 1570 obbligava il sacerdote a dire entrando in chiesa; accorciò le due preghiere dopo il Confiteor; ordinò che il sacerdote pronunciasse (sottovoce) le parole Haec quotiescumque feceritis, in meam memoriam facietis ("Fate questo in memoria di me") dopo la consacrazione del calice non più mentre mostra il calice al popolo, ma mentre si genuflette prima di mostrarlo; inserì in più punti del Canone indicazioni che il sacerdote deve pronunciare le parole in modo impercettibile; soppresse la norma che, nella Messa solenne, il sacerdote, anche se non vescovo, impartiva la benedizione finale con tre segni di croce; e riscrisse le rubriche, introducendo, ad esempio, il suono di una campanella.[72]

Altre variazioni furono apportate da papa Urbano VIII nel 1634, e da Benedetto XV. Il 6 gennaio 1884, Leone XIII estese a tutte le nazioni le preci (tre Ave Maria, una Salve Regina e un'orazione particolare[73] al termine della messe celebrate senza canto già recitate negli Stati ex-Pontifici a partire dal 1859. Due anni più tardi, nel 1886, fu modificata tale orazione, per farne una preghiera per la conversione dei peccatori e per "la libertà e l'esaltazione della santa Madre Chiesa", e fu aggiunta una preghiera a san Michele arcangelo. Nel 1904, papa Pio X aggiunse tre "Cuore santissimo di Gesù. Abbi pietà di noi" da recitare facoltativamente.[74]Tali preci leonine, però, non fecero mai parte della messa.[75]

Il XX secolo ha visto modifiche della messa tridentina operate in particolare da papa Pio XII e papa Giovanni XXIII.[76][77][78][79]

Nel 1955, regnando Pio XII, furono modificati sensibilmente i riti della Settimana santa, in specie quelli della benedizione dei rami nella domenica delle palme e nel triduo pasquale, ove, fra le altre modifiche, fu abolita la menzione dell'imperatore nel rito del Venerdì santo,[80] e nel rito della Vigilia Pasquale fu introdotto il rinnovamento delle promesse battesimali nella lingua del popolo.

Messale Romano del 1962

Il Messale Romano promulgato da papa Giovanni XXIII nel 1962 differisce dalle precedenti edizioni in vari punti:

  • Incorpora la modifica operata da Giovanni XXIII nel canone della Messa inserendo il nome di San Giuseppe.
  • Si abolisce il Confiteor da recitarsi prima della comunione dei fedeli (conservando i due Confiteor delle preghiere iniziali).
  • Si sostituisce la recita dell'Ultimo Vangelo della festa non prevalente[81], con il Prologo del Vangelo secondo Giovanni in tutte le Messe[82]
  • Si abolisce la recita dell'Ultimo Vangelo in alcune messe.
  • Incorpora la riforma della Settimana Santa approvata da papa Pio XII nel 1955, soprattutto per la Domenica delle palme e per il Triduo pasquale:
    • Si aboliscono le cerimonie per cui nella Domenica delle palme la benedizione delle palme assomigliava a una Messa, con Epistola, Vangelo, Prefazio e Sanctus; si sopprimono i tre colpi alla porta chiusa della chiesa prima di entrare dopo la benedizione e la distribuzione delle palme; omissione delle preghiere ai piedi dell'altare e dell'Ultimo Vangelo.
    • Il Giovedì Santo la cerimonia della lavanda dei piedi (Mandatum) è incorporata nella messa; se la fa un vescovo, sono lavati i piedi a 12 uomini, non 13; la messa si celebra la sera invece che la mattina e alcune delle preghiere sono abolite o modificate.
    • Il Venerdì Santo, al posto della celebrazione mattutina della liturgia dei presantificati, durante la quale il sacerdote da solo riceveva l'ostia consacrata precedentemente e beveva vino non consacrato in cui metteva una piccola parte dell'ostia consacrata, si deve fare la celebrazione della Passione che termina con una santa comunione di breve durata. Sono rimossi gli elementi che suggerivano una messa: presentazione delle offerte, incensazione dell'altare, lavabo, Orate fratres, la frazione di un'ostia grande. Invece, all'inizio della liturgia i sacri ministri portano il camice e (per il sacerdote e il diacono) stole nere, anziché la pianeta nera per il sacerdote e pianete plicate per il diacono e il suddiacono, poi indossano i paramenti (ma senza manipolo) per quella parte alla quale è stato dato il nuovo nome di Intercessioni solenni o Preghiera dei fedeli (in cui il sacerdote indossa un piviale al posto della pianeta) e li tolgono per l'adorazione della Croce; i sacri ministri poi si mettono i paramenti violacei (sempre senza manipoli) per la novità della distribuzione generale della Santa Comunione. Alle intercessioni solenni sono dati nuovi testi e a quella per gli ebrei (Oremus et pro perfidis Judaeis) è aggiunto "Oremus. Flectamus genua. Levate", che precedentemente era omesso perché ricordava lo scherno dei giudei verso il Signore[83].
    • La Veglia pasquale è spostata dalla mattina del Sabato Santo alla notte seguente; è abolito l'uso del tricerio o arundine e sono apportate altre modifiche sia alle cerimonie iniziali incentrate sul Cero pasquale, sia ad altre parti (per esempio, si sono ridotte da dodici a quattro le profezie lette), e si è introdotto il "rinnovo della promesse battesimali" da parte dei fedeli: qui per la prima volta nella messa tridentina si può usare il volgare.
  • Si abolisce la recita privata da parte del sacerdote delle letture proclamate dal diacono e dal suddiacono.
  • Si toglie dalla Preghiera per gli ebrei nel Venerdì Santo l'aggettivo perfidis, spesso erroneamente inteso come "perfidi" anziché "non credenti".
  • incorpora le modifiche apportate alle rubriche dal decreto Cum nostra del 1955 di papa Pio XII, che includevano:
    • Abolizione delle vigilie tranne quelle di Pasqua, Natale, Ascensione, Pentecoste, Santi Pietro e Paolo, San Giovanni Battista, San Lorenzo e l'Assunzione di Maria;
    • Abolizione delle ottave tranne quelle di Pasqua, Natale e Pentecoste.
    • Riduzione delle collette a un massimo di tre nelle messe basse, una nelle messe solenni.
  • Incorpora nel calendario delle messe i cambiamenti decretati sia da Pio XII nel 1955 sia dallo stesso Giovanni XXIII con il Codice delle Rubriche del Breviario e del Messale Romano nel 1960, fra i quali:
    • soppressione della "Solennità di San Giuseppe Sposo della Beata Vergine Maria" (mercoledì dopo la seconda domenica dopo Pasqua) e sua sostituzione con la festa di "San Giuseppe Artigiano" (1º maggio);
    • rimozione di alcune feste: la Cattedra di San Pietro a Roma (18 gennaio), l'Invenzione della Santa Croce (3 maggio), San Giovanni davanti alla Porta Latina (6 maggio), l'Apparizione di San Michele (8 maggio), San Pietro in Vincoli (1º agosto), e l'Invenzione delle Reliquie di Santo Stefano (3 agosto);
    • aggiunta di feste come quella della Regalità di Maria Santissima (31 maggio).
  • Si muta il prefazio per la festa del Corpus Domini.[84]
  • Si sostituiscono due sezioni introduttive del Messale Romano, Rubricae generales Missalis (Rubriche generali del Messale) e Additiones et variantes in rubricis Missalis ad normam Bullae "Divino afflatu" et subsequentium S.R.C. Decretorum (Aggiunte e modifiche alle Rubriche del Messale a norma della Bolla Divino afflatu e ai successivi decreti della Sacra Congregazione dei Riti) con il testo delle Rubriche generali e delle Rubriche generali del Messale Romano, due sezioni del Codice delle Rubriche del 1960.
  • Si introducono alcune modifiche nel Ritus servandus, ad esempio si abolisce la norma che specificava che il sacerdote, nell'estendere le mani davanti al petto nelle orazioni, doveva far sì che la palma dell'una guardasse verso l'altra e che le dita non dovevano elevarsi più in alto delle spalle né estendersi più ampiamente.

Concilio Vaticano II

Il Concilio Vaticano II, tra gli altri argomenti, trattò della liturgia. I padri richiesero una revisione del messale e ne tracciarono i princìpi generali nella costituzione Sacrosanctum Concilium: in essa si chiedeva che fossero semplificati i riti (togliendo le duplicazioni), fossero introdotti un numero maggiore di brani scritturali e una qualche forma di preghiera dei fedeli[85] e che la lingua latina fosse conservata nei riti latini, pur concedendo "una parte più ampia, specialmente nelle letture e nelle ammonizioni, in alcune preghiere e canti"[86]. Riguardo alla musica liturgica, furono espressamente indicate come forme di canto privilegiate per il Rito romano il gregoriano e, secondariamente, la polifonia[85]. Terminato il Concilio, fu dunque formata una commissione per attuare la riforma liturgica della messa. Nel 1964 con l'istruzione Inter oecumenici e di nuovo nel 1967 con l'istruzione Liturgicae instaurationes il lavoro della commissione permise di indicare adattamenti in attesa dell'edizione del nuovo Messale Romano[87]; alcune conferenze episcopali pubblicarono messali provvisori: un messale edito nel 1965 e in parte modificato nel 1967, in cui furono introdotte la preghiera dei fedeli e la possibilità di recitare in volgare, oltre alle letture, anche diverse parti dell'Ordinario. Il pontefice concesse l'uso dell'antico rito ai sacerdoti che, in là con gli anni, avrebbero trovato difficoltà ad imparare una nuova forma di liturgia: tra questi, Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell'Opus Dei e padre Pio da Pietrelcina.

La Commissione continuò il suo lavoro fino a giungere alla formulazione di un definitivo nuovo Messale nel 1969, pubblicato in latino, sulla base del quale le conferenze episcopali produssero le proprie versioni in lingua nazionale.

L'abolizione di moltissimi gesti cerimoniali, inchini, e preghiere, l'inserimento di nuove preghiere eucaristiche, la soppressione di molte invocazioni di santi, il maggior spazio dato all'ascolto della sacra scrittura ora letta ai fedeli in lingua volgare, la modifica delle formule dell'Offertorio e diversi altri rifacimenti fecero del nuovo messale un libro liturgico che si distaccava moltissimo dal Messale del 1962 e andava oltre le indicazioni contenute nella costituzione Sacrosanctum Concilium, suscitando nel mondo cattolico diverse reazioni sia favorevoli sia sfavorevoli.

Oltre alle modifiche legate al Messale e alla lingua latina nelle chiese si iniziò a realizzare l'adeguamento liturgico.

Introduzione del nuovo Messale Romano e situazione attuale

Papa Paolo VI

Papa Paolo VI, con la costituzione apostolica Missale Romanum del 3 aprile 1969, promulgò una nuova editio typica del Messale Romano, del quale un'edizione provvisoria dell' (Ordinario della messa) fu pubblicato subito, estendendone l'uso (in latino) a tutta la Chiesa latina in sostituzione di quello del 1962.[88] Il messale intero con il Proprium de tempore e il Proprium sanctorum apparve il 26 marzo 1970 (in latino), sostituendo l'editio typica del 1962. La preparazione di versioni integrali del messale nelle varie lingue richiese più tempo.[89]

La nuova edizione era intitolata Missale Romanum ex decreto sacrosancti oecumenici concilii vaticani II instauratum, auctoritate Pauli PP. VI promulgatum e non più, come in quelle precedenti, Missale Romanum ex decreto sacrosancti concilii tridentini restitutum seguito, nel caso dell'edizione 1962, da Summorum Pontificum cura recognitum o, nell'edizione 1920, da S. Pii V Pontificis Maximi jussu editum aliorum Pontificum cura recognitum a Pio X reformatum et Ssmi D.N. Benedicti XV auctoritate vulgatum.

Diversi elementi del nuovo messale erano stati già ufficialmente comunicati prima della sua pubblicazione, per esempio con l'istruzione Inter oecumenici del 1964, che rimosse totalmente[90] la normativa secondo cui, nella messa tridentina, il sacerdote recita privatamente le parti del proprio cantate o dette dal coro o dal popolo, per esempio l'introito, (48 a), mentre non si unisce alle parti dell'ordinario riservate al coro o alla congregazione, come il canto del Kyrie eleison e (dopo le parole iniziali) del Gloria e del Credo (48 b), omettendo il Salmo 42, che nella forma tridentina si dice all'inizio della messa (48 c), facendo pronunciare ad alta voce la preghiera sulle offerte, la dossologia finale della preghiera eucaristica e l'embolismo del Padre nostro (48 f, h), e permettendo alla congregazione recitare il Padre nostro con il sacerdote anche fuori della Vigilia pasquale (48 g).[91]

Contro la modifica del messale insorsero diversi gruppi di cattolici legati alla tradizione e nacquero anche alcune separazioni giuridico-canoniche in seno alla Chiesa. Tra i refrattari al cambiamento liturgico, spiccò l'arcivescovo francese Marcel Lefebvre, fondatore della Fraternità sacerdotale San Pio X; i seguaci di monsignor Lefebvre continuano a utilizzare il messale del 1962.

Con il beneplacito della Santa Sede nacquero la Fraternità sacerdotale San Pietro nel 1988, l'Amministrazione apostolica personale San Giovanni Maria Vianney nel 2001 e l'Istituto del Buon Pastore sorto nel 2006.

L'utilizzo da parte della Fraternità Sacerdotale San Pio X del messale del 1962 (che incorpora i cambiamenti fatti da Giovanni XXIII) e la menzione nel canone della messa del papa regnante fu oggetto di scisma di membri di essa, i quali fondarono istituti o congregazioni (sedevacantisti - sedeprivazionisti).[92][93][94]

Papa Benedetto XVI

Per accogliere le richieste di quanti nella Chiesa avevano una sensibilità più vicina alla forma tridentina del rito romano, papa Giovanni Paolo II, con la lettera Quattuor abhinc annos della Congregazione per il Culto Divino[95] del 1984 e con il suo motu proprio Ecclesia Dei afflicta[96] del 1988 diede ai vescovi diocesani la possibilità di concedere, sotto certe condizioni, a chi ne avesse fatto domanda, l'uso del messale del 1962 e richiese agli stessi vescovi che fosse «ovunque rispettato l'animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un'ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla Sede Apostolica, per l'uso del Messale Romano secondo l'edizione tipica del 1962»

Papa Benedetto XVI, il 7 luglio 2007, sostituì la normativa di Giovanni Paolo II e con il motu proprio Summorum Pontificum decise di permettere a tutti i sacerdoti latini la possibilità di utilizzare il messale del 1962 nelle messe celebrate senza il popolo, osservando che esso non fu mai giuridicamente abrogato,[97][98] e autorizzò i parroci, senza dovere ricorrere al vescovo diocesano, di permettere per gruppi stabili la celebrazione della messa usando lo stesso messale del 1962.

Lo stesso argomento in dettaglio: Summorum Pontificum.
Papa Francesco

Il 22 febbraio 2020 la Congregazione per la Dottrina della Fede per ordine di papa Francesco pubblicò due decreti di aggiornamento dei libri liturgici in vigore nel 1962: con il decreto Quo magis sono stati approvati sette nuovi prefazi, già contenuti nel Messale di Paolo VI e Giovanni Paolo II, senza renderli obbligatori;[99][100] con il decreto Cum sanctissima prevede la celebrazione facoltativa delle feste dei santi canonizzati dopo il 26 luglio 1960, il giorno dopo la promulgazione del Codice delle Rubriche del Breviario e del Messale Romano di Giovanni XXIII, celebrazione che può avere luogo "nel giorno in cui la Chiesa Universale ne celebra la memoria liturgica".[101] Tra questi santi si trovano San Paolo VI e San Giovanni Paolo II, le cui memorie liturgiche sono indicate nelle più recenti edizioni del Martirologio Romano. Il decreto Cum sanctissima prevedeva un Supplementum al Proprium Sanctorum che doveva essere autorizzato dalla Santa Sede e che non è stato pubblicato prima del motu proprio Traditionis custodes, con cui la competenza in materia è passata alla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.

Con il motu proprio Traditionis custodes papa Francesco ha disposto che: "I libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano".[102] Ha lamentato "un uso strumentale del Missale Romanum del 1962, sempre di più caratterizzato da un rifiuto crescente non solo della riforma liturgica, ma del Concilio Vaticano II, con l’affermazione infondata e insostenibile che abbia tradito la Tradizione e la “vera Chiesa”. Se è vero che il cammino della Chiesa va compreso nel dinamismo della Tradizione, «che trae origine dagli Apostoli e che progredisce nella Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo» (DV 8), di questo dinamismo il Concilio Vaticano II costituisce la tappa più recente, nella quale l'episcopato cattolico si è posto in ascolto per discernere il cammino che lo Spirito indicava alla Chiesa. Dubitare del Concilio significa dubitare delle intenzioni stesse dei Padri, i quali hanno esercitato la loro potestà collegiale in modo solenne cum Petro et sub Petro nel concilio ecumenico, e, in ultima analisi, dubitare dello stesso Spirito Santo che guida la Chiesa".[103] E togliendo ai parroci le ampie facoltà concesse loro da Benedetto XVI ha dichiarato che è esclusiva competenza del vescovo diocesano autorizzare l'uso del Messale romano del 1962 nella diocesi, seguendo gli orientamenti dalla Sede Apostolica, orientamenti che includono la limitazione delle celebrazioni ai luoghi e agli orari determinati dal vescovo diocesano, il quale deve consultare la Santa Sede prima di concedere l'autorizzazione ai sacerdoti ordinati dopo il 16 luglio 2021.[104] Determinò inoltre che "le norme, istruzioni, concessioni e consuetudini precedenti, che risultino non conformi con quanto disposto dal presente motu proprio, sono abrogate".[105]Le indicazioni sulle eventuali concessioni diocesane sono finalizzate a provvedere "al bene di quanti si sono radicati nella forma celebrativa precedente e hanno bisogno di tempo per ritornare al Rito Romano promulgato dai santi Paolo VI e Giovanni Paolo II".[103]

Tipi di messa tridentina

Il Codice delle Rubriche del Breviario e del Messale Romano, normativo per l'ultima edizione tridentina (1962) del Messale Romano, dichiara che sono due le specie della messa tridentina: dicesi Messa "in canto", se di fatto il celebrante canta quelle parti che deve cantare secondo le rubriche; altrimenti dicesi "messa bassa" o "messa letta". La messa "in canto", inoltre, se è celebrata con l'assistenza dei sacri ministri (diacono e suddiacono), è chiamata "messa solenne"; se è celebrata senza ministri sacri, è detta "messa cantata".[106][107]

Oltre a queste distinzioni ufficialmente definite, si parla anche della messa papale, la messa pontificale, la messa capitolare (messa solenne celebrata in una cattedrale dal capitolo dei canonici), la messa conventuale (messa quotidiana principale cantata presso le chiese collegiate e le comunità religiose) ed altre.[108][109]

La messa pontificale (detta anche semplicemente pontificale) è una messa solenne celebrata da un vescovo o un presbitero a cui è concesso l'uso di almeno alcune insegne pontificali. Nella disciplina della messa tridentina non è permesso a un vescovo celebrare la messa solenne non pontificale né la messa cantata senza ministri sacri, né la messa bassa, se non in quella forma che si chiama anche messa prelatizia, che richiede due chierici assistenti.[110][111]

Per definizione, il canto e la partecipazione di un coro distinguono la messa solenne e la messa cantata dalla messa bassa. Un altro elemento che distingue la messa solenne è la presenza di più ministranti, almeno sei: un crocifero che porta la croce astile, almeno due accoliti (detti ceroferari) che portano candelabri con candele, il turiferario che porta il turibolo assistito dal navicelliere (che si occupa della navicella porta incenso) e il cerimoniere, oltre ai ministri maggiori ordinati, ovverosia il diacono e il suddiacono.

Messa privata

Il termine missa privata veniva usato con diversi significati. Secondo il teologo benedettino Angelus Häussling, nel Medioevo era una messa celebrata per un piccolo gruppo, mentre la missa publica era quella celebrata con diversi ministri e con partecipazione di tutta la comunità; all'epoca del Concilio di Trento era una messa nella quale solo il sacerdote riceveva la comunione, indipendentemente da quanti fossero i fedeli presenti; più tardi divenne una messa celebrata da un sacerdote con l'assistenza di un solo ministrante.[112]

Nelle rubriche del periodo "tridentino" (dal Concilio di Trento fino al Concilio Vaticano II), per "missa privata" si intendeva "sempre o quasi sempre" la messa bassa.[113]

Nella Catholic Encyclopedia del 1910, Adrian Fortescue spiega l'origine della messa privata o bassa:

Nel primo medioevo la concelebrazione eucaristica venne sostituita da celebrazioni separate private. Alla novità avrà contribuito l'usanza di offrire ogni messa per un'intenzione particolare. Le celebrazioni separate comportarono la prolificazione di altari nella stessa chiesa e la riduzione del rito alla forma più semplice possibile. Così si fece a meno del diacono e del suddiacono; il sacerdote celebrante oltre alla sua parte svolgeva anche la loro. Un ministrante sostituì il coro e gli altri ministri, tutto si recitava invece di cantarlo, vennero omessi l'incenso e il bacio della pace.[114]

Papa Giovanni XXIII al n. 269 del suo Codice delle Rubriche del Breviario e del Messale Romano (1960), che fu incorporato nell'edizione 1962 del Messale Romano, ordinò di evitare l'uso del termine "messa privata".[115][116]

Il Concilio Vaticano II decretò: "Va sottolineato che ogni volta che i riti, secondo la loro specifica natura, prevedono la celebrazione comunitaria della messa e la partecipazione attiva dei fedeli, devono essere svolti in tale modo, evitando per quanto possibile, una celebrazione individuale e quasi privata".[117]

Papa Paolo VI sottolineò inoltre che «nessuna messa è privata», spiegando che «ogni celebrazione non è qualcosa di segreto, anche se un sacerdote lo celebra privatamente; è invece un atto di Cristo e della Chiesa».[118]

La celebrazione della messa "privata" si distingue dalla celebrazione senza nemmeno un ministrante o chi almeno da distante risponda alle parole del sacerdote. Contro simili celebrazioni "solitarie" si emanarono alcuni decreti che richiedevano la presenza di almeno due persone, in modo da giustificare l'uso del plurale in formule liturgiche come Dominus vobiscum.[119] Però generalmente si richiedeva solo la partecipazione di una sola persona: il Codice di Diritto Canonico del 1917 prescriveva: "Un sacerdote non deve celebrare la messa senza un ministrante che gli serva e risponda"[120] Il Codice di Diritto Canonico del 1983 decreta: "Il sacerdote non celebri il Sacrificio eucaristico senza la partecipazione di almeno qualche fedele, se non per giusta e ragionevole causa".[121] Questa direttiva è ripresa dall'Ordinamento generale del Messale romano[122]

Rituale e rubriche

Preghiere ai piedi dell'altare in una messa bassa. Il sacerdote, non avendo nel presbiterio alcun ministrante a cui porgere la berretta, l'ha messa sul gradino a destra. Salito all'altare, ha steso in mezzo ad esso il corporale, su cui ha messo il calice ecc. coperto con un velo del colore dei paramenti, e ha aperto a destra la pagina appropriata del messale. Ridisceso ha iniziato la messa con il segno della croce e le altre preghiere ai piedi dell'altare.

Vi sono regole e usanze molto minuziose che regolamentano la liturgia di tutte le forme delle messe tridentine, anche quella più semplice: dal verso in cui si devono girare i chierici o il celebrante durante le funzioni (a destra se da soli o dispari, verso il centro se in coppia) fino al modo di porgere o ricevere gli oggetti (ad esempio le ampolline per il vino o l'acqua), sul modo di genuflettersi (in quattro modi: in piano o sul gradino, con genuflessione semplice o doppia) di inchinarsi o quello di usare (quando previsto) il turibolo (vi sono cinque modi solo per come lo si deve impugnare nelle varie fasi della messa).

Le genuflessioni in piano (in planu) vengono fatte all'inizio e alla fine delle celebrazioni, quelle sul gradino (in gradu) durante la celebrazione. Eccetto quando è esposto il Santissimo Sacramento, caso in cui all'inizio e alla fine si fa la genuflessione doppia (con tutte e due le ginocchia a terra e un inchino) e durante la celebrazione sempre in piano.

Anche gli inchini sono di diverso tipo: oltre a quello durante la genuflessione doppia, vi è l'inchino normale (che si fa ad esempio prima e dopo aver incensato un ministro o prima e dopo qualunque altra relazione) e uno profondo, che si fa alla croce e all'altare.

A seconda del momento sono prestabiliti i percorsi, ad esempio per passare dal seggio all'altare si può passare a seconda dei casi per la strada più lunga (per longiorem) o abbreviata (per breviorem), nel primo caso si arriva davanti al centro dei gradini e poi si sale, nel secondo caso si salgono i gradini obliquamente attraverso la strada più breve.

La grande complessità di questi riti prevede la presenza di un cerimoniere, che ricorda ai ministri che cosa fare, specificando il tipo di inchino, di genuflessione, indicando la frase durante la quale occorre scoprirsi il capo e inchinarsi, e così via.

La fonte principale per il rito della messa tridentina è il Messale Romano. L'edizione 1962 comprende le Rubricae generales (Rubriche generali) alle pagine XII–XX, le Rubricae generales Missalis romani (Rubriche generali del Messale romano) alle pagine XXI–XXXVI, e il Ritus servandus in celebratione Missæ (Rito da seguire nella celebrazione della messa) alle pagine LIV–LXV. L'ultimo indica i gesti e le parole del sacerdote celebrante e di chi serve la messa.

Le voci Messa bassa e Messa solenne indicano dettagliatamente come si svolge concretamente ognuna di queste forme della messa tridentina.

Partecipanti

Celebrante, diacono, suddiacono, presbitero assistente e accoliti in una messa novella

Mentre la celebrazione della messa bassa richiede, oltre al sacerdote celebrante, solo la presenza di almeno un solo ministrante (o perfino di una persona che risponda alle preghiere), lo svolgimento di altre forme di messa tridentina richiede la partecipazione di più figure:

  • Il celebrante (unico) può essere vescovo o presbitero, ma non diacono. Eccezionalmente e solo nella messa dell'ordinazione di uno o più vescovi o presbiteri, avviene la concelebrazione eucaristica.[123]
  • I sacri ministri (diacono e suddiacono) partecipano alla messa solenne, ma non alla messa cantata né alla messa bassa. Possono essere presbiteri, ma indossano i paramenti propri della funzione che svolgono durante la messa.
  • Altri ministri, detti anche ministranti e accoliti, svolgono numerosi ministeri quali quelli di ceroferario, crocifero, turiferario, navicelliere, ecc. Il Ritus servandus in celebratione Missae non ne definisce il numero, dicendo "il ministro o i ministri", quando parla delle preghiere all'inizio della messa.[124] Il Codice di Diritto Canonico decreta che normalmente ce ne sia almeno uno: "Il sacerdote non celebri il Sacrificio eucaristico senza la partecipazione di almeno qualche fedele, se non per giusta e ragionevole causa".[125][126] Il diritto canonico, non il Messale, escludeva le donne da tale ministero, come il papa Innocenzo IV ordinò nel 1254: "Non osino le donne servire all'altare, dal cui ministero siano respinte totalmente";[127] però nel 1994 il Pontificio consiglio per i testi legislativi dichiarò che il servizio all'altare è una delle funzioni liturgiche che, secondo il canone 230 §2 del Codice, possono essere svolte da laici sia uomini che donne.[128]
  • Il cerimoniere o maestro delle cerimonie coordina, nelle celebrazioni più complesse, i diversi ministranti nelle loro incombenze. Indossa l'abito talare e la cotta.
  • Il presbitero assistente del presule celebrante è una figura della messa papale o pontificia tridentina. Indossa il piviale.[129]
  • La schola cantorum canta, nelle messe solenni o cantate, alcune parti della liturgia che nella messa bassa sono recitate dal sacerdote celebrante (come il graduale e il Credo) e alcune delle risposte dei ministri all'altare alle invocazioni del celebrante (come "Et cum spiritu tuo"). Canta anche l'introito all'inizio della celebrazione e, con un'interruzione per la consacrazione, ciò che il Codice delle Rubriche chiama il "Sanctus-Benedictus"[130], mentre il sacerdote recita il Canone Romano privatamente.
  • Il popolo partecipa in vari modi: "Per sua stessa natura, la messa richiede la partecipazione, ciascuno a suo modo, di tutti coloro che vi assistono", dice il Codice delle Rubriche, riferendosi all'Istruzione sulla musica sacra e la liturgia promulgata dalla Sacra Congregazione dei Riti il 3 settembre 1958.[131] Questa istruzione prevede tre modi di tale partecipazione:
    • facendo attenzione alle principali parti della messa sia internamente sia anche esternamente secondo le diverse approvate consuetudini locali;
    • con preghiere e canti in comune strettamente intonati alle singole parti della messa;
    • rispondendo liturgicamente al sacerdote celebrante quasi "dialogando" con lui nel recitare a voce chiara le parti loro proprie.[132]

Anno e calendario liturgici

Paramenti neri in una messa da requiem.
Lo stesso argomento in dettaglio: Anno liturgico nel Messale Romano del 1962.

La celebrazione della Messa tridentina segue l'Anno liturgico romano nella forma che aveva prima del 1970. Le relative norme sono stese nel Capitolo VIII delle Rubricæ generales del Missale Romanum del 1960, riprodotte nell'edizione 1962 del Messale Romano.

Lingua

In quasi tutti i Paesi la messa tridentina è celebrata interamente in latino, ad eccezione di alcune parole e frasi in greco antico[133] ed ebraico ed aramaico. Nella Messa secondo il rito romano nella forma tridentina sono dunque adoperate solo le tre lingue con cui si era enunciata sopra il titulus crucis, nel corso della crocifissione di Cristo, la Sua regalità, il Suo essere re (dei giudei).[134] Essa prevede inoltre lunghi periodi di silenzio (in particolare all'offertorio e alla consacrazione), che consentono ai fedeli di meditare su quanto sta avvenendo. Il messale tridentino non specifica la lingua dell'omelia, che tratta come facoltativa: infatti presume che al Vangelo farà seguito immediato il Credo, aggiungendo nel contesto solo della messa solenne: "Tuttavia, se si fa una predica, il predicatore la faccia dopo il Vangelo e alla conclusione del sermone o del discorso si dica il Credo".[135] E non proibisce l'uso della lingua locale per preghiere da recitare prima o dopo la messa, quali le Preci leonine. I fedeli possono seguire la liturgia leggendo un messalino o un foglietto bilingue, che riportano, a fianco del testo latino, la traduzione nella lingua nazionale.

Riguardo al testo latino della messa si nota che vengono impiegate due diverse versioni della Bibbia, la Vulgata e l'Itala. Infatti l'Itala si ritrova nelle parti cantate dal coro (introito, graduale, offertorio e communio) delle Messe più antiche, che sono precedenti all'adozione della Vulgata.

Il motu proprio Traditionis custodes richiede che le letture siano recitate nella lingua locale, senza specificare se i testi nella lingua locale debbano seguire o rimpiazzare i testi in latino.

Slavo ecclesiastico

Il diritto di impiegare lo slavo ecclesiastico nella messa di rito romano è prevalso per molti secoli in tutti i Paesi dei Balcani sud-occidentali, ed è stato approvato da lunga pratica e da molti papi.[136] Questo diritto, concesso per la prima volta da papa Giovanni VIII nel IX secolo e poi confermato da papa Urbano VIII con il rescritto Ecclesia Catholica in occasione della prima stampa del Messale glagolitico è stato esteso al Montenegro nel 1866, alla Serbia nel 1914, alla Cecoslovacchia nel 1920, e il concordato del 1935 con la Jugoslavia estendeva il diritto a tutto quel regno, nel 1940 fu esteso al Collegio Illirico di Roma, per quei sacerdoti che provenissero da luoghi ove il Messale in slavo ecclesiastico fosse in uso. Nel 1927 papa Pio XI autorizzò il Messale romano-slavonico in caratteri latini con il rescritto della Sacra Congregazione dei Riti Quum nova.[137][138]

Colori liturgici

Una pianeta

I colori liturgici previsti nella messa tridentina sono sei: verde, violaceo, bianco, rosso, nero e rosaceo.

Il verde è utilizzato nel tempo dopo l'Epifania e dopo Pentecoste; il violaceo in quello d'Avvento, quello di Settuagesima e quello quaresimale; il bianco nel tempo natalizio, in quello pasquale e molte feste, e può essere sostituito da paramenti dorati nella celebrazioni delle feste più importanti; il colore rosso a Pentecoste e nelle feste dei Martiri, il nero nei funerali e nelle messe di requiem e nell'azione liturgica del Venerdì Santo.[139] Paramenti di colore rosaceo possono sostituire quelli violacei nella terza domenica di Avvento (domenica Gaudete) e nella quarta di Quaresima (domenica Laetare).[140]

Paramenti liturgici

Lo stesso argomento in dettaglio: Paramento liturgico.

Il sacerdote indossa l'abito talare al quale sovrappone, sulle spalle, l'amitto; veste, poi il camice legato da un cingolo e, sopra, una stola che tiene incrociata sul petto. Infine indossa la pianeta ossia la casula[141][142] e lega al proprio braccio sinistro il manipolo. Il celebrante può indossare la berretta nella processione d'ingresso e di uscita, durante l'omelia e nelle messe solenni quando è seduto.

Il ministro e gli accoliti vestono con talare e cotta; il diacono, sopra la talare e il camice, porta la stola e la dalmatica; il suddiacono, la tunicella.[143] Il Diacono indossa la stola trasversalmente al busto, non incrociata come il celebrante. Sacerdote, diacono e suddiacono possono portare la berretta nelle processioni d'entrata e d'uscita e quando sono seduti, ma dal 1962 il suo uso non è più obbligatorio. La pianeta, la dalmatica, la tunicella, la stola e il manipolo devono essere del colore liturgico del giorno.

I vescovi, oltre alle vesti dei sacerdoti, possono indossare particolari scarpe e guanti: calzari liturgici generalmente di raso e guanti di tessuto detti chiroteche, portano poi la mitra e usano il bastone pastorale.

Altare, crocifisso e tabernacolo

A partire dall'edizione del 1604 il Messale romano ordina: Super Altare collocentur Crux in medio et candelabra saltem duo cum candelis accensis hinc et inde in utroque eius latere. Ad Crucis pedem ponatur tabella Secretarii appellata[144] (Sull'altare sia collocata nel mezzo una Croce e accanto a essa su ambo i lati almeno due candelieri con le candele accese. Al piede della Croce sia posta la cartagloria).

Nell'edizione rivista nel 1962, questo testo fu cambiato in: Super altare adsit in medio Crux satis magna cum Crucifixo, et candelabra quae iuxta qualitatem Missae requiruntur, cum candelis accensis, hinc et inde in utroque eius latere. Ponantur insuper sic dictae «tabellae secretarum», sed pro tempore Missae tantum[145] (Sull'altare sia presente nel mezzo una croce abbastanza grande con il Crocifisso", e accanto a essa su ambo i lati i candelieri corrispondenti alla qualità della messa, con le candele accese. Vi siano messe inoltre le carteglorie, ma solo durante la messa).

Nessuna edizione del Messale tridentino mette l'altare in relazione con il tabernacolo. L'iniziativa di conservare il Santissimo Sacramento sopra un altare è attribuita a Gian Matteo Giberti, vescovo di Verona dal 1524 al 1543.[146] L'usanza si diffuse e fu promossa anche da san Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano.[147]

Altare maggiore della chiesa di "El Sagrario", Quito, Ecuador

L'architettura barocca fece del tabernacolo il centro di un retablo posto sopra l'altare maggiore, fulcro visivo dell'intero edificio. Dal XVII secolo in poi anche gli altari laterali venivano a volte costruiti con un tabernacolo che in genere non veniva mai utilizzato.[148]

Nella legislazione canonica di papa Pio XII, il tabernacolo non solo poteva, ma doveva essere sull'altare. Gli altari allora detti fissi, composti da una monolitica mensa superiore con gli stipiti consacrati unitamente con essa[149] (ma non di aggiunte quali un tabernacolo, una pala d'altare o un retablo posto sull'altare), erano rari. Generalmente si usava un altare "mobile" o "portatile" di dimensioni contenute (grande abbastanza da contenere l'ostia e la maggior parte del calice).[150] Nelle chiese si inseriva tale "pietra sacra" nella mensa di ciò che comunemente si chiamava l'altare.[151] Il decreto Sanctissimam Eucharistiam del 1º giugno 1957 ordinò che il tabernacolo fosse posto nel mezzo dell'altare (normalmente l'altare maggiore) e unito saldamente all'altare, in modo da non potere essere spostato. Dichiarò pure che, nelle chiese in cui non c'era che un solo altare, tale altare non poteva essere costruito per la celebrazione verso il popolo. Erano strettamente proibiti i tabernacoli fuori da un altare, per esempio nella parete, al lato dell'altare, dietro l'altare, in un'edicola o su una colonna separata dall'altare.[152]

Orientamento della chiesa e del sacerdote celebrante

Altare della basilica di Santa Cecilia in Trastevere, una delle tante antiche chiese di Roma nelle quali il sacerdote celebrante all'altare nell'abside occidentale guardava verso oriente e allo stesso tempo verso il popolo

L'uso per cui nell'Oriente l'altare delle chiese cristiane è messo nell'estremità est dell'edificio non è mai prevalso a Roma. I cristiani romani, appena liberi nel IV secolo dalle persecuzioni, costruirono collocando il santuario verso l'estremità occidentale dell'edificio a imitazione del santuario del Tempio di Gerusalemme, nel quale il sommo sacerdote, rivolto a est durante il sacrificio dello Yom Kippur, lo offriva stando nel santuario all'estremità occidentale.[153] Più tardi, delle 37 chiese romane menzionate individualmente nel Messale tridentina,[154] la maggioranza assoluta hanno l'abside ad ovest, solo 7 ad oriente.[155]

Il Messale tridentino non prescrive al sacerdote celebrante alcun orientamento particolare nei riguardi dei fedeli assistenti, ma suppone generalmente che l'altare maggiore sia addossato al muro dell'abside o in prossimità di esso: l'illustrazione dell'Ordo incensationis altaris quod commode circuire potest appare in aggiunta all'immagine Ordo incensationis altaris iuxtra rubricas Missalis Romani per la prima volta solo nell'edizione 1962.[156] Ma prevede pure l'altro orientamento: "Se l'altare è ad oriente, verso il popolo, il celebrante rivolto al popolo, non gira le spalle all'altare, quando dice Dominus vobiscum, Orate frates, Ite missa est, o quando dà la benedizione; ma baciato l'altare in mezzo, lì, allargando e congiungendo le mani, come sopra, saluta il popolo e dà la benedizione".[157]

Il sacerdote che celebra su un altare verso l'abside rimane rivolto verso l'altare per quasi tutta la messa e si volge invece al popolo solo in particolari circostanze:[158]

Celebrante e diacono voltati all'Ite missa est di una messa solenne celebrata ad un altare verso l'abside.[158]
  • per salutare i ministri e il popolo, dicendo Dominus vobiscum, prima della colletta;[159]
  • per pronunciare, quando prevista, l'omelia;
  • per salutare i ministri e il popolo, dicendo Dominus vobiscum prima dell'offertorio;[160]
  • per invitare a pregare, dicendo Orate, fratres...[161]
  • prima della comunione dei fedeli, mostrando l'ostia consacrata e dicendo Ecce Agnus Dei...;[162]
  • per salutare i ministri e il popolo, dicendo Dominus vobiscum, prima della post comunione;[163]
  • per dare il congedo "Ite, missa est";[163]
  • per impartire la benedizione;[164]

Quando volge le spalle all'altare per dire Dominus vobiscum, deve farlo tenendo lo sguardo diretto a terra.[159]

Se invece l'altare è ad oriente, verso il popolo, il sacerdote non volge mai le spalle all'altare durante la messa.[158]

Differenze con la messa introdotta nel 1969

La riforma del 1969 del rito romano della messa ha segnato numerose differenze rispetto alla prassi anteriore. Era invalso generalmente l'uso che il sacerdote celebrante stesse dalla stessa parte dell'altare dei fedeli che assistevano. Il messale tridentino prevedeva però esplicitamente l'esistenza di chiese (come quelle più antiche romane) in cui l'altare fosse "ad orientem, versus populum", rivolto verso l'oriente geografico e verso il popolo assistente.[165] Dopo il Concilio Vaticano II si adottò generalmente la posizione in cui l'altare, se possibile, sta fra il sacerdote e il popolo. Si può comparare il Ritus servandus V, 1 dell'edizione 1962 e anteriori con quello che si dice nell'Ordinamento Generale del Messale Romano nelle edizioni posteriori.[166]

Inoltre le differenze più importanti con il Messale di Paolo VI sono:

Ingresso, Confiteor e Kyrie eleison

Confiteor del sacerdote in una messa solenne

Nell'usus antiquior la messa inizia con il celebrante ai piedi dell'altare, mentre nel Novus ordo il celebrante dopo avere salutato l'altare si dirige verso la sedia.

Dopo il Segno della Croce, il sacerdote inizia con l'antifona "Introibo ad altare Dei/ ad Deum qui laetificat iuventutem meam" ("Salirò all'altare di Dio/ a Dio che allieta la mia gioventù"), seguita dalla recita del Salmo 42.[167] Antifona e salmo sono aboliti nel Messale di Paolo VI.

La recita del Confiteor da parte del celebrante è distinta da quella del ministro e del popolo[168]. Prima il sacerdote pronuncia la preghiera chiedendo perdono per i propri peccati, e il ministro risponde con l'invocazione Misereatur tui omnipotens Deus, et dimissis peccatis tuis, perducat te ad vitam aeternam.; poi è il ministro che la recita (eventualmente assieme al popolo) e il sacerdote invoca il perdono dei peccati per il ministro e il popolo con il Misereatur vestri.... Segue una seconda preghiera recitata dal sacerdote per tutti per l'indulgenza, l'assoluzione e la remissione dei peccati. Nel Messale di Palo VI, invece, celebrante e fedeli recitano insieme Confiteor, solo il sacerdote recita l'invocazione Misereatur ed è abolita la preghiera per l'indulgenza, l'assoluzione e la remissione. Nella forma del Confiteor usata nella messa tridentina viene invocata l'intercessione di san Michele Arcangelo e dei santi Giovanni Battista, Pietro e Paolo oltre a quella della Vergine Maria: nella messa rivista si fa menzione solamente della Vergine, mentre l'invocazione agli angeli ed ai santi è espressa in forma generica.

La forma del Kyrie eleison, nella messa antica, è un po' più lunga di quella del nuovo messale: Kyrie eleison viene ripetuto per tre volte, Christe eleison per altre tre e di nuovo Kyrie per tre volte a voci alterne tra celebrante e ministro; nella forma riveduta, invece, ciascuna invocazione è ripetuta solo due volte, per un numero totale di sei invocazioni, mancando così il simbolismo dei nove cori angelici e togliendo la correlazione con il successivo Gloria.[169]

Epistola, graduale e tratto

Graduale dell'XI secolo

La messa tridentina prevede, oltre al Vangelo, solitamente una sola altra lettura, che viene fatta dal sacerdote sul lato destro dell'altare detto appunto lato dell'Epistola. Solo durante le Quattro tempora il Vangelo è preceduto da due letture nei mercoledì e da cinque letture nei sabati. La lettura generalmente è presa dal Nuovo Testamento.[170]

Tra l'Epistola e il Vangelo, il sacerdote recita il "graduale": tratto da uno o più salmi, è composto da due parti: il corpo, detto anche responsum o caput, e il versetto. Nelle messe solenni o cantate è intonato dalla schola; non prevede risposte da parte del ministro o del popolo come il salmo responsoriale della messa più recente. È seguito da un "verso alleluiatico" che in Quaresima, nel Tempo di Settuagesima e nelle messe per i defunti viene sostituito dal Tratto. Il Vangelo viene letto sulla parte sinistra dell'altare, detta lato del Vangelo, eccetto nella messa solenne, nella quale viene cantato dal diacono.

Tra l'Epistola e il Vangelo, il sacerdote recita il "graduale": tratto da uno o più salmi, è composto da due parti: il corpo, detto anche responsum o caput, e il versetto. È recitato dal celebrante o, nelle messe solenni o cantate, intonato dalla schola; non prevede risposte da parte del ministro o del popolo come il salmo responsoriale della forma ordinaria. È seguito da un "verso alleluiatico" che in Quaresima, nel Tempo di Settuagesima e nella messa per i defunti viene sostituito dal Tratto. Il Vangelo viene letto sulla parte sinistra dell'altare, detta lato del Vangelo.

Canone

Genuflessione dopo l'elevazione: nella messa tridentina il sacerdote si genuflette anche prima dell'elevazione.

Nel messale tridentino esiste un solo Canone per la consacrazione, quello romano, mantenuto, con alcune modifiche, nel messale di Paolo VI, al quale è stato aggiunto il titolo alternativo di "Preghiera eucaristica I".[171]
Nella messa tridentina si fa menzione e si chiede l'intercessione di quarantuno santi (oltre la beata Vergine Maria), mentre nel messale di Paolo VI, nella Preghiera eucaristica I è obbligatoria la menzione di solo sette santi, quella degli altri essendo facoltativa. Nelle altre tre principali preghiere eucaristiche si ricordano solo la vergine Maria e san Giuseppe e, nella terza eventualmente il santo del giorno o il patrono. Nella messa tridentina tutto il Canone è detto silenziosamente con eccezione delle parole Nobis quoque peccatoribus dette a mezza voce e della conclusione Per omnia saecula saeculorum detta o cantata ad alta voce.

Durante la consacrazione, il sacerdote s'inginocchia appena ha consacrato il pane e dopo l'elevazione dell'ostia, appena ha consacrato il vino e dopo l'elevazione del calice; s'inginocchia nuovamente dopo aver lasciato cadere un frammento di ostia consacrata nel calice con il vino (commixtio). Nel nuovo messale è previsto che il celebrante si inginocchi solo dopo ciascuna elevazione.

Preghiera dei fedeli e scambio della pace

Nel Messale tridentino la preghiera dei fedeli esiste solo nella "Solenne azione liturgica pomeridiana della Passione e della Morte del Signore" del Venerdì santo, nella quale la seconda parte è costituita dalle "Orazioni solenni chiamate anche Preghiera dei fedeli".[172][173]

Nella messa tridentina, il sacerdote, mentre recita silenziosamente l'embolismo del Pater noster, compie il rito della frazione del pane, dividendo l'ostia in tre predeterminate parti. Poi rivolto al popolo dice o canta Pax Domini sit semper vobiscum, a cui un ministro o il coro risponde: Et cum spiritu tuo, ma i fedeli non scambiano fra loro alcun segno di pace; il sacerdote lascia cadere nel vino del calice il più piccolo dei tre frammenti dell'ostia (commixtio). Dopo questo dice tre volte Agnus Dei ..., battendosi il petto ogni volta. Recita silenziosamente la preghiera per la pace della Chiesa e, solo nelle messe solenni, inizia lo scambio della pace esclusivamente tra il sacerdote celebrante, il diacono, il suddiacono e i membri del clero. Eccezionalmente si coinvolge alcuni pochi altri facendo uso dell'instrumentum pacis.

Nella messa più recente l'embolismo è detto o cantato ad alta voce, il popolo risponde con un'acclamazione, il sacerdote recita ad alta voce la preghiera per la pace della Chiesa e saluta il popolo con Pax Domini sit semper vobiscum, al quale il popolo risponde: Et cum spiritu tuo. Segue facoltativamente lo scambio della pace fra tutti i fedeli. Dopo questo, al canto o la recita dell'Agnus Dei ... il sacerdote spezza l'ostia e compie il rito della commixtio.

Riti di conclusione

La messa più recente termina con la benedizione e l'Ite missa est, mentre in quella tridentina la benedizione e l'"ultimo Vangelo" sono successivi all'Ite.

Note

  1. ^ Nel Ritus servandus in celebratione Missae, V, 3 del Messale Romano del 1962 (p. LVII) si prevede che l'altare possa essere ad orientem, versus populum
  2. ^ (FR) Bernard Botte, O.S.B., Le mouvement liturgique: Témoignage et souvenirs, Desclée 1973, pp. 10–11
  3. ^ (EN) Rita Ferrone, Liturgy: Sacrosanctum Concilium, Paulist Press, 2007, p. 3
  4. ^ F. X. Haberl, Magister Choralis: A Theoretical and Practical Manual of Gregorian Chant (Pustet 1892), p. 90]
  5. ^ William J. Collinge, Historical Dictionary of Catholicism, Rowman & Littlefield, 2021, p. 450
  6. ^ John L. Allen, "Both on communion and Latin Mass, 'weaponization' may be Pope's target" in Crux, 18 luglio 2021
  7. ^ Traditionis custodes, articolo 1]
  8. ^ Decreto dell'11 febbraio 2022
  9. ^ Pontificia Commissione Ecclesia Dei, Istruzione sull’applicazione della Lettera Apostolica Motu Proprio data Summorum Pontificum
  10. ^ 13 maggio 2010
  11. ^ 20 gennaio 2010
  12. ^ 22 febbraio 2020
  13. ^ 22 febbraio 2020
  14. ^ The Order of Mass in Nine Languages, Liturgical Press, 2012 ISBN 9780814634561
  15. ^ Jean Galot, "Polemiche intorno al nuovo «Ordo Missae»" in Civiltà Cattolica, anno 120 (1969), vol. 4, p. 567, su books.google.it. URL consultato il 31 agosto 2015 (archiviato dall'url originale il 28 gennaio 2016).
  16. ^ Non è indispensabile che siano celebrate dallo stesso prete, e neppure allo stesso altare, evenienze però raccomandate. Secondo una devozione popolare, questa pratica ottiene, se non la liberazione immediata dal purgatorio, quanto meno una particolare intercessione da parte di san Gregorio Magno.[senza fonte]
  17. ^ a b Francis A. Brunner, "Roman Rite in New Catholic Encyclopedia
  18. ^ a b c Nicola Bux, Come andare a Messa e non perdere la fede, Piemme, 2010, p. 88
  19. ^ a b c d e f Adrian Fortescue, "Liturgy of the Mass" in Catholic Encyclopedia (New York, 1910)
  20. ^ Restaurata più recentemente per ordine del Concilio Vaticano II (Sacrosanctum Concilium, 53).
  21. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 99-106
  22. ^ a b Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 123
  23. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 123-124
  24. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 108-109, 142
  25. ^ C. Kelly, "Agnus Dei" in New Catholic Encyclopedia
  26. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 110-112
  27. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 112-113
  28. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 113-114, 145
  29. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 115
  30. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 144
  31. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 144-145
  32. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 147-152
  33. ^ E. J. Gratsch, "Apologies, Liturgical" in New Catholic Encyclopedia
  34. ^ Lucien Deiss, The Mass, Liturgical Press, 1992, p. 50
  35. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 268-271
  36. ^ The Oxford Dictionary of the Christian Church a cura di Frank Leslie Cross e Elizabeth A. Livingstone, Oxford University Press, 2005, p. 525, s.v. "eastward position"
  37. ^ Nicola Bux, Come andare a Messa e non perdere la fede, Piemme, 2010, pp. 88-89
  38. ^ Keith F. Pecklers, The Genius of the Roman Rite: On the Reception and Implementation of the New Missal, Liturgical Press, 2009, p. 15
  39. ^ Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in Scientia liturgica, vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 139
  40. ^ Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in Scientia liturgica, vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 141
  41. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 158
  42. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 238-240
  43. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 404
  44. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 404-411
  45. ^ Marcel Metzger, "Storia della celebrazione eucaristica in Occidente", in Scientia liturgica, vol. III, Casale Monferrato, Piemme, III ed., 2003, p. 136
  46. ^ Sit Dominus in corde tuo et in labiis tuis et recipiat sacrificium sibi acceptum de ore tuo et de manibus tuis pro nostrorum omnium salute. Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 286-287
  47. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 152-153
  48. ^ Archivio apostolico vaticano, Codex Ottobonianus latinus, 356
  49. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 150, 153
  50. ^ Manlio Sodi, "Il Missale Romanum tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in Celebrare con il Messale di San Pio V, Padova, Messaggero, 2008, pp. 57-62
  51. ^ Manlio Sodi, Achille Maria Triacca (a cura di), Missale Romanum Editio Princeps, Libreria Editrice Vaticana, 1998.
  52. ^ Quo primum tempore, IV
  53. ^ a b Joris Geldhof, "Did the Council of Trent produce a liturgical reform? The case of the Roman Missal" in QL 93 (2012), pp. 171-195
  54. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, p. 154
  55. ^ Quo primum tempore, II
  56. ^ Quo primum tempore, III
  57. ^ Łukasz Celiński, "Per una rilettura della storia della formazione e dello sviluppo del Messale Romano. Il caso del Messale di Clemente V." in Ecclesia Orans, 33 (2016), pp. 383-404 (p. 15 dell'estratto)
  58. ^ Manlio Sodi, "Il Missale Romanum tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in Celebrare con il Messale di San Pio V, Padova, Messaggero, 2008, pp. 57-64
  59. ^ (EN) Michael Davies, A Short History of the Roman Mass, TAN Books, 1997, p. 18.
  60. ^ Aimé-Pierre Frutaz, "Messale" in Enciclopedia Cattolica, vol. VIII, p. 836, cit. da Manlio Sodi, Missale Romanum. Editio Princeps (1570) (Libreria Editrice Vaticana, 1998), p. XVIII, e "Il Missale Romanum tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in Celebrare con il Messale di San Pio V, Padova, Messaggero, 2008, p. 64
  61. ^ Jean Mabillon, Museum italicum, seu Collectio veterum scriptorum ex bibliothecis italicis, Parigi, 1689, vol. 2, p. 14
  62. ^ Josef Andreas Jungmann, The Mass of the Roman Rite: Its Origins and Development (Missarum Solemnia), Benziger, 1951, pp. 315–316.
  63. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 214, 446
  64. ^ Editio princeps, p. 236; Manlio Sodi e Achille Maria Triacca, Missale Romanum. Editio Princeps (1570) (Libreria Editrice Vaticana, 1998), p. 296/
  65. ^ Missale Romanum (Venezia 1974), p. 233
  66. ^ Missale Romanum (Tipografia Vaticana, 1604). p. 218
  67. ^ Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 444-445
  68. ^ Alcuin Reid, T&T Clark Companion to Liturgy (Bloomsbury, 2015), p. 115]
  69. ^ (DE) Deutsche Biographische Enzyklopädie der Theologie und der Kirchen (DBETh), Walter de Gruyter, 2011, p. 209.
  70. ^ Manlio Sodi, "Il Missale Romanum tra l'edizione del 1474 e quella del 1962", in Celebrare con il Messale di San Pio V, Padova, Messaggero, 2008, p. 64
  71. ^ Giles Dimock, "Revisiting the Baroque" in Catholic Culture
  72. ^ Paul Cavendish, The Tridentine Mass, su pagesperso-orange.fr. URL consultato il 26 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 13 novembre 2009).
  73. ^ (LA) Sacra Congregazione dei Riti, Decreto Iam inde ab anno, ASS 16 (1883-84), pp. 239-240
  74. ^ Anthony Cekada, Russia and the Leonine Prayers, 1992
  75. ^ Sono state soppresse con l'istruzione Inter oecumenici del 26 settembre 1964. Cfr. S. Rituum Congregatio,Instructio Inter oecumenici, AAS 56 (1964), p. 888, 48 j. Si noti che l'istruzione Inter oecumenici fu il primo passo della riforma liturgica dopo la promulgazione della costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium in attesa della redazione del nuovo Messale, non una revisione del Messale Romano del 1962.
  76. ^ Rinaldo Falsini, "La riforma liturgica da Pio XII a Paolo VI"
  77. ^ Papa Giovanni Paolo II, "Lettera apostolica Vicesimus quintus annus", 3-4
  78. ^ Paolo Farinella, Ritorno all'antica messa: nuovi problemi e interrogativi, Il Segno Gabrielli Editori, 2007, p. 64 ISBN 9788860990334
  79. ^ Enrico Mazza, "La riforma liturgica del Vaticano II: Perché una riforma liturgica può diventare un casus belli" in Teologia, 38 (2013), pp. 429-430
  80. ^ La menzione dell'imperatore nel canone era già da considerarsi abolita dal 1806 con l'inserimento di una nota nel messale, in cui si specificava che tale menzione, benché presente, non avrebbe dovuto essere pronunciata. Ciò perché, avendo Francesco II d'Asburgo, per riguardo al genero Napoleone Bonaparte, rinunciato al titolo di Sacro Romano Imperatore, tale figura non era più presente. Pertanto, si avvertiva, che il monarca che avesse preteso l'applicazione di tale menzione, avrebbe commesso peccato mortale.
  81. ^ Quando vi era un'occorrenza liturgica (sovrapposizione di due feste in uno stesso giorno, delle quali quella non prevalente avesse Vangelo proprio; avevano Vangelo considerato proprio le domeniche, le ferie speciali, le vigilie, le feste della Madonna, degli Apostoli, degli Angeli, del Battista, di Santa Maria Maddalena e di Santa Marta.
  82. ^ Un Ultimo Vangelo proprio è previsto solo alla Domenica delle Palme, qualora non sia stata celebrata la Processione delle Palme, come Ultimo Vangelo si legge il testo proprio di tale processione.
  83. ^ Mt 27, 29, su laparola.net.; Mc 15, 19, su laparola.net.
  84. ^ Nelle edizioni precedenti veniva adoperato il Prefazio dell'Epifania, in quella del 1962 il Prefazio comune.
  85. ^ a b Dal testo della Sacrosanctum Concilium
  86. ^ "L'uso della lingua latina, salvo diritti particolari, sia conservato nei riti latini. Dato però che, sia nella messa che nell'amministrazione dei sacramenti, sia in altre parti della liturgia, non di rado l'uso della lingua nazionale può riuscire di grande utilità per il popolo, si conceda alla lingua nazionale una parte più ampia", cfr. Sacrosanctum Concilium, 36
  87. ^ Quinta Istruzione per la retta Applicazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia del Concilio Vaticano II
  88. ^ Maurizio Barba, Il culto di San Giuseppe nella tradizione della Chiesa, su collationes.org. URL consultato il 6 settembre 2015 (archiviato dall'url originale il 5 marzo 2016).
  89. ^ Manlio Sodi, "Storia della messa in Italia" in Enciclopedia Treccani: Cristiani d'Italia
  90. ^ L'edizione del 1962 l'aveva già rimossa nei riguardi del canto dell'Epistola e del Vangelo nella messa solenne.
  91. ^ (LA) Sacra Congregatio Rituum, Istruzione Inter oecumenici, 26 settembre 1964
  92. ^ Sodalitium, giugno 2008, p. 62 Benedetto XVI sostituisce la preghiera del Venerdì Santo per i Giudei nel messale del 1962 Mons. Donald J. Sanborn « [...] Si deve ricordare che ciò che ha causato il nostro allontanamento dalla FSSPX nel 1983, è stata la messa di Giovanni XXIII, cioè il messale del 1962. La ragione per cui l'arcivescovo Lefebvre voleva che tutti adottassero questo messale, rimangiandosi la sua precedente scelta di permettere le rubriche precedenti il 1955, era che in quel momento egli stava trattando molto seriamente con Ratzinger, per far sì che la FSSPX venisse riassorbita nella religione modernista. Egli mi disse personalmente che il Vaticano non avrebbe mai accettato che noi usassimo le rubriche precedenti il 1955, ed io vidi con i miei occhi i documenti riguardanti le trattative tra lui e Ratzinger, al cui centro c'era il messale del 1962, il cui uso sarebbe stato consentito alla FSSPX. [...] Nel 1983, quando i nove sacerdoti si opposero all'abbandono delle rubriche del Messale di san Pio X, del calendario e del breviario, pochi laici capirono l'importanza di questo gesto. La media dei laici non riesce a distinguere la messa tradizionale del 1962 da quella del messale precedente il 1955, cioè quello che noi usiamo. Ma, in realtà, le differenze sono importanti. Nei gesti e nei simboli della liturgia ci sono interi volumi di insegnamento.».
  93. ^ (EN) Rev. Clarence Kelly Superior, N.E. District Rev. Donald J. Sanborn Rector, St. Thomas Aquinas Seminary Rev. Daniel L. Dolan Rev. Anthony Cekada Rev. William W. Jenkins Rev. Eugene Berry Rev. Martin P. Skierka Rev. Joseph Collins Rev. Thomas P. Zapp, Letter of 'the Nine' to Abp. Marcel Lefebvre, su traditionalmass.org, 25 marzo 1983. URL consultato il 19 novembre 2015.
  94. ^ (EN) The Roman Catholic, marzo 1983.
  95. ^ Lettera Quattuor abhinc annos
  96. ^ Motu proprio Ecclesia Dei afflicta
  97. ^ Lettera accompagnatoria del papa ai vescovi
  98. ^ Affermazione negata da alcuni fra il quali il prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti Arthur Roche ("Vatican liturgy chief: Traditional Latin Mass ‘abrogated by Pope St. Paul VI’" Catholic News Agency, 8 novembre 2021).
  99. ^ Si tratta dei prefazi de Angelis, de Sancto Ioanne Baptista, de Martyribus, de Omnibus Sanctis et Ss. Patronis, de Sanctissimo Sacramento, de Dedicatione Ecclesiae, de Nuptiis.
  100. ^ Decreto Quo magis della Congregazione per la Dottrina della Fede
  101. ^ Decreto Cum sanctissima della Congregazione per la Dottrina della Fede
  102. ^ Motu proprio Traditionis custodes, articolo 1
  103. ^ a b Lettera del Santo Padre Francesco ai vescovi di tutto il mondo per presentare il motu proprio Traditionis custodes sull'uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970
  104. ^ Motu proprio Traditionis custodes, articoli 2–7
  105. ^ Motu proprio Traditionis custodes, articolo 8
  106. ^ Codice delle rubriche, 271 (in latino e in francese)
  107. ^ Sacra Congregazione dei Riti, Instructio de musica sacra, 3 settembre 1958, n. 3
  108. ^ Semplicissima spiegazione della Messa secondo il rito romano
  109. ^ Giacomo Baroffio, Dizionario Liturgico
  110. ^ (EN) Gregory DiPippo, "PCED Issues Clarification on Bishop's Missa Cantata", 24 luglio 2017
  111. ^ (EN) Missa Praelatitia at Rome's Church of Gesù e Maria with His Excellency Athanasius Schneider, 22 novembre 2009
  112. ^ (EN) Gerard Austin, "Restoring Equilibrium after the Struggle with History" in Source and Summit: Commemorating Josef A. Jungmann, S.J., Liturgical Press, 1999, p. 44.
  113. ^ (EN) John O'Brien, A History of the Mass and its Ceremonies in the Eastern and Western Church, Catholic Publications Society, 1879, p. 7
  114. ^ (EN) Adrian Fortescue, "Liturgy of the Mass", in Catholic Encyclopedia, New York, 1910
  115. ^ «Sacrosanctum Missae Sacrificium, iuxta canones et rubricas celebratum, est actus cultus publici, nomine Christi et Ecclesiae Deo redditi. Denominatio proinde « Missae privatae » vitetur».
  116. ^ Codice delle Rubriche del Breviario e del Messale Romano, 271 (AAS 52 (1960), p. 643
  117. ^ ''Sacrosanctum Concilium'', 27, su vatican.va, 4 dicembre 1963. URL consultato il 17 maggio 2012.
  118. ^ Paul VI, ''Mysterium Fidei'', 32, su vatican.va. URL consultato il 17 maggio 2012.
  119. ^ (EN) Edward Foley et alii, A Commentary on the General Instruction of the Roman Missal, Liturgical Press, 2008 ISBN 0-8146-6017-7, 978-0-8146-6017-1, p. 311
  120. ^ Codice di Diritto Canonico 1917, canone 813
  121. ^ Codice di Diritto Canonico (1983), canone 906
  122. ^ Ordinamento generale del Messale romano, 254
  123. ^ Vincenzo Vannutelli. Il monte Libano (Gebel Lebnan)., M. Armanni, 1884. p. 56.
  124. ^ Ritus servandus in celebratione Missae, III. 7
  125. ^ canone 906 in versione italiana
  126. ^ testo originale del canone 906
  127. ^ Mulieres autem servire ad altare non audeant, sed ab illius ministerio repellantur omnino. Cfr. Innocenzo IV, Lettera Sub catholicae professione, 6 marzo 1254
  128. ^ Pontificio consiglio per i testi legislativi, Interpretationes authenticae, can. 230 §2
  129. ^ John Goggin, "Assistant Priest" in Catholic Encyclopedia, New York, 1911
  130. ^ Codice delle Rubriche, 511
  131. ^ Codice delle Rubriche, 272
  132. ^ Sacra Congregazione dei Riti, Instructio de musica sacra, 3 settembre 1958, n. 28–31
  133. ^ Si usa la pronuncia itacistica, per cui la lettera η (per esempio, nella parola ἐλέησον) ha il valore di i, non di e.
  134. ^ J. Y. Pertin, Cerimoniale del Rito Romano Antico, Chieti, Edizioni Amicizia Cristiana - Gruppo Editoriale Tabula Fati, 2008 - p. 36 nota 20.
  135. ^ (LA) Missale Romanum 1962, Ritus servandus in celebratione Missae, VI, 3 e 6 (pp. LVII-LVIII)
  136. ^ (EN) The Croatian Glagolitic Heritage
  137. ^ Rescritto Quum Nova, AAS 19 (1927), p. 156
  138. ^ (LA) Periodica de re morali canonica liturgica, t. XLVI, fasc. I, 15 marzo 1957, pp. 79-87
  139. ^ (LA) Rubricæ generales - Missale Romanum, Typis poliglottis Vaticanis 1962 Cap. XVIII, 132
  140. ^ (LA) Rubricæ generales - Missale Romanum, Typis poliglottis Vaticanis 1962 Cap. XVIII, 119/132
  141. ^ "planeta seu casula" - Rubricæ generales - Missale Romanum, Typis poliglottis Vaticanis 1962 Cap. XIX, 133
  142. ^ I libri liturgici hanno sempre usato i due termini pianeta e casula come sinonimi. Nelle edizioni del Messale Romano in uso prima del 1962, il termine «pianeta» appariva undici volte (Rubricae generalis Missalis, 6 volte; Ritus servandus in celebratione Missae, I, 4; VIII, 6 e 8; Praeparatio ad Missam, Ad Planetam, per i vescovi, 2 volte) e il termine «casula» dodici volte (Ritus servandus in celebratione Missae, XIII, 4; Praeparatio ad Missam, Ad Casulam, cum assumitur (per i presbiteri); Feria Quarta Cinerum; Dominica in Palmis; Feria VI in Parasceve, 2 volte); Sabbato Sancto, 3 volte); Sabbato in Vigilia Pentecostes; In Purificatione B. Mariae V.; Absolutio super tumulum). Il Rito dell'ordinazione presbiterale prescriveva che l'ordinando si presentasse avente «"planetam" coloris albi complicatam super brachium sinistrum», ma poi indicava che il vescovo «imponit Ordinando "casulam" usque ad scapulas» e poi, più tardi, «explicans "casulam", quam Ordinatus habet complicatam super humeros, et induit illum». Nell'edizione 1962 "planeta" si trova 18 volte, "casula" 8 volte.
  143. ^ (LA) Rubricæ generales - Missale Romanum, Typis poliglottis Vaticanis 1962 Cap. XIX, 137
  144. ^ Rubricae generales Missalis, XX
  145. ^ Rubricae generales - Missale Romanum, Typis polyglottis Vaticanis 1962 Cap. XI, 527).
  146. ^ David N. Bell, Everyday Life at La Trappe under Armand-Jean de Rancé (Liturgical Press, 2018), p. 74
  147. ^ Uwe Michael Lang,"Tamquam Cor in Pectore: The Eucharistic Tabernacle Before and After the Council of Trent" in Sacred Architecture, vol. 16 (primavera 2009)
  148. ^ Paul F. Bradshaw, New SCM Dictionary of Liturgy and Worship, SCM Press, 2013, pp. 404–406
  149. ^ Codice di diritto canonico 1917, canone 1197 § 1
  150. ^ Codice di diritto canonico del 1917, canone 1198 §3
  151. ^ Enciclopedia ecclesiastica, Venezia, 1864, p. 215
  152. ^ Decreto Sanctissimam Eucharistiam, AAS 49 (1957), pp. 425–426
  153. ^ Helen Dietz, "The Eschatological Dimension of Church Architecture : The Biblical Roots of Church Orientation" in volume 10 del Sacred Architecture Journal dell'Institute for Sacred Architecture.
  154. ^ Il Messale tridentino indica per 89 giorni dell'anno la chiesa romana assegnata per la celebrazione della messa stazionale del giorno: 37 chiese, di cui due sono state demolite. Alcune sono assegnate a parecchi giorni: per esempio, San Pietro in Vaticano 13 volte, Santa Maria Maggiore 12 volte, San Giovanni in Laterano 7 volte, San Paolo fuori le mura e San Lorenzo fuori le mura 4 volte, Sant'Anastasia e Santa Croce in Gerusalemme 3 volte.
  155. ^ Delle 37 chiese nominate nel Messale tridentino, 19 hanno l'abside ad occidente e l'ingresso ad oriente: Santa Maria Maggiore, San Pietro in Vaticano, Santa Maria in Trastevere, Santi Giovanni e Paolo, San Giovanni in Laterano, Santa Maria in Domnica, San Clemente, Santa Balbina, Santa Cecilia, San Vitale, San ti Marcellino e Pietro, San Marco, Santa Pudenziana, San Sisto, Santa Susanna, Santi Quattro Coronati, San Lorenzo in Damaso, Santi Silvestro e Martino ai Monti, San Pancrazio. 7 hanno l'abside ad oriente: Santa Croce in Gerusalemme, Santi XII Apostoli, Sant'Anastasia, San Paolo fuori le mura (originalmente con l'abside ad occidente), San Lorenzo fuori le mura, San Pietro in Vincoli, Santa Prisca. 6 hanno l'abside al nord: Santa Sabina, San Giorgio in Velabro, San Lorenzo in Panisperna, Santi Cosma e Damiano, Sant'Eusebio, Santa Prassede. Una ha l'abside al sud: San Lorenzo in Lucina. Due sono rotonde: Santo Stefano, Santa Maria ad Martyres. Due sono state demolite: San Trifone e San Ciriaco.
  156. ^ Fra le pagine XXXVI e XXXVII dell'edizione 1962
  157. ^ Ritus servandus in celebratione Missae. Missale Romanum, Typis Polyglottis Vaticanis, 1961 (in italiano), V, 3
  158. ^ a b c Ritus servandus, V, 3
  159. ^ a b Ritus servandus, V, 1
  160. ^ Ritus servandus, VII, 1
  161. ^ Ritus servandus, VII, 7
  162. ^ Ritus servandus, X, 6
  163. ^ a b Ritus servandus, XI, 1
  164. ^ Ritus servandus, XII, 1
  165. ^ Ritus servandus in celebratione Missae V, 3, per esempio Messale romano 1972, p. LVII
  166. ^ Ordinamento Generale del Messale Romano, 42–43
  167. ^ Questo salmo è omesso nel Tempo di Passione.
  168. ^ Il popolo recita il Confiteor solo nella Messa dialogata.
  169. ^ Dom Prosper Guéranger O.S.B, cit. 5. Kyrie Testo del capitolo V
  170. ^ Ma non esclusivamente, ad esempio nella Messa dell'Assunzione si legge Gdt 13, su laparola.net..
  171. ^ Per esempio, Ordinamento generale del Messale Romano, 219
  172. ^ Così sono chiamate nel Messale del 1962, mentre prima della riforma liturgica della Settimana Santa il Messale non conteneva un nome per le orazioni.
  173. ^ Per la preghiera dei fedeli antica vedi Mario Righetti, Storia liturgica, vol. III, Milano, Ancora, 1949, pp. 242-247

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

  Portale Cattolicesimo: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di cattolicesimo