Scontri di Genova del 1993

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Gli scontri di Genova del 1993 furono una sommossa cittadina nel centro storico di Genova del luglio 1993. Per alcune notti si consumarono aggressioni operate da cittadini italiani nei confronti degli immigrati, accusati di degradare la città tra spaccio di droga, criminalità e povertà. Fu una delle prime sommosse di carattere razziale e xenofobo della storia contemporanea italiana[1][2].

Antefatti[modifica | modifica wikitesto]

La società italiana fino agli anni novanta era una dei pochi casi dell'Europa occidentale a presentare una straordinaria uniformità etnica e a non aver mai vissuto conflitti causati dalla convivenza tra etnie (fatta eccezione per la questione meridionale o le leggi razziali), paragonabili a quelli accaduti negli Stati Uniti o in altri grandi paesi europei[3]. In termini razziali gli italiani erano profondamente conservatori, nonché del tutto ostili all'idea di un paese multietnico.[4]

Genova, città tradizionalmente legata alla cantieristica e all'economia portuale, a partire dalla fine del XIX secolo, con la conversione di molte aree costiere o agricole del ponente in industriali, aveva visto una forte crescita della popolazione, grazie alla forte immigrazione da altre regioni italiane (principalmente dal meridione e dalle isole durante il boom economico del dopoguerra). Questa situazione di crescita da una parte aveva portato alla nascita di nuovi quartieri residenziali periferici, non sempre ben integrati nell'urbanistica precedente e spesso carenti di servizi, dall'altra aveva comportato l'abbandono del centro storico da parte delle tradizionali famiglie borghesi di origine genovese. Proprio per la sua vocazione operaia, la città si era sempre caraterizzata per essere un bacino elettorale piuttosto importante del Partito comunista. La presenza del porto aveva fatto di Genova uno dei principali punti di transito sia per i flussi di italiani che emigravano verso l'estero, sia per gli stranieri, non sempre regolari, diretti in Italia o in altre nazioni europee, ma ben pochi di questi inizialmente si erano fermati in loco.[5] In questi anni parte dei palazzi del centro storico e sopratutto dell'angiporto, abbandonati al degrado dai proprietari, divennero luoghi adibiti a residenza di fortuna, centro di contrabbando e fulcro di grossa e piccola criminalità, che tuttavia, al di là della possibile percezione di pericolosità da parte dell'opinione pubblica, al tempo manteneva un certo equilibrio con le attività legali e i residenti regolari ancora presenti[5].

Con l'approssimarsi degli anni ottanta tuttavia l'andamento della popolazione aveva avuto una brusca inversione di tendenza: la crisi del porto e della siderurgia, a cui si erano aggiunti processi di deindustrializzazione che stavano colpendo tutta l'economia dopo la caduta del Muro di Berlino, avevano prodotto un brusco calo degli occupati e avevano interrotto il flusso migratorio proveniente dal resto d'Italia. A questa situazione si univa la difficile integrazione coi primi immigrati giunti negli anni precedenti dai paesi del Terzo e Quarto mondo. L'immigrazione straniera fino a questo momento a Genova era stata infatti marginale in termini numerici, composta principalmente da collaboratori domestici giunti dalle ex colonie o tramite le missioni cattoliche, lavoratori del porto e studenti ed esiliati politici (ad alta scolarizzazione) provenienti da nazioni sudamericane, mediorientali e dalla Grecia, quasi tutti soggetti che trovavano modo di interagire con la vita cittadina, anche se non sempre riuscendo ad integrarvisi. [6] La situazione e la percezione della stessa da parte di genovesi (e degli immigrati già presenti) cambiarono velocemente con le nuove ondate migratorie, composte principalmente da persone di sesso machile provenienti dal Nord Africa, spesso dedite a lavori non stabili (come quello di venditori ambulanti), che però gli permettevano di rientrare periodicamente in madrepatria.[6]

Nonostante i tentativi delle amministrazioni locali di proiettare il più importante porto italiano verso le sfide del futuro con una ristrutturazione del comparto industriale e un rinnovamento di immagine con l'Expo 1992 (che comportò, almeno per quell'anno, un aumento dei controlli delle forze dell'ordine nel centro cittadino per renderlo sicuro e fruibile ai visitatori), alcuni problemi sociali e strutturali restarono, primo fra tutti il declino demografico (nei precedenti vent'anni la città aveva perso 200mila abitanti, il centro storico circa 50mila)[7], in parte sanato dall'arrivo degli stranieri extracomunitari, alcuni regolarizzati con la Legge Martelli e che avevano trovato una casa proprio in alcuni vicoli del centro storico, ancora poco riqualificato, nelle aree più degradate e con numerosi edifici fatiscenti[8], con l'inevitabile arruolamento nella microcriminalità, legata soprattutto alla prostituzione e allo spaccio di droga, già presente storicamente in questi luoghi. Nel 1988 si ebbe la notizia di madri di Piazza Sarzano che chiedevano il porto d'armi per contrastare la droga e di ronde di vigilanti anti-droga in alcuni quartieri della città[9]. Ciò portò ad un innalzamento delle prime tensioni etniche poi facilitate dal successo elettorale di quegli anni di partiti in ascesa storicamente ostili all'immigrazione come la Lega Nord.

Gli scontri[modifica | modifica wikitesto]

La tensione crebbe nei primi anni 90, con la formazione di gruppi di quartiere e comitati, ufficialmente contrari allo spaccio, ma in diversi casi contrari in generale all'immigrazione, che iniziarono ad organizzare ronde e manifestazioni. Notizie di cronaca relative a reati violenti che riguardavano immigrati venivano spesso strumentalizzate a fini propagandistici. Stando sia alle dichiarazioni sia delle forze dell'ordine, sia dei gruppi che invece cercavano di curare l'integrazione di chi stava immigrando in città, questi comitati erano facilmente infiltrati al loro interno da appartenenti ai gruppi criminali che gestivano lo spaccio, legati ai clan malavitosi del meridione giunti con l'immigrazione interna dei decenni precedenti, e che vedevano negli immigrati africani una possibile concorrenza. Gli spacciatori italiani avrebbero quindi sfruttato l'esasperazione dei residenti, per riuscire ad allontare i nuovi venuti.[10][11][12]

Tra il 20 e il 21 luglio 1993 numerosi giovani armati di spranghe di ferro, sassi e bastoni scatenarono, tra i carruggi genovesi, una guerriglia urbana e una "caccia di immigrati", in particolare maghrebini, con scontri diretti anche con le forze dell'ordine. In una delle notti più movimentate, gli scontri durarono fino all'alba per poi ricominciare la notte successiva, attaccando sempre poliziotti ed extracomunitari. Nel corso della guerriglia vennero sparati anche tre colpi di arma da fuoco dall'interno dell'area dell'Expo per disperdere gli assalitori. La battaglia non si limitò a Piazza Cavour, epicentro principale di questa "rivolta", ma si propagò nei vicoli circostanti, mandando alcuni stranieri in ospedale. Secondo alcuni testimoni sarebbero state decine le persone ferite (tra cui molti poliziotti stessi) per probabile opera di ambienti vicini all'estrema destra locale e alla criminalità italiana legata allo spaccio[8]. In risposta, la polizia locale organizzò cordoni di sicurezza nel centro storico e un considerevole numero di pattuglie vennero dislocate nei vicoli più interni dell'angiporto.

Alcuni dei comitati più moderati si dissociarono dalle azioni violente di questi giorni[13], pur continuando a criticare l'assenza delle isituzioni relativamente ai denunciati problemi di degrado e criminalità.

Il procuratore della Repubblica Giovanni Virdis, nel vuoto legislativo lasciato dal referendum abrogativo sulle droghe dello stesso anno, emanò una circolare in cui fissava i limiti di possesso delle sostanze stupefacenti entro i quali si sconsigliava l'arresto del consumatore, ma non dello spacciatore, che doveva invece essere arrestato anche con mezzo grammo. Il provvedimento si attirò numerose critiche dagli abitanti e dai comitati del centro storico che si sentirono traditi dalla "direttiva Virdis", che fu criticata anche da alcuni preti di strada, mentre il sindacato di polizia SIULP rivendicava una "solidarietà nella legalità"[1].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Rossella Michienzi, Genova, spietata caccia all'immigrato, in l'Unità, 22 luglio 1993.
  2. ^ A. Petrillo, La città delle paure. Per un'archeologia dell'insicurezza urbana, Napoli, Elio Sellino Editore, 2003, p. 246.
  3. ^ Umberto Melotti, Immigrazione e conflitti urbani in Europa, su journals.openedition.org.
  4. ^ Paul Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, Milano, Einaudi, 1996, p. 317.
  5. ^ a b Deborah Erminio, Il lungo percorso delle migrazioni a Genova, in a cura di Andrea T. Torre, Quarant’anni dopo Genova e l’immigrazione straniera, collana Migrazioni e mutamento sociale n 3, GENOVA UNIVERSITY PRESS, ISBN 978-88-3618-221-3, pag 25 e seguenti
  6. ^ a b Francesca Martini, L’abitare nello spazio, nel tempo e nelle traiettorie di vita delle persone straniere immigrate a Genova, in a cura di Andrea T. Torre, Quarant’anni dopo Genova e l’immigrazione straniera, collana Migrazioni e mutamento sociale n 3, GENOVA UNIVERSITY PRESS, ISBN 978-88-3618-221-3, pag 229 e seguenti
  7. ^ Fabrizio Ferrari, Genova, città a due volti, su journals.openedition.org.
  8. ^ a b Genova. Dopo l'attacco agli immigrati la loro cacciata. Intervista a Saleh Zaghloul. Una Città n° 28 / 1993 Dicembre, su unacitta.it.
  9. ^ R. Michienzi, cit., in l'Unità.
  10. ^ Deborah Erminio, Il lungo percorso delle migrazioni a Genova, in a cura di Andrea T. Torre, Quarant’anni dopo Genova e l’immigrazione straniera, collana Migrazioni e mutamento sociale n 3, GENOVA UNIVERSITY PRESS, ISBN 978-88-3618-221-3, pag 60-62
  11. ^ Francesca Martini, L’abitare nello spazio, nel tempo e nelle traiettorie di vita delle persone straniere immigrate a Genova, in a cura di Andrea T. Torre, Quarant’anni dopo Genova e l’immigrazione straniera, collana Migrazioni e mutamento sociale n 3, GENOVA UNIVERSITY PRESS, ISBN 978-88-3618-221-3, pag 262
  12. ^ "È solo una guerra tra spacciatori", articolo de l'Unità, del 23 luglio 1993
  13. ^ "Spacciatori noi? Parisi venga a dircelo in faccia", articolo de l'Unità, del 24 luglio 1993

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]