Sbergia

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Sbergia
Smergie in un pescheto di Torregrotta
Origini
Luogo d'origineBandiera dell'Italia Italia
RegioneSicilia
Zona di produzionevalle del Niceto
Dettagli
Categoriaortofrutticolo
SettoreOrtofrutticoli e cereali

La Sbergia (o Smergia[1]) è una varietà di pesca nettarina, cultivar Sbergiu[2][3], diffusa soltanto nella valle del Niceto[1] - nei comuni di Torregrotta, Monforte San Giorgio e San Pier Niceto[3][4] (Sicilia) - di cui costituisce un prodotto endemico[1][5].

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Raccolta solitamente tra luglio e agosto[6], è caratterizzata dalla pelle liscia[1], la polpa bianca[7], il profumo all'olfatto e dolcezza al gusto[1]. Inoltre, «le caratteristiche pedo-climatiche e colturali tipiche dell'aria di diffusione, conferiscono alla” Sbergia “delle peculiarità organolettiche non riscontrabili nelle produzioni di altre località»[4]. Tuttavia il prodotto si deteriora rapidamente e gli alberi che lo fruttificano sono molto esigenti in fatto di difesa parassitaria, potatura e sostegno rami[8]. Attualmente la Sbergia viene prodotta su una superficie stimata tra i 75 e i 90 ettari[3][4] con una produzione media globale annua di circa 8000 tonnellate[3]. Il mercato di commercializzazione è limitato alle provincie di Messina, Catania e Reggio Calabria[3] e, a causa delle modeste dimensioni delle superfici coltivate, le produzioni non riescono a soddisfare le richieste di mercato[6]. Il ricavo lordo si aggira tra 800.000 e 1,5 milioni di euro su tutto il comprensorio di diffusione[8].

Storia[modifica | modifica wikitesto]

Secondo la tradizione, la Sbergia fu introdotta per la prima volta dalle popolazioni arabe che si stanziarono nella zona a partire dal 965, come risultato di alcuni innesti sperimentali[9]. Lo stesso termine Sbergia deriverebbe dall'arabo al-berchiga, trasformato poi nel francese alberges durante la dominazione angioina, fino ad approdare, dopo varie modificazioni linguistiche, all'attuale terminologia. La coltivazione della Smergia nella valle del Niceto è accertata con prove documentali già a partire dal XVI secolo, evidenziata da Antonino Venuti nel suo trattato De agricultura opusculum del 1516[3].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e Crisafulli
  2. ^ Maimone, 1993, p.46.
  3. ^ a b c d e f Bacarella, 2003, p.47.
  4. ^ a b c Maimone, 1993, p.47.
  5. ^ Pandolfo, 1999, p.4.
  6. ^ a b Maimone, 1993, p.48.
  7. ^ Giuseppe Casagrande, Tesori nascosti della Sicilia orientale, su asa-press.com, Associazione Stampa Agroalimentare Italiana. URL consultato il 19 ottobre 2012 (archiviato dall'url originale il 4 marzo 2016).
  8. ^ a b Pippo Marco, Smerge e patata primaticcia. Protagoniste dell’economia agricola torrese del secolo, in Torregrotta Notizie, Comune di Torregrotta, - giugno 1998, 8-9.
  9. ^ Melo Freni, Un aeroporto mette a rischio le "smerge" dono superstite del giardino dell'Eden, in Gazzetta del Sud, Società Editrice Sud, 15 settembre 2007.
    «In quanto al frutto, è facile invece sentir parlare di un innesto sperimentato dagli arabi in quei secoli a cavallo dell'anno Mille, allorché fecero della Sicilia il più bel giardino del Mediterraneo, cantato dai poeti: il giardino di Hamdis.»

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]