Rosa di Gorizia

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Rosa di Gorizia
Rosa di Gorizia
Origini
Luogo d'origineBandiera dell'Italia Italia
RegioneFriuli-Venezia Giulia
Zona di produzioneComune di Gorizia
Dettagli
Categoriaortofrutticolo
RiconoscimentoP.A.T.
SettoreProdotti vegetali allo stato naturale o trasformati

La Rosa di Gorizia è una varietà locale di radicchio (Cichorium intybus della sottospecie sativum) tipica della zona di Gorizia in Friuli-Venezia Giulia. È riconosciuto tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali Friulani e Giuliani e come presidio Slow Food[1].

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La Rosa di Gorizia è una varietà di cicoria caratterizzata da un colore rosso intenso o da un rosso con sfumature che portano al rosa a seconda del tipo di selezione effettuata. Le foglie sono larghe e disposte a forma di rosa aperta. Il sapore è solo leggermente amarognolo, a differenza dei radicchi veneti (radicchio di Castelfranco, di Chioggia, di Treviso, di Verona), e al palato risulta croccante.[2] La varietà della Rosa di Gorizia dal gusto più delicato è detta “Canarino” ed è ottenuta probabilmente da un incrocio con la cicoria bionda di Trieste. Il Canarino è dotato di un fogliame di colore giallo e un gusto ancora più dolce.

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La storia della Rosa di Gorizia risale già ai tempi degli Asburgo, ma le prime fonti scritte comparvero nel volume “Gorizia – la Nizza austriaca” del 1873, scritto dal Barone Carl von Czoernig-Czernhausen, vissuto a Gorizia nella seconda metà dell'800. Nel volume, tra la descrizione dei legumi coltivati nella città, viene citata anche una “cicoria rossastra” coltivata nella piana tra Gorizia e Salcano e, in misura minore nelle aree periferiche della città.

La Rosa di Gorizia ha avuto in passato una grande importanza per l’economia della città che era basata prevalentemente sull'agricoltura e che contava molto sulla produzione di questo particolare radicchio.[2] Gli agricoltori più anziani della zona ricordano di averlo sempre prodotto perché una delle poche e sicure fonti di reddito durante la fredda stagione invernale goriziana.

Una delle ipotesi sull'origine della Rosa nel territorio goriziano riferiscono di un signor Vida, sfuggito a un'epidemia di peste scoppiata in Veneto portando con sé i semi a Gorizia. Vida potrebbe aver trasportato sementi del radicchio rosso veneto, o forse quelle del Chioggia, che una volta seminate nei terreni goriziani avrebbero dato origine della Rosa di Gorizia.

Un'altra ipotesi fa risalire l'origine delle sementi alla contessa di Gorizia, Leukardis, dal 1046 al 1072 badessa del monastero di Castel Badia ove le monache erano pratiche nella coltivazione di fiori e ortaggi, i quali, a causa del clima rigido, avevano necessità di particolari cure. Visti i rapporti strettissimi che ai tempi sussistevano tra quelli che oggi sono i territori della Val Pusteri8a e del goriziano, si può immaginare che tra i due luoghi ci fossero scambi frequenti di prodotti.[3][Quali fonti storiche giustificherebbero queste affermazioni?]

Diffusione e utilizzo[modifica | modifica wikitesto]

La Rosa era coltivata in larga parte nella piana tra Gorizia e Salcano (oggi in Slovenia), nel corso degli anni però la coltivazione si è ridotta a causa dell'allargamento dei centri urbani. La sua produzione non è quindi di tipo intensivo e questo garantisce al prodotto un mercato di nicchia, che rende la Rosa un'eccellenza italiana da proteggere. Oggi si trova in vendita a prezzi molto elevati a causa delle elevate necessità di manodopera. La Rosa di Gorizia, ha avuto negli ultimi anni un assoluto accrescimento commerciale nell'alta ristorazione mondiale. Riconosciuta come il radicchio più costoso al mondo, è ricercata da chef di tutto il mondo per la sua bellezza e peculiarità gastronomiche. La sua bellezza e perfezione nella forma, unite alla croccantezza e alla dolcezza della costa, ne fanno l'ingrediente speciale del periodo invernale. Compare nelle cucine dei più famosi ristoranti Europei e mondiali, i quali la considerano preziosa come il tartufo, e quindi degna di abbinamenti come il caviale ed altri preziosi ingredienti. Un esempio della divuldazione della Rosa di Gorizia è l'evento Cookitraw del 2010, avvenuto sul Collio Goriziano, dove 20 chef mondiali l'hanno celebrata nelle creazioni a tavola. Chef del calibro di Renè Redzepi, Yoshihiro Narisawa, Massimo Bottura, l'hanno interpretata nelle varie elaborazioni di cucina facendo capire come sia possibile utilizzarla nelle più svariate forme, dal cotto al crudo, sino ad arrivare alla versione sott'olio extra vergine di oliva, anch'essa tutelata e diventata Presidio Slow Food.li

Il radicchio, leggermente amarognolo, è da assaporare possibilmente crudo, tagliato il meno possibile per evitarne l'ossidazione e accompagnato da patate lesse, fagioli lessati, uova sode a spicchi oppure condito con olio d’oliva, aceto di vino e sale. Anche la piccola radice è ottima da mangiare, tagliata sottile e unita all'insalata.[senza fonte]

Produzione[modifica | modifica wikitesto]

La Rosa viene seminata nel periodo compreso tra marzo e metà giugno, in luna calante, che spesso coincide con la semina dei cereali, in particolare dell'avena, per evitare la crescita delle malerbe infestanti.

I semi vengono mescolati alla sabbia, (quella dell'Isonzo è la preferita), in modo da formare una massa corposa che viene poi distribuita sul terreno. Il terreno ideale è di origine alluvionale ghiaioso e ricco di ferro, soggetto, durante l'estate a lunghi periodi di siccità. Durante l'estate si rompono almeno due volte le zolle effettuando l'erpicatura e si attende l'arrivo dei primi freddi. La raccolta del radicchio, effettuata a mano, cespo per cespo, con tutte le radici, avviene da fine novembre ai primi di dicembre, e inizia dopo i primi geli. Al momento della raccolta i cespi della Rosa sono pressoché uguali ai cespi del comune radicchio: il colore è verde. Dalla raccolta si passa alla forzatura nella quale i cespi vengono custoditi in ambienti chiusi, a una temperatura di circa dieci gradi, riuniti in mazzi di dieci piante ciascuno e adagiati su paglia, erba o sabbia. I cespi vanno bagnati e a mano a mano che si sviluppano debbono togliersi le foglie esterne. La forzatura ha termine nei giorni antecedenti il Natale, periodo nel quale il radicchio compare sulla tavola.

Successivamente alla forzatura avviene anche la selezione delle sementi. Durante la raccolta ai primi di dicembre i contadini non raccolgono, ma lasciano sul terreno alcune piante. La scelta delle piante madri avviene sulla base di esperienze e sensibilità personali in base all'aspetto esterno di ogni pianta. Da queste selezioni dipende la qualità del prodotto che non risulta perfettamente identico da produttore a produttore, infatti il colore del prodotto finito varia a seconda del tipo di selezione effettuata.

Quando la pianta ha raggiunto una determinata altezza di crescita, circa 70 centimetri, i contadini la spogliano della gran parte delle foglie consentendo una più ampia germogliatura. A giugno spuntano i fiori azzurri e comincia la raccolta degli steli. Legati in fasci vengono lasciati essiccare a testa in giù ed entro agosto avviene la battitura. Con questa si staccano i fiori rinsecchiti contenenti al loro interno i semi. Il materiale viene passato prima al setaccio, il dras, e successivamente, utilizzando uno speciale vassoio di legno, la vintuluza, si tolgono le impurità rimanenti; si procede infine alla pulizia finale. Il seme ottenuto, deve rimanere a riposo, saltando una stagione produttiva, questo al fine di conservare e migliorare la genetica e la germinabilità.

Importanza culturale[modifica | modifica wikitesto]

La Rosa è il risultato delle selezioni effettuate dalle varie famiglie locali di agricoltori che si sono susseguite nel corso dei secoli. La selezione per la produzione dei semi viene eseguita dai coltivatori in modo empirico e segue una lunga e consolidata tradizione, a cui i coltivatori si attengono.

In passato le sementi ottenute da queste selezioni non venivano mai commercializzate o cedute ad altre famiglie, ma venivano custodite gelosamente, come a voler mantenere il proprio brevetto sul prodotto ottenuto, che diventava una sorta di caratteristica propria della famiglia. Tutt'oggi ogni contadino è molto geloso delle proprie sementi, proprio come facevano le famiglie di un tempo. Sono conservate le dichiarazioni, in forma di autocertificazione, prodotte da alcuni dei produttori che si dedicano a questo tipo di coltivazione da più di 25 anni, i quali si tramandano di generazione in generazione le sementi, riproducendole di anno in anno dopo averle selezionate.

Tutela del prodotto[modifica | modifica wikitesto]

La Rosa di Gorizia è riconosciuta come PAT (Prodotto agroalimentare tradizionale) della Regione Friuli-Venezia Giulia. I produttori locali sono riuniti nell'Associazione Produttori Radicchio Rosso di Gorizia, Rosa di Gorizia e Canarino, costituita nel 2010 con l'intento di valorizzare l'unicità del prodotto e di ricordarne i tradizionali confini di coltivazione all'interno del comune di Gorizia. Il comune stesso ha conferito all'Associazione Produttori Rosa di Gorizia e Canarino, la denominazione comunale, De.Co., ed ha incaricato la stessa di vigilare sul rispetto del disciplinare di produzione.[non chiaro] L'associazione ha ottenuto la certificazione di Marchio Collettivo Italiano ed è in attesa del riconoscimento come Marchio Collettivo Europeo. Questo radicchio è considerato il più costoso al mondo, ed, essendo usato da chef dell'alta ristorazione in tutto il mondo, è copiato e riprodotto in territori fuori dai confini di appartenenza, con tecniche molto diverse di coltivazione che lo rendono molto diverso dall'originale. A difesa dell'originalità e della qualità di questo prodotto si è schierata l'Associazione Slow Food che collabora alla tutela di questa specialità gastronomica.[1]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Presìdi Slow Food » Italia: Rosa di Gorizia, su Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus. URL consultato l'11 novembre 2015.
  2. ^ a b Slow Food, https://www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/rosa-di-gorizia/
  3. ^ Roberto Covaz, La Rosa di Gorizia...e il Canarino di Gorizia, 2010, MasterCopy, Gorizia.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Roberto Covaz, La Rosa di Gorizia...e il Canarino di Gorizia, Gorizia, MasterCopy, 2010, SBN IT\ICCU\TSA\1316455.
  • Walter Filiputti, Friuli Venezia Giulia Via Dei Sapori, I solisti del gusto, Terra Ferma Edizioni, ISBN 978-88-906497-07.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

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