Paroreomyza flammea

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Kākāwahie
Stato di conservazione
Estinto (1963)[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseAves
SottoclasseNeornithes
SuperordineNeognathae
OrdinePasseriformes
SottordineOscines
InfraordinePasserida
SottofamigliaCarduelinae
TribùDrepanidini
GenereParoreomyza
SpecieP. flammea
Nomenclatura binomiale
Paroreomyza flammea
(Wilson, 1889)

Il kākāwahie (Paroreomyza flammea (Wilson, 1889)) è un uccello passeriforme estinto della famiglia dei Fringillidi[2].

Etimologia[modifica | modifica wikitesto]

Il nome scientifico della specie, flammea, deriva dal latino e significa "fiammante", in riferimento alla colorazione rossa dei maschi: il suo nome comune, invece, deriva dall'hawaiiano e significa "spaccare legna per il fuoco", in riferimento al richiamo di questi uccelli.

Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Illustrazione di esemplari dei due sessi (maschi in rosso) e vari gradi di sviluppo.

Dimensioni[modifica | modifica wikitesto]

Questi uccelli misuravano circa 14 cm di lunghezza.

Aspetto[modifica | modifica wikitesto]

Si tratta di piccoli uccelli dall'aspetto robusto, con becco sottile e appuntito.
In questa specie era presente un marcato dicromatismo sessuale: i maschi, infatti, erano interamente di colore rosso scarlatto, con tendenza a scurirsi e ad assumere tonalità brune su ali e coda, mentre le femmine si presentavano di colore bruno-rossiccio dorsalmente e giallino ventralmente, con decise sfumature rossicce presenti su gola, remiganti e coda.

Biologia[modifica | modifica wikitesto]

Questi uccelli si muovevano da soli o in piccoli gruppi, volando velocemente da una pianta all'altra per perlustrare le cortecce ed i rami alla ricerca di cibo: i maschi, durante quest'attività, vennero descritti dai primi osservatori europei come palle di fuoco semoventi. I vari esemplari si tenevano in contatto fra loro con richiami paragonati al suono di qualcuno che taglia legna in lontananza.

Alimentazione[modifica | modifica wikitesto]

La dieta di questi uccelli era essenzialmente insettivora, basandosi su larve di lepidotteri e coleotteri e comprendendo verosimilmente anche nettare.

Riproduzione[modifica | modifica wikitesto]

La parte esterna del suo nido era composta principalmente da muschio, e al suo interno venivano deposte due uova.

Distribuzione e habitat[modifica | modifica wikitesto]

Il kakawahie era endemico dell'isola hawaiiana di Molokai, dove abitava le aree di foresta pluviale primaria con denso sottobosco e presenza di grossi Myoporum sandwicense dove soleva cercare il cibo. Gli ultimi avvistamenti di questi uccelli si verificarono sugli altipiani nel nord dell'isola.

Estinzione[modifica | modifica wikitesto]

Questi uccelli vennero scoperti dagli europei in maniera del tutto casuale, quando l'ornitologo inglese Scott Barchard Wilson si perse nella nebbia e ne avvistò una femmina e due maschi: Wilson raccolse diversi campioni di questi uccelli da mostrare nella madrepatria.

I locali erano da sempre soliti catturare questi uccelli per ottenerne le piume rosse, che venivano utilizzate per ornare i mantelli e i lei degli aliʻi, la nobiltà locale. Il numero di kakawahie, tuttavia, declinò in maniera esponenziale con la colonizzazione europea delle isole, a causa di alcuni fattori che sono risultati determinanti nella riduzione o scomparsa di molte specie autoctone: la distruzione dell'habitat, l'introduzione di specie alloctone che li predavano o ne depredavano i nidi, come maiali, gatti e ratti, e non ultima la particolare sensibilità di questi uccelli alle malattie veicolate dalle zanzare.

Sebbene vi siano stati avvistamenti non confermati di questi uccelli fino agli anni '70, l'ultimo avvistamento attendibile di kakawahie risale al 1963 e venne effettuato nella Pelekanu Valley, sull'altopiano di ʻŌhiʻalele, nel nord di Molokai: la specie è pertanto considerata estinta.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ (EN) BirdLife International, Paroreomyza flammea, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020. URL consultato il 4 Agosto 2015.
  2. ^ (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Fringillidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 5 settembre 2015.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

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