Papiro aramaico di Torino

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papiro aramaico di Torino
manoscritto
Il papiro aramaico di Torino nel 1880
Altre denominazioniPapyrus Taurinensis
Linguaaramaico
ProvenienzaAntico Egitto
Supportopapiro
UbicazioneMuseo Egizio, Torino

Il papiro aramaico di Torino, noto anche come Papyrus Taurinensis, è un frammento di papiro aramaico scoperto da Bernardino Drovetti nel 1823–24. È noto come CIS II 144 e TAD A5.3.

Sebbene contenga solo due righe, è nota come la prima iscrizione aramaica pubblicata trovata in Egitto.

È conservato presso il Museo Egizio di Torino, con numero di Provv. 645.[1]

Pubblicazione e dibattito accademico[modifica | modifica wikitesto]

Il primo riferimento pubblicato fu di Jean-François Champollion nel giugno 1824,[2] dopo aver visitato il Museo Egizio di Torino poco dopo la sua apertura, momento in cui la collezione Drovetti comprendeva l'intero contenuto del museo. La lettera di Champollion sulla collezione concludeva: "Ma ciò che dovrebbe essere di particolare interesse è che tra i papiri della collezione c'è un manoscritto fenicio; purtroppo si tratta solo di frammenti; ma forse ne troveremo altri nel numero dei papiri ancora da srotolato."[3] Una dichiarazione altrettanto speranzosa ma breve fu fatta da Michelangelo Lanci l'anno successivo.[4]

Nel 1828 Hendrik Arent Hamaker fu il primo a pubblicare una copia del frammento e a commentarlo dettagliatamente.[2] La copia fu realizzata da Désiré-Raoul Rochette.[2] Hamaker lo descrisse come “quel celebre frammento di Drovetti, che quattro anni prima suscitò l'attesa dei dotti amanti di queste lettere”.[5] Nella sua revisione di tutte le iscrizioni semitiche conosciute a quel tempo, Hamaker scrisse:

…nelle forme delle lettere, questa iscrizione ha affinità con la famosa Stele di Carpentras … Tuttavia, non tutte le lettere di entrambi i monumenti hanno esattamente lo stesso sistema, e la scrittura del frammento di papiro si avvicina molto al quadrato comune. Tra l'altro Aleph, Gimel, Waw, Heth, Qoph e Shin sono simili all'ebraico in modo tale da essere immediatamente riconosciuti da tutti, anche da chi ignora la paleografia; mentre del resto Dalet, Yodh, Kaph e Resh differiscono dalla scrittura volgare solo per una leggera piegatura... Nel frattempo, dalla somiglianza delle lettere in queste due iscrizioni, è chiaro che non senza ragione abbiamo respinto l'opinione di Kopp nella diatriba precedente, riferendo questo scritto agli Aramei piuttosto che ai Fenici. Infatti i più antichi Fenici, o Hyksos, quando non erano ancora passati in Palestina, ma vagavano ancora nei deserti dell'Arabia, tenevano l'Egitto sotto il loro dominio, e in seguito, dopo molti secoli successivi, la stessa nazione fu trasferita in Egitto in grandi numeri da Psammetico e dai suoi successori, e adornato di molti privilegi. Ma l'idea che i Siri o gli Aramei portassero colonie nello stesso luogo e vi stabilissero la sede dei loro affari, non è né probabile, né riesco a trovarla tramandata da alcuno scrittore. Stando così le cose, è evidente che questi esemplari di scrittura egiziana, strettamente connessi con il quadrato ebraico, minerebbero la tradizione di quest'ultimo della sua origine assira. Ciò che resta per confermare questa opinione non può essere risposto se non dalla stele di Carpentras, chiaramente dedicata a Osiride, ma in ogni caso la nostra iscrizione potrebbe provenire da un ebreo egiziano, utilizzando lettere assire.[6]

Nel 1833 un'altra copia fu realizzata da Gustav Seyffarth e pubblicata in una monografia di Eduard Friedrich Ferdinand Beer, intitolata (in traduzione inglese): Antiche iscrizioni semitiche e papiri tanti quanti furono trovati in Egitto, pubblicati e inediti, elencati e relativi all'ebraico -Origine giudaica con paleografia ebraica, in cui paragona il frammento alla Stele di Carpentras.[7][2] Nel 1837, nel suo Scripturae Linguaeque Phoeniciae, che sarebbe diventato "una pietra miliare storica dell'epigrafia fenicia",[8] Wilhelm Gesenius commentò le pubblicazioni precedenti e concluse:

Il dialetto è puro caldeo, come in tutti questi monumenti egiziani; ma l'autore del frammento, a meno che tutto non mi inganni, è un adoratore di Giove, cioè un ebreo, che in questi versetti, che sembrano tratti da un libro liturgico, invoca l'aiuto di Dio nella sua calamità o in quella del suo popolo (come hai capito עבדך). Il nostro frammento non farà nulla per illuminare gli affari fenici in Egitto, e nulla per aumentare la vera letteratura fenicia: ma è tuttavia molto utile per la storia della scrittura ebraica e per illuminare le origini della scrittura quadrata, alla quale la nostra è molto vicina.[2]

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ www.trismegistos.org, https://www.trismegistos.org/tm/detail.php?tm=89417.
  2. ^ a b c d e Wilhelm Gesenius, Scripturae Linguaeque Phoeniciae, p.233-6: "Non sine magno strepitu hoc fragmentum folii papyracei litteris Phoeniciovel certe Semitico-Aegyptiacis impleti inter Aegyptios Musei Turinensis papyros anno 1823 vel 1824 repertum viris doctis in universa Europa per ephemerides annunciatum est (v. Journal Asiatique T. V pag. 20), primum ab Hamakero (Miscell. phoen. tab. 3 no. 3) ex apographo Rochettiano editum; dein ex apographo a Gust. Seyffartho facto a Beerio in libello saepius memorato tab. 1: quod quidem utrumque apographum dedimus tab. 30 litt. a. b… Dialectus pura puta chaldaea est, ut in omnibus his monumentis Aegyptiacis; fragmenti auctor vero, nisi omnia me fallunt, Jovae cultor i.e. Judaeus, his versibus, qui e libro liturgico decerpti esse videntur, Dei auxilium in sua vel populi sui (prout עבדך intelligis) calamitate invocat… Nihil fragmento nostro profici ad res Phoenicum in Aegypto illustrandas, nihil ad litteraturam vere phoeniciam augendam, certum est: sed utilissimum tamen illud ad historiam scripturae Hebraeae et ad origines scripturae quadratae, cui nostra admodum vicina, illustrandas."
  3. ^ (FR) Jean-François Champollion, Journal asiatique, Chez Dondey-Dupré père et fils, 1824.
    «Mais ce qui doit intéresser surtout, c'est que parmi les papyrus de la collection, se trouve un manuscrit phénicien; malheureusement ce ne sont que des fragmens; mais peut-être on en trouvera d'autres dans le nombre des papyrus à dérouler.»
  4. ^ Michelangelo Lanci, Osservazioni sul bassorilievo fenico-egizio che si conserva in Carpentrasso, Bourlie, 1825.
    «E mentre scriviamo ci vien di Turino la novella, che nell' acquisto fatto da quel Regnante della famosa collezione Drovetti de' monumenti egiziani, v' hanno frammenti di un fenicio manoscritto, che vedremmo con assai piacere per alcun valentissimo pubblicarsi, ben persuasi, che pur tra questi si troveranno grandissime varietà di lettere.»
  5. ^ Hendrik Arent Hamaker, Miscellanea Phoenicia, sive Commentarii de rebus Phoenicum, quibus inscriptiones multae lapidum ac nummorum, nominaque propria hominum et locorum explicantur, item Punicae gentis lingua et religiones passim illustrantur, S. et J. Luchtmans, 1828, pp. 66.
    «ad celebratissimum illud fragmentum Drovettianum, quod tantam ante hoc quadriennium eruditis, harum literarum amantibus, exspectationem commovit.»
  6. ^ Hendrik Arent Hamaker, Miscellanea Phoenicia, sive Commentarii de rebus Phoenicum, quibus inscriptiones multae lapidum ac nummorum, nominaque propria hominum et locorum explicantur, item Punicae gentis lingua et religiones passim illustrantur, S. et J. Luchtmans, 1828, pp. 66–67.
    «Quippe summa in literarum formis huic inscriptioni cum celeberrima illa Carpentoractensi affinitas intercedit... Quamquam non in omnibus literis utriusque monumenti plane eadem ratio est, et fragmenti papyracei scriptura multo pressius ad quadratam vulgarem accedit. Inter alias Aleph, Gimel, Waw, Cheth, Koph, Schin Hebraicas ita referunt, ut statim ab omnibus, etiam palaeographiae imperitis, agnoscantur; e reliquis Daleth, Jod, Caph, Resch levi tantum flexu a vulgaribus differunt… Interim ex summa literarum in duabus istis inscriptionibus similitudine hoc luculenter constat, nos non sine caussa in priore Diatribe repudiasse Koppii sententiam, hanc scripturam ad Aramaeos potius, quam Phoenices referentis. Phoenices enim vetustissimi, sive Hycsos, cum nondum in Palaestinam transissent, sed adhuc in Arabiae desertis oberrarent, Aegyptum ditione tenuere, et postea, multis interjectis seculis, a Psammeticho ejusque successoribus eadem gens magno numero in Aegyptum translata est multisque privilegiis ornata. At Syros, sive Aramaeos, colonias eodem deduxisse ibique rerum suarum sedem posuisse, nec verosimile est, nec ab ullo scriptore traditum reperio. Quae cum ita sint, manifesto intelligitur, quantum haec specimina scripturae Aegyptiacae, cum Hebraica quadrata arctissime conjunctae, istam de Assyriaca hujus origine traditionem labefactent. Nam quod solum ad istam sententiam aliquatenus stabiliendam superest, responderi nequit, nisi lapidem Carpentoractensem, aperte Osiridi dicatum, at nostram saltem inscriptionem a Judaeo Aegyptio proficisci potuisse, Assyriacis literis uso.»
  7. ^ (LA) E.F.F. Beer, Inscriptiones et papyri veteres semitici quotquot in Aegypto reperti sunt editi et inediti recensiti et ad originem Hebraeo-Iudaicam relati cum palaeographia Hebraea concinnata, F.Nies, 1833.
  8. ^ vol. 427, http://www.hebraistik.uni-mainz.de/Dateien/Lehmann_Gesenius-Phoenix_2013.pdf.

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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