Movimento Autonomista Liburnico

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Il Movimento Autonomista Liburnico o Movimento Federalista Liburnico fu un gruppo politico sorto a Fiume nell'estate del 1943, sbandatosi negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale.

Inquadramento storico[modifica | modifica wikitesto]

La città di Fiume fu per secoli corpus separatum all'interno dell'Impero Austriaco e in seguito Austroungarico: a ciò è legata una lunga tradizione politica autonomista, che portò alla fondazione nel 1896 del locale omonimo partito.

Capeggiati da Riccardo Zanella, il 24 aprile 1921 gli autonomisti vinsero le elezioni parlamentari del neonato Stato libero di Fiume, ma il loro governo fu rovesciato nel marzo dell'anno successivo dal gruppo nazionalista e filofascista, riunito nel Blocco Nazionale. Zanella fu costretto all'esilio assieme a tutto il suo gabinetto, in seguito la città fu annessa al Regno d'Italia a seguito del Trattato di Roma (1924).

La contesa per Fiume alla fine della Seconda Guerra Mondiale[modifica | modifica wikitesto]

La città di Fiume, uno dei luoghi simbolo della contesa adriatica fra italiani e slavi (sloveni e croati), fu dichiarata annessa alla Jugoslavia da un gruppo di partigiani sloveni e croati del movimento di liberazione, con le cosiddette Dichiarazioni di Pisino del 13 settembre 1943.

Questo evento, connesso alla caduta del fascismo, diede il la al risorgere dei mai sopiti sentimenti autonomistici fiumani. Gli eredi di Zanella - a quell'epoca esule in Francia - si ritrovarono nel Movimento Autonomo sotto la guida di alcuni dei vecchi esponenti del partito, fra i quali uno dei più autorevoli fu Mario Blasich. Richiamandosi al Trattato di Rapallo (1920) chiesero nuovamente per Fiume l'attuazione di uno statuto autonomo. Essi giudicarono impossibile un'alleanza politica con i comunisti, ritenuti troppo filoslavi, ma si opposero anche ai nazifascisti, pur non impegnandosi mai militarmente contro di essi.

All'inizio del 1944 una parte degli zanelliani, soprattutto i più giovani, confluì nel Movimento Fiume Autonoma Italiana (FAI), fondato da don Luigi Polano. Essi prefigurarono per la città il mantenimento di uno status di autonomia, simile a quello goduto ai tempi dell'Impero, propugnando anche la resistenza armata contro i nazifascisti (pur senza creare delle formazioni partigiane), ma accettando la collaborazione con gli slavi, in funzione soprattutto della tutela del patrimonio industriale cittadino, minacciato di distruzione da parte dei tedeschi. Questa componente autonomista fu considerata in modo molto sospetto e pericoloso dal movimento di liberazione jugoslavo, apparendo come una possibile alternativa alla pura e semplice annessione della città al nuovo Stato socialista di Tito.

Il Movimento Autonomista Liburnico[modifica | modifica wikitesto]

Dopo la caduta del fascismo (25 luglio 1943) altri autonomisti, principalmente già militanti fascisti, aderirono al Movimento Autonomista Liburnico (o Movimento Federalista Liburnico), guidato dall'ingegner Giovanni Rubini[1]. Ritenendo anch'essi impossibile un accordo formale con l'AVNOJ, progettarono la trasformazione del circondario di Fiume uno Stato federato.

Gli autonomisti stabilirono un loro programma che inviarono a Londra, Berlino, Washington e Roma. Il programma del movimento verteva su'l'intenzione di fare di Fiume la capitale di uno stato chiamato Territorio Libero del Quarnero, che avrebbe compreso l'antico Litorale Ungarico, il Gorski Kotar, una parte della Slovenia e le isole di Veglia, Arbe e Lussino e la parte orientale dell'Istria. Tutto questo territorio sarebbe stato diviso in Cantoni, su modello Svizzero. Ogni Cantone avrebbe avuto diritto nella sua zona di usare la lingua materna, mentre la lingua ufficiale delle istituzioni statali sarebbe stato l'italiano.

Fra gli esponenti più in vista del Movimento vanno ricordati: Ramiro Antonini, Icilio Bacci, Salvatore Belasic (o Bellasich), Carlo Colussi, Riccardo Gigante, Ruggero Gotthardi, Arturo Maineri, Ettore Rippa, Gino Sirola, Antonio Vio e Arnaldo Viola[2]. Di questi, in seguito gli jugoslavi uccisero Bacci, Colussi, Gigante e Sirola.

Il "memorandum Rubini"[modifica | modifica wikitesto]

Il ritrovamento del progetto autonomista di Rubini nel corso di una perquisizione, all'interno di un fascicolo intitolato "memorandum Rubini", fu la causa formale prescelta dai tedeschi per giustificare l'arresto del questore di Fiume Giovanni Palatucci, il 13 settembre 1944. Da ciò si fa ritenere che Palatucci fosse fra i fautori della soluzione Federalista propugnata dal Movimento Autonomista Liburnico.

L'occupazione militare jugoslava e massacro degli Autonomisti[modifica | modifica wikitesto]

Le truppe di Tito entrarono a Fiume il 3 maggio 1945, senza che si fosse sviluppato in città alcun movimento insurrezionale di rilievo.

Fin dai mesi precedenti però la propaganda jugoslava aveva deliberatamente considerato gli autonomisti come se fossero un tutt'uno, accusandoli di tradimento, attendismo e fascismo, onde indebolirne la posizione in città. Dalle prime ore dell'occupazione, la polizia segreta jugoslava organizzò delle squadre per andare alla ricerca dei capi autonomisti: fu così che fra il 3 e il 4 maggio persero la vita Mario Blasich, Nevio Skull, Mario De Hajnal, Giuseppe Sincich, Radoslav Baucer[3] ed altri autonomisti. La loro sorte era stata anticipata da quella di Giovanni Rubini, che venne ucciso da un commando jugoslavo sulle scale di casa il 21 aprile 1945[4].

Tuttavia il movimento è stato in grado di mantenere un'influenza significativa e un grande seguito a Fiume fino ai 2 anni di occupazione jugoslava, e nonostante molti dei suoi leader fossero già stati uccisi dalla polizia segreta jugoslava, è stato in grado di dominare le elezioni sindacali organizzate nelle fabbriche di Fiume all'inizio del 1946 dalle autorità occupazionali. Queste elezioni non furono quindi riconosciute dalla dirigenza comunista e come conseguenza tra 1500 e 2000 simpatizzanti della causa autonomista furono arrestati dalle autorità occupazionali nelle settimane successive. Nuove elezioni si tennero a metà del 1946, sotto supervisione e truccate per ottenere la vittoria plebiscitaria dei candidati comunisti.

Durante i colloqui di pace a Parigi il presidente in esilio del Stato Libero di Fiume Riccardo Zanella provò a guidare la causa del minuscolo stato, questa volta sostenuto anche dal precedente rivale politico Andrea Ossoinack. Il nuovo ministro italiano degli affari esteri Carlo Sforza, uno dei primi dissidenti antifascisti, sostenne questa idea e fece pressioni presso gli Alleati affinché Fiume tornasse a essere uno stato libero e diventasse un quartier generale delle neonate Nazioni Unite (quest'idea seguiva le orme della precedente proposta wilsoniana di avere Fiume come sede della Società delle Nazioni). L'idea trovò anche l'appoggio ufficiale del presidente italiano Alcide de Gasperi, quando gli Alleati mostrarono poco interesse all'opzione di mantenere la sovranità italiana sul territorio di Fiume.

Tito in carteggi ufficiali con gli altri leader e Zanella stesso mostrò chiare aperture verso l'idea, ma di fatto gli jugoslavi agirono in modo più rapido, probabilmente spinti soprattutto da Kardelj, inglobando Fiume nella Croazia e separandola di fatto territorialmente dai territori istriani che continuarono a essere trattati come territori contesi per un periodo più lungo. Lentamente le autorità comuniste iniziarono a calpestare tutti i diritti locali inizialmente concessi alla popolazione italo-fiumana locale, e infine abolirono de facto (ma non de jure) il bilinguismo della città 9 anni dopo, nel 1954, cavalcando in modo violento i sentimenti nazionalisti nati durante la crisi di Trieste, un'operazione in gran parte fabbricata dalle autorità jugoslave per incrementare il sostegno popolare interno.

L'esodo dei fiumani in questo periodo di 9 anni ha portato 58.000 dei 66.000 abitanti a lasciare la città a causa della crescente discriminazione, della violenza mirata e degli atti terroristici da parte delle autorità locali. Questi crimini, sebbene ampiamente documentati e ampiamente confermati dagli storici sia in Croazia che in Italia, ancora oggi non vengono ufficialmente riconosciuti dalle autorità fiumane e sono fonte di continue tensioni interne tra la popolazione e l'élite politica della città.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Il suo cognome originale era Rubinich, italianizzato negli anni '30. Nato a Laurana nel 1876, aveva fatto parte del Consiglio Comunale di Fiume ed era stato Presidente del Consiglio Scolastico. Fu l'ideatore del proclama di annessione all'Italia sottoscritto dai fiumani il 30 ottobre 1918 ed appartenne poi al Consiglio Nazionale ed al Direttorio fiumani nel periodo precedente l'annessione.
  2. ^ Belasic, Colussi, Gigante, Maineri e Vio erano stati in diversi anni podestà della città.
  3. ^ Pur essendo croato, aveva aderito convintamente al movimento autonomista.
  4. ^ Società di Studi Fiumani-Roma, Hrvatski Institut za Povijest-Zagreb Le vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947) Archiviato il 31 ottobre 2008 in Internet Archive., Ministero per i beni e le attività culturali - Direzione Generale per gli Archivi, Roma 2002. ISBN 88-7125-239-X, p. 597.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]