Latécoère 631

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Latécoère 631
Un Latécoère 631 attraccato sul Piccolo Lago di Biscarrosse
Descrizione
Tipoidrovolante di linea
ProgettistaPierre-Georges Latécoère
CostruttoreForges et Ateliers de Construction Latécoère
Data primo volo4 novembre 1942
Esemplari10
Dimensioni e pesi
Tavole prospettiche
Lunghezza43,46 m
Apertura alare57,43 m
Altezza10,10 m
Superficie alare350,0
Peso a vuoto32 332 kg
Peso carico72 020 kg
Passeggeri50
Capacità12 t
Propulsione
Motoresei Wright R-2600-A5B Cyclone-14, radiali a doppia stella a 14 cilindri raffreddati ad aria[1]
Potenza1 600 CV (1 175 kW) ciascuno[1]
Prestazioni
Velocità max417 km/h
Velocità di crociera304 km/h
Autonomia6 800 km con 8 t di carico merci
Tangenza4 000 m

Dati tratti da "www.aviafrance.com"[2], tranne dove diversamente indicato.

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Il Latécoère 631 era un idrovolante esamotore di linea a scafo centrale ed ala alta prodotto dall'azienda francese Forges et Ateliers de Construction Latécoère negli anni quaranta.

Sviluppato per essere utilizzato sulle rotte transatlantiche non entrò in servizio regolare che al termine della seconda guerra mondiale e ritirato dopo pochi anni a seguito di alcuni gravi incidenti che causarono la perdita di 4 esemplari, degli equipaggi e dei passeggeri a bordo.

Storia del progetto[modifica | modifica wikitesto]

Negli anni trenta il progredire della tecnologia in campo aeronautico mise a disposizione i mezzi per realizzare i primi progetti per mezzi aerei capaci di effettuare transvolate atlantiche. In Francia l'ingegnere Pierre-Georges Latécoère, progettista e proprietario dell'azienda che portava il suo nome, intraprese la realizzazione del 631 che in quel momento risultava essere il più grande idrovolante ad uso civile da trasporto e di linea esistente al mondo.

Il prototipo, denominato 631.01, venne portato in volo per la prima volta il 4 novembre 1942 ma a seguito dell'occupazione tedesca della Francia venne requisito dalla Luftwaffe che intendeva utilizzarlo come aereo da trasporto. In seguito venne distrutto a causa dei bombardamenti alleati.

Con la fine del conflitto venne intrapresa la produzione in serie.

Tecnica[modifica | modifica wikitesto]

Il Latécoère 631 era un velivolo dall'aspetto imponente, per l'epoca, caratterizzato dalla configurazione a scafo centrale, dalla motorizzazione a sei motori e da una coda dall'impennaggio a V bideriva.

Lo scafo comprendeva la cabina di pilotaggio posizionata davanti all'ala ed uno scompartimento passeggeri con 42 posti a sedere più 2 o 4 cabine dotate di cuccette a seconda dell'allestimento. Posteriormente terminava in un impennaggio a V caratterizzato da due derive poste alle estremità dei piani.

L'ala, di grande spessore, era montata alta ed integrava le sei gondole che racchiudevano gli altrettanti motori e, nelle due più esterne i galleggianti equilibratori retraibili in volo al fine di aumentare la penetrazione aerodinamica e la conseguente diminuzione dei consumi di combustibile.

L'impianto propulsivo inizialmente adottato dal prototipo era dovuto a 6 Hispano-Suiza 12Y-37, dei 12 cilindri a V raffreddati a liquido capaci di sviluppare una potenza di 920 CV (677 kW) ciascuno. Nelle versioni di serie vennero adottati invece i più potenti radiali di produzione statunitense Wright R-2600-A5B Cyclone da 1 600 hp (1 194 kW) ciascuno.

Impiego operativo[modifica | modifica wikitesto]

Civile[modifica | modifica wikitesto]

Il viaggio inaugurale venne procrastinato fino al termine del secondo conflitto mondiale andando ad aprire una nuova rotta commerciale da Fort-de-France il 26 luglio 1947[1]. In questo periodo venne utilizzato dalle compagnie aeronautiche francesi Latécoère, Air France, SEMAF e Societe France-Hydro, quest'ultima solo come trasporto merci nell'Africa Equatoriale Francese.

L'ultimo Latécoère 631 venne ritirato definitivamente dal servizio operativo nel 1955, sia per la sua affidabilità oramai compromessa che per la concorrenza sempre più pressante dei nuovi velivoli terrestri dotati di motore a getto.

Incidenti[modifica | modifica wikitesto]

Il Latécoère 631 fu funestato da una serie di incidenti che determinarono la sua definitiva messa a terra. Furono persi il nr. 7 (compagnia Latécoère, perduto in mare), il 6 (compagnia Air France, perduto nell'Oceano Atlantico), il 3 (SEMAF, al largo di Lège-Cap-Ferret) e il numero 8 (France-Hydro, in Camerun).

Nella notte del 31 luglio 1948 il Latécoère 631 nr. 6 (361.06) matricola F-BDRC, intitolato all'asso "Lionel de Marnier", operato dalla compagnia aerea Air France, mentre stava volando con 52 persone a bordo, tra cui 40 passeggeri, sulla rotta tra Fort-de-France, in Martinica, e Port-Etienne, in Mauritania, scomparve sul cielo sopra l'Oceano Atlantico. Dalle indagini intraprese per far luce sui fatti accaduti si ritenne sia precipitato circa 1 200 nm al largo di Dakar, in Senegal. La nave Campbell della United States Coast Guard accorsa in soccorso dichiarò di aver ritrovato dei detriti il 4 agosto successivo senza però trovare alcuna traccia di sopravvissuti.

Militare[modifica | modifica wikitesto]

Durante l'occupazione tedesca della Francia la Luftwaffe requisì un esemplare che utilizzò come aereo da trasporto fino alla sua distruzione a terra ad opera dei bombardamenti alleati.

Utilizzatori[modifica | modifica wikitesto]

Civili[modifica | modifica wikitesto]

Bandiera della Francia Francia

Militari[modifica | modifica wikitesto]

Bandiera della Germania Germania

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c (EN) Maksim Starostin, Latecoere L.631 Lionel de Marmier, in Virtual Aircraft Museum, http://www.aviastar.org/index2.html. URL consultato il 26 marzo 2011.
  2. ^ (FR) B. Parmentier, Latécoère 631, in Aviation française, un siècle d'histoire, http://www.aviafrance.com, 8 giugno 2000. URL consultato il 26 marzo 2011.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) Enzo Angelucci, World Encyclopedia of Civil Aircraft, London, Willow Books, 1984, ISBN 0-00-218148-7.

Riviste[modifica | modifica wikitesto]

  • (EN) John Stroud, Post War Propliners: Latécoère 631, in Aeroplane Monthly, London, IPC, gennaio 1993, pp. 58-62.

Altri progetti[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]