Karramiyya

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La Karramiyya (in arabo كرّاميّه?, Karrāmiyya) è stata una setta presente all'interno del mondo islamico, fiorita nelle aree centrali e orientali del mondo islamico, in special modo nelle regioni iraniche, tra il IX secolo e il XIII secolo, allorché si verificarono le invasioni mongole.[1]

La setta fu fondata da Abū ʿAbd Allāh Muḥammad b. Karrām[2] (m. 896), un predicatore assai popolare nel Khurasan nel corso del IX secolo.

La dottrina della Karrāmiyya era essenzialmente incentrata sul letteralismo coranico (bi-lā kayfa) e sulla concezione antropomorfista di Allah. Ibn Karrām credeva che Dio fosse una sostanza e che egli avesse quindi un corpo (jism) finito in certe direzioni quando entrava in contatto col suo Trono (ʿarsh).[3][4][5]

La Karrāmiyya credeva anche che gli angeli Munkar e Nakīr fossero angeli custodi, posti alla destra e alla sinistra di ogni essere umano,[4] mentre l'Islam ufficiale parla di questi ultimi definendoli qārin.

La Karrāmiyya pensava inoltre che il mondo fosse eterno e che il potere di Allāh fosse limitato.[3]

Tali concezioni furono respinte da molti teologi sunniti e qualificate eretiche e infine sparirono dal dibattito. La Karrāmiyya operò in centri di culto e sostenne l'ascetismo.[6]

  1. ^ Karrāmiyya, Brill. URL consultato il 28 agosto 2014.
  2. ^ Encyclopedia Iranica, «KARRĀMIYA»
  3. ^ a b B. Lewis, V.L. Menage, Ch. Pellat e J. Schacht, Encyclopaedia of Islam (New Edition), Volume IV (Iran-Kha), Leiden, Netherlands, Brill, 1997 [1st. pub. 1978], p. 667, ISBN 90-04-07819-3.
  4. ^ a b Valerie J. Hoffman, The Essentials of Ibadi Islam, Syracuse University Press, 2012, p. 328, ISBN 978-0-8156-5084-3. URL consultato il 28 agosto 2014.
  5. ^ Benjamin Fleming e Richard Mann, Material Culture and Asian Religions: Text, Image, Object, Routledge, 2014, p. 333, ISBN 978-1-135-01373-8. URL consultato il 29 agosto 2014.
  6. ^ Jonathan Porter Berkey, The Formation of Islam: Religion and Society in the Near East, 600-1800, vol. 2, illustrated, reprint, Cambridge University Press, 2003, p. 286, ISBN 978-0-521-58813-3. URL consultato il 28 agosto 2014.
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