Il diario di Gino Cornabò

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«Signori (dico ai posteri, beninteso; ché coi miei contemporanei non mi parlo; bruciati i ponti; tagliate le comunicazioni; siamo in rotta completa; tanto peggio per loro, del resto; a me la cosa non fa né caldo né freddo)...»

Il diario di Gino Cornabò
AutoreAchille Campanile
1ª ed. originale1942
Genereromanzo
Sottogenereromanzo umoristico
Lingua originaleitaliano
ProtagonistiGino Cornabò

Il diario di Gino Cornabò è un romanzo pubblicato nel 1942 dallo scrittore e umorista italiano Achille Campanile in forma di diario fittizio.

Il romanzo affida la narrazione al presunto autore del diario, il personaggio immaginario Gino Cornabò. La pretesa serietà e magniloquenza dello stile di Cornabò, in diretto contrasto con il tenore inevitabilmente basso e tendente al ridicolo delle gesta narrate, genera un grande effetto comico e rappresenta la chiave dell'intera architettura narrativa ed umoristica del romanzo.

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Il Diario copre un periodo che va dal giugno 1934 al Natale del 1940, e si sofferma spesso in gustosi spaccati di vita quotidiana dell'Italia di questi anni. Cornabò è un uomo di mezza età, senza lavoro ed eternamente in bolletta, che vive con la propria ex-domestica Adalgisa Ciabatta. Quest'ultima, per quanto puntualmente descritta nei termini di una Santippe che tiranneggia il povero Cornabò e gli impedisce di cercare moglie, si rivela in effetti come l'unico personaggio a nutrire verso Gino autentici sentimenti di comprensione e tenerezza. Alla stoica capacità di sopportazione della donna, fulmineamente e dolorosamente intravista da Cornabò solo nell'ultima pagina del suo Diario, è dedicato l'inaspettato e tragicomico finale del romanzo.

Gino Cornabò è un pedante: sprezzantemente convinto della propria superiorità rispetto ai «contemporanei», rivolge il proprio diario ai Posteri (la Lettera ai Posteri che apre il Diario e le vicende ad essa connesse sono tra le più gustose pagine di tutta l'opera) tenacemente convinto della grande rivalutazione che essi compiranno della sua figura di intellettuale.

Autore di numerose e monumentali (quanto a carta impiegata!) opere («ancora inedite, è incredibile, ma è così!»), Cornabò è affannosamente alla ricerca di un riconoscimento pubblico: invia continuamente il proprio (irresistibile) Curriculum Vitae a personaggi influenti e a testate giornalistiche, di volta in volta con le scuse più stravaganti; tenta di ottenere un anticipo pecuniario sulla propria fama futura cercando di vendere un blocco di fogli da lui stesso autografati a Biblioteche e rigattieri.

Perennemente perseguitato dai creditori, Cornabò maledice incessantemente il proprio fato avverso: il suo Diario vorrebbe essere una testimonianza ai posteri della sua irrimediabile malasorte, ma finisce per essere un documento del suo inconsapevole, ostinato e tragicomico gettarsi in ogni sorta di avventura lampantemente votata al fallimento.

Ossessionato dal desiderio di ricevere la carica di Cavaliere (addirittura usa firmarsi «Gino Cornabò (non sono nemmeno cavaliere)») e pur millantando un'ostinata e sdegnosa superiorità nei confronti di simili onorificenze, nei fatti impiega tutti i propri sforzi nel tentativo, sempre comicamente disilluso, di interessare qualche personaggio importante alla propria causa.

Altra grande passione di Cornabò sono le «avventure galanti» e gli «idilli» con giovani domestiche che egli puntualmente circuisce fingendosi un facoltoso professionista e appostandosi al mercatino rionale o, talora, con cosiddette «tardone», nei confronti delle quali egli è convinto (con grandioso effetto comico) di detenere un irresistibile fascino e di possedere infallibili doti di seduttore. Cornabò traveste comicamente queste proprie debolezze come gli impeti di uno spirito elevato, e si indigna quando gli viene dato del «pomicione» o lo si conduce in questura per aver importunato alcune ragazze accompagnate al Cinematografo. I continui tentativi di seduzione di Gino Cornabò finiscono puntualmente per essere scoperti e dolorosamente puniti dall'Adalgisa.

Al termine di numerose e (inconsapevolmente) irresistibili narrazioni delle proprie disavventure, Cornabò è solito paragonarsi ai grandi del passato (Socrate, Dante, Foscolo, Leopardi, Napoleone, Campanella, Silvio Pellico, Giordano Bruno…), puntualmente ravvisando la superiorità della propria statura morale rispetto a questi personaggi e riproponendosi conversazioni e finanche benevoli rimproveri quando - sostiene - si ritroveranno tutti insieme «nell'Empireo dei grandi».

Edizioni[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Il diario di Gino Cornabò[collegamento interrotto] su Campanile.it

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