I troppi

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I troppi
Commedia in cinque atti
AutoreVittorio Alfieri
Lingua originaleItaliano
GenereCommedia
Ambientazionela reggia di Alessandro in Babilonia
Personaggi
  • Alessandro
  • Corte di Alessandro (Statira, Rossane, Aristotele, Clito, Efestione, Antipatro)
  • Calano, filosofo indiano
  • Contenzinacche, gran maestro delle cerimonie
  • Oratori d'Atene
    • Demostene
    • Cinque oratori aderenti a Demostene (Onisco, Niosco, Aspalasco, Muisco, Coirisco)
    • Eschine
    • Tre oratori aderenti ad Echine (Argiropio, Rafeo, Artopio)
 

I troppi è una commedia di Vittorio Alfieri.

Con questa commedia di satira politica, Alfieri si rivolge contro la demagogia popolare. Egli stesso scrisse: «Lo scopo della commedia è la totale derisione dell'immaginaria democrazia e libertà d'Atene. L'intreccio sarà l'ambascieria stupida-vile-insolente di Atene al conquistatore dell'Asia».

Una sentenza di Sofocle, da Edipo a Colono, è citata come una sorta di sottotitolo: «Ragional Moltitudine imperante?»

Trama[modifica | modifica wikitesto]

Un'ambasceria di dieci plebei, macellai o ciabattini, divisi in due schiere, l'una guidata da Demostene, l'altra da Eschine, entra nella reggia d'Alessandro in Babilonia, aspettando un'udienza per annunciargli che Atene lo ha eletto a suo Arconte perpetuo. I dieci fanno pompa di austerità repubblicana; anzi, dopo aver divorato una sontuosa cena e rubate due o tre tazze d'argento, esaltano la frugalità ateniese:

«Un tozzo nero,
Quattro fave, acqua schietta e libertà;
Questa, quest'è la vera cena augusta
D'un cittadin d'Atene!»

Ma viene loro comunicato che, se vogliono essere ricevuti dal re, dovranno, secondo l'uso persiano, prosternarsi alla sua presenza. Sorge per questo un gran diverbio fra i cinque oratori guidati da Demostene e gli altri, dei quali è capo Eschine. Costui, che mostra la necessità di piegarsi ai voleri del potente Alessandro, è ingiuriato da Demostene, il quale protesta che mai un ateniese si umilierà a tal segno dinanzi ad un mortale. Aristotele e Clito, greci essi pure, prendendo sul serio i magnanimi rifiuti di Demostene, pronto a cedere se lo pagheranno bene, cercano un mezzo di salvar capra e cavoli: i cortigiani ridono invece della sciocca superbia degli Ateniesi. Alessandro, desideroso di umiliare la repubblica tanto avversa a suo padre, finge di voler rispettare la dignità degli ambasciatori; costoro si prosterneranno quando esso apparirà, ma non a lui, bensì all'immagine di Pallade che porterà sull'elmo. Alcuni talenti dati a Demostene acquetano tutti gli scrupoli suoi e degli oratori, che all'udienza però s'avvedono d'esser stati beffati, giacché sull'elmo del re non risplende una Pallade, ma un enorme gufo che

«all'uditorio volge
la coda e 'l sotto coda.»

Fra le risate ed il tumulto dei Persiani e dei Macedoni Demostene espone il motivo dell'ambasceria; Alessandro ne è in pari tempo offeso e lusingato; ma in lui il filosofo la vince questa volta sul conquistatore ed invita a banchettare i due capi: Eschine e Demostene. Ed ecco, a mezzo il convito, presieduto dal re ed a cui siedono Aristotele, Efestione, Clito, Antipatro ed un indiano filosofo, Calano, sorgere un litigio fra Clito ed Alessandro: Clito trascende nei motteggi, ed il re, cui l'ira fa velo alla mente, lo uccide:

«Banchetto filosofico-regale
Mostro è risibil che finisce in pianto.»

Demostene spaventato non vuol trattenersi un istante di più nella reggia, che suona dei lamenti del pentito monarca.

Gli oratori si preparan quindi a partire, ed avviliti, derisi, disprezzati come ladri e vigliacchi, tornano ad Atene.

«Antipatro: Al diavol tutti. Efestione: E al diavol, spero, Atene.

Aristotele: Li fa esser tali il popolar governo.

Antipatro: Durato han troppo.

Efestione: E rei son troppo. Antipatro: E Troppi.»

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

  • Commedia online In: Opere di Vittorio Alfieri, Volume XV: Commedie, Tomo I. 1809 (Con L'uno e I pochi)