Guerra di Valona

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Guerra di Valona
parte della storia dell'Albania
In senso orario dall'alto: base italiana; Soldati albanesi; Cannoni italiani catturati da irregolari albanesi durante una delle battaglie
Data4 giugno - 2 agosto 1920
(0 anni e 90 giorni)
LuogoRegione di Valona
Esito
Modifiche territorialiValona è restituita all'Albania
Saseno è annessa all'Italia
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
10 000A metà giugno vi erano 7000 uomini a presidio di Valona,[1] ma è difficile stabilirne gli effettivi dato lo scoppio di un'epidemia di malaria.
Perdite
750 vittime2 000 vittime, molte di malaria [2]
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La guerra di Valona o la guerra del 1920 (in albanese Lufta e Vlorës o Lufta e Njëzetës) è stato un conflitto combattutto tra forze italiane a presidio della baia di Valona, regione occupata dall'Italia assieme all'isola di Saseno dal 1914, e forze albanesi. Le ostilità scoppiarono in seguito alla divulgazione, da parte ellenica, dell'accordo Venizelos-Tittoni di Parigi, in base al quale sarebbe stato riconosciuto il protettorato italiano sull'Albania (dichiarato unilateralmente nel 1917) sotto forma di mandato della Società delle Nazioni in cambio di vantaggi territoriali greci nell'Epiro albanese. L'episodio più famoso del conflitto fu la rivolta di Ancona, atto di insubordinazione commesso nell'ambito del Biennio Rosso da bersaglieri italiani che rifiutarono di imbarcarsi per Valona a sostegno del presidio assediato.

Nonostante i mancati rinforzi e un'epidemia di malaria, il presidio italiano riuscì a mantenere Valona a fronte di quattro attacchi.[3] Per porre fine a una lotta impopolare e poco utile, l'Italia denunciò l'accordo con la Grecia in base alla violazione del vincolo di segretezza e convenne con l'Albania il trattato di Tirana. In base ad esso, l'Italia evacuò Valona per avere riconosciuto il possesso dell'isola di Saseno. Allo stesso tempo l'Italia riconobbe definitivamente la sovranità dell'Albania (rinunciando quindi al protettorato-mandato) mentre mantenne una protezione diplomatica per l'indipendenza della stessa. L'accordo fu confermato in sede di Società delle Nazioni dalla Conferenza degli Ambasciatori il 9 novembre 1921, con il riconoscimento dell'indipendenza albanese e degli interessi speciali dell'Italia in Albania.

Contesto storico[modifica | modifica wikitesto]

Prima di entrare nella prima guerra mondiale come alleato della Triplice intesa, il Regno d'Italia aveva firmato il segreto Patto di Londra: l'Italia aveva promesso di dichiarare guerra alla Germania e all'Austria-Ungheria entro un mese in cambio di alcune conquiste territoriali alla fine della guerra. I territori promessi dall'Albania all'Italia erano menzionati negli articoli 6 e 7 del trattato:[4]

Articolo 6 L'Italia dovrà ricevere piena sovranità su Valona, l'Isola di Saseno ed un territorio circostante sufficiente [...] Articolo 7 Qualora l'Italia ottenesse il Trentino e l'Istria secondo quanto disposto dall'Articolo 4, assieme alla Dalmazia e le Isole dell'Adriatico entro i limiti specificati nell'Articolo 5, e la Baia di Valona (Articolo 6), e se la parte centrale dell’Albania verrà utilizzata per stabilirvi un piccolo stato autonomo e neutrale, l'Italia non dovrà opporsi alla divisione dell'Albania Settentrionale e Meridionale tra il Montenegro, la Serbia e la Grecia, qualora questo fosse il desiderio di Francia, Regno Unito e Russia. La costa dal confine meridionale del territorio italiano di Valona (vedi Articolo 6) fino a Capo Stylos, dovrà essere dichiarata neutrale. All'Italia dovrà essere affidato il compito di rappresentare lo Stato d'Albania nelle sue relazioni con le Potenze straniere. L'Italia inoltre accetta di lasciare comunque un territorio sufficientemente ampio ad est dell'Albania al fine di assicurare l'esistenza di una linea di confine tra la Grecia e la Serbia ad ovest del Lago Ochrida.

Nel 1920 gli alleati nella Conferenza di pace di Parigi non avevano ancora preso una decisione sul futuro dell'Albania, ma le rivendicazioni dell'Italia sulla sovranità di Valona non erano mai state seriamente messe in discussione. Anche il presidente del Consiglio italiano Francesco Saverio Nitti aveva sperato di ottenere un mandato sul resto del Paese secondo il segreto Patto di Londra.[5]

Ordini di battaglia[modifica | modifica wikitesto]

Ordine di battaglia albanese[modifica | modifica wikitesto]

Ordine di battaglia italiano[modifica | modifica wikitesto]

Corso della guerra[modifica | modifica wikitesto]

Illustrazione della bandiera alzata durante la guerra

La guerra iniziò il 4 giugno, dopo il rifiuto da parte del generale italiano Settimio Piacentini di cedere il distretto di Valona al governo albanese. L'Albania aveva precedentemente costretto gran parte dell'occupazione italiana a lasciare il paese, ma dopo il rifiuto italiano delle richieste di Ahmet Zogu, l'allora ministro degli interni albanese, di continuare l'evacuazione, gli albanesi annunciarono l'istituzione del Comitato di difesa nazionale sotto la guida di Qazim Koculi, iniziando a raccogliere volontari. Ahmet Lepenica divenne il comandante in capo del distaccamento composto da circa 4 000 uomini. Gli insorti albanesi erano scarsamente armati e non tutti portavano nemmeno una pistola, alcuni erano armati solo di bastoni e pietre. Gli albanesi si impegnarono nei combattimenti nella regione di Valona e presto i ribelli furono sostenuti da volontari nella regione. Ciò aumentò la dimensione della forza fino al numero ufficiale di 10 000 irregolari, che includevano anche la Banda e Vatrës, una banda militare albanese che si era formata negli Stati Uniti che viaggiò 23 giorni in nave dagli Stati Uniti a Durazzo. Tuttavia durante il corso della guerra non più di 4 000 albanesi si impegnarono.[6]

Gli italiani a Valona erano scesi prima del conflitto da 35.000 unità a 15.000 e allo scoppio dello stesso erano circa 7.000; il loro numero si ridusse ulteriormente per lo scoppio di un'epidemia di malaria.[7]

I movimenti rivoluzionari comunisti e le rivolte all'interno dell'esercito in Italia resero impossibili i rinforzi ai soldati italiani a Valona.[8] Il morale cominciò a sgretolarsi tra i soldati italiani asserragliati all'interno di Valona, senza ordini e con la malaria e con l'agitazione comunista che dilagava tra le file. Ciononostante, gli attacchi albanesi (5 giugno, 6 giugno, 11 giugno, 24 luglio) non riuscirono a far cadere Valona. In questa situazione di stallo, il governo Giolitti prese un'iniziativa diplomatica per risolvere la situazione.

Trattato di Tirana[modifica | modifica wikitesto]

Cannoni italiani catturati da irregolari albanesi durante una delle battaglie

Dopo tre mesi di guerra, fu firmato il 2 agosto (con entrata in vigore il 5) un accordo per il cessate il fuoco tra il governo italiano e quello albanese, che prende il nome di "Trattato di Tirana". Esso recitava:

«L'Italia si impegna a riconoscere e difendere l'autonomia dell'Albania e si dispone senz'altro, conservando soltanto Saseno, ad abbandonare Valona.[9]»

L'abbandono di Valona fu definito dall'allora presidente del consiglio Giovanni Giolitti "l’estirpazione di un dente, per la quale il paziente esita e ritarda, ma di cui poi alla fine è lieto di essersi liberato". Giolitti considerava la baia di Valona una base di poco valore e al tempo stesso un vero e proprio peso, poiché costosa da mantenere e inevitabilmente esposta ad attacchi di albanesi. Per queste ragioni vi rinunciò, in cambio del riconoscimento del possesso dell'isola di Saseno di fronte alla baia (che egli invece valutava strategica). Giolitti e i suoi successori interpretarono l'accordo concluso come una rinuncia al protettorato-mandato italiano sull'Albania, ritenuto anch'esso svantaggioso e impopolare, ma allo stesso tempo come un mantenimento della protezione diplomatica italiana (la "difesa dell'autonomia dell'Albania") a garanzia dell'indipendenza albanese dalle mire di altri stati, ritenuta fondamentale per la sicurezza dell'Italia. È stato quindi il primo dei cd. "trattati di Tirana" degli anni '20, che stabilirono un'Albania indipendente in una sfera d'influenza italiana.[10]

La Conferenza degli Ambasciatori confermò l'accordo sull'indipendenza albanese e gli interessi speciali italiani in Albania con una dichiarazione del giugno 1921. [11]

Nelle sue memorie, Giovanni Giolitti così spiegò l'accordo:

«Nelle nuove condizioni sortite dalla guerra europea, l’interesse nostro era pure che l’Albania fosse autonoma, e che nessuno potesse insediarsi nelle sue coste e nei suoi porti; sicuri che l’Albania per conto proprio non avrebbe avuta mai una flotta che potesse essere una minaccia alle nostre coste ed alla nostra libertà di traffico in questo mare.

Riguardo poi a Vallona, io facevo questo ragionamento: che in caso di guerra, se noi fossimo i più forti in mare non avremmo avuto bisogno di Vallona; se fossimo i più deboli, non potendo difenderla e rifornirla per mare, saremmo costretti ad abbandonarla. E ciò prescindendo anche dalla considerazione della radicale trasformazione che il più largo uso dei sottomarini e degli idrovolanti porterà, secondo i tecnici, nella guerra navale del futuro. Ad ogni modo, ciò che veramente ci interessa è che Vallona non possa costituire una base di operazioni contro di noi; e questo scopo è raggiunto con l’occupazione dell’isolotto di Sasseno, che sta all’imboccatura della baia stessa. Per fare di Vallona una base navale nostra, data la enorme portata delle artiglierie moderne, sarebbe necessaria una occupazione territoriale estesissima perché il porto non fosse esposto ai tiro delle artiglierie nemiche; il che avrebbe importato non solo spese ingenti e continuative, ma, in caso di guerra, l’immobilizzamento di nostre considerevoli forze, che verrebbero sottratte al teatro principale della guerra ed alla difesa del territorio nazionale.

Per tutte queste ragioni io decisi di rinunciare al mandato, conferitoci dalla Conferenza di Parigi, sull’Albania, che avrebbe rappresentata una enorme passività senza alcun utile, e di limitare la nostra azione alla protezione diplomatica dell’Albania contro le mire di altri Stati, e di abbandonare Vallona, assicurandoci però il riconoscimento del possesso di Sasseno.»

Anche il ministro Sforza, in parlamento, espresse simili considerazioni e la sua soddisfazione per l'accordo:

«Abbiamo ritirato le nostre truppe da Valona, mantenendo in nostro potere l'isola di Saseno che domina e neutralizza la baia di Valona...non possiamo fare con gli Albanesi che una politica di amicizia. Dissipato il doloroso equivoco, partiti dopo un brillante combattimento che mostrò agli illusi di Valona che mai la forza ci avrebbe fatto ritirare di là, noi possiamo esser certi che saran gli albanesi che in un prossimo futuro cercheranno da noi aiuti e collaborazioni»

Anche dal punto di vista albanese, l'accordo fu positivo e segnò il consolidamento della statualità albanese, con i seguenti risultati ottenuti:

  1. Il governo italiano ha riconosciuto completamente l'indipendenza, l'integrità territoriale e la sovranità dell'Albania, entro i confini definiti nel 1913 dalla Conferenza degli ambasciatori a Londra.
  2. Il governo italiano ha rinunciato al suo protettorato proclamato nel 1917 e all'occupazione e amministrazione di Valona e del suo entroterra; ha rinunciato a tutte le rivendicazioni contro l'Albania e a tutte le interferenze negli affari politici albanesi, e abbandonato l'idea di un mandato sul paese.
  3. Il governo italiano ha accettato di ritirare il suo materiale bellico da Valona e dal suo entroterra, di evacuare tutti i suoi possedimenti sulla terraferma albanese e di rimpatriare in anticipo le truppe italiane effettivamente di stanza a Valona e sul litorale, e tutte le sue forze ancora rimaste in altre parti del territorio albanese ad eccezione del presidio dell'isola di Saseno all'ingresso della baia di Valona; l'Italia ha mantenuto il possesso permanente solo dell'isola di Saseno, ma è rimasta in occupazione temporanea di Capo Linguetta e Capo Treporti, entrambi dominanti la baia di Valona, con il diritto di fortificarli; in quella città sarebbe rimasto anche il distaccamento di truppe a Scutari.
  4. Avrebbe avuto luogo uno scambio di prigionieri, la liberazione degli arrestati con amnistia generale reciproca e la risoluzione di questioni in sospeso riguardanti gli interessi privati dei sudditi albanesi e italiani.

Fu inoltre il primo trattato tra l'Albania e una potenza straniera. L'Albania aveva concentrato tutti i suoi sforzi per ottenere senza riserve il pieno riconoscimento da parte delle potenze occidentali dell'indipendenza dell'Albania entro i confini del 1913.[12]

I nazionalisti italiani furono contrariati dall'accordo, poiché miravano all'annessione di Valona oltre che di Saseno e al mantenimento di un vero e proprio protettorato oltre che della protezione diplomatica. Benito Mussolini descrisse gli avvenimenti di Valona come la "Caporetto albanese"[senza fonte]. Tuttavia, giunto al governo, anche lui si fece garante dell'autonomia albanese. Quando la commissione del generale Enrico Tellini, incaricata dalla Società delle Nazioni di delineare i confini a sud dell'Albania, fu massacrata dai greci che avevano mire sull'Epiro albanese, egli rispose scatenando la crisi di Corfù.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Vincenzo Gallinari, L'esercito italiano nel primo dopoguerra, 1918-1920, p. 157
  2. ^ (EN) Hugh Montgomery-Massingberd (a cura di), Burke's Royal Families of the World, Volume 1: Europe & Latin America, London, Burke's Peerage Ltd, 1977, p. 106
  3. ^ Mirko Riazzoli, [https://books.google.it/books?id=ZmLDDgAAQBAJ&pg=PT306&dq=presidio+di+Valona+numero&hl=it&newbks=1&newbks_redir=0&source=gb_mobile_search&sa=X&ved=2ahUKEwjw0IK38cr5AhXRif0HHd5OA5UQ6AF6BAgHEAM#v=onepage&q=presidio%20di%20Valona%20numero&f=false Cronologia delle colonie e dei domini italiani
  4. ^ Southern Albania, 1912-1923, Stanford University Press, p. 61 ISBN 0-8047-6171-X, 9780804761710
  5. ^ (EN) Christopher Seton-Watson, Italy from liberalism to fascism, 1870-1925, Taylor & Francis, 1967, p. 578 ISBN 0-416-18940-7, ISBN 978-0-416-18940-7
  6. ^ (SQ) gazetadielli.com, http://gazetadielli.com/banda-dhe-vullnetaret-e-vatres-ne-luften-e-vlores-dhe-ne-konfliktin-me-greket-ne-kufijte-jugore/. URL consultato il 21 marzo 2018.
  7. ^ Stephanie Schwandner-Sievers, Bernd Jürgen Fischer, Albanian identities: myth and history, C. Hurst & Co. Publishers, 2002 ISBN 1-85065-572-3, ISBN 978-1-85065-572-5
  8. ^ digilander.libero.it, http://digilander.libero.it/fiammecremisi/dopoguerra1/alba.htm. URL consultato il 21 agosto 2018.
  9. ^ Ruggero Giacomini, La rivolta dei Bersaglieri e le Giornate rosse: I moti di Ancona dell'estate 1920 e l'indipendenza dell'Albania, Assemblea legislativa della Regione Marche, 2010
  10. ^ Trattati di Tirana
  11. ^ Prassi internazionale, su prassi.cnr.it. URL consultato il 16 agosto 2022 (archiviato dall'url originale il 4 maggio 2023).
  12. ^ (EN) Owen Pearson, Albania and King Zog: independence, republic and monarchy 1908-1939, Volume 1 di Albania in the twentieth century, I.B.Tauris, 2004 ISBN 1-84511-013-7, ISBN 978-1-84511-013-0 p. 151

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Akademia e Shkencave e RPSSH "Fjalori Enciklopedik Shqiptar", Tirana, 1985.
  • Owen Pearson, Albania in the twentieth century, New York, IB Tauris, 2006, ISBN 1-84511-013-7.

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