Evenzio, Alessandro e Teodulo

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I santi Evenzio, Alessandro e Teodulo sono un gruppo tre martiri cristiani anticamente venerati in un santuario al VII miglio della via Nomentana.

Il loro elogio si legge nel Martirologio romano al 3 maggio.[1]

Storia[modifica | modifica wikitesto]

La prima attestazione dell'esistenza del culto dei tre martiri è contenuta nel Martirologio Geronimiano, che registra la commemorazione del dies natalis dei tre santi al 3 maggio con l'indicazione topografica del VII miglio della via Nomentana.[2]

Nel corso di scavi condotti nel 1854 furono trovati i resti di un santuario dedicato alla loro memoria eretto nel V secolo dal vescovo Urso sulla loro sepoltura, in una località identificata con l'antica Ficulea: la basilica era sorta su una catacomba, risalente agli anni tra la fine del III e gli inizi del IV secolo, all'interno della quale fu rinvenuto il sepolcro dei mariri Evenzio e Alessandro e, in un ambiente comunicante ma a parte, quello di Teodulo. Urso è da identificare con il vescovo di Nomento citato in una lettera di papa Innocenzo I.[2]

La basilica del vescovo Urso iniziò a decadere dopo l'VIII secolo, probabilmente a causa della traslazione delle reliquie dei martiri in Santa Prassede a Roma voluta da papa Pasquale I; un'ulteriore traslazione in Santa Sabina risale al pontificato di papa Eugenio II. Reliquie dei martiri sarebbero presenti in Germania e nella chiesa di San Lorenzo in Lucina.

Una antica tradizione, ripresa anche dal Liber pontificalis e già citata nell'Itinerario di Guglielmo di Malmesbury, identifica il martire Alessandro con papa Alessandro I, ma essa non trova tuttavia riscontro né nel latercolo del Martirologio Geronimiano, né nell'iscrizione del V secolo posta sull'altare costruito sulla sua tomba, che non associa nessuna qualifica al nome di Alessandro.[2]

La passio[modifica | modifica wikitesto]

Secondo una passio tarda (risalente al VI o VII secolo) e leggendaria (una composizione artificiale e priva di valore storico, in cui sono raggruppati santi diversi legati insieme solo dalla fantasia dell'autore), sotto Traiano papa Alessandro convertì al cristianesimo gran parte del senato e il prefetto Ermete; l'imperatore, che si trovava in Oriente, spedì a Roma il comes Aureliano che lo arrestò e lo affidò al tribuno Quirino.[2]

In carcere Alessandro trovò i presbiteri Evenzio e Teodulo: grazie ai loro miracoli, i tre convertirono il tribuno Quirino e sua figlia Balbina; quindi Aureliano intervenne facendo decapitare Ermete e Quirino e, dopo molti supplizi (Alessandro ed Evenzio furono gettati in una fornace in cui entrò anche Teodulo, ma tutti ne uscirono illesi), fece tagliare la testa anche ai tre.[3]

Sempre secondo la passio, la moglie di Aureliano seppellì i martiri in un suo terreno al VII miglio della via Nomentana e si adoperò presso il nuovo pontefice affinché vi fosse istituita una sede vescovile per onorare la memoria dei santi.[3]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Martirologio romano (2004), p. 374.
  2. ^ a b c d Agostino Amore, BSS, vol. I (1961), col. 806.
  3. ^ a b Agostino Amore, BSS, vol. I (1961), col. 807.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Il martirologio romano. Riformato a norma dei decreti del Concilio ecumenico Vaticano II e promulgato da papa Giovanni Paolo II, LEV, Città del Vaticano 2004.
  • Filippo Caraffa e Giuseppe Morelli (curr.), Bibliotheca Sanctorum (BSS), 12 voll., Istituto Giovanni XXIII nella Pontificia Università Lateranense, Roma 1961-1969.