Epitaffio di Altamura

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Epitaffio di Altamura
Epitaffio di Altamura
CiviltàRegno di Napoli
UtilizzoMonumento commemorativo
StileNeoclassicismo
EpocaXVIII-XIX sec.
Localizzazione
StatoBandiera dell'Italia Italia
ComuneAltamura
Dimensioni
Altezza4 metri circa
Amministrazione
Visitabile
Mappa di localizzazione
Map
Coordinate: 40°50′18.33″N 16°33′02.76″E / 40.838425°N 16.550767°E40.838425; 16.550767

L'Epitaffio di Altamura è un monumento commemorativo della città di Altamura. Secondo lo storico Ottavio Serena, esso sarebbe stato eretto subito dopo la visita ad Altamura, il giorno 8 aprile 1807, di Giuseppe Bonaparte (fratello maggiore di Napoleone Bonaparte), che era da poco divenuto re di Napoli (1806-1808).[1] Secondo ricostruzioni più recenti, l'epitaffio sarebbe invece stato costruito in occasione della visita dei reali Ferdinando IV e Maria Carolina d'Austria nella città di Altamura nell'anno 1797.[2] L'epitaffio commemorativo è situato nell'omonimo "largo Epitaffio", ed è tradizionalmente chiamato epitaffio, sebbene non sia un'iscrizione funebre, bensì un monumento commemorativo.

La ricostruzione di Serena[modifica | modifica wikitesto]

Secondo quanto tradizionalmente riportato da Ottavio Serena, Giuseppe Bonaparte proveniva da Taranto e stava seguendo il suo tragitto di ritorno a Napoli, donde era partito il 21 marzo dello stesso anno. Il Municipio e la cittadinanza di Altamura andarono incontro e accolsero festosamente Giuseppe Bonaparte, il quale si fermò a salutare i rappresentanti della città nel largo che da allora si sarebbe chiamato "largo Epitaffio". Giuseppe Bonaparte in quell'occasione fece molte promesse, alloggiò ad Altamura in casa del conte Viti e in seguito ripartì. Il 9 aprile era a Venosa e il 12 aprile era già tornato a Napoli.[3]

La lettera a Napoleone[modifica | modifica wikitesto]

Giuseppe Bonaparte, nello stesso giorno della visita ad Altamura, scrisse una lettera a suo fratello Napoleone Bonaparte:

«Joseph à Nap. Altamura, 8 avril 1807

Sire, je suis en route pur retourner à Naples. J'ai lieu d'être content de mon voyage, et je m'aperçois tous le jours davantage qu'il faut tout voir par soi-même.

Tous les pas que je fais dans la carrière me rapprochent tous les jours davantage de la manière de sentir et de voir de Votre Majestè. J'aime à le redire, et je sens que le prince seul a un intérêt unique et homogène avec celui de ses peuples.

Giuseppe a Napoleone, Altamura, 8 aprile 1807

Sire, sono sulla via del ritorno verso Napoli. Ho buoni motivi per essere contento del (mio) viaggio, e mi rendo conto ogni giorno di più che tutto questo andrebbe visto coi propri occhi.

Ogni passo della mia carriera mi porta più vicino al modo di sentire e vedere di Vostra Maestà. Mi piace ripeterlo, e sento che solo il principe ha un interesse unico e omogeneo con quello dei suoi popoli.»

La ricostruzione di Marvulli[modifica | modifica wikitesto]

Secondo studi più recenti dello studioso locale Michele Marvulli (1996), l'epitaffio in questione risalirebbe all'anno 1797, allorché i reali Ferdinando IV e Maria Carolina d'Austria visitarono la città di Altamura, come testimoniato da varie fonti.[5] A supporto di ciò, la cronaca di Vitangelo Bisceglia (sconosciuta a Ottavio Serena) riporta come nel 1799 fu distrutta, in contrada San Martino (il toponimo dell'area dell'epitaffio), l'"arma reale" posta due anni prima in occasione della visita dei reali:[2]

«febbraio 1799 ...Sulla voce sparsa ch'erano arrivati in Barletta ed in altre città i Commissari francesi per democratizzare i popoli, si affrettarono i promotori di Altamura di prevenire le loro provvidenze. Pretendendo che si abbatta il Trono Vescovile, come sede Regia, fanno togliere clandestinamente dallo stallo del Re le antiche distinzioni, e dall'aquila imperiale ch'è in mezzo all'altar maggiore le insigne della Monarchia: è in pericolo l'aquila medesima. Si fa sentire al Prelato che tolga dalla sua anticamera i ritratti de' Sovrani, altrimenti si sarebbe andati con forza armata a strapparli. Vengono essi levati per non esporli a delle villanie, e sono situati in un gabinetto segreto. Si tolgono di notte le imprese prelatizie, ch'esistevano sulle porte della Cattedrale e della collegiata, si riducono in frantumi, e si dividono questi fra' repubblicani. Si frange l'arma reale, ch'era stata messa due anni prima al piano di S. Martino in occasione della veduta de' Sovrani, e se ne cancella l'iscrizione. Il delirio era al colmo...»

Come ulteriore conferma di questa ricostruzione, nella cronaca di Michele Rotunno (relativa ai fatti del 1799 ad Altamura), viene citato l'epitaffio per indicare la direzione verso la quale erano diretti i fuggiaschi nell'anno 1799.[6]

Caratteristiche[modifica | modifica wikitesto]

Il monumento inizialmente conteneva un'iscrizione, l'aquila imperiale e lo stemma reale. Secondo quanto ricostruito da Ottavio Serena, l'iscrizione sarebbe stata cancellata e gli stemmi sarebbero stati resi irriconoscibili in seguito al ritorno sul trono di Ferdinando I di Borbone, nel 1815.[3] L'iscrizione non è più leggibile e gli stemmi sono in parte irriconoscibili.[7]

Galleria d'immagini[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Berloco, p. 263.
  2. ^ a b Marvulli, pp. 199-200.
  3. ^ a b Berloco, p. 264.
  4. ^ memoires, Lib. 6, p. 333.
  5. ^ Marvulli.
  6. ^ Serena.
  7. ^ Berloco, p. 264 - "La colonna e l'aquila si vedono anche oggi" (Ottavio Serena).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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