Discussione:Tollo

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testo da controllare[modifica wikitesto]

  • Biografia di Nicola Nicolini (testo copincollato dalla voce principale di Tollo da Utente: Angelorenzi):. Motivazione: testo redatto, da quanto sembra ad una prima lettura, da uno del paese e copincollato a sua volta da un programma windows vedi alcune virgolette ed apostrofi. Voce troppo lunga, prolissa ed a tratti elogiastica per un personaggio d'interesse locale. Se voce così lunga non si capisce pechè non si capisce perchè non è stata creata una voce apposita per il personaggio. Mancano del tutto le fonti.

Allievo di Mario Pagano, fu dapprima Avvocato civile e poi penale, esercitando dal 1792 al 1808; Esordì non ancora ventenne il 16.04.1792. Nel 1808 fu nominato Procuratore generale presso la corte criminale di Terra di Lavoro, poi di Santa Maria a Capua; dal 1810 divenne, per volere del Ricciardi, Presidente della Gran Corte criminale di Napoli; dall’aprile 1812 fu avvocato generale presso la Corte di Cassazione. Chiamato a capo della Commissione Legislativa istituita con decreto del 02.08.1815 da cui nacquero nel 1819 i nuovi codici del Regno delle 2 Sicilie: il codice penale e quello di procedura penale furono in gran parte opera sua. Destituito dall’incarico nel 1821, ritornò all’Avvocatura difendendo gli autori dei moti carbonari del 1820; vi rimase fino al 1831 quando fu richiamato in magistratura. Nel 1844 fece parte del Consiglio di Stato quale Ministro senza portafogli. Professore di Diritto penale, ebbe tra i suoi allievi Francesco Antonio Casella. Scrisse il “Trattato di procedimento penale” in 9 volumi (1828-32); “Quistioni di diritto”; “Instruzione per gli atti giudiziari di competenza dei giudici di pace” (1812); “Dell’analisi e della sintesi. Saggio di studi etimologici” (1842); “Intorno alla ragione etimologica de’ nomi di diritto ed all’origine, natura e fine delle pene” (1850). Tra i libri di poesia “La musa di famiglia, memorie domestiche” (1849). Raccolse i suoi “Discorsi” in 2 volumi. Esponente della cd. Scuola storica dei giuristi napoletani, fu detto dal Dupin “l’aquila del foro napoletano”. Tra gli scritti a lui dedicati ricordiamo quello di F. Nicolini “Nicola Nicolini e gli studi giuridici nella prima metà del secolo XIX” (1907); in esso è compreso il “Saggio delle lezioni di diritto penale dettate nell’Università di Napoli”. Nel 1808 rifondò l’Accademia Pontaniana Assieme a Cuoco, Gagliardi e Fortunato. Frequentò il circolo cd. neoguelfo di Carlo Troya. Assieme a Poerio, Raffaelli, Cianciulli e Winspeare fu tra i fautori della Corte di Cassazione, istituita in Napoli nel 1809. Morì nel 1857. Il 05.03.1882 venne scoperto il suo busto in Castelcapuano con discorso di Enrico Pessina.

- Dal discorso di Enrico Pessina del 05.03.1882 per lo scoprimento dei primi busti in Castelcapuano: “ (…) Il suo ingegno offriva mirabile connubio di severità scientifica e di amenità letteraria, di lucida perspicacia e pienezza d’erudizione, ed era ad un tempo eminentemente speculativo ed eminentemente pratico. Non tenace sostenitore degli errori del passato, non avversario anzi propugnatore dei grandi progressi del Diritto, arrecati dallo spirito dei nuovi tempi egli avvisò il passato come necessaria preparazione all’opera dell’avvenire, e scorse nella storia il riverbero della coscienza umana tutta quanta. Emancipato dagli influssi dello ideologismo contemporaneo, non ripose nel senso il criterio del vero, non fece della mera utilità la regola suprema delle sociali istituzioni, ma considerò come criterii del vero e del giusto la ragion pura dell’uomo e il consenso del genere umano. Assuefatto ai virili studi dell’antichità classica, addimesticato con la letteratura latina e col divino poema italiano, nutrito dei veri morali dello Stoicismo e del Cristianesimo, egli si rannodò strettamente alla dottrina giuridica del Vico, e si profondò nello studio della sua Filologia trascendente … Così egli venne costruendo un sistema teoretico e pratico ad un tempo del Diritto penale, e lo svolse si nel suo Trattato di procedimento penale, si nella raccolta delle sue Conclusioni, cui è titolo Quistioni di Diritto, e si nelle lezioni universitarie su principii del Diritto Penale, delle quali rimangono alcuni saggi, come quelli sul tentativo, sulla complicità, sulle scuse, sul metodo necessario per l’istruzione delle pruove. - L’indole della sua trattazione consiste nello svolgere la storia del Diritto penale nelle sue attenenze con le istituzioni sociali, nello investigare le origini prime del linguaggio giuridico, mostrando come ogni parola nella sua storia contenga un frammento della storia del Diritto, e nello esporre con questo duplice lume i principii ai quali si concatenano le varie disposizioni delle leggi. (…) Il Nicolini espose ancora gli instituti giudiziari in materia penale come una Logica pratica, mostrando che in realtà l’amministrazione della giustizia penale progredisce col progredire dei metodi per giungere alla scoperta del vero. Egli delineò a tal uopo la storia dei principii che reggono l’istruzione delle pruove, e dalla storia delle parole desunse la storia delle opinioni e dei fatti legislativi. La mente, la lingua e la mano, ecco le tre direzioni che, secondo lui, muovono di conserva nelle instituzioni del giudizio del giudizio penale; e la dottrina delle tre diverse età dello spirito serve di fondamento alla teoria delle varie forme storiche che assume il procedimento giudiziario. Così la legalità del giudice, la distribuzione dei poteri con limiti per ciscuno di essi, la santità delle forme del rito, l’indagine del vero scevra da qualsiasi preoccupazione o presupposto, l’eguaglianza dei diritti tra l’accusatore e l’accusato, la libertà della difesa, la pubblicità della discussione delle prove, l’estimazione di fatto lasciata al criterio morale del giudice, la motivazione dei giudicati, come freno all’arbitrio, la garentia della legalità del giudice e del procedimento mercé l’istituto della corte di Cassazione, sono tutti principii nel suo libro svolti e costruiti a sistema organico di dottrina. E a ciò s’aggiunge il pregio, notato pure dal Carmignani, di aver egli primo innestato i più bei fiori delle lettere italiane e latine sul vecchio tronco della giurisprudenza forense, dal che traeva nuovi ed ingegnosi argomenti per avvalorare l’originale assunto della Storia ideale delle giurisdizioni e dei giudizi. Questo stesso metodo da ultimo seguiva il Nicolini quando trattava le singole quistioni del Diritto penale, senza mai perdere di vista l’importanza pratica cui le sue indagini doveano mirare. Onde il Dupin lo disse l’aquila del foro napoletano, l’Ortolan sentenziò che la sua mente era improntata di un'alta ragione filosofica, la quale, mentre era annodata ad un sentimento artistico squisito, veniva sempre ricondotta allo scopo finale di pratica applicazione, cioè al governo degli affari. E di vero sovente lo si vedea librarsi nelle alte speculazioni dello intelletto, e da quelle scendere alla pratica ed ai suoi bisogni, incarnando nell’angusta cerchia dei fatti la vita dei principii; e mentre la parola diveniva per lui, nelle sue permutazioni storiche, la espressione viva delle permutazioni del pensiero, l’interpretazione della legge porgea, nelle sue pagine, congiunte in un amplesso d’amore la giustizia e la scienza come due forme di una sola e medesima idea” (Discorso riportato in “Il Foro napoletano nei suoi maggiori).

- Disse Alfredo de Marsico (in “Discorsi e scritti”) “… A Napoli Nicola Niccolini propagò dalla cattedra e dalla sbarra sia del pubblico ministero sia del difensore il fiume splendente della sua dottrina e della sua fecondia”. Ed ancora: “… Nicola Nicolini, che dall’esercizio giovanile dell’avvocatura trasse l’esigenza e l’amore della libertà; divenuto magistrato, ne serbò così fedelmente il culto che nell’avvocatura rientrò (in quei tempi !) quando fu accusato di aver troppo difeso, dal banco di accusatore, i diritti dell’imputato, ed alla magistratura tornò di nuovo solo quando, in sua presenza, fu dal Ministro di Ferdinando I lacerata l’accusa; e, con l’eloquenza che era torrente di pensiero e di dottrina spumeggiante di tutte le bellezze della letteratura classica, anticipò e scolpì nelle sue requisitorie i principi che avrebbero animato, assai più che i codici napoleonici del 1819, il codice della libera Italia, trasfondendovi la fede nella verità delle leggi vichiane. E così, l’adozione dell’insegnamento del Vico che, irradiato da Napoli, divenne universale – doversi trovare la spiegazione del diritto nel corso universale delle nazioni – e la potenza del raziocinio che nel Nicolini mai fu travolto dalla passione, concorsero a fare del suo magistero la conferma del pensiero del Leibniz, essere il diritto una geometria degli atti umani”. Lo stesso Alfredo de Marsico (nella Prefazione alle “Arringhe” di Giovanni Porzio) scrisse: “… al magistero degli avvocati corrispose sovente quello dei pubblici accusatori, sì che alla sbarra del Pubblico Ministero si affermarono oratori che seppero tutte interpretarle, seguirle, contemperarle [le direttrici delle scuole giuridiche, n.d.r.], raggiungendo ad esempio il prodigio, finora non adeguatamente valutato, di Nicola Nicolini”.

- Gennaro Marciano così lo descrive “… Nicola Nicolini, che il Dupin definiva l’aquila del Foro napoletano, mirabile fusione di austerità scientifica e di erudizione letteraria, che il diritto avvisò come la prova costante di un ordine supremo ed eterno e di una vigile provvidenza, nonché come l’indice ed il termometro sicuro della civiltà delle nazioni, e lo studio del diritto penale ricongiunse allo studio del linguaggio giuridico, dimostrando che ogni parola nella sua storia porta un frammento della storia del diritto” (dal discorso del 1936 sulla scuola storica napoletana).

- In “Figure forensi” Giovanni Porzio suggerisce che con Nicolini, Francesco Lauria, e Giuseppe Marini-Serra si inizia la trasformazione dello stile forense; prosegue quindi ricordando “… la incomparabile facoltà scientifica di Nicolini, che, dalla filosofia della storia, traeva l’interpretazione delle leggi e la costruzione d’una scienza del Diritto e del Procedimento penale, riallacciandosi specialmente a Mario Pagano”. Nella stessa opera soggiunge “… nel mio pensiero le parole di Dupin, piene di ammirazione per l’opera di Nicola Nicolini, si intrecciavano a quelle, ancora più vibranti, del grande Savigny, il vessillifero della scuola storia tedesca, sorpreso dalla vastità della mente e dall’erudizione del nostro grande giureconsulto, pel quale un trattato di procedura diventava, anziché un’arida esegesi, un luminoso svolgimento di alti problemi, ed una questione di diritto, una indagine giuridica e storica, filologica e letteraria; fervido alunno di quell’umanesimo fiorito proprio in quelle sale dove agli andava perorando”.

- Scrisse Nicolini “Filologia e giurisprudenza sono i due motori che svolgono a poco a poco e rendono popolari le massime della filosofia civile, dal che i mezzi e l’opportunità al legislatore di ricondurre tutta la sparsa legislazione a’ principi suoi in un codice”.

- Gli è stata intitolata una strada a Napoli nei pressi di Via Foria

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