Discussione:Repubblica di Venezia

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Veneto
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Repubblica di Venezia
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Progetto Wikipedia e scuola italiana

Ho di nuovo tolto la dizione Italia dall'introduzione non perché indegna, ma semplicemente perché inesatta e soprattutto incompleta. Inesatta perché l'Italia in quanto nazione non è mai esistita durante gli undici secoli di vita della Serenissima; incompleta, perché, qualora si volesse attribuire al termine Italia un'accezione puramente geografica, si escluderebbero tutte le terre dello Stato da Mar storicamente appartenute alla Repubblica Veneta ancor prima della Terraferma italiana. Bragadin 16:30, 21 ago 2007 (CEST)[rispondi]

  • Ripristinata la dizione "Italia" sostituita in precedenti interventi, quasi fosse indegna o inesatta con altre versioni attenuative, tipo "penisola italica" e simili. Ricordiamo appena che questo è il progetto italiano di Wikipedia.
  • Non ho modificato, ma ho notato, che nella Revisione 01:16, 26 lug 2005 dell'anonimo 151.47.132.14 è stata introdotto il concetto, del tutto da verificare perchè quasi certamente infondato, secondo il quale vi sarebbero tutt'oggi isole linguistiche venete nel Bosforo:
Le sue propaggini arrivano fino al Bosforo dove alcune località parlano ancora oggi veneto (come in molte delle sue ex isole).

(Andrebbe anche un po' migliorato l'italiano: difficilmente le località in sé stesse parlano alcuna lingua...). Per esperienza personale, posso dire che a Corfù e a Cefalonia, per esempio, non ho trovato neanche un anziano che ricordasse non dico qualcosa di veneto, ma abbastanza di italiano (l'isola fu occupata dalle nostre truppe durante l'ultima guerra) da metter su una frase più articolata di italiani e greci, una faccia una razza. Quelli che parlano attualmente un italiano accettabile lo hanno appreso al fine di mantenere rapporti diretti con i turisti (persino il mio amico Omeros che, bimbo, assistette all'attacco tedesco a Cefalonia). Ovviamente si tratta di esperienza personale, e come tale non probante, ma l'affermazione citata sopra merita ugualmente di essere documentata o altrimenti eliminata. --Piero Montesacro 12:52, 20 gen 2006 (CET)[rispondi]

Progetto "italiano" di Wikipedia, dovrebbe stare per "in lingua italiana", se non mi sbaglio. Per quanto riguarda il toponimo "Italia" sinonimo di penisola italica , esso è appunto un termine che indica dapprima un'area geografica e poi delle entità statuali. Onde non confondere i due aspetti (geografia e politica) secondo me è più corretto usare nei vari contesti, ora l'uno ora l'altro. Quando si tratta del periodo storico segnato dall'unità statuale Italiana trovo che ci stia bene il termine Italia, quando invece si debbono indicare periodi precedenti pre-unitari, in riferimento, ad altre statualità allora esistenti, trovo corretto usare l'espressione politicamente neutra di penisola italica. Non c'è alcuna irrispettosità, anzi si ha più rispetto non solo per l'Italia ma anche per la storia11:32, 22 gen 2006 (CET)

Continuo a rimanere sconcertato Wikipedia è detta Enciclopedia Libera, ma decide sempre qualcuno la verità storica. Hai ragione a dire che molte persone non sanno più di Veneto, ma sappi che la Dominante è caduta da oltre 2 secoli! Se vai in Croazia i giovani rifiutano l'italiano! Si chiama nazionalismo. Esattamente come quello italico, se avessi letto qualche libro sulla Lingua Veneta, sapresti che in Veneto non si parlava Italiano prima del 1915! Ti propongo un libri scritto da un docente universitario di lettere così ti fai una cultura: Esiste la lingua Veneta? - Gianfranco Cavallin - Est Edicoes Inoltre sappi che in sud america molti veneti parlano ancora veneto, e non italiano. Documentati BonBartolomeo

Oltre l'italiano migliorabile c'è da dire che io ho trovato in un viaggio proprio ad Argostoli a Cefalonia un anziano che aveva dei rudimenti di lingua veneta, e non in un ristorante. Certo si apre una discussione: è bastante per dire che in queste aree si parla ancora una lingua veneta? E soprattutto nel gran pentolone dei dialetti veneti, accettiamolo ormai non c'è più una lingua, cosa si può considerare ancora oggi lingua veneta? Questa è la discussione. Simone Laggia

A BonBartolomeo ricorderei che a Venexia non si e' mai parlata la lingua (sic!) veneta (direi piuttosto dialetti veneti), ma la lingua (questa si lingua e non dialetto) veneziana. Detto cio' non e' assolutamente vero che a Venexia non si parlava italiano. Di certo non nella viita quotidiana e tantomeno lo parlava il volgo, ma le classi colte sapevano parlare e scrivere italiano. Salvo si voglia dire che Carlo Goldoni non era veneziano!!! Carlo Goldoni ad esempio ha scritto in italiano svariati testi, un esempio tra tutti l'introduzione alla Commedia "Una delle ultime sere di Carnovale". Nella stessa commedia appena citata gli si fa riferimento all' "Italia" e riferendosi al veneziano lo si definisce "italiano" (alla "madama" la si rimprovera continuamente di non parlare "italiano"). Varda caso chi che se mete a far el difensor de Venexia spesse volte el 'xe da ch'ealtra parte del Ponte de la Vitoria Un Venexian nol diria mai "lingua veneta" ma "venexiana". Come me g'ha sempre dito me nona: Venexia 'xe Venexia el resto ... 'xe campagna! Yehuda.abramson

Unità politica[modifica wikitesto]

Frase scorporata:
Ricostituendo così l'unità politica delle genti venete - Mi sembra poco plausibile che nel '900 ci fosse un'unità politica del Veneto. Se c'era, occorrerebbe documentarla :-) Gac 18:29, 21 gen 2006 (CET)[rispondi]

Le comunità umane a prescindere dal numero dei loro membri, sono tutte genericamente delle polis e la gestione della loro vita sociale e relative istituzioni, anche tribali, sono attività politiche. I documenti richiesti stanno nelle elaborazioni degli archeologi, degli antropologi, ecc. e cosa ancor più importante stanno nella logica naturale della vita umana. Anche in questo "scorporo" si nota una evidente intenzionalità a negare la realtà veneta come popolo, nazione e statualità storiche.--Paolo sarpi II 11:40, 22 gen 2006 (CET)[rispondi]

Da veneziano vorrei ricordare a tutti che la Repubblica di Venezia, sebbene si estendesse su vasta parte del Nord Italia, è sempre e comunque stata una città-stato, i cittadini erano gli abitanti di Venezia e al massimo gli originari dei più antichi territori della Repubblica (le coste dell'antica Venezia Marittima)... dunque non ha mai e poi mai avuto a che fare con un concetto di popolo veneto quale si tende ad assegnargli oggigiorno. Sebbene non esistesse uno sbarramento per diventare Veneziani (visto che il Popolo non aveva più da secoli poteri effettivi) non c'è mai stato a mio giudizio un momento in cui concettualmente si sia esteso a tutta la massa di abitanti e contadini della terraferma un senso di apparteneza alla cittadinanza della Repubblica, tanto è vero che questa ha sempre lodato la fedeltà di questi popoli, sottolineandone però così la percezione di alterità. Per quanto riguarda la discussione sulla forma di governo vorrei dire: è vero che si trattava di un esercizio di potere oligarchico, ma è anche vero che anche se solo nella larvata forma dell'acclamazione ducale, la Repubblica è sempre rimasta un organismo coinvolgente il popolo e che nel popolo riconosceva una fonte di sovranità (diciamo quasi che il popolo regnava ma non governava), tanto da prevedere accanto agli organi maggiori dello Stato, affidati al patriziato, tutto un sistema di potere burocratico parallelo e riservato ai non nobili, il cui vertice, il Gran Cancelliere, aveva nelle processioni ducali la massima preminenza subito dopo al Doge. Infine, per quanto oligarchico, il potere veneziano ha lasciato nei secoli una traccia positiva nella memoria storica delle genti che ne sono state sottoposte... dunque per quanto appartenente ad un sistema statuale generalmente concepito come negativo, nel caso specifico negativo probabilmente non fù. Dunque perchè non accettarne una descrizione idilliaca?

Questa è un'enciclopedia. Non facciamo politica. La frase ricostruendo la Nazione Veneta, riferita all'anno 1400 non mi sembra vera (magari sbaglio, correggetemi). Nel mio libro di storia non ho mai letto che ci fosse, in quell'anno, una Nazione Veneta. Se i libri di storia sono sbagliati (possibile), occorre prima riscrivere quelli e dopo inserire l'informazione nell'enciclopedia. Le opinioni personali o POV non sono ammesse. Il revisionismo politico è un concetto estraneo a quest'enciclopedia. Grazie, Gac

Hai bisogno di sapere se in qualche testo antico, magari ufficiale della Repubblica Serenissima Veneta i Veneti parlavano di sè come di una Nathion Veneta? Ti accontenterò presto!

Ricordo ai lettori che quando si tratta di Italia pare ammesso che si parli di nazione fin dai tempi preistorici, quando si parla del Veneto no e ci vogliono documenti scritti.

Ricordo anche che nei libri scolastici di storia italiani la gloriosa e lunghissima Storia Veneta è raccontata quasi di sfuggita e in maniera tale da nascondere ai giovani che il veneto è un popolo che è in questa penisola da più tempo dei latini, che la Repubblica Serenissima Veneta è stata la più lunga Repubblica della Storia e che i veneti sono una nazione storica d'Europa. Tutto conforme alla politica nazionalistica che non si fa alcun scrupolo di raccontare anche falsità e inventarsi le cose.--Paolo sarpi II 11:49, 22 gen 2006 (CET)[rispondi]

Nessuno mette in dubbio che la storia veneta sia lunghissima e, per molti secoli, sia stata anche gloriosa. Nei "libri scolastici di storia italiani", però, la vicenda della Serenissima è, come merita, ampiamente analizzata, mentre altri stati regionali sono negletti. Ci si ricorda molto, ad esempio, sulla storia dello stato sabaudo prima di re Carlo Alberto, della Repubblica di Genova e di quella di Lucca? Duroy 12:53, 22 gen 2006 (CET)[rispondi]

Credo che in ogni realtà (locale) si dovrebbe approfondire la storia delle genti di quel posto,l'Heimat, come avviene in ogni paese civile, dove la scuola pubblica (statale o privata) e i programmi scolastici (quindi anche i libri di testo) sono fatti per ben informare i cittadini sulla loro storia e identità specifiche e poi dare informazioni più generali sugli altri, a cerchi concentrici. Se a me che son Sardo mi vengono a raccontare la storia dei Veneti o dei Romani trascurando quella dei Sardi, lo troverei assurdo. Prima mi si racconta ( di ciò che mi è più vicino) della mia gente e della mia terra e poi mi si racconta (di ciò che è più lontano)il resto e non viceversa. Se poi nella scuola pubblica di stato mi raccontassero dei re di Roma e mi negassero i miei Dogi lo troverei molto strano; se mi raccontassero la Leggenda di Enea e mi negassero quella di Antenore anche questo risulterebbe strano; se mi raccontano che i miei avi paleoveneti sono scomparsi come i dinosauri e che io e la mia gente siamo figli di NN lo troverei molto molto strano e mi verrebbe da pensar male, molto male. Chi non la racconta giusta ti fa sempre del male. Nei libri di scuola la storia della Serenissima non é affatto raccontata giusta, per sentirla giusta devi venire ad ascoltarla quà nel veneto e sentire più voci, guardarti intorno e entrare nelle case, nei palazzi, nelle biblioteche, negli archivi... ma sopratutto saper ascoltare e vedere oltre le apparenze.--Paolo sarpi II 18:44, 22 gen 2006 (CET)[rispondi]

Sulla Repubblica Veneta ti sbagli. In realtà è stata un'oligarchia mercantile in quanto il popolo non aveva alcun potere politico. -- Ilario (0-0) - msg 01:54, 23 gen 2006 (CET)[rispondi]

Ti pregherei di informarti bene sulle parole oligarchia e aristocrazia e repubblica e democrazia....che sono tutte parole con significati diversi. Nei secoli in cui tutta l'Europa (penisola italica compresa) era costituita da stati monarchici più o meno assoluti e dispotici e signorie principesche (a parte i brevi periodi delle Repubbliche Marinare), Venezia è stata l'unica entità statuale ad essere e restare Repubblica per 1100 anni e per questo odiata, come oggi è odiato Israele in medio oriente, circondato com'è da regimi dispotici-dittatoriali e monarchici. Che poi fosse repubblica aristocratica e non democratica è un'altro paio di maniche, non erano ancora maturi i tempi della storia per la democrazia (quella vera come per esempio in Svizzera). Insistere su oligarchia è segno di non conoscenza della storia veneta e fors'anche d'un inconscio desiderio di sminuire la grandezza, la civiltà e l'unicità della Repubblica Veneta onde farla apparire ai veneti (e non solo) come un nemico storico da odiare (chissà perché e da dove arriva questa induzione nei giovani!). L'oligarchia è ben diversa, secondo la tua logica si potrebbe senza tanto forzare le cose affermare che anche la Repubblica Italiana odierna è un'oligarchia e non una repubblica democratica. Infatti la finzione-meccanismo della rappresentativa senza vincolo di mandato ecc., di fatto espropria della sovranità il popolo, e i ceti politici della rappresentatività si costituiscono, sempre di fatto, come un ceto dominante oligarchico con trasmissione ereditaria del seggio (carega). A seguire la cronaca dei dibattiti politici, dei giuristi politici nei convegni e della stampa, si trova spesso il termine oligarchia e regime oligarchico riferito all'odierno sistema italiano. --Paolo sarpi II 09:10, 24 gen 2006 (CET)[rispondi]

Concordo pienamente con Paolo Carpi e francamente non comprendo con quale cervello si debba

ritenere non neutrale l' articolo sul governo della serenissima. Sin tanto che ragioniamo con i nostri punti di vista moderni ( per non dire pregiudizi) non capire mai inulla.. ma poi siamo proprio sicuri che i Governi di oggi siano democratici siamo proprio sicuri poter tacciare di non neutralita' chi si appassiona per la storia di questa citta' che ricordialmolo era un vero e proprio impero e raggiunse splendori che la nostra povera italietta mai raggiunse dall' unificazione in avanti...mi verrebbe da dire che ha raggiunto una certa grandezza sotto il fascismo ma sarei tacciato di reazionario etc etc ritengo che a volte su wikipedia il punto di vista non neutrale sia in realta politically incorrect...PREGIUDIZI --άλβαρο 12:02, 27 mag 2006 (CEST)[rispondi]

Sono anchio del parere che l'articolo non sia neutrale ma perchè è sbilanciato invece in una visione idilliaca della repubblica di Venezia,manco fosse il paradiso in terra. Per quanto riguarda la forma repubblicana ci si deve ricordare che non basta il nome a fare uno Stato democratico (basta ricordare che a tutt'oggi in tutto il mondo ci sono Stati che si fanno chiamare "repubblica" e sono di fatto dittatura). Il fatto poi che le genti sottoposte al dominio di Venezia fossero contente d'esserlo non è certo perchè si sentivano parte della "nazione" veneta (non credo che nessuno, doge o contadino, abbia poi mai utilizzato quest'espressione nei 1100 anni di storia della serenissima) ma perchè la città assicurava ai territori sotto il suo dominio l'ordine e la sicurezza allo stesso modo di come avrebbero fatto in seguito le potenze europee nelle loro colonie, senza cioè cedere in materia di democrazia o uguaglianza nei confronti dei conquistati. Infine ricordo a tutti che la tanto bistattata Italia é al momento il settimo paese più industrializzato del mondo (cosa che la nostra venezietta non raggiunse mai)

Ciao a tutti! Sono WikiGian, ultimamente mi sono occupato di modificare e ampliare questa pagia. Ma solo nella parte storica antecedente alla segnalazine di parzailità nella descrizione della forma politica della Repubblica di Venezia. Non sono in possesso delle conoscene storiche epr poter modificare questa parte, ma anchi'io sono sel parere che vada revisionata.
Per quanto riguarda la discussione relativa all'esistenza o meno di una "nazione veenta", io porto solo le mie modeste conoscenze in ambito storico. Mi risulta, a tal proposito, mi risulta come dato storico docomentato che, tra il XIV e XV secolo, Venezia sia intervenuta più volte in conflitti per salvaguardare, e sono parole dell'epoca, la "libertà d'Italia". Ripeto, nel caso non fossi stato in grado di chiarire il concetto: Venezia entra in guerra per salvaguardare la libertà d'Italia.
Ora, rimane da chiarire cosa intendessero i Veneziani del XIV secolo con l'espressione "libertà d'Italia". Questa espressione fa riferiemnto a un concetto diverso da quello che noi oggi intendiamo con la stessa espressione; si trattava di salvaguardare l'indipendena degli Stati italiani che rimanevano indipendenti e divisi dall'intromissione delle potenze "straniere". Non si tratta di unificare la penisola, ma di evitare che interessi esterni alla penisola entrino in essa. QUesto, del resto, non escludeva le lotte con gli altri stati italiani.
Vi cito un passo dal libro di Gino Benvenuti dal Titolo "Le Repubbliche Marinare. Amalfi, Pisa, Genova, Venezia" indicato, fra l'altro, nella bibliografia di questa pagina: "Durante lo svolgersi degli avvenimenti relativi all’assedio di Pisa del 1494-1509. la Serenissima, seguendo la sua politica tendente ad assicurare la “libertà d’Italia” con l’eliminazione di ogni intervento straniero, era corsa a soccorrere i Pisani nella dura lotta per salvare la restaurazione repubblicana."
--WikiGian 20:52, 12 dic 2006 (CET)[rispondi]

Sul fatto che Venezia fosse un'oligarchia non posso anche condividere. Ma all'epoca non esisteva l'aristocrazia? E non era questa che governava Venezia? Mi sa che siete un attimo analfabeti! Poi sappiate che se si stava tanto male sotto Venezia allora ditemi perchè quando uno stato straniero cercava di invadere il suo territorio i primi a difendere la Serenissima erano i cittadini? Io ho letto moltissimi libri su Venezia, e mi sembra che nella sua imperfezione fosse più democratica di Roma, o degli altri stati Italiani, od Europei dell'Epoca, forse solo Firenze nel periodo dei Medici poteva competere! L'unica oligarchia antecedente alle repubbliche moderne, dagli USA in poi, è stata l'Inghilterra dove a decidere erano i ricchi maschi! Poi cari signori, non è che passando sotto l'Italia il Veneto ne abbia guadagnato, anzi. Vi ricordo che il Veneto era nel 1860 circa la regione "italica", nella penisola, più ricca con un patrimonio triplo a quello dei Savoia! Quando siamo passati sotto l'Italia siamo dovuti scappare dalla fame che ci facevano fare quei "cancari" dei Savoia. Concludo con un "Viva San Marco!" BonBartolomeo

correzioni[modifica wikitesto]

confermo l'intervento precedente e ho quindi proceduto alle relative correzioni:

1) non mi risulta affatto la presenza di isole linguistiche venete nel Bosforo; 2) non corrisponde al vero che le città dell'Entroterra si sarebbero federate pacificamente (nel testo peraltro vi era un'altro paragrafo corretto che parlava di annessione a Venezia). Venezia era detta - non per nulla - la Dominante, perché lo Stato era retto dall'oligarchia della città di Venezia nell'esclusivo proprio interesse; 3) vi erano poi una serie di ripetizioni e salti cronologici.

La voce andrebbe comunque verificata e completata. Ottimo il testo su de.wiki --Massimo Macconi 12:06, 25 mag 2006 (CEST)[rispondi]

4)Credo che "Cadiece" non essiste, sono spagnolo e il nome corretto è: Cadice. Testo: Altri ancora risiedettero in Occidente, come a Cadiece e altrove.|->Altri ancora risiedettero in Occidente, come a Cadice e altrove.

GoVerno NPVO[modifica wikitesto]

La descrizione idilliaca del Governo della Serenissima mi sembra eccessiva. Ricordo solo che quando Napoleone decretò la fine della Repubblica, gli illuministi addittavano - sicuramente per ragioni politiche - la Repubblica a bieco esempio di governo di ancien règime. Probabilmente la verità sta nel mezzo--Massimo Macconi 12:13, 25 mag 2006 (CEST)[rispondi]

...be se tu prendi come parqadigma di ogni giudizio cio' chre gli illuminisrti ritenevamo essere il governo ideale siamo a posto...saluti--άλβαρο 17:40, 27 mag 2006 (CEST)[rispondi]

Gli illuministi francesi al servizio dell'impero francese e di Napoleone, l'Attila corso, facevano come gli schiavisti che per giustificarsi affermavano anche con "argomentazioni di altissima scienza" che gli schiavi non erano uomini ma animali o che erano anime morte, senz'anima come si riteneva fossero gli animali. Ti suggerisco di studiare la storia della Veneta Repubblica e della sua aristocrazia, mille volte più onorevole e onorata dell'oligarchia partitocratica della repubblica italiana continuazione dello stato italiano, costruito sul modello dello stato francese prodotto dalla rivoluzione giacobina e dalla restaurazione imperiale napoleonica.

§§§ non vedo alcuna descrizione idiliiaca ma semplicemente la descrizione dell'organizzazione della Repubblica di Venezia pertanto invito a togliere la segnalazione NPVO--Breg 14:44, 1 set 2006 (CEST)[rispondi]

Non capisco poi perchè ci si debba mettere dalla parte degli illuministi e non permettere che l'antico regime sia descritto in maniera idilliaca. Personalmente la trovo un'organizzazione socio-politica-economica decisamente migliore di tutte quelle odierne!--Fcosta (msg) 23:35, 13 feb 2009 (CET)[rispondi]

Incompletezza Articolo[modifica wikitesto]

mi sermbra che per l'importanza nel bene o nel male che rivestì la repubblica veneta nella nostra storia ed in quella dell'europa, lo spazio dedicato in questo articolo sia troppo esiguo e per di più frammentario. Pregherei che ne sa di più di ampliare e sistemare secondo una gerarchia più intelligente di contenuti il tutto.

Giustizia e oligarchia veneziana[modifica wikitesto]

Il diritto, nel cosidetto dogado della Serenissima era una specie di Common Law, mentre nella terraferma veneta, la fonte primaria era il diritto giustinianeo, come del resto in tutto il continente. Quando i veneziani mandavano in terraferma i suoi rettori, (non erano dei giudici-professionisti), per giudicare le varie cause, civili o penali che fossero, andavano più, per così dire, a naso che non impegnarsi sui vari codicilli, e solitamente mediavano tra le parti. Comunque non erano più buoni degli altri: pensiamo ad esempio un contadino che avvesse commesso un delitto di sangue nei confronti di un nobile o di un patrizio... La repubblica di Venezia era quello che era, ossia uno stato di antico regime, nel bene e nel male.

Saluti a tutti voi.--AdBo 18:10, 3 lug 2006 (CEST)[rispondi]

A proposito di "giustizia veneta" consiglio di leggere un'ottimo lavoro dello storico Edoardo Rubini edito da Filippi Editore Venezia e intitolato "GIUSTIZIA VENETA". Anche l'avvocato costituzionalista Ivone Cacciavillani ha pubblicato numerosi lavori che illuminano sulla grandezza e la civiltà della Veneta Repubblica. La giustizia della Veneta Repubblica non era affatto come quella di tutti gli stati di antico regime che oltretutto non erano repubbliche ma monarchie e signorie assolutiste. Gentile AdBo ti suggerisco di studiare un pò di più prima di emettere sentenze.

Per capire meglio lo spirito veneto, la sua giustizia e la sua oligarchia aristocratica.

............. Avogaro, Badoer, Balbi, Barbarigo, Barbaro, Basadona, Bolani, Bon, Bondumier, Bragadin, Canal, Cabriel, Cappello, Cicogna, Qvran, Contarini, Colalto, Condulmer, Corner, Correr, Dandolo, Diedo, Dolce, Dolfin, Donà, Duodo, Erno, Erizzo, Falier, Foscari, Foscarini, Foscolo, Garzoni, Gozi, Gradenigo, Grirnani, Gritti, Mando, Lion, Loredan, Malipiero, Marcello, Marin, Mani, Michiel, Mocenigo, Molin, Morosini, Da Mosto, Nani, Orio, Pesaro, Pisani, Pizamano, Alani, Priuli, Querini, Renier, Rezonico, Ruz'ini, Sagredo, Sardi, Sanudo, Savorgnan, Soranzo, Tiepolo, Trevisan, Tron, Valaresso, Valier, Valmarana, Vendramin, Venier, Vitturi, Zen, Zorzi, Zustinian.

Un pensiero devoto va ai Padri, i cui nomi celebri in mezzo a tanti altri appartenenti a "caxade" altrettanto antiche ed illustri ci riportano alla storia della Repubblica, che pure non è appannaggio di famiglie o gruppi, ma patrimonio comune di un intero popolo: i Veneti.

Le radici culturali di questa nazione risalgono all'alba dei tempi: d'essa parlano i più grandi tra gli antichi scrittori, trovandosi le citazioni più antiche in Omero, seguito da Alemane, Euripide, Erodoto, Teopompo, Polibio, Tolomeo, Strabone, Plinio il vecchio, Tacito, Tito Livio, Marziale, Virgilio e altri ancora.

I Veneti durante l'Età del Bronzo popolavano vaste terre dell'Europa Centro-orientale comprese tra il Mar Baltico ed il Mediterraneo. La civilizzazione che portarono ha lasciato un'impronta inconfondibile in vari campi, non escluse le istituzioni politico-giuridiche. Le singole comunità si reggevano con assemblee democratiche, pur articolandosi in diverse classi sociali (senza s-ciavi), ed erano tenute insieme da pacifici rapporti di tipo confederativo, basati sullo scambio e sul reciproco aiuto.

I mutamenti geopolitici intervenuti in seguito all'espansionismo romano non incisero sull'identità nazionale veneta, sicché agli albori del Medioevo poté prodursi l'embrione politico di un nuovo Stato. Fecero così la loro comparsa i Veneti Secondi, come li ribattezzò Filiasi.

I millecento anni della splendida Repubblica Veneta possono essere additati senza timore di smentite come raro esempio di democrazia compiuta nella storia dell'umanità.

L 'intensificarsi dei rapporti sociali e le mutate dimensioni territoriali indussero un modello di Stato costruito con più salda struttura, nondimeno la Serenissima si resse sul consenso collettivo e mantenne, nei suoi territori, quelle forme arcaiche di democrazia diretta che aveva conosciuto nel corso delle sue acquisizioni. Si veda il caso delle Convalli di Antro e Merso: le fedeli comunità slovene della Schiavonia assolvevano l'importante incarico di custodire ogni giorno i confini nordorientali dello Stato con duecento uomini, vedendo sempre confermati, grazie a questi loro servigi, i tradizionali privilegi. In forza di questo patto, la Slavia Veneta si autogovernò, mantenendo inalterata la sua identità etnica.

E' ancora il caso della comunità montenegrina di Perasto, che godette di un'autonomia amplissima, grazie alle circostanze in cui avvenne la sua dedizione: nel 1368, durante l'assedio di Cattaro, questa cittadella offrì spontaneo soccorso all'Armata Veneta. I Perastini eleggevano presso di loro 12 volontari, i più valorosi esponenti della loro nobiltà, cui era riconosciuto il titolo di Gonfalonieri e nei combattimenti navali spettava loro difendere le sacre insegne di San Marco fino alla morte.

I principi salienti dello stabile ed equilibrato sistema politico veneto vanno ricondotti a due fattori fondamentali: l) la forte responsabilizzazione della classe dirigente, costruita su basi adeguatamente larghe ed omogenee, 2) l'estromissione di tutte le altre fasce sociali dalla politica attiva.

Si crearono così una compagine ed uno stile di governo cementati da un'irriducibile condivisione di valori, che non offriva spazi al formarsi di fazioni o partiti, né a semplici accordi, cartelli od intese, né al vano rincorrere i favori popolari, né alla sterile concorrenza tra avversari politici. Le ambizioni personali erano bandite, represse come causa d 'ogni male, il germe infetto da purgare nel perseguire una vera etica del potere: le più alte cariche erano trattenute in un intreccio di limitazioni e di controlli così fitto, che talora la prassi riservava qualche piccola umiliazione a chi le occupava, se questo giovava alla salute dello Stato. Eppure il popolo riusciva ad essere parte integrante di quel sistema: la volontà delle genti lagunari riunite in Arengo fece sorgere il Dogado, elesse tutti i Dogi fino al milleduecento e sempre al popolo fu rimesso il potere dall abdicante Maggior Consiglio nel 1797. Il bene universale era il riferimento sicuro delle scelte politiche. Il sistema era, dunque, democratico perché riproduceva negli organi di governo i processi di confronto e di sintesi di libere opinioni (in precedenza espresse nelle assemblee popolari) e perché le scelte così maturate rappresentavano davvero la volontà della Nazione. Le Arti organizzazioni di categoria al cui interno era organizzata la classe lavoratrice rispecchiavano la struttura e la filosofia dello Stato, promuovendo l'autogoverno del settore economico d'appartenenza, presso tutti i lavoratori. Spirito popolare e spirito aristocratico si compenetravano mirabilmente, ad edificare lo splendore repubblicano. (MA CHI L'HA SCRITTE STè cose?!BORGHEZIO?) Misurare l'essenza democratica di uno Stato su meri canoni formali conduce a madornali fraintendimenti: per il potere costituito non v'è niente di più facile che ridurre il consenso a mera fnzione. Anche il coinvolgimento nel suo esercizio può scadere a vuota ritualità, come accade oggi con lo stanco ripetersi delle consultazioni elettorali. Sulla scorta di superati schemi ideologici, tanti studiosi perpetuano l'equivoco di una pretesa ascendenza oligarchica insita nel nostro sistema di governo nazionale; spesso si mistifica il ruolo giocato nell'assetto costituzionale dall'Eccelso Consiglio dei Dieci o dagli Inquisitori di Stato. Noi Veneti chiamiamo "tiranti" quelle strutture metalliche che vediamo spuntare dai muri dei vecchi palazzi, quando facciamo un giro per il "Canalaso": privato del loro sostegno, forse il bell’edificio crollerebbe, sicché dovremmo giudicare tali congegni come necessari alla sopravvivenza dell'intera struttura. Tuttavia, a chi chiedesse quali siano gli dementi qualificanti del palazzo, si dovrebbe rispondere esaminando i suoi canoni architettonici ed estetici, lasciando in secondo piano il discorso sugli interventi occorsi per successive contingenze. Nel caso di una compagine statuale, poi, tali contingenze sono ancor più superabili dei problemi statici di un palazzo, giacché la Repubblica, evolvendosi, era in grado di mettere da parte una magistratura o un metodo di formazione decisionale e di produrne di più aperti, aggiornati e consoni alle esigenze da affirontare. Fuor di metafora, a nessuna singola magistratura per quanto grande, terribile, insopportabile, odiosa" (così il N.H. Renier Zen usava ingiustamente apostrofare l'Eccelso Tribunale nel Seicento) - si può attribuire un ruolo egemone all’interno di quel delicato gioco di contrappesi istituzionali, prioritariamente finalizzato all'equilibrata distribuzione del potere. L'istituzione di un alto tribunale politico ha risposto alla necessità storica di proteggere la Nazione proprio da derive egemoniche ed oligarchiche. Vari autori anglosassoni hanno voluto dimostrare che il potere a Venezia era tenuto in poche mani. Secondo GrendIer su 800 cariche complessivamente ricoperte dal patriziato (oltre all'appartenenza al Maggior Consiglio), erano 60 i posti chiave di governo. Secondo Davis, tenuto conto dell 'obbligo della "contumacia'; ci volevano cento patrizi per ricoprire le magistrature più importanti. Secondo Lowry era un gruppo più ristretto di circa trenta nobiluomini a monopolizzare la politica veneziana nell’arco di una generazione. C'è da complimentarsi con i loro sforzi di ridurre tutto a cifre e a dati quantitativi, ma l'intellettuale dovrebbe mirare alla qualità del dato storico. In realtà, tanti collaudati schemi ideologici tranquillizzano gli studiosi, mettendoli al riparo dalla verità.

Dati numerici che quantificano il potere di trenta, cento, sessanta o dieci uomini di governo poco significano, se non si comprende che tra i Veneti el controllo del potere non era affatto esclusivo, come lo era nelle monarchie.

Per l’uomo di Stato veneziano, l'incarico pubblico era un onere gravoso (commisurato all'alto l'onore che conferiva), tuttavia erano i nobili al servizio della Patria, non la Patria a servizio loro. Si consideri il profilo di questa classe dirigente: quegli uomini non si erano affermati grazie alle loro facoltà economiche, ma grazie alle loro capacità personali. Le cariche maggiori avevano carattere onorifico (cioè non erano retribuite) e certo la piccola nobiltà aveva minore possibilità di accedervi, ma ciò non impedì brillanti carriere a chi godeva della stima generale. Tutti i documenti sono là in archivio, a perenne memoria di quanto sacrificio sia costato far vivere giustizia e libertà per tutti.

Nel nostro mondo, invece, politica e potere non si concepiscono se non in termini negativi, sicché risulterà scomodo spiegare che un tempo le cose andavano in modo diverso. Una volta definita la nostra Repubblica "oligarchia d'ancien régime", per la storia ufficiale tutto diventa semplice. Nell'esperienza quotidiana, del resto, il concetto di democrazia entra in crisi ogni giorno di più. All'Università s'insegna che l'attuale modello di Stato liberal-democratico rappresenta la perfezione. Un costante martellamento ideologico celebra senza sosta l'apoteosi dell'illuminismo.. Oggi è convinzione comune che per aversi una democrazia basta dichiarare che la sovranità appartiene al popolo, dividere tra loro i poteri pubblici, rendere elettive le assemblee rappresentative, formare il governo sulla maggioranza dei loro consensi, instaurare in-fine l'eterno conflitto tra maggioranza e opposizione. Personalmente, vedo un altro dato sostanziale su cui dovrebbe misurarsi la democraticità del sistema; la capacità degli Stati di identificarsi nei gruppi nazionali di riferimento o, se si vuole, creare vera solidarietà tra popolo e classe di governo. Per far sì che ciò accada, è necessario che i governanti siano la più alta espressione della tradizione culturale di un certo popolo. Se ciò non è, i discorsi sulla democrazia diventano astrusità buone solo a confondere le idee. Sempre e comunque sarà una minoranza a governare: si tratta di capire che cosa rappresenti questa minoranza. Esprime la cultura di una Nazione? O esprime un aggregato incoerente di interessi contrapposti?

Nella democrazia della Veneta Repubblica governavano i migliori. A fungere da parametro di giudizio erano i valori etnici. Oggi si può parlare ancora di nazioni? In caso non esistessero più, su cosa si sorreggono le compagini statuali? Si ha l'impressione, davanti alla politica odierna, che democrazia sia divenuta sinonimo di governo dei peggiori.

Ultimamente, sono emerse correnti di pensiero neoconservatrici che respingono in blocco le tesi illuministe, prendendo a modello tutti gli Stati precedenti la Rivoluzione:: ma i Veneti possiedono una specifica esperienza storica, di cui va presa coscienza. Inoltre, l'Illuminismo ha prodotto dei mutamenti che non si possono ignorare: bisogna piuttosto discernere tra i suoi contenuti, riconoscendo i suoi limiti. Quell'ideologia ha come fondamento il materialismo, che non è più una certezza. L'uomo d'oggi soffre di rigetto da benessere e corre ansiosamente senza meta, sprovvisto di valori in cui riconoscersi. Avevano spiegato a tutti che Dio è morto, eppure oggi siamo sottomessi al dio-denaro; il meschino interesse personale non spiega il senso della vita, così viviamo nel regno della utilità e dell'insipienza. Tutti reclamano diritti, anche alle cose più assurde. Nessuno dichiara di avere dei doveri. I doveri, infatti, si fondano sui valori e senza gli uni viene a mancare il significato degli altri. L'amore per la Patria non si sa più cosa sia. Colpa delle ideologie di destra, che hanno concepito il nazionalismo come sradicamento violento delle forme culturali non omologhe a quella ufficiale dello Stato. Colpa delle ideologie di sinistra, che hanno concepito l'internazionalismo come aspirazione a mescolare tra loro i diversi gruppi etnici, creando le premesse per la distruzione delle identità nazionali. Colpa di un mondo dove è la televisione, portavoce occulta dell'ideologia ufficiale, a decidere cos'è bene e cos male. Questo lavaggio dei cervelli collettivo è responsabile dell'informe sotto-cultura di massa che predomina ovunque.

E tempo di passare oltre. La nostra Repubblica ha tanto da insegnare.

I Veneti, essendo stati Nazione cosciente attraverso i millenni, non hanno mai praticato forme di nazionalismo, riuscendo invece a favorire la pace e la fratellanza tra i popoli. Il senso d'appartenenza alle proprie radici era così forte che lo Stato riuscì ad essere plurinazionale: terre slave e greche si aggregarono, ma quelle genti, che si consideravano comunità fedeli al Dominio di San Marco, mantennero indisturbate il loro patrimonio etnico e linguistico, ognuna libera e sicura sul proprio territorio. Il più omogeneo nucleo veneto-friulano-istriano si componeva a sua volta di un complesso di magnifiche comunità. L'unione era data, oltre che da comuni radici culturali, dall'avanzata concezione federalistica posta alla base dei reciproci rapporti. Mai, poi, nei quattro secoli di lotta senza quartiere contro la potenza ottomana, si conobbe odio ideologico o religioso, ma solo l'incrollabile difesa di giusti valori e dell'amata fede cristiana; durante la battaglia di Lepanto, a Venezia la vita scorreva serena per la comunità tutta. Intellettuali moderni come Indro Montanelli hanno affermato che Venezia non si sarebbe dimostrata un vero Stato. Se il modello cui ci si ispira è il revanscismo italano, è chiaro che cambiano i parametri di giudizio. Per risolvere i loro problemi, la monarchia sabauda e le gerarchie burocratiche succedutesi nella penisola, non hanno certo lesinato coercizioni e violenze. I cosiddetti Stati nazionali, in genere, non hanno usato sistemi diversi. La Francia è stata costruita sulle macerie delle culture diverse da quella borghese-parigina (per esempio a danno di Provenzali e Bretoni), la Spagna sul la sottomissione di Catalani e Baschi al predominio dei Castigliani, la Gran Bretagna sulla colonizzazione violenta di Irlandesi, Gallesi, Scozzesi da parte della monarchia inglese, così come la Serbia ha oppresso Sloveni, Croati, Bosniaci e Montenegrini. Non sono certo questi gli unici esempi di nazioni antiche i cui diritti sono stati violati: si può dire che dal Medioevo al Novecento lo Stato ha di continuo rafforzato i propri strumenti di condizionamento. Oggi, invece, conosce una fase di declino, che non sarà per forza foriero di libertà. Il campo viene lasciato libero a potenti gruppi di interesse economico organizzati su scala sovrastatale, sicché i vecchi metri di giudizio per misurare la democrazia si dimostrano ancor più inadeguati.

Venezia fu un esempio unico di onestà e di correttezza: al suo interno nei confronti dei sudditi, e al suo esterno nei confronti degli altri popoli. Signora del Mediterraneo e di tante vie di traffico per l'Europa, non ha perseguito alcuna politica imperialista, mirando solo ad assicurarsi i suoi sbocchi commerciali. Tutte le aggregazioni territoriali si sono ottenute sulla base del consenso e del diritto internazionale. Le famose "dedizioni" (adesioni di Città e Terre alla Repubblica) comportavano il riconoscimento degli Statuti locali (ogni comunità manteneva le proprie leggi particolari), cui fu sempre tenuto fede.

Si guardi alla vergognosa politica coloniale inaugurata nel Cinquecento da Portogallo, Stagna, Olanda, Inghilterra, Francia, Germania, Belgio e per ultimo dall' Italia, segnata dalla cruenta sottomissione di genti orgogliose della propria libertà, attuata mediante lo sfruttamento selvaggio delle loro risorse e la distruzione d'immensi patrimoni culturali. L'aggressione dell’Africa, delle Americhe, di parti dell'Asia è stata giustificata con la stessa idea di progresso di cui oggi ci si serve per espandere imperi economici.

Non si dica che, volendo, i Veneti, con la loro potenza economica e politica, non avrebbero potuto partecipare al grande saccheggio. Chi di regola porta rispetto per il prossimo non lo fa per interesse, ma in buonafede. Si ripensi, dunque, all'esempio datoci dai nostri Padri. Soprattutto in questi giorni, in cui uno Stato logoro e in crisi di legittimazione pone il problema, ma anche la prospettiva, di un diverso esercizio della sovranità, lo studio e l'amore per la storia possono e devono fornire le risposte per il futuro. Né il diritto, né la politica devono prescindere da un superiore senso di giustizia, frutto di un preciso ordine etico-morale. Nella Serenissima, anche tensioni legate all’interesse particolare non hanno mai prevaricato il corretto ed ordinato svolgersi della vita istituzionale. Ritorni alla memoria il dettato della Parte con cui il Maggior Consiglio estese le competenze dei Decemviri il 25 settembre 1628: «Che per conservare la pace e la quiete tra i sudditi della repubblica e la sicurtà dei medesimi dalla oppressione dei potenti e grandi, contro li quali fosse necessaria la segretezza per venire in luce dei loro delitti, come materia importante e propria d 'ogni buon governo, sia data autorità ad esso Consiglio dei Dieci di assumere quei casi i quali per la loro importanza meritassero di essere ispediti non solo con pena rigorosa, ma brevemente, ad esempio e terrore dei malviventi e sollievo degli oppressi».

Si osservi come in ogni tempo l'Eccelso Tribunale e gli Inquisitori di Stato onorassero fedelmente questo mandato; allora si comprenderà che era tale funzione antioligarchica il motivo della loro popolarità presso la gente comune. Ogni suddito sapeva che inoltrando una denuncia segreta (sottoscritta con il proprio nome), o presentandosi di persona, poteva far incriminare qualsiasi gentiluomo che si fosse macchiato di gravi colpe, per quanto questi fosse facoltoso potente. Il nome dell'accusatore sarebbe restato coperto da segreto, sicché egli non aveva da temere ritorsioni, inoltre lo Stato lo avrebbe adeguatamente ricompensato L’insigne costituzionalista Maranini é stato quasi l'unico autore a leggere il dilatarsi ed il contrarsi delle competenze dei Dieci alla luce delle esigenze oggettive dell'ordinamento; in effetti, i trapassi di funzioni tra Magistrature sono avvenuti consensualmente, talora dando luogo ad accesi dibattiti, ma senza trascendere, o solo far balenare, soluzioni in contrasto con la tradizione.

Una forte carica ideale animava l'intero sistema politico. Il continuo ruotare del patriziato da una carica all’altra creava una mentalità così elastica, da radicare in ognuno anche il punto di vista del proprio interlocutore. L'asservimento di tutte le risorse umane e spirituali al bene generale si accompagnava a grandi aspettative sull'intenzione e sull'operato del singolo. Si voleva che ognuno ascoltasse con attenzione gli altri per ponderare bene le decisioni e, finalmente, restasse solo con la propria coscienza nel momento di deliberare.

Guai a tradire la fiducia del popolo!

Questo atteggiamento è rimasto scolpito nell'immagine del Serenissimo Doge in ginocchio davanti al Leone Marciano, che contempliamo sulla facciata di Palazzo Ducale. Non è quella possente creatura mitologica a rappresentare lo Stato, come crede Wolters, dato che tale funzione è affidata alla figura del Doge stesso; quella forza ultraterrena - cui il potere si inchina - è, in realtà, lo spirito immortale della nazione veneta.

Ad oltre due secoli dalla caduta in oblio della Sovranità Veneta, ancora riecheggia l'insegnamento dei nostri Antenati: "Sono due gemelle la Libertà e la Dignità della Patria!", argomentava nel 1646 Jacopo Marcello, incombendo la minaccia ottomana, davanti alla quale non era concesso perdersi di coraggio. Oggi alla Patria Veneta è persino negato il diritto di considerarsi tale.

I diritti, però, non sono quelli concessi dal padrone: sono, invece, quelli scritti nella nostra coscienza con l'inchiostro della verità e della fede.


Ricomincia l'esaltazione di Veneti, Serenissima Repubblica, ecc. ecc., con sommo scorno di tutti i puzzoni (da Napoleone in avanti) che hanno fatto decadere questa forma perfetta di civiltà e governo? Uffa! --Duroy 10:15, 20 ago

2006 (CEST)

Se per te, invadere la terra di un popolo pacifico, massacrare le sue genti, depredarlo in tutto, distruggere le sue millenarie istituzioni e ridurlo in miseria, è cosa buona e giusta allora con te non servono le parole. (Si prega di non sottrarre alla vista di tutti, gli interventi degli altri che non ci piacciono, spero che il sottrattore non sia un insegnante o peggio ancora, un futuro insegnante nella scuola dell'obbligo).

Sull'origine storica di Venezia e della Repubblica Veneta[modifica wikitesto]

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L'autogoverno veneto anteriore al Dogado.

Un nodo fondamentale della storia veneta, denso di implicazioni in campo istituzionale, è rappresentato dalla vicenda che precedette la costituzione ufficiale della Veneta Repubblica, avvenuta nell'anno 697 con l'elezione del primo Doge, Paoluccio Anafesto.

Motivo costante della storiografia veneta, che si snoda attraverso i secoli con nomi illustri - quali Giovanni Diacono, Andrea Dandolo, Bernardo Giustinian e tanti altri - è la nascita della Repubblica in forma di indipendenza sia dall'Impero bizantino, sia da quello germanico.

L'argomento é divenuto un tabù per la storiografia moderna, che non lo ha mai affrontato con la dovuta serietà. L'opera Principj di Storia Civile di Vettor Sandi ha il merito di tracciare la storia repubblicana di Venezia seguendone l'evoluzione istituzionale.

«Ripugnava alla verità donar supposti fantastici alla nazione»: tale spirito guidò l'autore settecentesco nella sua critica sul fondamento della data di fondazione della città, il 25 marzo 421, che allora rappresentava una tradizione cara al sentire del popolo . Non di meno l'opinione generale accolse con favore l'impostazione culturale di questo studioso. Sandi assunse a riferimento cronologico, con valore meramente indicativo, l'anno 453, successivo all'invasione degli Unni.

In quell'epoca nessun governo straniero controllava il territorio lagunare, dato lo stato di libertà dei suoi originari abitanti, come pure di quelli pervenuti dalle circostanti città venete minacciate dalle invasioni straniere. Facendo una breve riflessione sulla popolazione lagunare, ai nostri giorni si succedono di continuo importanti scoperte archeologiche comprovanti la presenza di floridi ed evoluti insediamenti nelle isole, in epoche di gran lunga anteriori al 421 d.C..

Il cuore della prima Venezia risiedeva nella celebre Altino, il cui porto un tempo si affacciava sulla laguna; i reperti più antichi ne attestano una chiara matrice paleoveneta. A Sandi sta a cuore il concetto che tra i nuovi abitanti pervenuti nei centri costieri vi erano i maggiorenti di città già cariche di storia: Padova, Este, Monselice, Altino, Oderzo, Concordia, Aquileia ed altre ancora. Le comunità lagunari, dunque, raccolsero in sé l'eredità culturale di una più ampia ed antica regione denominata Venetia.

In quest'ottica, la futura città di San Marco nasce come crogiolo di antichi centri urbani e come quintessenza di una grande civiltà: quella veneta.

«Lo spazio di questi due secoli e mezzo [dal 453 al 697], tra quali corse la prima polizia de’ Veneziani, il Tribunato, ci offerisce ... le occasioni, che fecero crescer Venezia di popolo». «Mostrò il tempo, e natura delle cose insinuò agli abitanti delle Veneziane Isole che, senza società civile, tra tutte non poteva ognuna separata proveder da se ai bisogni, e comodi della vita ... era somma la debolezza degli Imperadori ultimi di Occidente, ed erano assai poche in Italia le forze dell'Oriente con la Corte lontana; cose ... che certamente avranno presentato agl'Isolani nella maggior efficacia l'oggetto della unione indipendente». «Non ogni Isola da per se tolta pensò a formarsi una piccola solitaria società ... così che dopo un separato casualmente simile consiglio siansi trovate convenire in ciò, che non avessero insieme deliberato». «E perché nessun governo sta senz'ordine, l'ordine stabilito al Tribunato fu questo: Che ogni Isola si eleggesse il Tribuno proprio, da cui le fosse amministrata la criminale giustizia, e la civile: che negli affari riguardanti la comunione dell'Isole, si unissero a consultarne, e deliberarne pria tutti i Tribuni: riserbata all'università del popolo l'adunanza, a cui si notificassero le comuni cose gravissime, in mezzo ad essa agitandole, lo che all'uso dell'antico Lazio Romano fu denominato Concione, e poi con Veneziana favella anche Arringo; ma che ai Tribuni stessi fosse lasciato il diritto di convocarla». «Primieramente escluso ben subito il pensier di un Monarca, si scelse un ordine, che quantunque porti aspetto di mista Democrazia, non lo è in essenza, essendo certo, che dal Tribunato stava la dipendenza della Concione».

Ignoro quanti intellettuali veneti si fossero resi conto, sino a quel momento, che presso i nostri antenati vigeva un sistema democratico(anche se non ancora popolare), ancora attivo nel Medioevo. Certo la scoperta creava al nostro autore non poco imbarazzo: in piena età dei lumi, quando già circolavano pensieri d'impronta prerivoluzionaria, egli si trovava a dover spiegare come mai, tanti secoli prima, l'esercizio (ma non la titolarità) del potere politico fosse stato tolto dalle mani del popolo. Inoltre, nel riportare con fedeltà questi fatti storici, egli si mostra incredulo sulla reale possibilità di funzionamento delle assemblee popolari, impegnate in delicate scelte politiche e gravate da supreme incombenze: si ricordi che ad esse spettarono le elezioni dei dogi fino all'anno 1268, quando entrò in vigore la riforma successiva alla morte del Doge Ranieri Zen.

Sandi osserva giustamente che la società veneta era sempre stata divisa in classi, vigendo tale struttura sociale stratificata sin da tempi remoti. Tuttavia, anche nel Medioevo, la vita pubblica poté svolgersi in modo assembleare, poiché si svolgeva in diverse condizioni storiche: densità demografica assai più scarsa, assenza di grandi concentrazioni urbane, minore mobilità sul territorio, assetto sociale più stabile. Ciò metteva in grado anche i ceti popolari - a prescindere dall'appartenenza a città, villaggi, o a casali isolati - di concorrere direttamente alla gestione delle cose comuni, secondo un ordine consolidatosi nel tempo. Un sistema federale basato sul totale autogoverno delle comunità si era dimostrato inadeguato quando sulla scena apparvero invasori non effimeri (come gli Unni), ma incursori accaniti e con mire espansioniste (come i Longobardi): la situazione veneta, in particolare, si mostrava drammaticamente esposta a pericoli esterni ed il traffico commerciale necessitava di protezione. L'originaria federazione veneta, denominata da Sandi Consesso Tribunizio, fu l'embrione politico che portò alla costituzione del Dogado.

Al tramonto del Medioevo, tuttavia, questo sistema politico dovette modificarsi per il mutare delle condizioni generali, dando vita ad una più salda struttura statuale.

Dodici erano le isole che in origine costituirono la federazione, per la metà sede di vescovado; nove erano invece quelle che detenevano i tribuni maggiori, con giurisdizione su altre isole minori. L'elencazione (da nord a sud) ci viene fornita da Giovanni Diacono: Grado, Bibione, Caorle, Eraclea, Jesolo, Torcello, Murano, Rialto (comprensiva di Olivolo), Malamocco, Poveglia, Chioggia minore, Chioggia maggiore.

Dopo l'invasione dei Longobardi nell'anno 569 (nel 602 cadono Padova e Monselice e nel 639 Oderzo e forse Altino) la popolazione aumentò, sicché il numero dei Tribuni fu raddoppiato, elevandosi a ventiquattro, «tutti però componenti quel consesso Tribunizio, che fu radice della Veneta Aristocrazia, cioè il primo Conseglio Veneziano, allegandosi epistole iscritte da essi, quando occorreva col nome del Conseglio, cioè: Noi Tribuni delle Isole Marittime».

Secondo Sandi non si sa «se la scelta delle particolari persone in Tribuni al primo tempo, e fino al Dogado sia stata in diritto delle respettive popolazioni di ogni Isola, o quale altro fosse il modo di eleggerle» ma, «altro non rimanendo adunque che ... prender la ragione per guida», si può ritenere che la scelta fosse rimessa ai maggiorenti dell'isola, con successiva approvazione da parte degli abitanti. Sandi descrive le funzioni del "grande Arengo", l'assemblea plenaria formata dalla gente di tutte le isole, cui il consesso tribunizio rimetteva la decisione (o l'approvazione) degli affari generali: gli antichi trattati riferiscono che si teneva ad Eraclea (Cittanova) ed infatti li avvenne l'elezione del primo Doge.

«Parte gravissima della prima polizia civile, e soda base dell'Aristocrazia Veneziana fu il Conseglio de' Tribuni uniti; intorno al quale indicato già da tutti gli Storici Veneziani, niuno si prese cura di ragionarne ... in determinati giorni si univano i Tribuni a consultar, e deliberar tra se stessi de' comuni affari, riserbato poi a questo Consesso l'arbitrio indipendente di convocar la Concione. Invero senza questa adunanza intender, o imaginar non si può, come le faccende più gravi di salto si portassero tutte alla Concione tumultuaria, onde si maturassero in mezzo ad una irregolar turba d'uomini gli affari importanti, i quali anche nel corso de' primi secoli con proporzione alle circostanze non mancarono». «Ben è vero, che l'acclamazione, o riprova universale, accertando del comun senso i Tribuni, era talvolta a loro regola necessaria per deliberare diversamente: ed è altresì vero, che, come ce lo mostrano li fatti scritti nelle nostre Storie, qualora o tra se discordavano nella opinione i Tribuni, o la prudenza loro non volea lasciar sopra se stessi qualche gravissima faccenda, convocavano la Concione per parteciparlo ad essa».

L'elezione dei tribuni, però, si teneva senz'altro in "piccoli Arengo" propri di ogni isola: la trattazione degli affari giudiziari di ogni comunità avveniva davanti a questi tribuni elettivi a durata annua, né il rapporto diretto che li legava al popolo avrebbe consentito forme mediate ed esclusive di investitura. Questa ricostruzione trova ampio riscontro in quella del più illustre tra gli studiosi di storia veneta. Un secolo dopo Sandi, Romanin scrive: «Per la venuta di Attila e per la distruzione di Padova, il legame che teneva unite le isole a questa città e alle altre del continente, venne naturalmente a sciogliersi e gli abitanti di quelle, costretti a provvedere da sé, passarono a nominare nei propri comizi i Tribuni, onde accreditata Cronaca (c.d. Barbaro), ponendo nell'anno 466 la loro creazione, dice: `che si riducevano in Grado e s'istituì una repubblica, composta dei membri di tutte quelle isole. E questo fu il primo passo dell'autonomia veneziana, questo il principio del governo democratico nelle Isole, non già che i profughi deliberatamente s'accordassero d'instituire una repubblica democratica, ma venne essa a formarsi come conseguenza naturale del diritto, che quelli già aveano nelle loro città natali, di concorrere alla nomina dei propri magistrati».

All'istituzione di capi elettivi nel V secolo, seguì dunque il formarsi della federazione nel VI, che confluì nel Dogado all'alba dell'VIII. «Ma venuti in Italia i Longobardi ... l'elezione dei Tribuni nei comizi delle Isole venne sancita solennemente; e nei migliori cronisti troviamo ricordato a quest'epoca lo stabilimento regolare di quella magistratura. Difatti s'intitolavano allora i Tribuni: Noi Tribuni delle Isole Marittime, preposti dalla università di quelle, a dimostrare l'elezione essere stata fatta di piena autorità degl'isolani senza riguardo alle città madri. Il Sagornino comincia da quest'epoca il suo racconto e registra l'elezione dei Tribuni insieme colla dichiarazione di Grado a metropoli, anzi, dicendo che il governo tribunizio durò centocinquant'anni, conduce appunto a stabilirne il principio alla metà circa del secolo VI».

L'originaria indipendenza. A questo sistema di governo (stato di polizia), Sandi annette un alto significato: «Punto però decisivo è l'assoluta verità: che i Tribuni dell'Isole non furono istituiti, né eletti o dagli Ostrogoti, o dagl'Imperadori Orientali ... all'incontro convengono gli Scrittori, che gl'Isolani crearono a se li Tribuni; singolar prova di indipendenza, quando cangia a se stesso un popolo la polizia ad arbitrio. E se per toglier fede al consenso in ciò degli Scrittori Veneziani, loro si imputasse l'essere di nazionali; non si allegò giammai da alcuno ventina prova, che siano stati istituiti, e poi scelti successivamente i Tribuni dai Re Goti, molto men dai Longobardi, o dagli Esarchi; né si ravviserà documento nelle Storie di Costantinopoli, di Ravenna, o di Pavia, che da codeste Corti siano stati spediti Tribuni a regger l'Isole, che siasi data agl'Isolani la prima facoltà di crearli ... o sia ricorso il corpo civile Veneziano a quelle soglie per riceverne autorizzazione» .

Il nostro autore passa quindi ad esporre il processo che portò all'istituzione del Dogado: vari storici da lui ripresi ne indicano l'ispiratore in Cristoforo, patriarca di Grado. La più forte esigenza che la nuova forma di Stato doveva fronteggiare era la difesa del territorio - vulnerabile ad attacchi sia dal mare, sia da terra (attraverso i fiumi) - che il governo tribunizio non aveva apprestato al meglio: vengono ricordati il saccheggio di Grado da parte di Fortunato, vescovo di Aquileia, e l'assalto di Jesolo ed Eraclea ad opera di Lupo, figlio del duca di Friuli, occasioni in cui fu perso tempo prezioso a disputare sul comando delle operazioni. Inoltre, egli rileva acutamente il pericolo di una deriva oligarchica insito nel sistema politico tribunizio: all'instabilità di un sistema che vedeva equiparati centri di dimensioni diverse, dovevano concorrere inevitabili rivalità tra famiglie. Si rispose, quindi, a quelle impellenti esigenze attraverso l'unità politica, incarnata nella figura monocratica del Doge, che Sandi tuttavia afferma non aver mai goduto di poteri decisionali equiparabili a quelli di un sovrano.

Nei primi due secoli del Dogado il tribunato non scomparve: solo verso la fine del IX secolo se ne perdono le tracce nella documentazione storica, poiché venne soppiantato dal gastaldato; tra il Millecento ed il Milleduecento, invece, subentrò un ben più solido sistema politico incardinato nei consigli . Riguardo al titolo di Doge, Sandi svolge una serie d'osservazioni ancor oggi utili a contrastare le "congetture" (come egli le chiamava) ventilate per dimostrare falsamente che il Dogado - prima del Mille - derivò la sua autorità da una potenza straniera. Quella di duca era all'epoca una carica che presentava caratteristiche del tutto diverse da zona a zona ed era concessa da vari sovrani: infatti, Bizantini e Longobardi avevano investito vari duchi nei territori da loro occupati'. Nelle Venetiae la scelta della forma di governo fu invece operata dall'Arengo, sin da principio orientato ad evitare qualsiasi riferimento (anche formale) ad un potere monarchico. «Sembra tuttavia, che i Veneziani nati, e cresciuti liberi, nel dar titolo alla loro prima dignità non dovessero sceglierne una che rendesse senso equivoco di soggezione; quando anzi avrebbero dovuto anche nel nome esser gelosi custodi eziandio del materiale aspetto di libertà ... vuoi ragione che si asserisca: essersi appunto preso il titolo Ducale, come il meno assoluto, e il più luminoso dopo il Regio».. «Vedesi istituito nel Doge un Preside e un Capo visibile de' Magistrati di allora, de' Consessi Tribunizj, e delle Concioni; né già si ravvisa ulterior podestà, che di presidenza ... conseguenza di ciò ... fu la giurisdizione appresso lui di far eseguire ciò, che dai Tribuni fosse deliberato, o assentito in Concione; nel che si riconosce la radice delle leggi, e costumanze di oggidì; vedendosi gli atti pubblici di cadaun Consiglio iscritti col titolo, e nome del Doge, come Capo degli stessi. Riguardo ai giudicj poi; non aboliti i Tribuni, uno restatone in ciascun'Isola, rimase loro il far ragione nelle liti private, come la faceano avanti il Dogado. S'istituì però nel Doge il diritto delle appellazioni dalle sentenze de' Tribuni, come Giudice definitivo nelle controversie private. Né però anche in questo eran despoti i Dogi, ma sudditi a quelle leggi, che non poteano abrogare ... prova di ciò è il giuramento, che ben tosto dalla creazion del Dogado si istituì doversi prestar dai Dogi, con che si obbligano oltre il vincolo civile anche con quello di Religione alla osservanza delle leggi fatte, e da farsi, rimanendo esclusa la illimitata facoltà d'arbitrio».

In questi ultimi due secoli, il luogo comune della dominazione bizantina ha trovato ossequiosi quasi tutti gli storici per accreditarlo, gli accademici italiani si sono cimentati in opere lunghe talvolta mezzo migliaio di pagine, gareggiando tra loro nel demolire le testimonianze dei più antichi scrittori veneti e senza, peraltro, portare a loro sostegno l'ombra di una prova. «Il persistere del lealismo bizantino ufficiale è evidente nel testamento di Giustiniano Particiaco (829): `imperantibus dominis nostris piissimis, perpetuis augustis, Michaele et Theophilo... ego quidem fustinianus, imperialis hypatus et dux Venetiarum province' - il titolo aulico colloca il duca della provincia delle Venezie in una scala gerarchica determinata ... é appena il caso di ricordare come la concessione di titoli aulici ai duchi degli sparsi resti dei domini bizantini in Italia, rientrasse nel piano di una consapevole e calcolata politica bizantina diretta a contenere le istanze autonomistiche locali. Il Pertusi ha addirittura potuto redigere una lista sinottica di titoli aulici concessi a Napoli, Venezia, Amalfi e Gaeta, in cui colpiscono le sincronie nell'evoluzione del cursus honorum».

In verità, la pressione longobarda, sullo scorcio del VI secolo, diede adito all'alleanza veneto-bizantina, portando Venezia ad entrare, con un ruolo di primo piano, nell'area d'influenza dell'Impero greco. Solidi motivi politici ed economici dimostrarono la bontà di questa scelta nel corso dei secoli, ma l'alleanza si incardinò sempre tra Stati indipendenti. Seguendo l'uso dell'epoca, venivano osservate speciali formalità nei riguardi dell'Imperatore, volte a riconoscere il suo prestigio; così il basileus era considerato l'alto signore, come testimonia l'uso di porre il suo nome ed il suo anno di regno in testa a tutti i documenti notarili. La nobiltà veneziana e la corte bizantina intrecciavano stretti rapporti che andavano a reciproco vantaggio in termini di potere, onore e ricchezza' ed i titoli concessi al Doge, come Capo di Stato, avendo un valore politico, concorsero all'ascesa della Repubblica.

Agli storici del diritto sembra sfuggita l'eterogeneità di quei sistemi istituzionali che si pretenderebbero instaurati da Bisanzio ín Italia; si dimentica che a Napoli tutto il potere giudiziario era nelle mani del dux, mentre a Venezia la pronuncia della sentenza era riservata ai giudici, in seno all'assemblea popolare; d'altronde a Napoli un organo di rilevanza costituzionale pari al veneto Arengo, neppure operava. Sulla scorta del Chronicon Altinate, Romanin ha, infine, ricostruito le circostanze che avvicinarono Veneti e Bizantini: nell'anno 584, l'Esarca Longino in partenza da Ravenna decise di passare per le lagune con l'intento di caldeggiare un accordo tra il suo signore ed il governo tribunizio, poiché al generale Narsete la rete difensiva veneta in laguna era stata descritta come inespugnabile agli attacchi longobardi. L'Esarca consigliò ai Veneziani di rivolgere all'Imperatore una proposta di trattato, con cui si sarebbero impegnati a muovere in armi quando la situazione lo avesse richiesto; in cambio ne avrebbero ricavato la protezione imperiale in termini di privilegi commerciali, restando esenti dal giuramento di fedeltà e da qualsivoglia atto di sottomissione. Promosso da così autorevole intervento, l'accordo fu un successo: l'Imperatore accolse con lodi i maggiorenti veneziani che a lui recarono la proposta deliberata dal governo veneto.

Nessuno scrittore greco, né i documenti imperiali fecero mai alcun cenno ad un'ipotetica sudditanza veneta. «Ciò dimostrano i successivi avvenimenti imparzialmente giudicati; ciò la piena libertà nelle riforme fatte al proprio governo e nelle leggi senza intervento di alcuna potenza straniera; ciò le guerre spontaneamente intraprese, i trattati conchiusi. Per tal modo tutto si spiega naturalmente e con progressivo sviluppo, come vuole il confronto delle notizie a noi pervenute, e insegna il corso razionale e storico degli avvenimenti».

Estratto da "http://it.wikipedia.org/wiki/Discussione:Repubblica_di_Venezia"

  1. Questa è una pagina di discussione di una voce di enciclopedia: non il luogo dove fare proclami. Sopra ogni cosa si invitano tutti gli stolti che non conoscono la Storia o che non sanno discutere civilmente a non modificare la discussione inserendo frasi offensive all'interno di essa.
  2. Se volessi discutere prova ad essere più sintetico: a) così nessuno ti legge b) ci sarà a breve necessità di archiviare la pagina
  3. Noto solo che tutto il proclama di cui sopra si basa sull'opera di uno storico del XVIII secolo e siamo nel XXI: suggerisco di prendere in considerazione che la ricerca storica sulle origini di Venezia (vedi qui) abbia fatto nel frattempo qualche passo avanti.
  4. In conseguenza del punto 1 altri proclami come il precedente saranno cancellati da questo momento in poi: trova un luogo più adeguato per portare avanti la tua battaglia, grazie.

MM (msg) 18:24, 2 gen 2007 (CET)[rispondi]

ripristinato ITALIA[modifica wikitesto]

siccome non si parla di Regno d'Italia o di Repubblica italiana è assurdo parlare di anacronismo. L'Italia - anche se stando al Metternich era solo un'espressione geografica - esisteva ben prima del 1861. Assurda la tesi che così si trascurerebbero le terre da Mar. Il centro dello Stato era in tutti i sensi la città di Venezia (al riguardo desidererei l'indicazione di fonti circa la maggiore correttezza dell'espressione Repubblica Veneta rispetto a Repubblica di Venezia) che dominava sia sulle provincie della Terraferma sia sulle terre d'Oltremare. Nessuno dubita che l'Impero Britannico del XIX secolo fosse un impero europeo perché la maggioranza delle sue terre si trovava negli altri continenti, anzi si parla proprio di colonizzazione Europea (e l'Unione europea non esisteva ancora...) --Massimo Macconi 19:30, 21 ago 2007 (CEST)[rispondi]

Sulle recenti modifiche[modifica wikitesto]

Trovo che la dizione Italia nord-orientale sia più che corretta, primo perchè la Repubblica propriamente detta (cioè i territori del ducato, non quelli assoggettati) si estendeva su una stretta fascia costiera che va da Grado a Chioggia che appartiene geograficamente alla parte nord-orientale della penisola italiana, secondo perchè comunque tali territori non appartengono geograficamente alla pianura padana, ma semmai a quella veneta o al complesso di quella padano-veneta, i quali comunque appartengono alla penisola italiana. Per quanto riguarda la dizione Repubblica Veneta, sebbene essa sia corretta e sia stata in parte in uso nel periodo terminale della Repubblica, essa mi sembra essere solamente una forma minore rispetto alle espressioni Repubblica di Venezia o Serenissima Repubblica, anche qui per due motivi: primo perchè l'originale nome del territorio veneto era appunto Venezia, mentre l'espressione Veneto è molto più tarda e vaga, secondo perchè comunque la Repubblica in sè e per sè era, come detto sopra, ristretta ai soli territori di Venezia cioè alla città-stato lagunare e alle sue dirette dipendenze, mentre tutte le altre città del Veneto e della Lombardia e del Friuli era possedimenti legati attraverso atti di omaggio e fedeltà anche profondamente diversi tra loro. Inoltre neppure altre modifiche recenti che si riferivano ad una supposta Serenissima Veneta Repubblica di San Marco hanno molto senso, perché quello è il nome della fanta-nazione del gruppo dei Serenissimi, ma non quello della Repubblica di Venezia. Tizio (contattami) 10:02, 22 ago 2007 (CEST)[rispondi]

<Stato federale ante litteram[modifica wikitesto]

già oltre un anno fa avevo inserito questo paragrafo nella discussione:) non corrisponde al vero che le città dell'Entroterra si sarebbero federate pacificamente (nel testo peraltro vi era un'altro paragrafo corretto che parlava di annessione a Venezia. Venezia era detta - non per nulla - la Dominante, perché lo Stato era retto dall'oligarchia della città di Venezia nell'esclusivo proprio interesse; La dedizione è un istituto frequente nella storia medievale italiana cosi il rispetto degli statuti e usanze locali (vedi Canton Ticino durante la dominazione svizzera, Contea di Nizza sotto i Savoia) senza che per questo si possa parlare di Stato federale, anzi non a caso si parla di città stato--Massimo Macconi 07:28, 17 set 2007 (CEST)[rispondi]

Cancello l'inciso riguardante le dedizioni in quanto già esiste un paragrafo sul sistema di dominazione della terraferma, inoltre l'elenco non è sensato in quanto costituisce una lista incongruente che unisce grandi città a centri trascurabili, territori da mar come quelli pugliesi con territori di terraferma ed inoltre presenta una datazione priva di riferimenti e a volte palesemente errata rispetto ai principi enunciati nella descrizione dell'inciso stesso (i territori pugliesi già erano stati in parte controllati da Venezia agli albori del mille e non risulta una stabile dominazione nel cinquecento di simili terre, che appartenevano invece al Regno di Napoli).Tizio (contattami) 16:00, 17 set 2007 (CEST)[rispondi]

Su Italia, Veneto, Stato federale e Dedizioni[modifica wikitesto]

Torno su alcune questioni che hanno suscitato un vivo dibattito non scevro, a mio modesto avviso, di imprecisioni e pregiudizi. Vado per punti:

  1. L'utilizzo del termine Italia, pur concordando sulla sua implicazione puramente geografica, mi sembra fuorviante perché può essere facilmente confuso con il concetto di Stato italiano: non a caso quando si descrive la Repubblica di S.Marino o il Canton Ticino, difficilmente si utilizza il termine Italia preferendo semmai quello di penisola italiana. Mi pare comunque un aspetto secondario, per cui non intendo rivenire sulle modifiche fatte ...
  2. Più importante considero la questione dell'aggettivo veneto. Quando parlo di Repubblica veneta non intendo certo una Repubblica del Veneto. Veneto inteso come territorio dell’attuale regione è certamente un'espressione tardiva, ma l'aggetivo in sé è assolutamente antico e proprio del popolo che ha occupato la regione in età protostorica, la Venezia appunto; tutti gli altri termini ne sono dei derivati. Dire che la dizione Repubblica veneta sia in uso "nel periodo terminale della Repubblica" è privo di fondamento, semmai è vero il contrario. A sostegno della mia tesi, faccio notare che il Da Mosto, probabilmente il più raffinato conoscitore degli archivi della Serenissima, nel suo Archivio di Stato di Venezia, non utilizza mai il termine Repubblica di Venezia, se non per citare opere altrui, ma parla sempre di Repubblica veneta. L’aggettivo veneto era inoltre apposto (o preposto) ai nomi di molte istituzioni, usi e costumi della Repubblica: si parla di Dogado veneto, Senato veneto, Veneta marina, more veneto, fino ai più banali ville venete e voga alla veneta; gli esempi si sprecano.
  3. Quanto alla questione dello stato federale, mi limito a citare uno scritto di Giuseppe Gullino, professore ordinario di Storia Moderna all’Università di Padova, membro dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti e autore di innumerevoli libri e articoli sulla storia della Serenissima: “Come è noto, quando ebbe acquistato la Terraferma fra il 1404 e il 1420, la Serenissima diede vita ad uno Stato federale, garantendo alle province l’autonomia amministrativa sulla base dei loro antichi statuti e e magistrature, che rimasero intatti ...” (tratto da Manuale di Cultura Veneta, Marsilio 2004). Non confondiamo uno stato federale con uno stato democratico: il concetto di cittadinanza nasce con la Rivoluzione francese e non è quindi strano che in un organismo di tipo pattizio dell’ancien régime, esistano una Dominante e dei sudditi.
  4. Dedizioni. Francamente non comprendo perché si debba sopprimere l’inciso sulle dedizioni, mi sembra questo lo spazio adatto per inserire un’informazione che non è reperibile altrove. Se ci sono delle inesattezze, si correggono, non si elimina in maniera poco elegante il lavoro altrui! Quanto all’incongruenza, non capisco quali siano i centri trascurabili ... Per i riferimenti esistono innumerevoli opere in riguardo, a partire dalla Repubblica del Leone di A. Zorzi. Provvederò quindi a ripristinare lo specchietto, togliendo il riferimento ai porti pugliesi (per inciso, la data indicata è quella di dedizione spontanea come riportata da Zorzi, precedentemente si parla di occupazione).Bragadin 15:31, 18 set 2007 (CEST)[rispondi]


Le incongruenze che saltano immediatamente all'occhio, almeno dal mio modesto punto di vista, sono queste:
  • l'accompagnare a territori come l'intero Polesine e città strategiche come Brescia località sperdute e poco significanti come Motta di Livenza (senza nulla togliere a Motta in sé e per sé, ma il confronto non può reggere) non appare sensato;
  • parlare di dedizioni spontanee per città come Trieste e Udine, che furono forzatamente annesse, nel senso che si diedero da sconfitte al termine di guerre e con le armate veneziane alle porte, sembra una forzatura un attimino eccessiva;
  • il rendere come evento significativo di un qualcosa la prima dedizione spontanea, magari appena temporanea, quando nella storia veneziano molto più significative possono essere secolari e continuative dominazioni, pare di scarsa utilità per un ignaro lettore, cui viene fornito un utile specchietto per scoprire la data di dedizione di Motta, ma non per sapere il momento in cui fu acquisita Treviso;
  • sconcertante sembra, poi, il parlare di Stato federale in un epoca in cui non esistevano stati federali e in uno Stato in cui ogni decisione strategica era nelle mani dell'aristrocrazia indigena della città dominante (sottolineo indigena perché l'originarietà era alla base delle caratteristiche dei patrizi e solo poche e tarde e ricche famiglie foreste vennero ammesse nel Maggior Consiglio): non esiste Stato federale se i federati non hanno voce in capitolo e questa era la condizione della Repubblica di Venezia (non risulta mai che la volontà collettiva degli abitanti di alcun centro appartenente a Venezia abbia mai modificato l'operato della Repubblica, cosa che invece avviene negli stati federali, dove ogni territorui membro gode di pari diritti.. anche Roma antica concedeva amplissima autonomia alle singole città per la loro amministrazione interna, diventa allora uno Stato federale o continua a restare un impero?);
  • creare uno specchietto sul tema Dedizione-Federazione porta a chiedersi come sia possibile darsi (cioé concedersi in tutto e per tutto, ché questo era contemplato negli atti di dedizione) e al contempo federarsi (che é l'unirsi in via paritaria): o é vero l'uno o é vero l'altro.
Ciò detto, però, parlare di sostanziale espansione pacifica di Venezia in terraferma E' ASSOLUTAMENTE ANTISTORICO, perché l'espansione veneziana avvenne in pratica esclusivamente manu militari, rispondendo ad aggressioni o provocando in prima persona conflitti: guerre coi Carraresi, con gli Scaligeri, con il Patriarcato di Aquileia, con Trieste, coi Visconti, con gli Sforza, coi Gonzaga, con chiunque si opponesse agli interessi veneziani, furono gli eventi che portarono all'espansione in terraferma.
Mi scuso per la lungaggine dell'esposizione. Tizio (contattami) 01:35, 19 set 2007 (CEST)[rispondi]


Giusto una precisazione: Motta di Livenza è stata la prima città a darsi spontaneamente a Venezia (e per questo aveva diritto al titolo di Figlia Primogenita della Repubblica), perciò è importante tenerla, anche se è solo un piccolo paese. LV~Mi dica 21:05, 18 ott 2007 (CEST)[rispondi]

Aggiungo che Trieste si arrese dopo sei giorni di assedio (e cannonate) versando 15000 ducati per evitare il saccheggio. Non risulta infatti nessuna dedizione nei libri che ho guardato, anche se la Sereneissima forse aveva interesse a dichiararlo al tempo. La città poi venne restituita all'Austria il 2 giugno 1509 in seguito alle azioni della lega di Cambrai. --81.211.222.147 18:10, 20 nov 2007 (CET)(Zinn) Un'altra cosa ancora, Trieste nel 1382 si diede all'Austria anche per tutelarsi da Venezia... quindi tolgo la città dall'elenco delle dedizioni.--Zinn dis 18:19, 20 nov 2007 (CET)[rispondi]

Perché non si citano come fonti la Storia di Venezia della Treccani e quella della UTET? --AdBo - Scrivi qua! 21:31, 1 dic 2007 (CET)[rispondi]

Qual è il documento che attesta il "veneziano" come "lingua ufficiale" della Repubblica di Venezia? Amiens984 (msg) 00:28, 10 mar 2008 (CET)[rispondi]

Un esempio, ma solo uno dei tanti, è l'esistenza di un libro intitolato "Lessico Veneto - Che contiene l'antica fraseologia volgare e forense, l'indicazione di alcune leggi e statuti, quella delle varie specie di navigli e monete, delle spiagge, dei porti e dei paesi già esistenti nel Dogado, delle chiese, dei monasteri, dei conventi, degli ospizii, e delle confraternite che si trovano nella città di Venezia, dei costumi, delle fabbriche e delle feste pubbliche, di tutti i magistrati, dei vescovi, dei patriarchi, ec. ec.; compilato per agevole lettura della storia dell'antica Repubblica di Venezia, e lo studio de'documenti a lei relativi, da Fabio Mutinelli", stampato nel 1851, cioé appena 54 anni dopo la fine della Repubblica, che solo nel titolo dà abbastanza l'immagine di come il volgare parlato a Venezia fosse ampiamente e ovviamente utilizzato per descrivere tutti gli aspetti della vita pubblica e privata. Volendo, comunque, si può anche banalmente andarsi a sentire una commedia di Carlo Goldoni per capire che lingua si parlasse. TizioX 09:45, 10 mar 2008 (CET)[rispondi]
Non ci siamo capiti. Che a Venezia si parlasse Veneziano o che Goldoni scrivesse in Veneziano non mi sembra una scoperta. Il fatto è la definizione di "lingua ufficiale", che dovrebbe derivare da un atto formale. Una legge, un decreto un regolamento o cose simile che attestino "la lingua ufficiale della Repubblica di Venezia è il Veneziano". Altrimenti era certamente parlata, ma su che basi la si potrebbe definire "ufficiale"?Amiens984 (msg) 11:41, 10 mar 2008 (CET)[rispondi]
Sembra stranissimo, ma è così: lo Statuto Trentino-Alto Adige. Ora si sta cercando di metterlo in Costituzione da qualche anno e bastava seguire la discussione per vedere che quello Statuto era ed è l'unica legge costituzionale (in quanto regione a Statuto Speciale) in merito. In ogni caso dove non ci sono (perché magari non esistono) riferimenti va messo "de facto". Guarda ad esempio RSSF_Transcaucasica o altri... se la lingua ufficiale non c'è perché mille anni fa non ci pensavano, non puoi applicare termini giuridici contemporanei ad istituzioni medievali solo per un revival storico che non ha oggi alcun ragion d'essere se non in una prospettiva di studio. Scegli se mettere lingua parlata o lingua de facto, ma se non c'è un atto formale non si può definire lingua ufficiale. Se poi in un polveroso archivio di stato scoprirai un doumento, questo è il mestiere dello storico, altrimenti c'è solo il "de facto". Infatti alla voce Lingua ufficiale c'è scritto: "Una lingua ufficiale è la lingua che uno stato sovrano ha legalmente adottato" (grassetto mio). Se poi vdi l'elenco noterai moltissimi stati che non hanno ancora oggi lingue ufficiali (ad esempio il Regno Unito), ma solo de facto, perché non esistono atti legali. Utente:Amiens984 (msg) 14:07, 10 mar 2008 (CET)[rispondi]
P.S. Sulla wikipedia inglese, official language, è ben spiegato il significato di lingua ufficiale de facto. Detto questo ti propongo di inserire il de facto, mi sembra l'unica soluzione in attesa di scoprire il desiderato documento... Amiens984 (msg) 14:18, 10 mar 2008 (CET)[rispondi]
comunque come detto basta leggersi il resoconto stenografico (pag. 45 della discussione parlamentare in merito alla modifica dell'articolo 12 Cost. Amiens984 (msg) 14:26, 10 mar 2008 (CET)[rispondi]
Se vuoi scrivere "de facto", scrivi "de facto". Tuttavia ci terrei a precisare che la terminologia giuridica moderna, che come ogni linguaggio applicato ad un campo specifico ha le sue specificità e definizioni, non è tuttavia IL linguaggio (grassetto mio), ma solo un linguaggio tecnico ad uso e consumo di quanti operano nel suo specifico campo d'azione. I reati esisono a prescindere dalla definizione del Codice Penale della Repubblica Italiana. Anche "pena" e "sanzione" sono termini giuridici moderni definiti nei codici, ma mica per questo si può negare il loro legittimo uso in altri contesti. Se oggi una lingua ufficiale è diversa da una lingua ufficiale de facto ed entrambe per rispondere a simili requisiti devono godere di determinati attributi, non si può negare che già ieri esistessero lingue ufficiali. Anche una nave oggi è per norma internazionale definita come un mezzo galleggiante a propulsione e governo autonomi in grado di navigare ad almeno 7 nodi, ma sarebbe assurdo sognarsi di estendere questa definizione al difuori del suo ambito tecnico, applicandola anche al linguaggio comune e alle epoche passate. Tantopiù che tu stai parlando di un qualcosa che riguarda il template Stati storici e non quello Stati. Inoltre, se si è scritto lingua ufficiale è stato proprio per distinguere dalla lingua parlata. La lingua ufficiale è quella dei documenti ufficiali, che non necessariamente corrisponde a quella parlata (come tra l'altro nel caso della Repubblica di Venezia). TizioX 15:31, 10 mar 2008 (CET)[rispondi]

Scusate, non mi pare il caso di modificare il template:Stato storico solo per equiparare in questa sede la lingua veneziana a quella latina nella Repubblica di Venezia. E' chiaro che la lingua ufficiale della Serenissima fu il latino, e quindi come lingua ufficiosa, e il termine è azzeccatissimo, era il veneziano (e il toscano, il tedesco, perché a corte si parlavano anche tali lingue come il veneziano). --Wento 14:40, 11 mar 2008 (CET)[rispondi]

Veramente non è chiaro quello che dici. Da dove risulta, scusa, che a corte si parlassero il toscano e il tedesco alla pari di veneziano e latino? E se il latino era la sola lingua ufficiale, perché poi le magistrature dello Stato avevano nomi latini o veneziani e la gran parte dei documenti pubblici era prodotta in latino o in veneziano? La modifica a Stato Storico inoltre non è stata apportata per equiparare veneziano e latino (che già era equiparate nel template prima delle modifiche), ma su suggerimento di Amiens984 (suggerimento che per chiarezza ora provvedo a riportare sull'apposita pagina di discussione), vertente sull'acceso dibattito "se si possa chiamare una lingua ufficiale in assenza dei requisiti di definizione". Si era quindi pensato di ricorrere alla soluzione adottata dalla versione inglese di Wikipedia, parlando semplicemente di lingua e by-passando quindi il problema sorto. Tra l'altro la soluzione permetteva di segnalare anche le varietà linguistiche presenti nei territori dei vari Stati Storici. TizioX 09:24, 12 mar 2008 (CET)[rispondi]

Intanto già che ne discutiamo è buon segno... cmq le obiezioni di Amiens984 non erano state risolte dalle soluzioni proposte. La polemica può risolversi facilmente, cmq si segnali quali "documenti ufficiali" erano in "lingua veneziana" e tutto è risolto. Anche perchè il libro di Mutinelli non parla certo di veneziano come lingua ufficiale ma come "gergo" nei documenti, che è cosa ben diversa. Sarebbe come, in altri termini e per altre dimensioni, definire il volgare campano come lingua ufficiale del Principato di Capua a partire dai placiti cassinesi o dai vari documenti in volgare contenuti nelle abbazie meridionali, cosa che nessuno storico farebbe. --Wento 13:18, 12 mar 2008 (CET)[rispondi]

Stando alle obbiezioni di Amiens984 nemmeno il latino può essere definito lingua ufficiale, perché nessuna lingua può essere considerata ufficiale in mancanza dell'atto legale che così la definisce. Quindi le cose, secondo me, sono tre:
  1. o, come proponeva Amiens, si esclude la definizione di ufficiale o si parla di ufficiale de facto;
  2. o, come sostenevo io, si agisce elasticamente considerando ufficiali le lingue usate negli atti ufficiali;
  3. o, come ci eravamo poi accordati, si evita il problema parlando in generale di lingue.
Quanto all'equiparazione tra latino e veneziano nell'uso da parte dello Stato veneziano, posto che si parla di un arco temporale lunghissimo che va praticamente dalla fine dell'Impero d'Occidente alla Rivoluzione francese, per secoli il veneziano non è stato usato come un "gergo", ma come una lingua completa, coi suoi costrutti e le sue regole. Riferimenti in tal senso si trovano ampiamente in tutti i testi citati nella bibliografia della voce, ma in generale in qualunque documento storico dell'epoca, molti estratti dei quali si trovano anche in Internet. Basta leggerne uno qualunque per vedere in che lingua è scritto. In veneziano si scrivevano tutti i documenti e le attività di governo, le leggi, i decreti, i trattati, le iscrizioni lapidee, i dispacci, le formule rituali, i riferimenti geografici, la giurisprudenza, gli studi. Tra l'altro tu adduci come esempio il Principato di Capua e i Placiti Cassinesi. Non conosco bene il caso, ma vedo che il principato di Capua è durato come stato dal X al XII secolo, quando le lingue volgari italiane (e il veneziano è una di quelle) stavano appena nascendo. Io ho come il sospetto che in generale si intavolino queste discussioni per timore di implicazioni politiche odierne. TizioX 15:34, 12 mar 2008 (CET)[rispondi]
  • scusa se non ho seguito più la discussione Tizio X. A rigore il latino fu lingua ufficiale da quando Venezia passò sotto la chiesa cattolica romana. Era quindi naturale che uno stato cattolico adottasse il latino come propria lingua. Veneziano = gergo nel senso che, seppur codificato (come ogni gergo), non era adottato né per trattati giuridici, costituzionali e/o scientifici. Per me la questione è secondaria, però non diciamo delle panzane storiche. Tu trai delle conclusioni dai libri che citi molto "soggettive" e discutibili. Gli autori certo non vogliono dire questo. Ciao (amici come prima)--Wento 11:45, 23 mar 2008 (CET)[rispondi]
Di niente.. però continuo a non essere d'accordo, per due motivi: primo perché il latino era lingua indipendentemente dalla Chiesa, trattandosi di lingua parlata da secoli nell'ambito dello stato romano, secondo perché il motivo per cui si parla di lingua veneta, che tra l'altro all'estero è conosciuta come venetian, venetische, vénitien o veneciano, è proprio perché si tratta di una lingua completa e utilizzata in tutti i campi, al contrario di un gergo. Non è un'opinione mia, né una panzana storica. Tra l'altro gli autori che cito proprio non si pongono il problema di cui stiamo discutendo, visto che tendenzialmente si limitano, l'uno a tradurre i significati dei termini veneziani, mentre l'altro elenca tutti i riferimenti e i documenti dell'Archivio di Stato di Venezia. ;) Ciao! TizioX 09:35, 26 mar 2008 (CET)[rispondi]
«messa così» anch'io, per questa volta, sono d'accordo con te. prrrrrr--Wento 23:54, 26 mar 2008 (CET)[rispondi]

Lingua ufficiale/lingue[modifica wikitesto]

La Serenissima è la nostra Patria[modifica wikitesto]

I veneziani di oggi, che sono i primi che con il loro campanilismo non accettano che Venezia non era solo città-stato ma Capitale de lo Stato da Mar e Stato Terrestre (attuale Veneto e Venezie), sono semplicemente disinformati. La Repubblica Veneta è sempre stata amata dal popolo e non dagli intellettuali. È per questo che esiste ancora il forte senso d'identità del popolo veneto.

e questo dove l'avete preso? --Wento 11:48, 23 mar 2008 (CET)[rispondi]
per una volta sono d'accordo con Wento.. curite.. TizioX 09:07, 26 mar 2008 (CET)[rispondi]


Spostamento cartine[modifica wikitesto]

Ho appositamente preparato e caricato con tutte i criteri richiesti da Wikipedia (quindi spendendo anche parecchio del mio tempo) due cartine per questa voce:

, vorrei sapere a quale titolo una è stata spostata in una sezione che gli è poco attinente, mentre l'altra è stata sostituita da una immagine molto meno precisa, ho ripristinato la situazione, prima di ulteriori modifiche vorrei avere delucidazioni ---kayac- (msg) 20:57, 10 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Sono due belle cartine e hai fatto un'ottima cosa scovandole e caricandole, però purtroppo la prima per poter essere leggibile è costretta ad occupare troppo spazio, sottraendolo al testo e spezzando la leggibilità della voce. La seconda invece è davvero una bella mappa, che, rappresentando in diversi colori le successive espansioni dei possedimenti veneziani e la rete delle rotte commerciali, a me sembrerebbe più che adatta ad illustrare il paragrafo apposito. Si potrebbe invece trovare effettivamente un'immagine migliore per la parte illustrativa dei possedimenti d'oltremare. Comunque il più delle volte le motivazioni sono leggibili a lato della modifica in cronologia. TizioX 21:48, 10 apr 2008 (CEST)[rispondi]
PS: A proposito della cartina nel paragrafo "La conquista della Terraferma", vorrei sapere se anche qualcun'altro ha l'impressione che sia troppo grande e non stia bene in quel punto o se è un'impressione tutta mia! :) TizioX 11:50, 11 apr 2008 (CEST)[rispondi]
La prima mappa è sbagliata nella parte che riguarda la Dalmazia. Alla vigilia di Agnadello non erano ancora avvenuti né l' Acquisto nuovo, né tantomeno l' Acquisto nuovissimo (oltre duecento anni dopo), che invece sono indicati in azzurro.--Presbite (msg) 10:48, 4 feb 2009 (CET)[rispondi]

Cause decadenza di Venezia[modifica wikitesto]

Nella voce si parla dello spostamento delle rotte commerciali dal Mediterraneo all'Atlantico come causa della decadenza di Venezia. Ciò è vero soo in parte. Le cause vanno ricercate piuttosto all'eccessivo conservatorismo del patriziato veneziano, non in grado di guardare al di là del proprio naso, timorso di perdere tutto ciò che era stato accumulato. Testimone è l'insofferenza dei ceti dirigenti delle città suddite verso la Dominante. --AdBo - Scrivi qua! 20:18, 27 giu 2008 (CEST)[rispondi]

Ha, decadenza... Venezia non è mai decaduta, cosi come invece hanno fatto molti altri stati modernizzandosi, ma è restata sè stessa sino alla fine. La fine del 700 e lo spigolo storico più grande di tutti i tempi (e suppongo che sarà anche l'unico): è normale che uno Stato d'antico regime, che voleva restar tale, sia stato inesorabilmente inghiottito dai vortici di quella turbinosa era! --Fcosta (msg) 23:28, 13 feb 2009 (CET)[rispondi]

Rivolte giacobine, mai avvenute? e le finte "repubbliche sorelle" di Brescia e Bergamo? eran frutto di rivolte di notabili locali (utente anonimo)

A sostegno di quanto affermato dall'utente AdBo: "La città e il territorio di Padova nella 2a metà del '700 subivano quella stessa crisi che angustiava lo Stato veneto per il conservatorismo della classe dirigente veneziana e l'insufficienza e la rarità delle riforme, cause di una graduale decadenza economica che si accompagnava a quella politica (...)" (G.Zalin, Aspetti e problemi dell'economia veneta dalla caduta della Repubblica all'annessione, Vicenza, 1969). Sempre in tema di fonti, di cause di decadenza, ma anche di presunto sostegno e riconoscenza (?) della Terraferma verso la Dominante: "La possidenza veneziana maggioritaria sottraeva ricchezza alla città e al territorio di Padova, non solo perché la rendita affluiva in gran parte nella Dominante, ma anche perché le imposte dei veneziani possidenti nel Padovano erano pagate a Venezia, secondo il vigente regime fiscale che poneva le province di terraferma in una condizione di sfruttamento quasi di tipo coloniale" (G.Monteleone, Padova tra rivoluzione e restaurazione 1789-1815, Ed.Programma 1997). --Weiki (msg) 12:56, 3 gen 2011 (CET)[rispondi]

Imprecisioni nella prima parte[modifica wikitesto]

La prima parte della pagina mostra degli errori. Lo splendore di Venezia non è indicabile con il 1600, ma anzi e piuttosto nel periodo tra la presa di Costantinopoli da parte dei crociati (1204) (o se vogliamo, dagli accordi con Alessio Comneno del 1082)e la presa di Costantinopoli da parte ottomana (1453). Nel 1600 Venezia aveva perso praticamente ogni possedimento greco ad eccezione di Candia/Creta che, e qui c'è il secondo errore, non fu persa da Venezia all'epoca della presa di Costantinopoli ma solo nel XVII secolo

allego link di possibile cartina utilizzabile http://cognacecotognata.files.wordpress.com/2012/06/venezia-repubblica-cartina.gif

Ho tolto il motto perché l'unica fonte che ho trovato è il Dizionario Treccani, che sostiene si tratti di una frase pronunciata nel 1797, e ripresa come motto solo in tempi successivi. --Anoixe(dimmi pure...) 11:56, 28 mar 2014 (CET)[rispondi]

Scusate, ma non sarebbe più corretto, per completezza, mettere titolo Serenissima Repubblica di Venezia? È questo il nome completo, d'altronde. --L'inesprimibile nulla 16:16, 30 mag 2014 (CEST)[rispondi]

Io non ho grande competenza in materia, ma la Repubblica è stata chiamata sia con, che senza il "Serenissima", per es. in questo bel frontespizio di Coronelli del tardo '600, oppure qui (1720), qui (1755), qui (1751) eccetera eccetera. Un po' come la "Giojosa Marcha Trevigiana", che è chiamata "gioiosa et amorosa" nel nome completo, ma anche spesso semplicemente "La Marca". --Anoixe(dimmi pure...) 14:53, 31 mag 2014 (CEST)[rispondi]

Incongruenze[modifica wikitesto]

La voce Repubblica di Venezia riguarda la forma che lo Stato dei veneti lagunari o della Venezia marittima a partire dal XII°secolo, quando il dogado veneziano si trasformò da ducato monarchico a comune ed iniziano così le istituzioni repubblicane. Prima di questo periodo non si può parlare di Repubblica di Venezia ma di uno Stato Veneziano a regime dogale monarchico. Per il periodo precedente, circa due secoli, quando l'area lagunare della Venezia marittima era dominio bizzantino non si può parlare di Stato Veneziano o di dogado veneziano ma si deve parlare di Venezia marittima provincia bizzantina i cui dogi era funzionari bizzantini nominati da Bizanzio attraverso l'esarcato di Ravenna e probabilmente di origine bizzantina greco-armena e non veneta stante ai loro cognomi. Nell'VIII° secolo le province bizzantine italiane furono trasformate in ducati i cui dogi divennero di nomina venetica per concessione imperiale che trasferì ai veneti lagunari la potestà di nominare o eleggere i dogi. Alberto Pento --79.38.249.59 (msg) 09:57, 28 ago 2015 (CEST)[rispondi]

La Repubblica Veneta non era uno stato federale[modifica wikitesto]

Non si può dire che la Repubblica di Venezia fosse uno stato federale poiché la sovranità apparteneva soltanto all'aristocrazia veneziana riunita nel Maggior Consiglio della città di Venezia; le comunità di terra e di mare, dette domini, godevano sì di una certa autonomia amministrativa ma non erano politicamente sovrane, pertanto siccome il "concetto federale" si attribuisce alla sovranità politica, non si può attribuirlo all'autonomia amministrativa. Basta il semplice confronto con lo Stato Italiano che non è uno stato federale ma centralizzato la cui sovranità politica è del Parlamento (dove esercitano la sovranità i rappresentanti eletti dai cittadini), mentre gli altri enti territoriali hanno soltanto funzioni e autonomie amministrative. I due livelli, politico e amministrativo non vanno confusi. Alberto Pento --79.38.249.59 (msg) 10:21, 28 ago 2015 (CEST)[rispondi]

Caduta della Serenissima[modifica wikitesto]

'Nonostante la dichiarata neutalità' Napoleone invase il Veneto : in realtà si trattava di una ben strana neutralità che permetteva alle truppe imperiali di attraversare il Veneto sia in tempo di pace che di guerra e nell'occasione fortificarsi in Peschiera per sfuggire alle truppe francesi. Non si poteva poi certamente pretendere che le truppe di Napoleone , in guerra contro gli imperiali, non oltrepassassero la linea di confine in nome della neutralità: forse un'avvicinamento ai francesi in nome della comune forma dello stato ( Repubblica) ed un comportamento coraggioso avrebbero potuto difendere gli interessi della Serenissima. In realtà,se la storia di Venezia fu lunga e gloriosa, altrettanto non si può dire della sua fine che fu sancita dalla viltà di tutte le magistrature che reggevano lo stato. Anche di questo fatto approfittò l'Austria prima a Campoformido e poi al Congresso di Vienna per giustificare il possesso del Veneto.

La conclusione fu che il patriziato veneziano, che tifava apertamente per l'Austria contro Napoleone, fu ripagato dalla prima con la definitiva perdita dell'indipendenza.

Fonti ? --Bramfab Discorriamo 09:35, 16 nov 2015 (CET)[rispondi]

Repubblica di Venezia[modifica wikitesto]

cb La discussione proviene dalla pagina Aiuto:Sportello informazioni.
– Il cambusiere --fringio – α†Ω 00:23, 29 dic 2015 (CET)[rispondi]

Vorrei ringraziarvi innanzitutto per aver trovato la Repubblica di Venezia chiamata pure Serenissima tra le vostre pagine. Si può presumere che ne confermiate la sua passata esistenza quindi mi domando perchè personaggi famosi appartenuti a questa famosa e gloriosa nazione non vengono giustamente ricordati con la loro corretta nazionalità invece di dire, in maniera sbagliata, erano italiani?Questo commento senza la firma utente è stato inserito da Rizzostemic (discussioni · contributi) 00:18, 29 dic 2015 (CET).[rispondi]

Collegamenti esterni modificati[modifica wikitesto]

Gentili utenti,

ho appena modificato 1 collegamento/i esterno/i sulla pagina Repubblica di Venezia. Per cortesia controllate la mia modifica. Se avete qualche domanda o se fosse necessario far sì che il bot ignori i link o l'intera pagina, date un'occhiata a queste FAQ. Ho effettuato le seguenti modifiche:

Fate riferimento alle FAQ per informazioni su come correggere gli errori del bot

Saluti.—InternetArchiveBot (Segnala un errore) 19:04, 22 gen 2018 (CET)[rispondi]

Ghetto di Venezia[modifica wikitesto]

In seguito alla mia cancellazione del contributo sul Ghetto di Venezia mi è stato messo in rilievo che il Ghetto si chiamasse in tale modo anche prima che arrivassero gli Ebrei. In realtà la zona si chiamava Getto in quanto gettavano i materiali (tra cui il piombo) per fare le palle di cannone. I primi Ebrei stanziatosi nell'area erano di origine Tedesca e la g in tedesco si pronuncia come una g (gura). Da qui il passaggio da Getto a Ghetto è stato immediato. Se per caso qualcuno avesse delle informazioni ulteriori o discordanti vi pregherei di metterlo su questa discussione. In caso contrario chiederei il ripristino del contributo. Wikipedia è libera e le informazioni sono ben accette . --Maxmarwiki (msg) 14:24, 3 apr 2019 (CEST)[rispondi]

Hai le WP:FONTI documentali che testimoniano tutto quanto sopra? Su Wikipedia funziona che si devono riportare informazioni confermate dalle fonti a supporto (in questo caso la fonte che certifica il cambio di pronuncia per lo specifico caso storico) e non informazioni "dedotte" sulla base di proprie considerazioni personali.--L736El'adminalcolico 16:34, 3 apr 2019 (CEST)[rispondi]
Se può essere di aiuto, c'è la voce Ghetto di Venezia dove c'è il paragrafo Etimologia.--Peppo ditemi! 19:08, 3 apr 2019 (CEST)[rispondi]

Grazie dei vostri contributi. Io intanto ho trovato questo da La Repubblica : Io sono il Ghetto, dicono quelle pietre, ed esistevo prima che arrivassero gli ebrei. Ero uno spazio malsano di concerie e fonderie, e mi chiamavano " Getto" per via della gettata dei metalli, ma i primi ebrei venuti dal nord pronunciarono il nome alla tedesca, con la " Gh" dura, e quel mio nome rimase, si sparse a Venezia, nel Mediterraneo e nel mondo. https://www.repubblica.it/cronaca/2016/01/24/news/io_sono_il_ghetto_a_venezia_la_citta_degli_ebrei-131932233/ --Maxmarwiki (msg) 20:48, 3 apr 2019 (CEST) Non vi sono considerazioni personali ma una discreta bibliografia. V. anche I Ghetti Nazisti Gangemi Editori pag.24 riesci a vederlo online. Caro L736 mi stupisce il fatto che tu pensi io me la sia inventata. Tale tesi e pienamente documentata. Ripeto se qualcuno mi dimostra il contrario saro' ben contento di imparare qualcosa di nuovo. Io sono per la collaborazione e l'arricchimento culturale reciproco e non per la censura. --Maxmarwiki (msg) 21:05, 3 apr 2019 (CEST)[rispondi]

Non si tratta di "censura", ma delle regole di Wikipedia (e del buonsenso): affermazioni dubbie prive della citazione puntuale delle fonti da cui provengono si rimuovono punto e basta, e semmai si reinseriscono quando queste fonti vengono portate. Se non c'era errore nel merito nel caso del primo inserimento, di certo c'era errore nel metodo. --Franz van Lanzee (msg) 22:38, 3 apr 2019 (CEST)[rispondi]

Caro Franz Van Lanzee puoi spiegare ai tuoi amici L736 e Gac che le regole di wikipedia sono per una informazione libera e vera? Cancellare i contributi senza informarsi o controbattere non ha senso. In ogni caso leggendo il tuo commento mi sembra che ti sei reso conto che il mio contributo fosse basato su verità, ma ora tiri fuori che ho sbagliato nel metodo, potresti essere un po' specifico? Cari Gac, Franz e L736 se vi spalleggiate l'uno con l'altro e applicate la censura senza motivo create una uniformità di pensiero che va contro i principi di Wikipedia. --Maxmarwiki (msg) 21:47, 4 apr 2019 (CEST)[rispondi]

Oltre a Wikipedia:Uso delle fonti, che ti è già stata linkata, è meglio se dai un'occhiata anche a Wikipedia:Verificabilità. Io non ho idea se l'informazione che vuoi inserire sia vera o no: è abbastanza plausibile da presumere che lo sia, ma non lo posso dire con certezza. Per questo è importante che tu vi aggiunga la citazione puntuale della fonte da cui proviene. Se questa citazione non c'è, la rimozione è praticamente obbligatoria. --Franz van Lanzee (msg) 23:44, 4 apr 2019 (CEST)[rispondi]

Caro Franz finalmente trovo una critica costruttiva (sei per ora l'unico del gruppo vostro). Non mi ricordo se avevo messo la fonte, ma sono sempre in tempo. Diciamo che qualunque informazione se ha delle fonti si presume sia vera fino a prova contraria (che va dimostrata). Cosi' dovrebbe funzionare wikipedia italia ma in realtà vi sono atteggiamenti bulleschi e distruttivi che distruggono l'idea cardine del fondatore. --Maxmarwiki (msg) 23:19, 5 apr 2019 (CEST)[rispondi]

L'informazione non aveva fonti a sostegno: è questo il problema che tutti ti hanno segnalato. --Franz van Lanzee (msg) 11:53, 6 apr 2019 (CEST)[rispondi]

Ho orfanizzato. Oggi un utente mi fa notare che non era il caso, che era meglio evitare. Cosa ne pensate? --Mice, и добър вечер! 13:16, 11 mag 2019 (CEST)[rispondi]

le cose vanno dette in sincerità, ho chiesto che prima di orfanizzare un redirect serviva che ci fosse consenso da parte della comunità, sono due redirect che tocca(vano) tantissime voci, a quanto pare si vuole eliminare anche Serenissima, credo che serva parlarne. Grazie.--Nazasca (msg) 13:27, 11 mag 2019 (CEST)[rispondi]
[@ Nazasca] Ho detto che lascio stare Serenissima, in realtà. Riguardo agli altri due, nel caso di Repubblica veneta, a memoria, erano 51, o comunque meno di 60; nel caso di Repubblica Veneta, non li ho contati, ma non credo superassero il centinaio. Serenissima lascio stare anche perché sono più di 500 le pagine da sistemare (non avrò mai il tempo giusto da dedicarvici). --Mice, и добър вечер! 13:32, 11 mag 2019 (CEST)[rispondi]

Citazione incipit[modifica wikitesto]

Buongiorno. Proporrei di togliere la lunga citazione iniziale, al limite direi di spostarla. --Adert (msg) 21:05, 10 apr 2020 (CEST)[rispondi]

[@ Adert] citazione ridotta, dici possa andar bene?--Facquis (msg) 17:00, 12 apr 2020 (CEST)[rispondi]
Meglio, grazie mille! Io non sono un gran sostenitore delle citazioni di apertura, ma se a te va bene così per me è k. Piuttosto credo che bisognerebbe ampliare di un po' l'incipit stesso --Adert (msg) 21:10, 13 apr 2020 (CEST)[rispondi]
[@ Adert] Senza dubbio l'incipit andrebbe ampliato riportando notizie sulla storia della repubblica, per questo credo che prima sia meglio riscrivere la sezione "Storia" con tutte le fonti puntuali e poi migliorare l'incipit.--Facquis (msg) 09:36, 14 apr 2020 (CEST)[rispondi]
Volentieri ad occuparmi di inserire le fonti nella parte storica, anche se in questo momento non posso accedere ad alcuni testi. Leggendo velocemente ho trovato "Nel 1495 Venezia riuscì ad espellere Carlo VIII dall'Italia grazie alla battaglia di Fornovo, respingendo il primo di una serie di assalti francesi", non mi sembra proprio del tutto corretta, Carlo VIII stava già tornando in Francia quando venne affrontato a Fornovo... o mi sbaglio? --Adert (msg) 12:09, 14 apr 2020 (CEST)[rispondi]
[@ Adert] è da un po' di tempo che sto revisionando la voce e al momento ho sistemato la sezione storica solo fino all'anno 1300 quindi non escludo ci siano errori per le epoche successive dato che oltretutto si tratta di informazioni quasi mai corredate da fonti. Comunque una fonte praticamente inesauribile sulla storia di Venezia è l'opera del Romamin, tutti i libri si possono consultare online quindi potresti usare quelli come fonte.--Facquis (msg) 13:25, 14 apr 2020 (CEST)[rispondi]

Collegamenti esterni interrotti[modifica wikitesto]

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In caso di problemi vedere le FAQ.—InternetArchiveBot (Segnala un errore) 07:32, 31 ago 2020 (CEST)[rispondi]

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