Discussione:Opera

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Teatro
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Manca Meyerbeer[modifica wikitesto]

È un piccolo scandalo che il compositore di più grande successo qui manca: A metà Ottocento fra Rossini e Wagner, le opere liriche di Meyerbeer erano prodotte più spesso che tutte altre entrambe. È il risultato del antisemitismo efficace di Wagner che ha scritto i suoi libelli contro Meyerbeer che ancora non è considerato qui nel anno 2007!

Trasferisco qui una sezione non formattata aggiunta oggi da un utente anonimo, nel caso qualcuno volesse servirsene per un'altra voce. A me pare una libera chiacchierata (in quanto tale non enciclopedica, e tra l'altro con troppi errori linguistici: perché chi intergra le voci non si pone questo elementare problema?) relativa al canto lirico, non pertinente ad una voce sintetica dedicata all'opera lirica che, come si era stabilito a suo tempo, rinvierà ad una serie di voci tematiche (storiche e tecniche). Al Pereira 23:19, 11 dic 2005 (CET)[rispondi]

«le voci femminili utilizzano un impostazione oggi che crea una via di mezzo tra quella maschile ed il falsetto, eseguendo altresi un appoggiatura piu accentuata nelle note gravi. Ancora oggi certi ruoli contraltili,vengono fatti da personaggi di sesso maschile (Orfeo,nell'opera Orfeo ed Euridice eseguito da un tenore leggero).In certi casi pure ci sono ruoli maschili interpretati da personaggi femminili(Cherubino nelle Nozze di Figaro viene interpretato da una donna ma in questa opera è un uomo,un seduttore). In oltre, alle principali voci maschili e femminili, ci sono diverse sotto categorie come Baritono lirico,drammatico,leggero,melodico lirico leggero ecc.;queste sottocategorie,possono essere applicabili in tutte le principali categorie di voci sia maschili e femminili. Per concludere le voci di ambo i sessi possono essere usate differentemente, per esempio nel Verismo e Melodramma si predilige una potenza vocale molto forte, questo non capita invece nelle opere del diciassettesimo e diciottesimo secolo, dove la voce era piu debole,ma in compenso piu agile e meglio inpostatata.Mozart,invece nelle sue opere riusci a far coesistere le due correnti in modo armonioso riusendo ad anticipare la potenza del Melodramma quasi un secolo prima che questo sia inventato,(anticipando cosi i tempi)con la scioltezza e i guizzi del secolo precedente.»

Magari non tutto quanto riportato qui sopra è da buttare; anche se sembra malamente tradotto in un italiano poco agevole. Eventualmente - trattando delle voci nella lirica (non credo si farà a breve una pagina in tal senso) - si potrebbe integrare il materiale recuperabile (messo magari un po' meglio) nella sezione Numeri, cantanti e ruoli. --Twice25 (disc.) 00:00, 12 dic 2005 (CET)[rispondi]

Credo che il contribuente sia italiano (dopo aver fatto questa correzione mi sono accorto che ha messo il suo numero tel. nell'articolo baritono, oltre al suo nome tra i baritoni famosi). In tutti i casi se vuoi sistemare il materiale, potresti ingrarlo negli articoli (ben 3! - troppi, direi) Voce (musica), Canto, Tecnica del canto. Considera che esistono le voci dedicate ai singoli registri vocali: sono da ampliare ma ci sono tutte. Alcuni concetti potrebbero finire lì, o magari già ci sono. Poi ancora, in che senso l'opera del Sei-Settecento non sarebbe melodramma? E poi la vocalità in Mozart è la stessa che nei suoi contemporanei (anche perché altrimenti avrebbe dovuto avere i suoi cantanti personali). Insomma vedi tu.... Orfeo nell'Orfeo ed Euridice (immagino di Gluck) l'ho sentito fare solo da mezzosoprani e in un caso da un contraltista. In passato il ruolo è stato cantato anche da un tenore (come Romeo nei Capuleti e i Montecchi di Bellini), ma oggi non più. Ecc... Tienimi al corrente! :) Al Pereira 00:18, 12 dic 2005 (CET)[rispondi]

Sei tu che hai tenuto al corrente me ... ^^ (un bel refresh, non c'è che dire :)). Concordo su tutto eccetto che sul discorso del melodramma (qui su Wiki a livello di disambigua, se non sbaglio), termine che mi pare sia entrato in uso solo a partire dall'Ottocento (ma io sono un semplice appassionato, e non uno studioso, quindi potrei sbagliarmi). Dell'atteggiamento di Raffaele (e sui suoi inserimenti, da anonimo, immagino); non sapevo; sicuramente è un approccio insolito - e sicuramente poco corretto - a Wikipedia. Mi sono espresso in Wikipedia:utenti problematici, dove il suo blocco è stato segnalato. --Twice25 (disc.) 01:00, 12 dic 2005 (CET)[rispondi]

Ho letto il tuo intervento su Wikipedia:utenti problematici (anzi, ora vado a vedere se ci sono novità). Melodramma si usava normalmente già prima. È l'idea di cosa sia melodrammatico (nell'accezione corrente del termine) che fa riferimento all'opera (seria.... insomma, seria magari no: diciamo quella che finisce col morto) dell'Ottocento. Al Pereira 01:18, 12 dic 2005 (CET)[rispondi]

Mah, sicuramente mi sbaglio io, ma ricordo che molte opere ante-1800 sono indicate in vari modi (dramma per musica, opera buffa - spesso neanche molto - ecc.ecc.), mentre la dicitura melodramma appare a partire dalle opere di Donizetti, Bellini, Verdi, ecc.ecc. Però, ripeto non sono un esperto. Approfondirò; mi farà bene ... :) --Twice25 (disc.) 01:31, 12 dic 2005 (CET)[rispondi]

Capisco cosa vuoi dire. Quella è una questione di generi e di denominazione delle singole opere (secondo svariate terminologie, utilizate in modo piuttosto libero, Ottocento compreso). Al Pereira 01:59, 12 dic 2005 (CET)[rispondi]

risistemo...[modifica wikitesto]

Mi sono presa la briga di occuparmi seriamente di questa pagina da qualche giorno, perchè ho appena dato un esame sulla storia del melodramma. Il mio edit per ora lo sto sistemando su open office perchè rivoluzionerà un po' la sistemazione della pagina (con divisione tra storia dell'opera italiana, storia dell'opera francese e storia dell'opera tedesca e altri accorgimenti) ma tra non molto sarà pronto. Intanto faccio notare e sottolineo quello che ho scritto all'inizio del mio articolo, cioè che: Per molto tempo gli storici della musica hanno sostenuto che le origini del melodramma fossero da individuare nelle teorizzazioni di un gruppo di intellettuali fiorentini, noto come Camerata de' Bardi dal nome del mecenate che li ospitava, Giovanni Bardi, e le cui riunioni si tennero probabilmente tra il 1576 e il 1582.
In realtà già da molti anni questa teoria è stata confutata. I primordi del melodramma sembra dunque si possano intravvedere fin dall'inizio del 1500 negli 'intermedi' eseguiti fra un atto e l'altro di una commedia recitata e nella così detta 'pastorale drammatica' o 'tragicommedia', durante la quale alcuni personaggi intervenivano nell'azione drammatica esprimendosi cantando e suonando strumenti.
Ho trovato questa teoria sul "manuale di storia della musica" di Elvidio Surian, un testo adottato in molti conservatori italiani e che ho intenzione di seguire per la stesura del mio edit.
Si accettano commenti e critiche anche in fase di preparazione. Cercherò di essere il più sollecita possibile nella pubblicazione!!!

Ciao, Clizia 00:03, 22 apr 2007 (CEST)[rispondi]

Come avrete notato il mio progetto va a gonfie vele! La storia dell'opera italiana è finita. Ora ho estromesso questo pezzo perchè non c'entrava più molto, ma che ora è in via di restauro, (non preoccupatevi!) soprattutto per quanto riguarda la storia dell'opera francese, che sto sistemando allo stesso modo di quella italiana.

Nel frattempo Jean-Baptiste Lully, un compositore francese di origine italiana, dà vita all'opera francese. In essa la tipica cantabilità italiana, poco adatta alla lingua francese, è abbandonata a favore di una più rigorosa interpretazione musicale del testo.

Lo stile di canto, più severo e declamatorio, è prevalentemente sillabico. Ulteriori elementi di differenziazione rispetto al modello italiano sono costituiti dall'importanza assegnata alle coreografie e dalla struttura in cinque atti, che l'opera seria francese conserverà fino a tutto il XIX secolo. Nacquero così la tragédie-lyrique e l' opéra-ballet.

La seconda metà del XVIII secolo registra anche l'azione riformatrice di Gluck e Mozart, che riducono l'ampollosità e la retorica a vantaggio di un chiaro svolgimento dell'azione e di una maggiore aderenza della musica a situazioni e personaggi dell'intreccio, il primo mantenendosi entro il filone della classicità e scrivendo sia in italiano sia, soprattutto, in francese, il secondo sviluppando liberamente il genere del dramma giocoso, nelle sue opere italiane più famose, nonché dando impulso alla nascente opera tedesca.

Intanto in Francia divampa la querelle des bouffons: un'accesa polemica tra i sostenitori dell'opera buffa italiana (tra cui gli enciclopedisti e in particolare Jean-Jacques Rousseau) e i seguaci dell'opera francese, scatenata dalla rappresentazione di un intermezzo di Pergolesi, La serva padrona.

Nella seconda metà del Settecento alcuni dei più importanti maestri italiani, quali Piccinni, Sacchini, Cherubini e, più tardi, Spontini, si stabiliscono a Parigi. Ma lo scontro fra le tradizioni e le scuole operistiche italiana e francese non cessa, traducendosi nell'ennesima disputa parigina, che vede contrapposti i seguaci di Piccinni e quelli di Gluck.

Clizia 18:44, 22 apr 2007 (CEST)[rispondi]

Neoclassicismo e romanticismo in Bellini[modifica wikitesto]

Ho un po' aggiustato la frase, evitando di farne una figura di passaggio e soprattutto facendo riferimento all'estetica neoclassica in generale e non al neoclassicismo in musica. Per dire, vedo ben di più un'affinità ideale con Canova o Le Grazie di Foscolo che una compositiva con Cherubini o Spontini. Al Pereira 04:00, 26 dic 2007 (CET)[rispondi]

Mi sembra un'ottimo aggiustamento, Al Pereira. Cordialità. --Justinianus da Perugia 15:20, 9 gen 2008 (CET)[rispondi]

Grand opéra e suo impatto in Italia negli anni settanta e ottanta dell'Ottocento[modifica wikitesto]

1) Il Grand opéra ebbe un considerevole impatto sulla musica italiana degli anni settanta e ottanta dell'ottocento ma molto, molto minore su quella successiva (e non mi riferisco solo alla "giovane scuola" ma anche a ciò che venne dopo: Busoni, Zandonai ecc.). Del resto non riuscì neppure a influenzare i grandi autori francesi del primo novecento, come Debussy e Ravel (anzi il Pelléas et Mélisande di Debussy è agli antipodi del Grand opéra venendo addirittura classificata come opera "wagneriana" dal Rosenthal/Warrack, perchè "all'orchestra viene affidato il contenuto emotivo della vicenda"). Circoscritto pertanto il "forte impatto" agli anni settanta e ottanta dell'ottocento, piuttosto che "a partire da..." come indicato precedentemente.

2) Tolta una frase a mio avviso incomprensibile: si scrive come il modello tedesco fosse "assai meno fortunato" rispetto al francese ma poi si evidenzia, giustamente, come il primo fosse "destinato ad incidere più a lungo e ben più in profondità..."(rispetto al modello francese). Quindi a mio avviso fu assai più fortunato, non "assai meno fortunato". Comunque non ho niente in contrario che venga ripristinata dal suo autore (che non conosco) tale parte dopo qualche parola chiarificatrice.

Cordialità. --Justinianus da Perugia 15:20, 9 gen 2008 (CET)[rispondi]

1) D'accordo! Già non si faceva riferimento al Grand-opéra riguardo alla "giovane scuola" ma così è più esplicito.

2) Si può senz'altro spiegare meglio, ma intanto chiarisco: il modello tedesco (Wagner) ebbe scarsa fortuna perché le rappresentazioni erano poche e il successo meno. Ciò non toglie che i compositori, italiani e francesi, ne facessero tesoro. Utente:Al Pereira 15:38, 9 gen 2008 (CET)

Mi dispiace ma non trovo giusto che venga eliminato un riferimento autorevole come quello di Leibowitz, non sostituendolo neppure con un altro riferimento, pertanto lo ripristino. Mi sembra oltretutto poco riguardoso nei confronti dei lettori, che potrebbero anche avere la curiosità di conoscere il pensiero di un grande musicologo e anche nei confronti del sottoscritto, che si è presa la briga di aprire il paragrafo note (non presente ancora nella voce) e inserire il riferimento relativo. Un riferimento di un altrettanto alto profilo, potrebbe semmai essere aggiunto, non andrebbe a sostituire il precedente. Cordialità.--Justinianus da Perugia 16:11, 9 gen 2008 (CET)[rispondi]

P.S. René Leibowitz non è di un'epoca "remota", è morto nel 1972, ed è ripetutamente citato come riferimento in Wikipedia, anche sulla voce dedicata a Giacomo Puccini che è in vetrina. O bisogna per caso togliere il riferimento anche da li? --Justinianus da Perugia 16:34, 9 gen 2008 (CET)[rispondi]

Alla voce Puccini, Leibowitz è citato riguardo alla storia della critica pucciniana e ad una ben precisa ipotesi sulla struttura del primo atto di Manon Lescaut. Tutt'altro discorso insomma. Il "lirismo realistico" di Traviata "che già fa presagire il verismo di certi successori di Verdi" mi pare un'osservazione troppo generica: "lirismo realistico"? il "lirismo" non era certo una novità di Traviata, il tipo di "realismo" sì (Stiffelio a parte), se vogliamo considerare l'ambientazione come contemporanea. Ma si tratta del realismo del soggetto, non del linguaggio usato da Verdi! Le soluzioni musicali non hanno nulla a che vedere con quella dei "veristi": forme completamente diverse, vocalità completamente diversa, rapporto voce/orchestra completamente diverso, niente motivi conduttori (solo un timido motivo di reminiscenza), colore locale pressoché nullo (salvo quello non francese dei matadores). La drammaturgia dell'ultimo atto di Adriana Lecouvreur probabilmente deve molto a quella dell'ultimo atto di Traviata, ma la musica cos'ha in comune? Che poi "l'arte di Giacomo Puccini" sia il "punto di confluenza in cui gli elementi antitetici di Verdi e Wagner avrebbero realizzato la loro vera sintesi" è un'opinione che andrebbe precisata: in cosa consiste in concreto questa sintesi? Non mi risulta che la critica italiana, di fronte anche alle prime opere di Puccini, abbia fatto il nome di Verdi. E d'altronde non c'è dubbio che per tutti i compositori italiani della generazione di Puccini la scommessa era proprio quella di sciogliersi dal modello verdiano. Un discorso a parte andrebbe fatto (ma ad un altro livello di approfondimento) per Falstaff, che probabilmente ebbe davvero un influsso notevole, e non solo sui compositori della Giovane Scuola: lo stile di conversazione della Bohème sono convinto che debba parecchio a Falstaff; non parliamo poi delle opere di Wolf Ferrari. Tuttavia Falstaff è del 1893, e quindi Cavalleria, Pagliacci e Manon Lescaut furono scritte senza conoscerlo. Nella voce leggo "In Italia il modello di Wagner unitamente a quello dell'ultimo Verdi fu assorbito e rielaborato in modo originale ecc ecc": quello che non capisco è perché accostare ("unitamente") Wagner a Verdi. I modelli sono molteplici e includono Bizet, Massenet e Gounod, ad esempio; e in Italia Ponchielli (specie Marion Delorme) che aveva abbandonato da tempo le forme convenzionali, adottando una cantabilità ben più estroversa di quella verdiana (senza contare che era stato docente di composizione di Puccini e Mascagni). --Al Pereira 05:56, 10 gen 2008 (CET)[rispondi]

Verdi e la Giovane scuola italiana[modifica wikitesto]

Se mi permetti, dato il tuo intervento particolarmente articolato, preferisco risponderti alternando le tue asserzioni e domande con le mie risposte, ponendo le stesse in corsivo.

Iniziamo:

Alla voce Puccini, Leibowitz è citato riguardo alla storia della critica pucciniana e ad una ben precisa ipotesi sulla struttura del primo atto di Manon Lescaut. Tutt'altro discorso insomma.

Non si può alternativamente considerare un autore valido quando è in sintonia con il nostro pensiero e non pertinente quando non lo è. Chi decide se un riferimento è pertinente o non lo è? Tu, io o l'utente Edo impegnato in Wikisource? Ti ricordo che Leibowitz viene da te citato (almeno così credo, visto che la pagina fu aperta da te) come colui che insieme a Carner rivalutò (giustamente), la grandezza di Puccini (anche se Carner non da lo stesso affidamento di Leibowitz e certe asserzioni, sulla presunta superiorità della Manon di Massenet su quella pucciniana sono, se mi permetti, discutibili)

Provo a rispondere qui, usando il corpo minore. Ripeto quanto già scritto in modo poco chiaro riguardo a Leibowitz: la prima citazione alla voce Puccini riguarda la storia della critica, per cui il problema dell'attualità dello studioso non si pone; la seconda riguarda un'affermazione molto specifica relativa alla struttura sinfonica di Manon Lescaut, tra l'altro ripresa da altri autori in anni recenti. Qui invece si parla di una categoria estetica molto generale ("lirismo realistico") e il fatto stesso che L. parli di "successori di Verdi" pensando a Puccini, Mascagni etc. anziché a Ponchielli, Gomez etc. mi pare indicativo di una scarsa consapevolezza (non solo sua beninteso!) di quanto accadde in Italia negli anni '70 e '80. Per il resto entriamo in uno dei grandi problemi di wiki, almeno nel campo delle voci dedicate ad argomenti di estetica: ci si dice "cita le fonti", ma quali? È un fatto che ogni storico della musica propone una prospettiva differente. Alla fine si tratta comunque di una scelta e in questo caso la nostra è differente.
Il "lirismo realistico" di Traviata "che già fa presagire il verismo di certi successori di Verdi" mi pare un'osservazione troppo generica: "lirismo realistico"? il "lirismo" non era certo una novità di Traviata, il tipo di "realismo" sì (Stiffelio a parte), se vogliamo considerare l'ambientazione come contemporanea.

Non è me che devi convincere, ma Leibowitz, noi stiamo scrivendo un'enciclopedia, non un trattato di musicologia. Certo, in un articolo breve, che deve prendere in considerazione quattrocento anni di melodramma, il discorso forzosamente non può che essere generico. Successivamente dovrebbe essere sviluppato in altre sedi (giovane scuola italiana, opera italiana ecc.). Non mi pare di aver citato la Traviata nel testo, ho parlato solo dell'ultimo Verdi. Mi sono limitato a portare a conoscenza del lettore, con un preciso riferimento, il parere di un grande musicologo che addirittura ritiene che già ne la Traviata siano rintracciabili elementi riconducibili al verismo.

Mi piacerebbe convincere Leibowitz ma la vedo dura! :)) Sul resto ti ho già risposto sopra, ma posso precisare alcuni concetti: nel 1853 ovviamente non esiste né il verismo in Italia né il naturalismo in Francia. Esiste però il realismo, in Francia ben più che in Italia, e La traviata va in quella direzione in modo sorprendente per il mondo operistico italiano dell'epoca. Che da lì, attraverso una lunga serie di passaggi, si arrivi anche al verismo è un'altra storia. Leibowitz, con tutti i suoi meriti, salta a piè pari questi passaggi, ciò che uno storico contemporaneo penso proprio che non farebbe.
Ma si tratta del realismo del soggetto, non del linguaggio usato da Verdi! Le soluzioni musicali non hanno nulla a che vedere con quella dei "veristi": forme completamente diverse, vocalità completamente diversa, rapporto voce/orchestra completamente diverso, niente motivi conduttori (solo un timido motivo di reminiscenza), colore locale pressoché nullo (salvo quello non francese dei matadores).

Nella Traviata il linguaggio musicale presenta aspetti altamente innovativi con un superamento, in parte dell'opera, delle "forme chiuse" alla base della successiva estetica della giovane scuola italiana; con un superamento del recitativo tradizionale, che anche quando è presente acquista una ben precisa valenza drammatica, non è cioè inserito per legare semplicemente una o più parti dell'opera fra di loro. Certo, elementi di accentuato lirismo nel senso più tradizionale del termine sono ancora presenti ne La Traviata e anche nella produzione verdiana successiva, ma tali elementi, si ritroveranno in Puccini, anche se hanno perso in massima parte quelle connotazioni belcantistiche che avevano nel primo Verdi. Come puoi parlare di assenza di motivi conduttori in Verdi, se se ne ritrovano persino in Monteverdi e Cherubini? Sotto il profilo teatrale e drammaturgico poi, il debito della giovane scuola e in particolare di Puccini nei confronti di Verdi è enorme: la struttura, l'architettura stessa delle opere pucciniane è ricalcata sui modelli verdiani, non certo su quelli legati al dramma wagneriano

Ora parliamo di Traviata (e sarebbe interessante arricchire quella voce!). Comunque sono assolutamente d'accordo sul superamento del recitativo tradizionale, soprattutto a favore del parlante. Le forme chiuse però ci sono e sono quelle solite, così come l'articolazione del periodo musicale è del tutto canonica. Di nuovo c'è "Amami, Alfredo": se mi dici che "Amami, Alfredo", con i suoi raddoppi, è preverista posso essere d'accordo! :) Il resto no. È musica scritta con tutt'altra penna e tutt'altro inchiostro. E l'unico ritorno motivico (reminiscenza non leit-motiv) che ricordo (preludi a parte) è "Di quell'amor ch'è palpito". Non ne ricordo altri. I puritani ne hanno molti di più. Ultima cosa, il piano drammaturgico: Verdi trasmette alla Giovane Scuola un concetto: "la brevità, gran pregio.", come dice Rodolfo! In che senso dice che l'architettura delle opere pucciniane sia ricalcata su modelli verdiani? I tempi teatrali, forse e solo qualche volta (Bohème, Tosca, Turandot), ma la struttura no.
La drammaturgia dell'ultimo atto di Adriana Lecouvreur probabilmente deve molto a quella dell'ultimo atto di Traviata, ma la musica cos'ha in comune? Che poi "l'arte di Giacomo Puccini" sia il "punto di confluenza in cui gli elementi antitetici di Verdi e Wagner avrebbero realizzato la loro vera sintesi" è un'opinione che andrebbe precisata: in cosa consiste in concreto questa sintesi? Non mi risulta che la critica italiana, di fronte anche alle prime opere di Puccini, abbia fatto il nome di Verdi.

Non solo la drammaturgia dell' Adriana Lecouvreur deve molto a Verdi, ma anche quella di Manon Lescaut, Bohème, ecc. Mi fa piacere tuttavia che tu sia arrivato al nocciolo della questione. Da persona veramente competente in fatto d'opera quale tu sei scrivi "ma la musica cos'ha in comune?" non addentrandoti negli aspetti più propriamente relativi alla drammaturgia teatrale, sapendo perfettamente che gli schemi seguiti non sono certo quelli wagneriani. Per quanto riguarda la critica italiana molti parlarono di Puccini come di un successore di Verdi, non di un "antagonista" verdiano (uso il termine "antagonista" in senso artistico naturalmente). Anche alcune enciclopedie specialistiche come ad es. la Rosenthal/Warrack (IMHO fra le più affidabili) mettono in evidenza il legame esistente fra la giovane scuola italiana e Verdi. alla voce relativa si legge «Nome dato in Italia ai successori di Verdi...una volta che Verdi aveva annunciato di voler deporre la penna...la successione sembrava legittimamente aperta» ecc. ecc. Non vi si nomina Wagner come Wagner non viene nominato in altre enciclopedie di larga diffusione (come quella tematica Rizzoli-Larousse). Anch'io sono però del parere (come lo sei tu) che è impensabile la nascita e lo sviluppo di una giovane scuola italiana senza Wagner (ma lo è anche senza Verdi)

Chi parlò di Puccini come successore di Verdi? Giulio Ricordi di sicuro... ma pensando al successo e al ritorno economico, non all'estetica! Riguardo alla citazione, "Verdi aveva annunciato di voler deporre la penna" quando i compositori della Giovane Scuola erano ragazzi. È il discorso che ho già fatto: troppi si sono in passato dimenticati del ventennio 1870-1890: i "successori di Verdi" appartengono alla generazione intermedia (anni '30 e '40) non a quella di Puccini: è come confondere il nonno col papà. E poi si sono dimenticati dell'enorme influsso del nuovo melodramma francese: quando ascoltò Le Villi, Filippo Filippi parlò di Massenet e Bizet, non di Verdi; e Verdi protestò per la presenza dei brani sinfonici.
E d'altronde non c'è dubbio che per tutti i compositori italiani della generazione di Puccini la scommessa era proprio quella di sciogliersi dal modello verdiano.

Senza dubbio. Se poi riuscirono veramente ad affrancarsi da Verdi è tutt'altro discorso

Chiaro. Uno ci riuscì senz'altro e subito. :)
Un discorso a parte andrebbe fatto (ma ad un altro livello di approfondimento) per Falstaff, che probabilmente ebbe davvero un influsso notevole, e non solo sui compositori della Giovane Scuola: lo stile di conversazione della Bohème sono convinto che debba parecchio a Falstaff; non parliamo poi delle opere di Wolf Ferrari. Tuttavia Falstaff è del 1893, e quindi Cavalleria, Pagliacci e Manon Lescaut furono scritte senza conoscerlo.

Se Falstaff è del 1893, Otello è del 1887 e il Simon Boccanegra (seconda versione, quella che per tutti noi è un grande capolavoro, la Verdi-Boito per intenderci) è del 1881. Queste si che erano conosciute dagli autori delle prime opere della giovane scuola! Quest'ultima si dilata anche, e soprattutto, dopo il 1893 (Giordano, Cilea iniziarono a scrivere i loro capolavori dopo questa data e, a parte Manon, tutti i capolavori pucciniani furono scritti dopo il 1893) per cui anche il Falstaff si inserisce perfettamente nel nostro discorso. Anzi, Leibovitz cita il Falstaff proprio a proposito di Bohème e Gianni Schicchi «alcuni atti di Puccini, sono costruiti con un rigoroso lavoro tematico derivato evidentemente dall'arte wagneriana non meno che da certe opere di Verdi (soprattutto Falstaff)» (op. cit. pag.382).

Ma il linguaggio di Otello e del secondo Simon è affine a quello di Ponchielli. Il modello del "Credo" di Jago è il monologo di Barnaba nel primo atto della Gioconda. Non importa che il "Credo" a me personalmente piaccia di più! È che la scrittura è quella ed è già stata sperimentata da altri. Falstaff è un'altra storia proprio perché il tessuto tematico - su questo concordo con Leibowitz! - è rigorosissimo e, direi, molto più continuo che in Otello: questa continuità risultò funzionale al Puccini (sinfonista) della Bohème (specie nel primo quadro).
Nella voce leggo "In Italia il modello di Wagner unitamente a quello dell'ultimo Verdi fu assorbito e rielaborato in modo originale ecc ecc": quello che non capisco è perché accostare ("unitamente") Wagner a Verdi. I modelli sono molteplici e includono Bizet, Massenet e Gounod, ad esempio; e in Italia Ponchielli (specie Marion Delorme) che aveva abbandonato da tempo le forme convenzionali, adottando una cantabilità ben più estroversa di quella verdiana (senza contare che era stato docente di composizione di Puccini e Mascagni). Firmato dall'Ut. Al Pereira 05:56, 10 gen 2008 (CET)

Quello che invece non capisco io è per quale ragione c'era precedentemente scritto che solo il modello wagneriano fosse alla base della giovane scuola. È un'asserzione categorica molto discutibile (mentre nessuno mette in dubbio l'eccezionale influenza, soprattutto musicale, del grande Wagner sugli appartenenti alla giovane scuola). Se vogliamo inserire Ponchielli non ho niente in contrario, ma va fatto tenendo presente che fu «uno straordinario artigiano, di 20 anni più giovane di Verdi... [da cui] seppe trarre insegnamento...» (stai tranquillo, la citazione non è di Leibowitz ma di Mila). Insomma, in Italia c'è un prima di Verdi e un "dopo Verdi", e voler a tutti costi minimizzare il ruolo avuto da Verdi sui suoi contemporanei e successori, non mi sembra francamente un'operazione destinata al successo.

Ma non c'era scritto che "solo" il modello di Wagner ecc ecc, c'era scritto che "In Italia il modello di Wagner fu assorbito e rielaborato in modo originale". Questo non vietava di allargare il discorso, solo che avrei preferito lasciare Wagner per i fatti suoi. Riguardo a Ponchielli, certo che trasse insegnamento da Verdi! ma allora potremmo risalire ancora indietro e tirare fuori i grandi compositori italiani dai quali Verdi trasse a sua volta insegnamento....

Detto questo voglio farti i miei complimenti per il lavoro da te svolto nel campo della lirica che io seguo con interesse e per la tua preparazione in materia, unita talvolta a prese di posizione un pò rigide (sotto il profilo delle preferenze) che non sono infrequenti fra i "melomani". Cordialità. --Justinianus da Perugia 12:43, 10 gen 2008 (CET)[rispondi]

P.S. Ho tolto quell' "unitamente" che a te da tanto fastidio e ho aggiunto Ponchielli e Bizet. Va bene? Cordialità.--Justinianus da Perugia 13:36, 10 gen 2008 (CET)[rispondi]

Ci penso un po'. Forse potrei ampliare un po' il discorso, ma lo metto solo in cantiere. Rimango molto perplesso sulla citazione di Leibowitz, come avrai capito. Ma ci sono tante cose da fare, tra cui vedere cosa è successo proprio alla voce Giuseppe Verdi, che ha avuto una sfilza di modifiche (tra cui una molto POV riguardo a Otello). Per il resto ti ringrazio per le tue parole (pur non sentendomi un "melomane"!): la tua competenza su wiki è preziosa, in questo caso non siamo d'accordo su una questione molto specifica.... magari in tutte le voci si arrivasse ad approfondire i discorsi storiografici in questo modo! --Al Pereira 13:26, 19 gen 2008 (CET) [rispondi]

Tutti all'opera[modifica wikitesto]

Mi chiedo se sono il solo a ritenere il titolo di "Opera lirica" per questa voce sull'"opera (in musica)" leggermente antiquato, ridondante e poco tecnico. Non sarebbe meglio usare "Opera" senza altri fronzoli? Le enciclopedie cartacee che ho potuto consultare riportano la voce "opera", non "opera lirica". Capisco che ci sarebbe un minimo di lavoro da fare per spostare le voci, rinominare la disambigua redirect ecc ecc, tuttavia secondo me il nuovo titolo sintetico sarebbe un bel miglioramento--Schickaneder (msg) 09:54, 25 apr 2008 (CEST)[rispondi]

Sono d'accordo con te. Aspettiamo un attimo per vedere se arrivano altri pareri e poi procediamo agli spostamenti. --Al Pereira (msg) 10:01, 25 apr 2008 (CEST)[rispondi]
Sembra che non ci sia molto interesse su questo punto, oppure non ci sono obiezioni... secondo me a questo punto possiamo procedere con gli spostamenti --Schickaneder (msg) 10:57, 2 mag 2008 (CEST)[rispondi]
Ho effettuato i due spostamenti, da Opera a Opera (disambigua) e da Opera lirica a Opera. Ora però bisognerà controllare i "puntano qui" e ci vuole tempo .... Purtroppo al momento non ne ho. --Al Pereira (msg) 11:20, 2 mag 2008 (CEST)[rispondi]
Perfetto, comincio a dare un'occhiata ai "puntano qui" per le necessarie modifiche. --Schickaneder (msg) 11:27, 2 mag 2008 (CEST)[rispondi]
Altro lavoro un po' lungo sarebbe quello di rinominare/spostare tutte le categorie correlate all'opera, visto che sono tutte dedicate all'"opera lirica" --Schickaneder (msg) 19:37, 2 mag 2008 (CEST)[rispondi]
Eh sì. Alcune sono già giuste, ma altre no. Comincerò a farlo appena possibile. --Al Pereira (msg) 14:43, 3 mag 2008 (CEST)[rispondi]

Riforma del melodramma[modifica wikitesto]

Si legge che la riforma del melodramma fu operata da Gluck e Mozart. Sarebbe corretto anche inserire un nome italiano, Tommaso Traetta, che quasi anticipa gli stessi Gluck e Mozart nella riforma del melodramma. --92bari (msg) 17:28, 19 ott 2010 (CEST)[rispondi]

sezione Panoramica storica voce Origini dell'opera[modifica wikitesto]

La sezione Panoramica storica ha un {{Vedi anche}} a Origini dell'opera che però è meno lunga di questa. Non dovrebbe essere un approfondimento? --151.46.154.180 (msg) 13:52, 22 feb 2013 (CET) Corretto titolo --151.46.203.135 (msg) 13:46, 25 feb 2013 (CET)[rispondi]